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Autore: Little Firestar84    17/11/2021    6 recensioni
Sogno o realtà...o qualcos'altro?
Kaori si sveglia, in un letto non suo, con in braccio un bambino che non ha mai visto- ma che assomiglia in maniera impressionante a Ryo - e con in testa solo alcuni ricordi frammentati, che culminano tutti con la fuga dalla nave di Kaibara, e Ryo che l'abbracciava, stretta...
Ma dopo, cosa le è successo esattamente?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Il tempo passato alla zoo assunse per Kaori una qualità che aveva a dir poco del surreale: mentre Satomi correva a braccia spalancate da un’attrazione all’altra, rimanendo sbalordito alla vista di ogni singolo animale, la giovane donna si ritrovò a meravigliarsi incredula di quella che sembrava essere, apparentemente, la sua nuova quotidianità – un mondo che aveva a lungo segretamente sognato, ma di cui non aveva mai parlato con nessuno, temendo prese in giro, o peggio ancora… pietà.

Eppure… eppure, quello che aveva desiderato troppo a lungo, quel sogno che l’aveva sfiorata per un attimo quando era ragazzina, e che lei aveva subito messo da parte ritenendolo ridicolo, adesso era vero. 

Sorridendo pensierosa, si sfiorò il ventre, mentre guardava da lontano Ryo che teneva in spalle Satomi ed insieme guardavano delle scimmiette giocare, rincorrersi e corteggiarsi. Il loro bambino – era così strano pensare  a lui come a loro figlio! – aveva preso un cono gelato, che aveva lasciato sciogliere, colando sul naso di Ryo, che invece di arrabbiarsi stava invece ridendo come un ragazzino.

Satomi era il tipo di bambino che Ryo non era mai potuto essere, e Ryo… Ryo era il tipo di padre che ogni bambino avrebbe meritato, il tipo d’uomo che, sotto sotto, Kaori aveva sempre saputo che lui fosse. Anche con lei era un compagno… 

Beh, Ryo era peculiare. Ci provava con lei, faceva le sue battutine a senso unico, le faceva delle avances anche parecchio spinte, ma non scorrazzava dietro a tutte le gonnelle che gli capitavano a tiro e quando era certo di non avere occhi addossi... arrossendo leggermente intrecciava le dita a quelle di lei, e le dava delicati baci, sulla punta del naso, sulla guancia, sulla fronte, o sulle  loro mani intrecciate, proprio come un ragazzo che corteggiava una compagna di scuola.

“Sai, era da un po’ che non ti vedevo con quello sguardo sognante da sposina novella…” Miki la prese in giro, dandole una leggera gomitata nel fianco.

 L’una di fianco all’altra, scrollando il capo e sospirando, le due donne guardavano i loro uomini; Ryo stava prendendo in giro Umi, che reagiva nella sua solita maniera esagerata, ed entrambi non avevano notato che le piccole pesti – Satomi e la figlia di Miki e Umi, Ami, che era poco più grande del baby Saeba – stavano cercando di scavalcare il recinto per andare a vedere mamma Babbuino che allattava il suo cucciolo. I bambini stavano già cadendo dietro lo spiazzo erboso quando i padri li afferrarono al volo, mettendosi poi a litigare di brutto, dandosi la colpa reciproca di quello che sarebbe potuto succedere. 

Le due donne scoppiarono a ridere nell’assistere a quello spettacolo a cui, nonostante le innumerevoli repliche di cui erano state  testimoni nel corso degli anni, non sembravano abituarsi mai; Kaori ne fu rinfrancata: c’erano verità nella vita così ineluttabili che non sarebbero cambiate mai, in ogni luogo, tempo o dimensione. 

