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Autore: IndianaJones25    16/11/2021    2 recensioni
Gli anni sono trascorsi, lenti ma inesorabili. Anche per il professor Henry Jones, Jr. sembra essere giunto il momento di appendere la frusta al chiodo e di dire addio alla vita avventurosa. L’intrepido archeologo giramondo, ormai, è diventato un anziano signore che porta addosso i segni, i dolori e i ricordi dolceamari della sua spericolata vita passata.
Ma c’è ancora chi sembra avere bisogno di lui e Indiana Jones non è certo il tipo da tirarsi indietro dinanzi a una minaccia che potrebbe sconvolgere il mondo intero. Così, in compagnia di sua figlia Katy, di una giovane bibliotecaria e di un prete dal grilletto facile, Indy torna a impugnare la frusta e si getta a capofitto in un’ultima impresa, al cui termine potrebbe trovare la speranza di un nuovo inizio oppure una disastrosa rovina.
La lotta sarà difficile e insidiosa, perché l’ultimo vero nemico di Indiana Jones non saranno eserciti o folli invasati, ma proprio la sua irresistibile voglia di avventura…
Genere: Avventura, Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Henry Walton Jones Jr., Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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   20 - Tradimento
 
   Istintivamente Katy si abbassò nell’acqua, avvicinandosi con ampie manate la schiuma e utilizzandola per coprirsi il più possibile. Valerija, confusa, si voltò all’indietro e, scorgendo l’uomo che le spiava, sgranò gli occhi e si coprì a sua volta. Le due sorelle Obradovic, invece, dopo essere balzate in piedi ed essersi scambiate qualche parola, corsero alla finestra. Con immenso stupore delle due ragazze immerse nella tinozza, la spalancarono e cominciarono a parlare in maniera concitata con lo spione.
   «Non aprite! Siete impazzite?» gridò Katy, che per l’imbarazzo non sapeva più come comportarsi.
   Uscire dall’acqua e correre a dare un cazzotto in faccia a quel tizio, o restarsene inchiodata dov’era? Un conto era essere vista nuda da altre ragazze – o da suo padre – tutt’altro era esporsi con niente altro che la sua pelle dinnanzi a un perfetto sconosciuto che aveva tutta l’aria di essere un maniaco.
   Ignorando il suo strillo, Aleksandra e Fata continuarono a confabulare con l’uomo, parlando velocemente in serbo.
   «Dice che ha visto la finestra illuminata e si è avvicinato…» tradusse Valerija, cogliendo uno stralcio di conversazione.
   «Non mi pare una buona scusa per spiare due ragazze che fanno il bagno!» strepitò Katy.
   In quel momento la porta della camera si spalancò di colpo e irruppero Indy e il dottor Obradovic, seguiti a ruota da don Mavro; dietro di loro, fecero capolino la signora Obradovic e l’altra figlia, Marija. Nel vedere tutta quella gente, Valerija strillò ancora più forte di prima e sprofondò a tal punto nell’acqua che parve intenzionata ad annegarsi.
   «Ma cos’è tutta questa confusione, accidenti?!» sbraitò Indy, facendo balenare lo sguardo dalle due ragazze nella tinozza alle due figlie del medico e all’uomo che continuava a parlare velocemente, ansante come se avesse fatto una lunghissima corsa.
   «Pavle!» gridò invece il dottore, riconoscendo l’uomo. Si avvicinò in fretta all’uomo ancora fuori dalla finestra, seguito subito da Indy e da don Mavro, che fece uno sforzo enorme per tenere gli occhi distolti dalle due giovani completamente nude.
   «Dottor Obradovic, sono corso il più in fretta possibile!» urlò l’uomo di nome Pavle, cercando di riprendere fiato. «Ho fatto una volta in bicicletta per riuscire ad arrivare in tempo… ho visto la luce e sono corso a questa finestra… gli agenti dell’OZNA… hanno scoperto che l’americano è qui… stanno arrivando…!»
   «Che sia stramaledetto…!»  cominciò a bestemmiare Indy, facendo sussultare don Mavro. Cercando di tenersi calmo, guardò l’uomo dritto in viso: «Lei sarebbe uno dei ribelli?»
   L’altro annuì, ma fu il dottor Obradovic a rispondere al suo posto.
   «Pavle è uno degli uomini che l’ha trasportata a casa mia quando è stato ferito, professore» disse, parlando in fretta. Si mordicchiò le labbra, prima di soggiungere: «Ho completa fiducia in lui.»
   Indy sbottò qualcosa di incomprensibile, per poi domandare: «Quanto abbiamo?»
   Pavle allargò le braccia.
