Mickey stava sorseggiando del buon
cioccolato al
latte, quando udì cigolare il portone che lo teneva
rinchiuso nella grotta.
Non sapeva bene quanto tempo fosse
passato, né capiva
chiaramente perché fosse tenuto lì ma, in fin dei
conti, sapeva di non essere
in pericolo - la persona che lo teneva bloccato in quella grotta
gliel'aveva
assicurato. Inoltre, mangiava tutto ciò che più
gli piaceva, per cui per ora
poteva anche andare bene.
Certo, la mamma e il
papà gli mancavano, e così anche
la sua sorellina, ma non poteva certo vivere lì in eterno,
no? Prima o poi
sarebbe tornato a casa. Si era detto che quella, dopotutto, poteva
essere vista
come una gita un po’ più lunga del solito.
L'uomo che lo aveva portato
lì subito dopo la scuola
palesò la sua presenza e Mickey, nell'appoggiare sulle
ginocchia il bricco del
cioccolato al latte, lo salutò e domandò: "Anche
oggi devo rimanere qui,
signore?"
"Sì, Mickey. Sono stato
a casa della mamma, proprio
come mi avevi chiesto, ma lei non ti vuole più
perché ha già la tua sorellina,
e il tuo papà neanche si ricorda più che abitavi
con loro" mormorò
suadente l'uomo, consegnandogli una macchinina giocattolo e una borsa
con abiti
nuovi.
Mickey mise il broncio, a quelle
parole, e borbottò:
"Non ti credo. La mamma ha sempre detto che mi avrebbe voluto bene
anche
dopo. E anche il papà."
"Mentivano, Mickey, per tenerti
buono in attesa
che nascesse la tua sorellina" replicò l'uomo, accucciandosi
un po' a
fatica accanto a lui per fargli una carezza sulla gota. "I grandi
mentono
spesso, ma io con te non lo farò mai. Sei stato ingannato
come lo sono stato
io, tanto tempo fa, ma ora penserò a raddrizzare il torto
che hanno fatto a
entrambi. Mi prenderò cura io di te, come avrebbe dovuto
essere fin
dall'inizio."
"Perciò...
rimarrò qui per sempre?"
"No. Questo è solo un
luogo temporaneo, che serve
a proteggerti da chi vorrebbe riportarti dove non ti vogliono.
Durerà ancora
poco. Quando avrò sistemato un paio di cose, saremo liberi
di rifarci una vita,
tu e io. Starai con la tua vera famiglia, finalmente" asserì
l'uomo,
rialzandosi.
"Ma la mia famiglia..."
tentennò il bambino.
"Non sono loro! Tua madre ti
ha mentito!
E così l'uomo che tutti ti hanno detto essere tuo padre!"
levò la voce
l'uomo, spaventandolo.
Mickey si rattrappì su
se stesso, afferrò la coperta
con cui di solito dormiva e si coprì il viso per non vedere
l'uomo che lo aveva
spaventato. Quest'ultimo, con tono più pacato, ma ugualmente
lapidario,
aggiunse: "Ti farò conoscere la verità, e tu mi
sarai grato,
finalmente."
Ciò detto se ne
andò, e a Mickey non restò altro che
piangere mentre finiva di bere il suo cioccolato al latte.
Perché quella
persona continuava a dire che la mamma gli aveva mentito?
Lui non ci credeva, né
ci avrebbe mai creduto.
Mentre Emily indicava a Tony dove
sistemare i propri
scatoloni - indirizzandolo verso l'ampio garage - e Margareth, appena
giunta a
Nederland, era impegnata a fare un sacco di feste a Cleopatra, Jordan
salutò
l'arrivo di Jamie, Sherry, Rick e Parker.
Il gruppo di amici, sparito al pari
di Jordan la sera
precedente dopo la sfuriata di Sherry, era tornato per conoscere le
condizioni
dell'amica ma, nel vederla pimpante e pronta a dare ordini come un
generale, si
era subito tranquillizzato.
L’arrivo di Margareth
aveva dato ulteriore spinta a
Emily per apparire piena di energie e ora, di fronte alla
determinazione della
giovane e al suo cipiglio battagliero, furono in molti a chiedersi cosa
fosse
successo, in quelle poche ore.
