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Autore: IndianaJones25    18/11/2021    2 recensioni
Gli anni sono trascorsi, lenti ma inesorabili. Anche per il professor Henry Jones, Jr. sembra essere giunto il momento di appendere la frusta al chiodo e di dire addio alla vita avventurosa. L’intrepido archeologo giramondo, ormai, è diventato un anziano signore che porta addosso i segni, i dolori e i ricordi dolceamari della sua spericolata vita passata.
Ma c’è ancora chi sembra avere bisogno di lui e Indiana Jones non è certo il tipo da tirarsi indietro dinanzi a una minaccia che potrebbe sconvolgere il mondo intero. Così, in compagnia di sua figlia Katy, di una giovane bibliotecaria e di un prete dal grilletto facile, Indy torna a impugnare la frusta e si getta a capofitto in un’ultima impresa, al cui termine potrebbe trovare la speranza di un nuovo inizio oppure una disastrosa rovina.
La lotta sarà difficile e insidiosa, perché l’ultimo vero nemico di Indiana Jones non saranno eserciti o folli invasati, ma proprio la sua irresistibile voglia di avventura…
Genere: Avventura, Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Henry Walton Jones Jr., Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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   27 - Scelte da compiere
 
   Ci fu un lampo accecante e tutti e quattro trasalirono, facendo un passo all’indietro per sottrarsi a quella luce abbagliante, dinnanzi a cui gli occhi non potevano continuare a rimanere aperti. Si guardarono attorno, smarriti e confusi, come se non capissero perché fossero di nuovo lì, nel giardino incantato, con il loro solito aspetto. Le visioni che avevano avuto erano state così reali da sembrare vere e concrete, non un semplice parto dell’immaginazione.
   «Accidenti…» borbottò Katy, sfregandosi gli occhi nel tentativo di fare ordine nelle sue idee.
   «Ma che è successo?» balbettò Valerija, confusa, facendo volgere lo sguardo ovunque nel tentativo di raccapezzarsi.
   Indy e don Mavro, pur evitando di fare commenti, apparivano disorientati e smarriti quanto le due ragazze, e continuarono per quasi un minuto a sbattere le palpebre, come se stessero cercando di richiamare alla memoria i frammenti delle visioni che la Fonte gli aveva impresso nel cervello e che, adesso, stavano già svanendo velocissimi.
   I due custodi sorrisero in maniera amabile, facendo dei lievi gesti con le braccia.
   «La Fonte ha mostrato a ognuno di voi ciò che potrebbe ottenere se scegliesse di bere le sue acque» disse il ragazzo.
   «Ma c’è anche qualcos’altro che essa vi può mostrare» soggiunse la ragazza. «Non sottraetevi a questa offerta, come invece hanno fatto tutti coloro che vi hanno preceduti. Ciascuno dei fortunati che qui giunse nel corso dei secoli, vedendo avverarsi i propri sogni, non volle mai guardare oltre, credendo – a torto – di avere veduto abbastanza. Ma la Fonte, che è una benedizione, può trasmutarsi in brevissimo tempo in una maledizione, repentina come un battito d’ali.»
   «Non lasciatevi irretire dalla bramosia e dalla vanagloria come i vostri predecessori» proseguì il custode, facendo un lieve cenno con la mano. «Guardate ancora, e solo allora saprete scegliere quale strada imboccare, lungo quale via proseguire il vostro cammino.»
   Katy guardò Indy, che le sorrise incoraggiante, e lo stesso fece don Mavro con Valerija; tutti e quattro avevano scorto un glorioso futuro in quelle acque, ma le parole dei due custodi avevano provocato un brivido lungo le loro schiene. Forse, prima di mettere in atto i loro propositi, avrebbero davvero fatto meglio ad attendere di vedere ancora, qualsiasi cosa la Fonte fosse decisa a mostrare loro.
   Dunque, tutti e quattro guardarono nuovamente verso l’acqua cristallina; e l’acqua, proprio come accaduto un istante prima, restituì a ciascuno un’immagine nitida e precisa, come se stessero osservando un film proiettato sopra lo schermo di un cinema, e che invece si svolgeva soltanto dentro le loro teste, a uso e consumo esclusivo di ciascuno di loro.
   E, quello che videro, tolse loro il fiato.