   «Un quarto d’ora, mezz’ora al massimo» spiegò. «I nostri agenti che mi hanno avvertito li hanno visti uscire in forze da Sarajevo e…»
   «E allora non perdiamo tempo!» urlò Indy.
   Si voltò verso le due ragazze che, vincendo gli imbarazzi di trovarsi in mezzo a una vera e propria folla, nell’udire quella terribile novità si erano affrettate a uscire dall’acqua. Si erano date un’asciugata sommaria e si stavano già rivestendo.
   «Preparatevi in fretta e radunate tutte le vostre cose» sbottò Indy, uscendo in fretta dalla stanza e correndo in quella che divideva con don Mavro. Il prete e il medico lo seguirono.
   «Dottore, mi dispiace averla messa in questa situazione» grugnì l’archeologo, afferrando il suo parka e indossandolo. Calzò in fretta le scarpe e, dopo essersi arrotolato la frusta attorno alla spalla, mise in testa il cappello. Si rivolse di nuovo al medico. «Non era nostra intenzione farla finire nei guai…»
   Il medico era pallido e gocce di sudore freddo gli solcavano le tempie e la fronte. Tuttavia, riuscì ugualmente a dire: «Non si preoccupi per me, professore. Ora dovete pensare a voi…»
   Don Mavro aveva indossato il suo Loden e la coppola e stava in attesa accanto alla porta.
   «Pronto?» domandò Indy, gettandogli un’occhiata mentre afferrava dal cassettone la cartelletta di carta rosa in cui aveva rinchiuso la mappa, il libro delle leggende, la cartina con il percorso e tutti i suoi appunti sulla Fonte.
   «Prontissimo» rispose il sacerdote, con un cenno d’assenso.
   «Se soltanto avessimo delle armi…» grugnì l’archeologo, contrariato.
   Un sorriso attraversò il volto paffuto di don Mavro.
   «Ma noi le abbiamo» rispose. «Prima di lasciare la piramide, mi sono premurato di mettere un paio di quei simpatici Kalashnikov nel bagagliaio della mia macchina. Volevo appendermeli sopra il caminetto in canonica, per ricordo…»
   Indy gli batté una manata sulla spalla.
   «Ben fatto, padre. Vada a tirarli fuori e li metta sul sedile posteriore. Temo proprio che ci serviranno. Io recupero Katy e Valerija e la raggiungiamo subito…»
   Fecero per avviarsi, quando il medico si mise di traverso alla porta, con le braccia allargate, sbarrandogli la strada.
   Interdetti, i due uomini lo fissarono senza capire.
   «Mi dispiace, ma questo non posso lasciarvelo fare…» disse il dottor Obradovic, asciugando il sudore che gli cadeva copioso negli occhi, arrossandoglieli.
   «Che intende dire, dottore?» domandò il sacerdote, sorpreso.
   «Io sono mortificato, e le assicuro che non ce l’ho con nessuno di voi… ma…»
   «Ma?» lo incitò don Mavro, smarrito.
   Fu Indy a rispondere.
   «Ma è stato lui ad avvertire l’OZNA, dico bene?» domandò, con un ghigno sarcastico.
   Il medico sussultò come se fosse stato colpito da un pugno nello stomaco.
   «Mi… mi hanno preso l’altro ieri, durante una visita a uno dei miei pazienti…» balbettò. «Qualcuno ha fatto la spia… una soffiata, da parte di qualche persona che abita nei dintorni… mi hanno costretto a rivelare la verità sul vostro nascondiglio… mi hanno minacciato… mi… mi hanno detto che… che… che avrebbero ucciso le mie figlie se… non avessi collaborato… non potevo farci nulla… è lei che vogliono, professor Jones: lei e le carte che tiene sotto braccio. Ho fatto il possibile per aiutarla… ma più di così… non avrei potuto…»
   Don Mavro sgranò gli occhi, sconcertato. Jones, invece, restò del tutto impassibile: era fin troppo abituato ai tradimenti e ai voltafaccia improvvisi, anche da parte delle persone più affidabili e insospettabili. Si portava addosso una gran brutta e spiacevolmente copiosa esperienza, per ciò che riguardava quel versante.
   «Immagino che, però, quel tale Pavle non fosse previsto nel piano, vero?» chiese l’archeologo.
   «No, infatti» replicò il medico, che stava cominciando a riacquistare un po’ di sicurezza. «Avrebbero dovuto sorprendervi nel sonno e nessuno si sarebbe fatto male. Avevo pattuito che alle ragazze non sarebbe stato torto un capello… Ora capite che non posso permettervi di prendere le vostre armi, penserebbero che li ho traditi e che sono stato io ad avvisarvi!»
   Don Mavro fece un inaspettato scatto in avanti e afferrò il medico per la collottola, cercando di smuoverlo.