Jamie fu il primo a esprimere il
proprio pensiero,
affiancando il padre prima di domandare: "Si è dopata, per
caso?"
"Non ho chiesto spiegazioni in
merito. Mi fa solo
piacere non vederla più come ieri sera" si limitò
a dire il padre, facendo
spallucce.
Sherry prevenne qualsiasi battuta
di Jamie,
dichiarando: "Era ovvio che
sarebbe stata meglio, visto
che ho scelto io la terapia d'urto. Pensi che sia una sprovveduta,
Jamie?"
Lui le lanciò
un'occhiata piena di maliziosa ironia e
replicò: "Sherry, avrei tanto voluto che tu usassi
una
terapia d'urto del genere quando io
mi feci male in mare ma, visto come mi sta guardando male il tuo Rick,
penso
che non potrò mai approfittare di un simile servizio, vero?"
Sherry emise una risatina
gorgogliante, prese preventivamente
sottobraccio Rick - che non era abituato alle battute piuttosto spinte
di Jamie
- e celiò: "Tesoruccio... te l'ho già spiegato.
Ti vedo come Gin."
Jamie allora sospirò
affranto, scosse il capo di
fronte alle espressioni divertite di tutti ed esalò: "Tu non
hai la minima
idea di cosa significhino queste parole, per il mio
cuore. Sei
spietata!"
"Oh, credimi... ne ho un'idea ben
chiara"
sottolineò per contro Sherry prima di dare una pacca sul
braccio a Rick per
tenerlo in buon ordine e infine raggiungere l'amica con la sua solita
falcata
fatale.
Margareth scelse quel momento per
raggiungerli e, dopo
una rapida occhiata a Sherry e una divertita al figlio, la donna
celiò:
"Ti ha dato ancora il due di picche?"
"Non infierire, mamma" si
lagnò Jamie, crollando
contro una spalla di Parker per farsi consolare.
Quest'ultimo, ormai prossimo a una
crisi respiratoria
per il troppo ridere, gli batté confortanti pacche sulla
schiena e Margareth,
nello scuotere il capo, chiosò: "Avrei dovuto darti del
bromuro, da piccolo.
Non è possibile che scodinzoli a questo modo ogni volta che
vedi una
donna."
"Ecco! Anche del cane, mi danno!
Dove andremo a
finire?!" protestò platealmente Jamie, sempre confortato da
Parker.
Jordan lanciò un sorriso
alla moglie e uno assai
orgoglioso al figlio che, grazie alle sue burle, stava rapidamente
facendo
scemare in tutti loro le ansie sorte la sera precedente, alla vista
della crisi
di Emily.
Certo, nessuno dei due interessati
avrebbe mai
espresso in maniera diretta ciò che, molto probabilmente,
aveva permesso alla
sua bambina di liberarsi dall'ultima gabbia che la teneva avvinta al
suo
passato - e, di sicuro, neppure voleva pensarci - ma era chiaro che
Anthony
aveva compiuto un piccolo miracolo.
Sherry aveva avuto ragione nel
volere che tutti loro
abbandonassero la casa di Emily, al fine di poter dare alla coppia il
tempo di
confrontarsi, di sviscerare il problema una volta per tutte.
Per quanto lasciare ad altri il
compito del salvatore
- per così dire - gli fosse costato, Jordan ormai aveva
compreso che quel ruolo
non avrebbe mai più potuto essere suo.
L'unica cosa che aveva potuto
riavere era la fiducia
della figlia poiché, tutto il resto, era già di
appannaggio di qualcun altro.
Più di vent'anni prima, era stato Max ad avere quel ruolo.
Ora competeva ad
Anthony, e lui doveva accettarlo.
Non avrebbe mai assunto le
sembianze dell'eroe, agli
occhi della figlia, ma il solo fatto di averla riavuta indietro era
soddisfazione sufficiente a rendere più dolce quella piccola
ferita che portava
nell'animo.
Emily li raggiunse proprio in quel
momento con passo
claudicante, l'aria rasserenata e vagamente divertita e, nel vedere la
faccia
sconsolata di Jamie, chiosò: "Certo che sei davvero una
sagoma, Jamie. E
dire che ormai dovresti essere immune ai rifiuti delle donne."