“Non lo so, Miki, oggi mi sento un po’ così…” scrollò le spalle, mentre sorrideva e si incamminava verso i loro uomini,  sentendo il desiderio di camminare a braccetto di Ryo, conscia che stavolta aveva tutto il diritto di farlo perché non avrebbero giocato alla famiglia – lo sarebbero stati davvero. “Mi sembra quasi di... non so. Vedere Ryo per la prima volta. O con occhi nuovi.”

“Tsk, sono gli ormoni, hanno annebbiato la capacità di giudizio di quella santa donna di tua moglie.”  Falcon commentò secco, dietro ai sempre presenti occhiali scuri, ghignando a braccia incrociate.  

“Sei solo geloso perché tutti sanno che io sono un marito decisamente migliore di te, brutto scimmione, e soprattutto più bello, più giovane, più aitante, più dotato!” Ryo, in tutta risposta, da uomo adulto quale era, mise il broncio, e si avvicinò a Kaori; un braccio intorno alle spalle, la tirò a sé, cosicché presero a camminare dietro ai bambini praticamente attaccati.

Il cuore prese a batterle forte, e Kaori arrossì, mentre tuttavia vinceva la sua innata timidezza e si lasciava andare a quel tocco, poggiando il capo contro il solido torace di Ryo e sospirando, desiderando imprimersi tutte quelle sensazioni, quei suoni e quei profumi nella mente per quando si fosse svegliata. 

“Io comunque resto dell’idea che un giro da Doc non sarebbe poi così male come idea. Sei strana, Sugar…” Ryo buttò lì, apparentemente con totale nonchalance. Kaori alzò gli occhi su di lui, e comprese che, nonostante tentasse di non darlo a vedere,  era preoccupato per lei e per la loro bambina. Kaori coprì la mano di lui con la sua, e chiuse gli occhi, lasciandogli un bacio delicato sulla giugulare, come a rendere quell’attimo e quella realtà più tangibile ad entrambi. Il cuore di Ryo prese a battere all’impazzata, e la guardò felice, con un sorriso da ragazzino – era davvero tenero, come un adolescente alla prima cotta.

“Sai, quando Satomi è venuto a svegliarti, mi sono un po’ preoccupato…” Ryo ammise, giocherellando con le dita di Kaori e guardandosi i piedi. “Sembravi stupita da tutto. Sembrava che non… beh, che ti fossi dimenticata che, che adesso stiamo insieme, che siamo una famiglia, ecco.”

“Io…. Mi spiace Ryo. Non volevo preoccuparti.” Ammise. Quello, era vero: nonostante fosse ben consapevole di essere stata a lungo fonte di preoccupazione per Ryo, non aveva mai desiderato quello status. Tuttavia, Kaori non poteva evitare di sentirsi anche in colpa, dato che gli stava effettivamente mentendo e lui- da ottimo sweeper e bravo compagno – aveva avvertito la fonte di quel disagio. Kaori nuovamente si interrogò sulla natura di quella bizzarra esperienza che stava vivendo: era un sogno, o una solida realtà? 

La donna aprì la bocca, nemmeno lei certa di cosa volesse dire al suo amato – perché comunque questo era Ryo per lei – ma tuttavia non ne ebbe la possibilità; Satomi e Ami corsero loro incontro, con sorrisi grandi come il cielo stellato, e suo figlio le abbracciò le gambe, eccitato, guardandola negli occhi con quel sorriso che adesso lei riconosceva un po’ come suo. La cosa la rincuorava e le dava come una sorta di sciocca speranza per il futuro: in quel bambino c’era tanto Ryo, dagli occhi ai capelli e anche gli atteggiamenti, ma Kaori poteva vedere anche un po’ di sé stessa. Erano le piccole cose, come la fossetta all’angolo delle labbra, il modo in cui sorrideva…

Sì, pensò: chiunque avrebbe potuto dire che quel bambino era loro, che faceva parte della loro famiglia. 