   «Si tolga dai piedi, insulso e pavido vermiciattolo!» sbraitò. «Non capisce che qui c’è in gioco il futuro e la libertà di tutti i popoli slavi che…»
   Non terminò la frase, perché il medico, dopo essersi infilato la mano nella tasca della giacca, aveva preso una piccola bottiglietta di vetro e gliel’aveva aperta sotto il naso. Un acre odore di cloro si diffuse nell’aria mentre don Mavro, stordito, lasciava andare il dottor Obradovic e barcollava all’indietro. Con un gemito crollò all’indietro, travolgendo una sedia e ribaltandola.
   Indy fece un rapido balzo, gettandosi dall’altra parte dell’ampio letto matrimoniale, per evitare di inalare a sua volta quella sostanza. Il dottore stringeva tra le mani una bottiglia trasparente in apparenza vuota, ma che emanava un odore che non poteva dare adito a dubbi sul suo contenuto: cloroformio, uno dei più potenti anestetici volatili.
   «Non si azzardi ad avvicinarsi, professore!» minacciò il medico, brandendo verso di lui boccetta. «Rimanga dove si trova o le faccio respirare tanta di questa roba da spedirla all’altro mondo!»
   Katy, Valerija e le quattro donne di casa, attirate dal trambusto che aveva provocato il prete cadendo, erano intanto sopraggiunte di corsa. Tutte sussultarono nel vedere don Mavro steso a terra e il dottore che teneva la piccola bottiglia sollevata di fronte a sé, alla stregua di una pistola.
   «Immobilizzate quelle due impiccione, ragazze!» ordinò il medico, con tono perentorio, voltandosi verso di loro. «E tu, Ðurada, vai da Pavle e allontanalo con una scusa! Svelte!»
   Le tre ragazze e loro madre, seppure sorprese, erano abituate a obbedire a ogni ordine del padrone di casa senza discutere o fare domande; così Marija, Fata e Aleksandra si scagliarono subito contro Katy e Valerija, mentre la signora si affrettò a raggiungere di corsa l’ingresso.
   Ma le due ragazze, sebbene confuse quanto le loro avversarie e notevolmente più stanche a causa della lunga scarpinata di quel giorno, non si lasciarono sopraffare troppo facilmente. Katy colpì Marija con un manrovescio e Valerija atterrò Fata con un calcio negli stinchi e una gomitata nella mascella. Poi entrambe si lanciarono contro Aleksandra e la sospinsero con forza contro il muro, facendole battere la testa.
   Non avevano idea di che cosa stesse accadendo, né perché stessero improvvisamente sostenendo una lotta contro delle ragazze con cui erano andate d’amore e d’accordo fino a pochi minuti prima; però, da quando si erano conosciute, erano accadute così tante cose che, ormai, avevano imparato a non farsi domande.
   «Forza, stupide!» gracchiò il medico, incitando le sue figlie. «Non vedete che sono più piccole e stanche di voi?!»
   Teneva sempre il braccio con la bottiglietta proteso in avanti, ma nel parlare si era rivolto del tutto verso l’indietro. Una distrazione breve ma che fu sufficiente a Indy a mettere mano alla frusta, srotolarla e scagliarla in maniera secca contro il medico, colpendolo sulla testa con una forte nerbata.
   Con un urlo di dolore, il dottor Obradovic cadde in avanti e crollò sul pavimento. La boccetta, sfuggitagli di mano, gli si ruppe accanto al volto, facendolo svenire all’istante. Indy, coprendosi il naso e la bocca per non inalare il cloroformio che si stava vaporizzando in fretta, girò attorno al letto, scavalcò il medico inerte ed uscì nel corridoio.
   La scena che gli si parò dinnanzi fu quasi surreale. Dopo l’iniziale vantaggio di sua figlia e della bibliotecaria, la situazione si era in breve ribaltata.
   Valerija era stesa a terra, dove si rotolava avvinghiata a Fata, che le aveva afferrato i capelli e pareva avere tutta l’intenzione di tirarglieli fino a strapparli. Katy, invece, era stata immobilizzata da Marija, che le teneva le braccia ferme dietro la schiena, mentre Aleksandra cercava di colpirla con pugni nello stomaco, ostacolata dai continui calci che la giovane Jones, urlando come una furia rabbiosa, cercava di appiopparle tra le gambe.
   Indy si grattò il mento.
   «Mi hanno sempre detto di non impicciarmi nelle questioni tra donne, specialmente quando si picchiano tra di loro…» bofonchiò. «Ma, questa volta, farò un’eccezione.»