Jamie si raddrizzò
immediatamente di fronte a
quell'aperto affronto e, pur sapendo che la sorella lo aveva detto solo
per attizzare
ulteriormente la sua burla, lui replicò stizzito:
"Scusa... cos'hai
detto?"
Emy scoppiò a ridere
della grossa e, ignorandolo per
un istante, guardò Rick e disse: "Puoi aiutare Anthony con
gli scatoloni
più grossi? Ho idea che Sherry potrebbe tentare di fare
l'eroina e caricarseli
sulle spalle, ma sono davvero pesanti."
"Vado subito" assentì il
giovane, correndo nei
pressi dell’auto di Anthony per rendersi disponibile coi
lavori pesanti.
Sorridendo furba, Emily aggiunse
solo per i presenti
restanti: "Non è affatto vero, ma è una scusa per
fargli fare qualcosa di
mascolino davanti a lei. Cose da Sherry, sapete
com’è..."
Parker sghignazzò
platealmente, esalando: "Quella
donna è diabolica. Ha cominciato a capire come prenderlo.
Quando lui si sarà
tranquillizzato a sufficienza, potrà attaccarlo ai fianchi
come uno
squalo."
"Credo che l'idea sia quella"
ammise Emily
prima di sorridere all'amico e aggiungere: "Le hai dato dei consigli in
merito, vero?"
"Ammetto di sì. Sherry
è così... esplosiva,
passami il termine che, per avvicinare mio fratello, deve disinnescare
qualche
mina antiuomo, o imploderanno entrambi come la volta scorsa. Fargli
fare il
cavaliere senza macchia per un po' lo rasserenerà, e
così Sherry avrà campo
libero per poterlo avvicinare davvero, stavolta" le spiegò
Parker,
soffiando sulle unghie per poi lucidarle con platealità
sulla felpa.
Margareth e Jordan risero divertiti
ed Emily, nel dare
una pacca sulla spalla a un ancora corrucciato Jamie, disse: "Non
credere
che non ti abbia sentito, prima... grazie per aver stemperato
l'atmosfera a
modo tuo."
"Sei mia sorella. Farei questo e
altro... ma non
dire mai più che le
donne mi danno buca. E' offensivo!"
ci tenne a precisare Jamie, ritrovandosi nell'abbraccio caloroso della
sorella.
Lui ricambiò con forza,
mormorandole poi tra i
capelli: "Dio, com'è bello poterti stringere
così!"
"Lo so... piace anche a me"
annuì lei prima
di scostarsi, guardare seriamente la madre e il padre e infine
chiedere:
"Che ne dite se andiamo da Consuelo e Sam?"
Margareth assentì
assieme al marito e Parker,
chiamando a sé Cleopatra, disse: "Andrò a
sequestrare Anthony con la scusa
di far fare un giro a Cleo, così Sherry e Rick potranno
rimanere soli. Qualche
indicazione in merito alla posizione degli scatoloni?"
Emily scosse il capo, diede un
bacione al muso della
sua cagnolona, che stava già saltellando allegra attorno a
Parker e infine,
affiancata la madre, si avviò verso la casa dei vicini
assieme alla sua famiglia
nuovamente riunita.
Erano serviti più di
vent'anni - e innumerevoli ferite
- per poter raggiungere quel fatidico traguardo ma, alla fine, Emily si
era
riappropriata del suo passato, oltre che del suo futuro.
Ora, avrebbe fatto di tutto per
permettere anche a
Mickey di ottenere la stessa cosa.
Fu Samuel ad aprire loro la porta
e, nel vedere anche
Jamie, sorrise e disse: "Sophie ha sentito la tua mancanza."
"Le donne mi adorano... fin da
piccole"
celiò il giovane, lanciando un'occhiata derisoria alla
sorella, che fece
spallucce in risposta. "Posso tenerla in braccio per un po'?"
"Credo ne sarà felice"
assentì Samuel,
consegnandogliela dopo aver ripulito il visino della bimba dalla
pappetta che
stava mangiando.