 
* * *

   Don Mavro si vide di nuovo nei panni di un uomo forte, vigoroso e privo di paura, pronto a colpire e ad annientare tutti i suoi nemici, liberando i popoli dalla schiavitù e dalla ferocia di coloro che avrebbero voluto sottomettere i miti e i giusti. Questa volta, però, non riuscì più a sentirsi un eroe, come invece aveva fatto poco innanzi. Gli parve, invece, di essere diventato un mostro, un’orrenda creatura apportatrice di morte, per niente differente da coloro contro cui avrebbe voluto combattere e trionfare.
   Comprendendo il dolore da lui stesso provocato, avvertendo la fredda morsa della paura attanagliargli lo spirito, vedendo tutto il sangue innocente versato, si sentì cogliere dal più profondo degli orrori, una sensazione che mai aveva provato prima. Nel volgere di un secondo, si sentì impazzire dal terrore. Lui, che aveva assistito ai massacri provocati dalla rabbia e dall’esaltazione dei Simba, ora aveva paura di se stesso, di quello che sarebbe potuto divenire se avesse perseverato su quella strada, se avesse veramente scelto di bere l’acqua maledetta e diventare un essere invincibile e immortale.
   Le sue mani, consacrate per benedire, erano sporche di sangue. Non stringevano il crocefisso, ma il fucile. La gente non gli si inchinava di fronte per una confessione, bensì per essere giustiziata con ferocia e crudeltà inenarrabili. Si era tramutato in un assassino senza misericordia, perché sangue chiama sangue, e lui non si sarebbe mai dissetato abbastanza di quel liquido caldo e ferroso che avrebbe fatto scorrere a ettolitri.
   E, come se tutto questo non fosse già sufficientemente repellente, aveva cercato in quelle acque maledette un mezzo per vivere più a lungo e poter così uccidere più nemici. Era andato contro la natura e si era servito di questo potere per tramutarsi nel peggiore dei criminali. Il calore si diffuse su tutto il suo corpo, ma non era un dolce tepore: erano invece le fiamme dell’inferno che lo avvolgevano, bruciandolo e martoriandolo a poco a poco, nella maniera più dolorosa che si potesse immaginare: era la sua condanna, la condanna eterna e inevitabile attraverso cui avrebbe dovuto scontare tutte le sue innumerevoli colpe.
   «No!» gridò, folle di orrore. «Signore, perdonami! Il demonio mi ha indotto in tentazione con le sue lusinghe, facendomi pensare a tutte quelle nefandezze, ma ora ho capito quale sia la giusta strada da perseguire! Accoglimi di nuovo presso di te, e io combatterò sempre, ma soltanto con le armi e con le forze che tu stesso mi hai donato! Io sarà il tuo servitore e ti sarò sempre devoto!»
   La repulsione lo colse e la sua volontà gli intimò di fare ciò che era giusto, la sola cosa buona da compiere in quel momento scellerato.
   Con una smorfia, si allontanò dalla Fonte dell’Eterna Giovinezza, comprendendo quanto fosse sciocco e vano rivolgersi agli artefici del diavolo nella speranza di mutare l’andare delle cose, che avrebbero dovuto compiersi assecondando le natura e non andando contro di essa.

