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Autore: NeveDelicata    14/11/2021    6 recensioni
Questi personaggi non mi appartengono, sono di proprietà di Mann Yzawa. Questa storia è stata scritta senza fini di lucro.
La voce concitata che lo chiamava, era quella di suo fratello. Il suo amato fratello.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Abel Butman, Arthur Butman
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Forse fu l’alzarsi di scatto o l’imprimere forza sul braccio del fratello, concentrando le poche forze che il sonno non gli aveva restituito, che gli fece vedere nero. Per un istante tutto sembrò svanire proprio come in un incubo.
Sentì le spalle sciogliersi e si trovò a cadere come un sacco che s’afflosciava su se stesso.
Un fastidioso sferragliare gli arrivò distinto quanto fastidioso alle orecchie: la pentola finita a terra, gli schizzi, il calore del vapore che saliva dalla carne sparsa sul pavimento.
“Mi dispiace” tentò di dire con voce fievole, sentendosi in colpa.
Suo fratello non aveva per un solo istante pensato al tegame che aveva in mano, pronto invece a sorreggerlo. Arthur si sentì trasportare e distendere con attenzione sul divano.
La testa dolcemente accompagnata, la guancia guidata a lato sul tessuto che, tutt’altro che pregiato, nel calore familiare di suo fratello sembrava il posto più sicuro e confortevole del mondo.
L’aria sapeva di casa e a lui bastava.
Bastava per stare bene, nonostante tutto. Respirava piano, gli mancava un po’ l’aria, ma la presenza di Abel lo ristorava.
Sapeva il proprio volto fosse spento, ma poteva permettersi di pensare solo a se stesso e non a proteggersi, senza temere nulla oltre il malessere che lo attanagliava.
Sentiva il tocco di suo fratello ai capelli; leggera la voce spaesata “Cosa ti succede?”, poi l’arrivare a ipotizzare un aiuto, com’era tipico di Abel “Sei stanco… Ho richiesto troppo alle tue forze.” si colpevolizzava.
Arthur gli strinse la mano a rassicurarlo “Se ora sono qui, lo devo a te.” ammise senza incertezza, anche se il suo tono era basso, quasi bisbigliante.
Abel raccolse la sua mano e la strinse: la sua forza era decisa, ma delicata.
Tutto sembrava troppo bello per essere vero: fuggito da un incubo come non avrebbe mai creduto fosse possibile. Ed era solo grazie ad Abel, alla sua determinazione e perché no, anche alla sua avventatezza, perché si sarebbe potuto cacciare davvero in un grosso guaio.
“Riposa e non pensare a nient’altro!” suggerì Abel, come se il resto potesse attendere. Lo disse serio, ma poi gli apparve sulle labbra un sorriso screanzato “Salvo alla cena!” che rovesciata a terra era tutta da rifare.
Vide Abel drizzarsi sulla schiena e quasi stirare le membra per darsi nuovo vigore, mentre ondulava il capo facendo danzare i capelli quasi fosse sotto la pioggia e volesse scrollarsi l’acqua di dosso.
Lui restò incantato a guardarlo. La stessa devozione che si rivolge ad un eroe. Una devozione che facendolo concentrare e distogliere dal torpore che l’aveva avvolto, gli aveva dato una scrollata, una nuova linfa vitale, che gli imponeva di reagire e non lasciarsi andare e, seguire quell’esempio.
“Per prima cosa, sistemiamo questo disastro!” lo sentì imporsi e valutare da che parte cominciare, con lo stesso cipiglio con cui probabilmente iniziava la progettazione di un disegno navale. Abel allargò le braccia, come se fosse stato per la prima volta in vita sua preso alla sprovvista.
Il pappagallo approfittò di quello stallo per fiondarsi a terra dando il via ad una scena quasi comica. Abel iniziò a scacciarlo, allarmato sparpagliasse in giro il sugo rappreso, balzando sulle punte per acciuffare il volatile e al contempo evitare lui stesso di finirci sopra.
Arthur sorrise e si coricò disteso concedendosi per la prima volta un’espressione serena, tanto da far suggerire ad Abel di fare il gesto del silenzio al pappagallo che svolazzò sul pomolo della spalliera della sedia quietandosi, iniziando una toeletta al piumaggio.
Si rilassò per riposarsi un altro po’ e stava per riuscirci se non ché un bussare screanzato gli sconquassò le orecchie al grido di “Fratello apri! Sono io!”.
Io chi? Fratello? si chiese di colpo Arthur per quella voce che senz’altro apparteneva ad una bambina nel suo timbro vivace.
La sentì armeggiare sulla maniglia, indispettita non si aprisse “Ma hai chiuso a chiave?” mentre dava calcetti pungolanti alla porta come ci tenesse a chiarire si sentisse offesa.
“Joy… ci mancavi solo tu a creare confusione!” ammise con un espressione tra l’affranto e lo spazientito Abel, assediato dai troppi problemi stringenti: le mani alzate ad aggredire l’aria,  mentre precisava “Ora apro! Apro, ma non scardinarmi la porta!”.
Quella che era una bambina, bassetta e magrolina, gonna lunga e lanoso scialle sulle spalle, si fiondò dentro la stanza con la stessa furia di un calesse impazzito “Non sai che spavento! Trovare la porta chiusa a chiave…” precisò il proprio timore portandosi una mano sul cuore.
“Mi sono detta che te n’eri andato…” la vide girare a vuoto nella stanza, lo sguardo ai piedi riflessiva. “Ma poi mi sono ricreduta.” la sentì precisare mentre raccoglieva più aria possibile in un lungo respiro. “Senza salutare?” continuò il suo piagnucolio.
“Così ho bussato più forte!” si giustificò, mentre Abel faceva una smorfia di disappunto ironizzando “Bussato”.
Lei aggredì Abel con una linguaccia fino alla punta del mento, continuando a ciondolare in cerchio forse con l’obbiettivo di far venire il mal di testa ai presenti.
“Sai il signor Allen, poveretto… ci sarebbe rimasto male…” le si incupì il viso, tornato subito solare al pensiero “perciò non lo faresti mai?”.
Ancora preda dei propri pensieri, la bambina mano al mento riflessiva, ammise quanto un poliziotto in piena indagine “Non senza ritrovare tuo fratello…” e nel farlo si guardò finalmente attorno.
Arthur per non spaventarla si portò seduto, mentre lei diceva “Ah, mai l’hai trovato…” la voce che si abbassava sempre più di un tono.
Al suo timido inclinare la testa nel dirle “Ciao”, lei urlò “L’hai trovato!” ammutolita da Abel che le aveva tappato la bocca prima che tutta Londra ne venisse a conoscenza.
“Joy! Insomma.” l’ammonì Abel e la fermò con le mani sulla testa come fosse una trottola da immobilizzare di corsa in un punto “Stai ferma un attimo!” le consigliò gentile “E zitta soprattutto.” lo sentì ridere vivace.
Una risata contagiosa che fece ridere anche lui. Da quanto tempo non rideva così.
   
 
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