Ciò fatto,
accompagnò nel salotto il resto della
famiglia Poitier e lì, sprofondata nella sedia a dondolo,
trovarono Consuelo in
contemplazione del profilo dell'Hurricane Hill, che si specchiava sulle
placide
acque del lago.
Quel giorno, complice
l’aria immota e il cielo terso e
di un acceso color turchese, il lago appariva in tutto e per tutto come
un
perfetto specchio d’immane grandezza, e le sagome
frastagliate delle Montagne
Rocciose vi si gettavano con elegante splendore.
Il viso emaciato della donna, in
assorta
contemplazione di quello spettacolo della natura, fece sospirare
Margareth che,
avvicinandola per prima, mormorò: "Consuelo, tesoro... ciao."
La giovane volse appena lo sguardo,
la riconobbe dopo
alcuni istanti di confusa osservazione e, infine, con uno spontaneo
quanto
inaspettato singulto, Consuelo si levò in piedi per
abbracciarla. Dolente, quindi,
esclamò: "Oh, Margareth! Cosa devo fare?!"
Samuel si sorprese dell'effetto che
la madre di Emily
ebbe sulla moglie e, in silenzio, uscì al pari di Jordan ed
Emy per tornare in
cucina, dove Jamie stava facendo saltellare su una gamba la piccola
Sophie.
Nel vederli tornare alla
chetichella, il giovane si
bloccò per un attimo, preoccupato, prima di domandare: "Che
succede?
Perché avete quelle facce?"
"Si sta finalmente sfogando" gli
spiegò
succintamente Samuel, lasciandosi andare su uno degli alti sgabelli
dell'open space.
"E' chiaro che stava attendendo
l'unica persona -
e donna - che avrebbe potuto realmente capirla appieno" convenne Emily,
imitando Samuel mentre Jordan si affiancava al figlio per far giocare
Sophie.
"Erano giorni che speravo di
vederla piangere, o
inveire in qualche modo... anche contro di me. Neppure sua madre
è riuscita a
ottenere nulla, e neanche la mia. E’ solo caduta in quella
sorta di apatia che
mi faceva ancora più paura delle urla e degli strepiti" le
confessò
Samuel.
Jordan annuì pensieroso,
ammettendo: "Ricordo
bene quando tornammo a casa e trovammo Sandra - la loro balia - stesa a
terra
ferita, e il lettino di Emily vuoto. Margareth quasi
impazzì. Iniziò a correre
per casa, quasi fosse convinta che Emy stesse giocando a nascondino,
mentre io
ero impegnato a chiamare il 9-1-1 perché soccorressero
Sandra."
Jamie gli diede una pacca sulla
spalla mentre Emily
sospirava afflitta e Samuel, annuendo, mormorò: "Anche noi
sperammo fino
all'ultimo che fosse un suo scherzo."
"L'agente McCoy vi ha detto nulla,
stamattina?" si informò a quel punto Emily.
Scuotendo il capo, Samuel
asserì: "Niente, a
parte sottolineare per l'ennesima volta che non devo presentarmi ai
campi base
per partecipare alle ricerche. A quanto pare, qualcuno ha fatto la
spia."
Nel dirlo, ammiccò con
triste ironia ed Emily, nel
carezzargli un braccio, disse: "L'agente McCoy sa il fatto suo, e ha
ragione. Rischieresti ben più di una caviglia slogata, se ti
precipitassi nel
bosco per cercare Mickey. E' giusto che tu rimanga qui con Consuelo."
"Anche se mi sento inutile?"
replicò amaro
Samuel.
Lei assentì,
aggiungendo: "Sì, credimi. Anche
papà tentò di venire a cercarmi, pur se non aveva
idea di dove fossi. L'agente O’Reily,
che all'epoca del mio rapimento si occupò del caso, mi disse
che picchiò un
paio di agenti prima di venire bloccato a casa, con tanto di
ammonimento al
seguito."
Ciò detto,
ammiccò al padre che, sorpreso, la fissò a
occhi spalancati, forse non consapevole che lei conoscesse quella parte
della
storia.
Scrollando le spalle, quindi,
aggiunse per lui:
"Me lo disse quando cominciai a incolparti di tutto quello che mi era
successo ma, all'epoca, ero un tantino arrabbiata con te,
perciò l'informazione
passò in secondo piano."