 
* * *

   Valerija provò a sforzarsi di non cedere alle emozioni che la stavano assalendo con foga violenta, ma non ci riuscì; scoppiò in lacrime non appena si rese conto di ciò a cui sarebbe andata veramente incontro se avesse proseguito nella sua decisione di prendere l’acqua per sé e per i ribelli jugoslavi.
   La Fonte, dopo averla stuzzicata con la falsa idea di un futuro radioso, le mostrò adesso immagini di distruzione, di sofferenza, di stragi. I comunisti, da carnefici che erano stati, si sarebbero tramutati in vittime, mentre i ribelli non si sarebbero più fermati nei loro propositi vendicativi, senza guardare in faccia niente e nessuno. La vendetta rabbiosa e terrificante sarebbe calata non soltanto su di loro, ma anche sulle loro famiglie e su schiere e schiere di donne, bambini, uomini che non avevano fatto nulla di male, colpevoli soltanto di non aver scelto in tempo da quale parte schierarsi.
   E i sovvertitori del vecchio ordine, resi folli e feroci dalla loro facile vittoria dopo aver subito così a lungo, non si sarebbero fermati più, e avrebbero continuato a combattere contro chiunque, espandendo il loro credo, e il loro odio, su tutta quanta la Terra, decisi a fermare per sempre chiunque avrebbe un giorno potuto opporsi a loro e alla loro visione delle cose. Un semplice conflitto interno di una nazione si sarebbe tramutato nel fuoco di una guerra terribile, espandendosi ovunque e bruciando l’intera civiltà in una serie di continue battaglie fratricide che non avrebbero condotto a nulla, all’infuori dell’annientamento totale. Sul serio era questo che lei, la docile e carina bibliotecaria innamorata della vita e nemica delle ingiustizie, avrebbe voluto provocare con un’azione sconsiderata?
   E, oltre a tutto questo male, che cosa ne sarebbe stato del suo amore per Katy? Quel legame che le aveva unite si sarebbe spezzato, l’anello di quella dolce catena che le aveva legate l’una all’altra avrebbe ceduto, distrutto da forze superiori e incontrollabili. Invece di restare unite per sempre, come sognavano, sarebbero state separate, divise dalla furia di una guerra che non avrebbe mai avuto fine e che, a causa della diversità delle loro idee e dei loro luoghi di provenienza, le avrebbe messe una di fronte all’altra lungo campi opposti, destinate forse a uccidersi a vicenda.
   Perché, questo la Fonte lo mostrava con estrema chiarezza, un giorno altri ribelli, stanchi di subire, si sarebbero levati contro i nuovi persecutori e, pur non potendo disporre di un’arma potente come l’acqua miracolosa, avrebbero combattuto fino all’ultima goccia di sangue per resistere e affermare la propria libertà. La distruzione di un’oppressione ne avrebbe chiamata un’altra e poi un’altra ancora e via così, fino a quando persino la speranza sarebbe morta tra i fumi, le fiamme e il sangue. Di spazio per l’amore, in tutto questo, non ce ne sarebbe più stato.
   Tutto sarebbe finito nella maniera più oscura e diabolica possibile. E non era affatto questo che lei voleva. Non era questo che sognava, non era per questo destino oscuro che batteva il suo cuore buono e animato dai migliori desideri.
   «No!» strillò. «No!»
   Trattenendo a stento nuove lacrime, si sottrasse alla vista della Fonte, volgendole le spalle.