Se avessi una famiglia da accudire… no, non potrei mai difendere due persone da tutti i pericoli e da quelli che mi odiano.. ormai non posso più lasciare questo lavoro… non posso avere una famiglia come una persona normale, ma…. ma se potessi averla, una famiglia… vorrei proprio che divenissi tu, la mia famiglia.

Allo stesso tempo allarmata e stupefatta, guardò in lontananza, quasi nel vuoto, mentre si sentiva rabbuiare: cosa era successo, cosa era cambiato? Perché Ryo aveva deciso che poteva averla, quella famiglia – che lei era ben più della sorella di cui aveva scherzato quel giorno?

“Mamma, mamma, la guida dice che possiamo dire quale nome vogliamo per il piccolo panda! Vieni a scrivere il nome per me? Per favore!” Il bimbo prese a piagnucolare, in un modo che invece era decisamente tutto Ryo, e riportò Kaori se non alla realtà, almeno al presente che stava vivendo. 

“Ma certo Satomi, arrivo subito! Tu intanto vai a prendere un foglio e una penna insieme a Ami, va bene? Io vi raggiungo subito!” Gli diede un bacio sulla fronte, spettinandogli la zazzera scura, e lo guardò allontanarsi tenendo per mano l’amichetta, mentre la sua mente continuava ad essere assalita dai dubbi. 

Fu un attimo, ma fu abbastanza: Ryo percepì nuovamente quel turbamento, ma stavolta più prepotentemente. Mentre Kaori si stava incamminando verso il figlio, lui la afferrò per il polso, stringendolo quasi con forza bruta, obbligandola a voltarsi ed affrontarlo. 

“Kaori, per favore, cosa diavolo sta succedendo?” La affrontò, con voce bassa ma deciso; nel tono della sua voce, negli occhi scuri, Kaori vedeva non solo la paura, ma un terrore quasi primordiale, primitivo, e ne fu contagiata; senza che lui la lasciasse andare, cercò di fare un passo indietro, ma Ryo la tratteneva con troppa forza, quella della disperazione. “Ci guardi come se non ci conoscessi!”

“Io… te l’ho detto, ho solo dormito male!” provò a mentire; volse il viso altrove, nella speranza che il suo sguardo non la tradisse, che Ryo non capisse di avere ragione, ma sapeva che era del tutto inutile: se quel Ryo era come il suo… allora, nessuno la conosceva come lui. “Sto bene!”

“Kaori, l’ultima volta che mi hai detto che stavi bene, dopo che avevamo fermato Kaibara, poi mi sei svenuta tra le braccia e sei stata in coma per giorni!” La accusò lui; il tocco della mano si fece più delicato, la presa si trasformò in una carezza, e Ryo le si avvicinò, spronandola ad appoggiare la fronte contro il suo possente torace. “Non voglio che ti accada qualcosa a causa mia…. Né a te, né alla nostra bambina!”

Quasi paralizzata, Kaori chiuse gli occhi, e strinse forte Ryo, mentre sentiva qualcosa rimbombarle nella mente, nella testa.

Il tocco delicato di una mano ruvida. Un bacio sulla fronte.  Un sospiro, un’imprecazione pronunciata a denti stretti…. Un pugno contro il muro. 

“Sto bene, Ryo, te l’ho detto,” provò a rincuorarlo, cercando di convincere in primis se stessa che andava tutto bene e che non era né pazza, né soffriva di amnesia. “Te l’ho detto. Sono solo stanca.”

“Forse Miki ha ragione, deve essere una cosa di ormoni... Sato ed io dobbiamo smetterla di trascinarti a destra e manca, devi riposare!” Le disse, sorridendole. “Sei pure quasi svenuta il giorno del nostro matrimonio, quando eri incinta di quella piccola peste! Ad Okutama se lo ricordano ancora il nostro matrimonio… mica è cosa di tutti i giorni che la sposa scappi nel bel mezzo della cerimonia perché ha le nausee mattutine e lo sposo la rincorra disperato perché ha il terrore che lei lo molli all’altare! Eh, eh, eh!”