Jordan arrossì
leggermente nel passarsi una mano sulla
nuca con fare nervoso e, sorridendo comprensivo a Samuel, che li stava
osservando divertito, ammise: "Sì, ammetto di essermi
macchiato di
aggressione, perciò ti dico; va bene rimanere accanto alla
propria moglie. Non
stai restando immobile. Fai solo quello che, al momento, ti hanno
concesso di fare.
La mente non è lucida, quando succedono certe cose, ed
è giusto che se ne
occupi chi, invece, riesce a valutare con obiettività
l'intera
situazione."
"Non sapevo che fossi un pugile,
papà"
ironizzò a quel punto Jamie, facendo sorridere tutti.
"Ci sapevo fare, all'epoca" ammise
Jordan.
Emily, nello stringere un braccio
attorno alle spalle
di Samuel, mormorò: "Ce la faremo, te lo prometto. E se non
saremo noi,
scommetto che anche Mickey troverà il sistema di venirne
fuori da solo. E'
furbo, lo sai."
Samuel assentì ma non
disse a parole ciò che realmente
lo preoccupava, e che anche Emily temeva più di qualsiasi
altra cosa.
Davano tutti per scontato che fosse
vivo, rinchiuso da
qualche parte ma sano e salvo. Se
però fosse finito nel giro degli organi illegali, o dei
pazzi criminali che
acquistavano bambini nel dark web per
poi farne cose inenarrabili, non lo avrebbero mai trovato vivo. O
forse, non lo
avrebbero mai trovato e basta.
Ancora stretta tra le braccia di
Margareth, che la
stava cullando con dolcezza e comprensione, Consuelo riuscì
in qualche modo a
risollevarsi per guardare la donna con estrema contrizione e dire: "Mi
scusi davvero tanto! La rivedo dopo tanto tempo, e la prima cosa che
penso di
fare è piangerle addosso!"
Margareth, però, scosse
il capo, le carezzò la folta
chioma corvina e, con un sorriso, asserì: "Puoi piangere
finché vuoi,
bambina cara. Ne hai tutto il diritto, e anche bisogno. All'epoca,
quando mi
portarono via Emy, piansi moltissimo, e imbrattai un sacco di camice
del mio
povero fratellone."
Consuelo sorrise debolmente a
quell'accenno, e la
donna si sentì autorizzata a procedere. Ora, aveva la sua
attenzione.
"Ci si sente spaesati, incompresi
e, il più delle
volte, si pensa che la polizia - o chi è preposto ad
aiutarci - non capisca
appieno il nostro dolore. So bene tutte queste cose, credimi" la
rassicurò
Margareth, asciugandole gli occhi con il bordo del suo fazzoletto.
"Puoi
urlare e strepitare, se ne senti la necessità. Nessuno ti
biasimerà e, se
chiederai all'agente McCoy, si sorbirà anche qualche
rimbrotto. E' un
brav'uomo, lo so per esperienza."
Annuendo, Consuelo ammise: "Emily
mi ha detto di
averlo conosciuto proprio a causa del suo rapimento. Era l'addetto agli
identikit."
"Sì, davvero un bravo
giovane. Trattò molto bene
Emy. Sono contenta che abbia fatto carriera, anche se mi spiace averlo
saputo
così" sospirò Margareth, aiutando Consuelo ad
alzarsi. "Che ne dici
se andiamo a fare una passeggiatina in giardino, e poi coccoliamo un
po' quello
splendore di Sophie?"
Mordendosi il labbro inferiore,
Consuelo mormorò roca:
"I giornalisti spuntano da tutti i cantoni non appena metto piede
fuori.
Anche per questo mi sono rinchiusa qui dentro. Sono davvero
insopportabili."
"Lo so, cara, ma questa
è casa tua e gli intrusi
sono loro, non tu. Devi riprenderti i tuoi spazi, o loro se ne
prenderanno sempre
di più, un pezzo alla volta" le fece notare lei con fervore.
"Penseremo noi a proteggere la vostra intimità. Promesso."
"Non volevo che accadesse... che
tante persone
perdessero il loro tempo a causa nostra" sospirò a quel
punto Consuelo,
scuotendo il capo.