 
* * *

   Katy restò senza fiato per l’angoscia e fu costretta a stringersi le braccia al petto per impedirsi di sussultare a causa del terrore che l’aveva invasa da capo a piedi, provocandole la pelle d’oca e facendole rizzare ogni singolo pelo che avesse sul corpo. Visioni terrificanti la sfioravano da tutte le parti, lambendola con dita gelide che parevano decise a trascinarle in una morsa fatta di niente.
   Il mondo cambiava, le cose mutavano, tutto iniziava e finiva, le persone che aveva amato morivano inesorabilmente una dopo l’altra, trasformandosi in polvere, ricordi e poi neppure più in quelli, cancellate dallo scorrere inesorabile del tempo. Tutto, attorno a lei, seguiva il destino delle cose e delle persone, assecondando le leggi della natura che, da sempre e per sempre, avevano e avrebbero regolato l’esistenza di tutto l’universo.
   Un destino comune, riservato a qualunque essere vivente, e tutto sommato accettabile per via di quel senso di condivisione; un destino uguale per tutti, tranne che per loro. Non per lei, non per suo padre. Loro, che avevano sovvertito a quelle leggi bevendo l’acqua della Fonte, restavano immobili, uguali a se stessi, figure atipiche in un mondo che non era più il loro, che stentavano a riconoscere, sempre più distante da quello in cui erano cresciuti ed erano stati felici. Erano estranei che non facevano altro che muoversi ovunque, senza smettere mai di camminare, come l’Ebreo errante delle leggende, incapaci di restare fermi, perseguitati in eterno da una malinconia costante a cui non sarebbero mai più stati capaci di sottrarsi a causa del loro sconsiderato egoismo.
   Una maledizione gravava su di loro, su Katy e su Indiana Jones, la peggiore di tutte, quella a cui mai avrebbero immaginato di andare incontro, neppure nei loro incubi più spaventosi, quelli che strappavano al sonno nel pieno della notte e impedivano di riaddormentarsi per lunghe e angosciose ore: la maledizione della vita imperitura.
   La condanna orribile della vita eterna, un supplizio peggiore di qualsiasi altro, che li costringeva a camminare sempre, a spostarsi ovunque per non destare sospetti, per non essere etichettati e additati come mostri o come fenomeni da baraccone. E, in questo loro continuo peregrinare, dimenticavano a poco a poco ciò che erano stati e finivano per separarsi, imboccando vie differenti, divenendo persino sconosciuti a loro stessi. La loro brama d’avventura, la loro sete insaziabile di conoscenza, alla fine, li aveva posti lungo differenti sentieri, che forse non si sarebbero incrociati mai più.
   A questo li avrebbe condotti l’eterna giovinezza. A questo e a niente altro: a una solitudine perenne, di continuo rinnovata come gli anni della loro vita che andavano sommandosi tutti uguali l’uno all’altro, mentre attorno a loro avvenivano cambiamenti epocali di cui, ormai, non sapevano più nemmeno essere spettatori indifferenti. Erano condannati a essere statue immobili in un mondo che non era il loro.
   Non era questo ciò che Katy desiderava.
   La sua era una vita sopra le righe, piena di piccole e divertenti follie, ma era pur sempre una vita, con tutti i suoi alti e bassi. Non era un semplice esistere come invece minacciava di diventare se avesse assaggiato quelle acque maledette. Lei voleva vivere, non esistere. Era per questo che era nata, come tutti gli altri esseri umani. E se vivere significava andare ogni giorno un po’ più vicino alla morte, lo avrebbe potuto accettare senza problemi o rimpianti, se questo avesse significato sapersi emozionare, provare gioie e dolori, trascorrere tutto il suo tempo in compagnia delle persone che amava e facendo le cose che le piacevano di più.
   «Non mi lascerò ingannare da questa menzogna!» strillò, scalciando con rabbia.
   Una zolla di erba, colpita dalla punta del suo anfibio, si staccò dal terreno e finì in acqua. Guardandola affondare, vide gli steli tornare germogli, poi semi, fino a scomparire del tutto. La Fonte le mostrava che cos’era davvero: una morte al rovescio.
   Inorridita da quella visione, distolse lo sguardo, volgendolo altrove, verso la vera vita.