Kaori sentì forte il desiderio di cadere a terra, mentre le si abbassavo le spalle:  come era prevedibile, nessun matrimonio in cui fosse presente Ryo Saeba poteva definirsi normale. 

Io non posso proprio sposarmi, io non esisto, sono come morto!

Arrossendo, si portò le mani alle labbra, mentre camminava sotto allo sguardo curioso  e perplesso di Ryo; era accaduto tutto il contrario di quello che lui le aveva sempre affermato: aveva sempre detto di non essere attratto da lei, eppure adesso le stava attaccato peggio di una cozza; aveva detto di non volere una famiglia, ma aspettavano il loro secondo figlio, diceva di non potersi sposare, ma lo avevano fatto (mentre lei era incinta, per giunta).

Doveva essere sincera? Le sembrava quasi che il mondo avesse preso a girare al contrario mentre dormiva.

“Mamma, Ami vuole rubarmi il nome per la tigre!”  Satomi prese a piagnucolare, con grossi lacrimoni. 

“Non è vero! Lui vuole rubarlo a me!” La bambina lo contraddisse, seccata, braccia incrociate, sguardo fermo e deciso. Kaori scoppiò a ridere, inginocchiata a consolare il suo ometto: quella bambina era, fisicamente, la copia sputata di Miki – avevano perfino lo stesso neo nello stesso punto – ma nel modo di fare, e nel modo in cui si relazionava ai Saeba, amichevole prima, viperetta poi,  era tutta suo padre. 

“Oh, Ami, assomigli ogni giorno di più al tuo papà!” La sweeper le disse, spettinandole i capelli ma facendole l’occhiolino. “Ma stai tranquilla, sei e sarai sempre bella come la tua mamma!” 

“Voglio chiamare la piccola Julia!” Ami affermò con risolutezza, cercando di non far vedere come la imbarazzasse ricevere tutti quei complimenti, nonostante Kaori fosse la sua zia preferita e sotto sotto le piacesse sentirsi dire che era bella come la sua mamma, che, ai suoi occhi, era come una principessa delle favole,  proprio come la zia Kaori.

“Anche io la voglio chiamare così!” Satomi prese a sbattere i piedi, mentre lui e Ami presero a fronteggiarsi, a suon di “no, l’ho detto io, “no, io”, e così via. 

Kaori sospirò, portandosi una mano alla fronte: quelli erano decisamente figli di Ryo e Falcon…

Mentre i due marmocchi continuavano a litigare, con Ryo e Falcon che prendevano ognuno le difese del proprio pargolo e Miki che, come suo solito, cercava di placare gli animi, Kaori si gustò la scena: era tutto nuovo, eppure aveva come la sensazione di aver già vissuto quei momenti. 

Un déjà-vu? Possibile che potesse mettere un’altra voce a quella pazza lista di strampalate idee? Di certo non era peggio delle altre – ed intanto, lei continuava a non sapere cosa le fosse accaduto, cosa ci facesse lì, e perché….

Le parole di Ryo di poco prima le tornarono alla mente come una sorta di avvertimento sinistro… l’ultima volta che mi hai detto che stavi bene, dopo che avevamo fermato Kaibara, poi mi sei svenuta tra le braccia e sei stata in coma per giorni.

Si voltò a guardarlo, approfittando di un momento di distrazione del compagno, impegnato in quella sciocca lotta con il suo migliore amico. Era dunque un sogno? O forse…. Il paradiso? Ryo aveva parlato dello scontro con Kaibara, che lei aveva perso i sensi…. Era in coma e stava sognando tutto? Oppure, come in un film di fantascienza di serie C, era finita in una dimensione alternativa?

Aveva un buco di quasi sei anni: questa era l’unica cosa che sapeva – quello, e che riempire quel buco era forse l’unico modo per capire cosa le stesse accanendo… e cosa le era successo in passato.

   
 
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