"Gioiscine, cara, piuttosto. Vuol
dire che la
vostra comunità è forte, che avete attorno
schiere di persone che vi vogliono
bene e farebbero di tutto per Mickey. Questo è importante"
replicò
Margareth, massaggiandole con tenerezza le braccia per darle coraggio.
"Forza, andiamo di là. Credo che il tuo Samuel senta un po'
la tua
mancanza. E anche la piccolina."
Consuelo assentì e
Margareth, nell'avvolgerle la vita
con un braccio, la sostenne sia fisicamente che emotivamente mentre, un
passo
alla volta, conduceva la donna verso la fase successiva di quel
terribile viaggio
travagliato. Purtroppo, lei ne conosceva fin troppo bene ogni singolo
centimetro, ma sapeva che l’amica di sua figlia doveva
cominciare a incamminarsi,
se non voleva rimanerne soffocata per sempre.
Più si fosse protratta
l'attesa, più le sfide da
affrontare si sarebbero fatte dure. Lasciare che giornalisti, paura e
sconforto
avessero la meglio, avrebbe voluto dire non risalire più la
china, qualsiasi fosse
stato l'esito di quella ricerca.
Mano nella mano con Samuel, e
tenendo la piccola
Sophie nel marsupio sopra il seno, Consuelo uscì finalmente
da casa dopo giorni
di auto segregazione. Come temuto, però, nel giro di alcuni
minuti i primi
reporter si mostrarono nei pressi dell'abitato, con tanto di telecamere
a
spalla e microfoni spianati.
La barriera umana formata da Emily,
la sua famiglia e
i suoi amici, ora presenti in massa, fornì loro la
protezione necessaria per
poter raggiungere il retro della casa attraverso il giardino.
Con il levarsi delle proteste di
alcuni giornalisti,
Sherry non si lasciò pregare e decise di passare
all’attacco. Espose quindi il
suo sorriso più smagliante, avanzò verso la
staccionata riuscendo a camminare
sull'erba con passo elegante nonostante le Louboutin chilometriche e,
mettendo
in mostra l'arma che portava al fianco, dichiarò melliflua:
"Vorrei
chiarire un punto con voi, cari signori. Al primo che mi
verrà a citare
il diritto all'informazione, io
risponderò con il quinto
emendamento. I proprietari di questa casa non hanno intenzione di
rispondere a
nessuna delle vostre domande, sono ovviamente sconvolti per la
sparizione del
figlio e non sanno chi possa essere stato a rapirlo. Se avete domande
serie,
rivolgetele all'agente speciale McCoy, altrimenti portate rispetto per
il loro
dolore e andatevene."
"Con quale diritto ci impedisce di
fare il nostro
lavoro?" protestò allora una reporter della CBS.
Allargando il proprio sorriso, che
però divenne di
pietra, Sherry replicò: "Sono stata assunta dalla coppia
come loro
portavoce, perciò parlo in vece loro. Quanto al vostro
lavoro, dovrebbe essere
riportare la verità, non ingigantire fatti di cui non sapete
nulla."
Interrompendosi, estrasse dalla
tasca della giacca di
pelle il proprio cellulare, scorse velocemente su internet alcuni
articoli dopodiché,
didascalica, elencò i titoli gonfiati - se non addirittura
del tutto fasulli -
comparsi sulle maggiori testate americane.
Tornando a sorridere gelida al suo
auditorio, ora non
più tanto sicuro di sé, Sherry terminò
dicendo: "A quanto pare, o non
sapete fare il vostro mestiere, o qualcuno non ricorda
più quale
mestiere stia facendo. Davvero avete tirato in
ballo le
messe sataniche? Dio, per favore! E con quali prove?
Perché la mia cliente
è di origine messicana? Qualcuno è per caso un
po' razzista, in mezzo a
voi?"
Tra i giornalisti si
levò un borbottio irritato, ma
Sherry proseguì nella sua manfrina, senza risparmiare
commenti acidi a nessuno.
Poco per volta, smontò una dopo l'altra le assurde teorie
proposte dai giornali
ma, non contenta, aggiunse con tono mortalmente serio: "Non pretendo
che
capiate il loro dolore, perché altrimenti avreste
già compreso quando fare un
passo indietro, perciò terrò a ricordarvi fino
allo sfinimento il rispetto della
privacy e della proprietà privata."