 
* * *

   Indy tremava, mentre perdeva la sua preziosa memoria. Dimenticava ogni cosa: volti, emozioni, voci, luoghi. Tutto ciò che era stato importante per lui scompariva a poco a poco, come sabbia portata dal vento e dispersa per sempre agli angoli della Terra; i pensieri diventavano nuvole, che si sfilacciavano nel cielo fino a dissolversi completamente, quasi che non fossero mai esistite. E tutto diventava freddo e invisibile, sempre più lontano e indistinto. A che cosa era servito, allora, conservare intatto il suo fisico, ritrovare le vecchie energie, se ciò che aveva di più caro se ne andava da lui, abbandonandolo completamente e facendogli il vuoto tutto attorno?
   Gli anni scorrevano rapidissimi, senza che lui più se ne accorgesse. Tutte le persone che aveva amato e quelle che aveva odiato, ogni azione che aveva compiuto, ogni impresa che aveva portato a termine, ogni luogo che aveva avuto la fortuna di visitare… tutto si dissolveva in maniera spietata e impietosa, lasciandolo avvolto in un gigantesco buio fatto di niente, che non aveva più nessun tipo di confine, una realtà insondabile e insensibile da cui non poteva più fuggire.
   Si sentiva sopraffatto dall’angoscia, disperato; e la cosa peggiore di tutte era che non riusciva nemmeno più a capire perché si stesse disperando in quella maniera, perché tutto era dimenticato e perduto e non era più in grado neppure di riesumare una parvenza di memoria a cui afferrarsi per poter piangere e sfogare così la sua sofferenza infinita.
   Questo era ciò che lo avrebbe atteso se avesse bevuto. Ne era già consapevole, aveva preso la sua decisione la notte precedente, e ora ciò che già aveva saputo tornava di prepotenza a riaffiorargli nella mente, mostrato proprio da quella stessa Fonte che lo attraeva e che, al medesimo tempo, era il peggior incubo a cui si fosse mai avvicinato in tutta la sua esistenza.
   Perché, in fondo, a che cosa sarebbe servita, la vita eterna, se avesse significato esclusivamente l’oblio, la dimenticanza di tutto, la perdita di tutto ciò che era importante? Vivere eternamente giovane e con una mente azzerata… non c’era niente di più tremendo, tra tutti i mali che un essere umano avrebbe potuto immaginare. Allora non era molto meglio morire, andandosene con la speranza di portare con sé i propri ricordi o di poterli almeno lasciare in eredità ad altri, che li avrebbero conservati come tesori preziosi?
   Di nuovo, sentendosi finalmente invadere dal dolce calore dei suoi ricordi vivi e nitidi, dalla tranquillità del suo essere ancora intatto e libero da odiosi vincoli, Indiana Jones rivide tutte le persone che gli erano state care, ossia il passato che viveva dentro di lui: suo padre, sua madre, Marcus Brody, Abner Ravenwood, Harold Oxley, il suo cane Indiana e tanti, tantissimi altri che, per lui, erano stati importanti e gli avevano lasciato un segno indelebile della loro presenza. Poi vide Marion, il suo dolcissimo presente, la sua amata ed eterna ragazza, che lo aspettava a casa, desiderosa di poterlo riabbracciare, magari dopo avergli fatto la solita predica per dirgli che, ormai, era un po’ troppo vecchio per andare a cacciarsi sempre nei guai. E, per finire, vide Mutt, Abner e Katy e tutti i suoi nipotini, che sarebbero stati il suo vero futuro, che avrebbero perpetuato il suo ricordo quando fosse arrivato il momento della sua naturale dipartita.
   Soltanto questo contava, soltanto queste cose potevano essere considerate vere e vive; era la consapevolezza di essere amato e di amare, di avere raccolto ricordi altrui e di poterne lasciare di propri: questa era la vera e unica promessa della vita eterna, non quello strumento del demonio che lo avrebbe indotto all’annientamento più totale.
   Un sogghigno sarcastico gli incurvò le labbra. Scoprì di avere ancora una volta in mano l’ampolla vuota, pronta per essere riempita.
   «Non cederò» disse. «Non ho raggiunto questa età e questa saggezza per farmi ingannare dalle insidiose lusinghe di un potere sconosciuto, come tutti coloro che mi hanno preceduto e che sono morti per questo. Ne ho visti fin troppi finire nel peggiore dei modi, per ripetere a mia volta i loro madornali errori.»
   Esattamente come aveva fatto la notte precedente, sollevò il braccio e scagliò nel vuoto l’ampolla, ricorrendo a tutte le sue forze per fare in maniera che finisse il più lontano possibile.
   La vide compiere un arco nell’aria, prima di esplodere in mille frammenti incandescenti, che caddero nella Fonte come polvere infuocata, emanando bagliori dalle infinite sfumature colorate. Le acque ribollirono quando il vetro sciolto le raggiunse e gli sembrò persino di udire echeggiare un urlo lacerante di dolore, come se la maledizione a cui si era appena sottratto gridasse tutto il suo sconcerto e la sua rabbia per essere stata battuta ancora una volta e non aver potuto irretire una nuova vittima nella sua fittissima rete.
   Indy sogghignò ancora, consapevole di aver riportato una vera vittoria, una tra le più difficili della sua vita, e si girò, ammirando la bellezza del mondo che, lontano dall’inganno e dalle false promesse della Fonte, avrebbe continuato a essere suo fino a quando le forze lo avrebbero sorretto.
   E, si disse, anche dopo di allora, quando il suo ricordo sarebbe passato di bocca in bocca, per sempre.
   Il ricordo di Indiana Jones, il leggendario archeologo con la frusta e il cappello.
 
   
 
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