   Con un veloce scatto, si avvicinò alle spalle di Aleksandra e, dopo averla afferrata per le braccia, la sollevò di peso e la gettò di lato senza nessun riguardo. La ragazza compì una piroetta e travolse la grossa pendola, rovesciandola con un gran fracasso; il pesante orologio cadde proprio addosso a Fata, che così perse la presa su Valerija e si trovò distesa a fianco della sorella, frastornata e dolorante. La giovane fu lesta a rialzarsi e a prendere a calci tutte e due.
   «Uzmite ovo, ružne kucke!» urlò, furiosa, continuando a colpire a casaccio. «E io che sono pure venuta a letto con voi! Che schifo!»
   Le due ragazze, gemendo, si dimenarono e si coprirono il volto nel tentativo di parare i suoi calci, ma Valerija andò avanti a infierire su di loro senza nessuna pietà.
   Katy, intanto, con una testata all’indietro aveva colpito il naso di Marija, che la lasciò andare con un ululato. Subito si girò e, con un paio di pugni, la atterrò, sbattendola sul pavimento. Anche lei parve decisa a colpire la sua avversaria fino a ridurla a una poltiglia sanguinolenta, ma Indy le afferrò il polso, trascinandola all’indietro.
   «Piantatela di giocare con quelle ragazzine e muoviamoci!» urlò, tirandosi dietro la figlia e strappando anche Valerija alla sua opera distruttiva. «Dobbiamo andarcene di qui!»
   Le sospinse verso l’ingresso, da dove provenivano ancora le urla della signora Obradovic, che cercava in ogni modo di mandare via Pavle. Il ribelle, però, non si lasciava persuadere e stava cercando in ogni maniera di convincerla a farsi da parte per fargli vedere che cosa stesse accadendo dentro la casa.
   Con una spinta piuttosto rude, l’archeologo gettò di lato la signora, che atterrò pesantemente sul pavimento, dove rimase stesa a lamentarsi.
   «Obradovic ci ha traditi, è lui che ha avvertito l’OZNA!» urlò Indy.
   «Dannazione!» imprecò Pavle. «E il prete?»
   «È di là, è svenuto, dobbiamo andare a prenderlo, non possiamo abbandonarlo nelle mani di quei macellai» replicò Jones. Si voltò in fretta verso le due ragazze e consegnò a Katy la preziosa cartellina con tutti i suoi appunti. «Andate alla macchina e spostate i fucili che ci sono nel bagagliaio sul sedile anteriore. Noi vi raggiungiamo subito.»
   Seguito da Pavle, tornò dentro la casa, scansando le due malmesse ragazze più giovani che erano ancora distese al suolo. Marija, invece, si era alzata e lo fissò con occhi lacrimevoli.
   «Dopo tutto quello che abbiamo fatto per lei, professor Jones, è così che ci ripaga?!» strillò, addolorata. «Proprio una bella riconoscenza, la sua!»
   «La riconoscenza è una questione di punti di vista!» rispose in fretta Indy, entrando con il ribelle nella camera da letto.
   Don Mavro, sebbene ancora confuso, aveva ripreso conoscenza e si era messo a sedere. Con le mani si sorreggeva la testa, che doveva fargli parecchio male.
   «Lei non aveva il diritto di fare del male a mio padre e alle mie sorelle!» continuò a urlare la ragazza, seguendoli dentro la stanza.
   Indy passò il braccio sotto le ascelle del prete e, aiutato da Pavle, lo sollevò da terra. Il sacerdote era pallido come se avesse la nausea e le gambe minacciarono di non reggerlo, ma grazie all’aiuto dei due uomini riuscì a mantenersi in piedi.
   «E suo padre non aveva il diritto di venderci all’OZNA!» sibilò Indy, guardando negli occhi l’infermiera, che sussultò per lo sconcerto.
   «Io…» mormorò, cambiando repentinamente tono della voce e colore del viso. «Glielo giuro, professore, che non lo sapevo… altrimenti gliel’avrei detto…»
   Jones le rivolse una specie di sorriso storto.
   «Posso anche crederci» borbottò. «Ora non ha più importanza chi sapesse che cosa. Ma, se vuole seguire il mio consiglio, signorina, prenda le sue sorelle e sua madre, e se riuscite anche quel sacco di patate di vostro padre, e tagliate la corda. Fate perdere le vostre tracce nella foresta, perché quando gli agenti dell’OZNA arriveranno e non ci troveranno, non ve la faranno passare liscia.» La guardò con intensità. «Mi ha capito, signorina? Ne va delle vostre vite.»
   Marija annuì, mentre una lacrima le scendeva lungo la guancia arrossata dalle botte ricevute.
   Senza attendere una sua risposta, i due uomini si incamminarono in fretta, sempre sostenendo il barcollante don Mavro.
 
   
 
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