Prima ancora che i giornalisti
facessero la voce
grossa, Sherry gettò in mezzo ai loro piedi un piccolo
microfono-spia e sibilò
tra i denti: "Al prossimo che trovo sulla proprietà dei miei
clienti,
giuro che farò emettere su ciascuna delle vostre teste
un'ingiunzione
restrittiva."
Ciò detto, li
abbandonò senza null'altro dire,
allontanandosi ancora con passo fatale ed elegante.
Uno per uno, i giornalisti si
allontanarono dal
microfono gettato a terra come se fosse stato una bomba a mano pronta a
esplodere e Sherry, nello svoltare l'angolo, ghignò beffarda
prima di
ritrovarsi addosso gli occhi curiosi di Rick.
Nascosto dall’angolo di
casa dietro cui si era
sistemato, aveva seguito da lontano la sua performance con espressione
affascinata e orgogliosa assieme ma ora, curioso, chiese spiegazioni.
"Non hai affatto perquisito la
casa, Sherry"
sottolineò a quel punto lui, fissandola divertito.
Lei, allora, scrollò le
spalle e chiosò: "Ma loro
non lo sanno. Per un po' staranno buoni, visto che nessuno vuole
beccarsi una
denuncia per violazione della proprietà privata."
Rick, allora, le sorrise ammirato
e, nell'indicare
l'erta su cui si erano sdraiati i loro compagni per prendere un po' di
sole,
domandò: "Hai bisogno di una mano?"
"No, ce la faccio"
replicò lei, notando come
Rick non tentasse nemmeno di offrirle il braccio.
Lei, allora, incuneò la
mano nell'incavo del suo
gomito e aggiunse: "Però apprezzo che tu me lo abbia
chiesto."
L'uomo rise divertito, scosse il
capo di fronte al
ragionamento di Sherry e chiosò: "Lo so che ho dei modi
antiquati,
scusa... ma è più forte di me. Mamma ci teneva
molto che io e i miei fratelli
si imparasse a trattare le donne come autentiche gemme."
"Ho apprezzato, credimi, come ho
apprezzato il
fatto che tu non abbia insistito quando ti ho detto di no"
sottolineò a
quel punto lei, stringendosi ulteriormente al braccio
dell’uomo.
"Una donna che riesce a camminare
come hai fatto
tu, sull'erba e con dei tacchi da dodici centimetri,
non ha
bisogno del braccio di nessuno... ma ho pensato fosse carino
offrirtelo"
ammiccò lui, accompagnandola dabbasso fino a raggiungere
Emily e Anthony.
"E lo era. Carino, intendo"
mormorò Sherry,
accomodandosi sull'erba prima di guardare Consuelo e aggiungere: "Per
qualche giorno li ho sistemati. Purtroppo, hanno la memoria corta e,
entro
breve, verranno a capo del mio piccolo scherzo ma, almeno per ora,
potete
tirare un sospiro di sollievo."
"Grazie, Sherry. Non ho davvero
parole per dirti
quanto ti siamo grati" mormorò Consuelo, sorridendole.
"Vorrei poter fare di
più ma, almeno per il
momento, la mia rete di informatori non ha trovato nulla. Il che
può voler dire
molto, o molto poco" sospirò a quel punto Sherry,
riafferrando il
cellulare per controllare le ultime e-mail. "Il fatto che i maggiori
siti
nel dark web non riportino la sua
fotografia, neppure contraffatta, è di buon auspicio. Ho
anche allertato mio
fratello Gin, a L.A., perché tenga gli occhi aperti. La
California è una piazza
piuttosto battuta, e non voglio lasciare niente di intentato."
Samuel e Consuelo la ringraziarono
ma Sherry non
riuscì a provare soddisfazione, per quelle esternazioni di
gratitudine.
Voleva trovare Mickey. Solo allora
avrebbe potuto
dirsi soddisfatta del proprio lavoro.
Fu in quel momento che Emily le
diede una pacca sulla
spalla, le sorrise e disse: "Lo troveremo. Ne sono sicura."
Sherry non poté che
sorriderle.
Era vero solo in apparenza che lei
era quella forte,
ed Emily la principessina da salvare. Lo aveva capito fin dal primo
giorno in
cui si erano conosciute all'università.
Certo, Emy le era parsa spaesata e
terrorizzata come
un cerbiatto abbagliato dai fari di un'auto, e il suo istinto
protettivo aveva
elevato le antenne immediatamente, accorrendo in aiuto di una sorella
in stato
di difficoltà.
Quando, però, aveva
conosciuto la storia della nuova
amica e aveva compreso fino in fondo da dove fosse nato quel suo
perenne stato
di ansia, non solo l'aveva trovata coraggiosa, ma resiliente.
Sherry non era del tutto sicura
che, messa di fronte a
una simile prova, sarebbe stata altrettanto forte e determinata. Lei
aveva
imparato a difendersi e a cavarsela in tenera età perché
costretta,
perché la madre era una drogata e il padre perennemente
assente. Lei e Gin
erano divenuti adulti all'età di cinque e sette anni, quando
avevano trovato
Riley - la loro madre - stesa a terra in preda a un'overdose da
ossicodone.
Senza farsi prendere dal panico,
lei aveva chiamato il
9-1-1 mentre Gin si era premurato che la madre non si soffocasse con il
proprio
vomito. Quando finalmente i paramedici erano arrivati, il padre era
rientrato a
casa, stanco e provato dal lungo viaggio in camion, e aveva trovato un
autentico caos intorno a sé.
Solo grazie alla sua presenza, non
erano finiti in
mano ai servizi sociali e, per tutto il mese successivo, erano stati in
sua
compagnia. Forse, il mese più bello della loro vita. Il
lavoro, però, era tornato
a separarli e Riley, disintossicata e pronta a riprendere le redini
della
propria vita, li aveva di nuovo accuditi.
Per un po', tutto era andato bene
ma le buone, care,
vecchie abitudini erano tornate.
Riley aveva solo imparato a gestire
meglio i suoi
piaceri, evitando che i servizi sociali la trovassero a farsi e lei e
Gin, muti
testimoni del suo lento discendere all'inferno, erano rimasti in
silenzio per
non essere separati.
Avevano così imparato a
salvare la madre da se stessa,
e la vita per loro era divenuta un campo di addestramento continuo. Il
padre
aveva sempre provveduto al loro sostentamento ma, poco alla volta, si
era
allontanato dalla famiglia, forse stanco dei colpi di testa di Riley
finché, un
giorno, non era più tornato.
Al suo posto, aveva lasciato una
busta gialla con il
timbro di uno studio legale, oltre a due libretti bancari intestati a
entrambi
i figli, in cui erano stati versati i soldi per il college.
Lei, perciò, aveva
imparato sulla strada – e in casa –
il modo migliore per sopravvivere, … ma Emily?
Emily era cresciuta in una famiglia
altolocata,
vezzeggiata e amata, ricoperta da una patina dorata che l'aveva resa
fin da
subito la principessina del suo privato castello, la bambina che tutte
agognavano di essere.
Eppure, nonostante questa patina di
regalità, non
soltanto era sopravvissuta, ma era riuscita a liberarsi da
sola dei
suoi aguzzini, scappando per boschi sconosciuti e ricchi di crepacci
fino a
trovare qualcuno in grado di aiutarla.
No, Emily non era debole. Non lo
era mai stata. Era
stata - ora, forse, non lo era più - una creatura ferita,
piena di paure, ma mai debole.
Poteva darne l'idea, a un occhio
disattento, ma Sherry
ormai la conosceva bene, e sapeva quanto acciaio vi fosse dietro il
velo dorato
che la ricopriva.
Perciò, annuì
alle parole dell'amica e, cercando di
rilassarsi, si distese sull'erba fresca per respirare a pieni polmoni
l'aria
tersa di quei luoghi sapendo bene che, nel pomeriggio, avrebbe ripreso
le
ricerche di Mickey.
Risposarsi serviva sempre, anche se
si sentiva fremere
dentro per il desiderio di riprendere le ricerche.
Per ritrovare Mickey,
però, doveva dare il meglio di sé
e, per farlo, ogni tanto doveva fermarsi anche lei.