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Autore: Marti Lestrange    21/11/2021    1 recensioni
Raccolta più o meno omogenea sulla famiglia Black; tra il canon e l'headcanon.
[Walburga può solo sperare che il loro nome travalichi i secoli e la storia, che trascenda persino il tempo e lo spazio, e ogni possibile dimensione. Tutto il mondo saprà quanto sono importanti i Black. E tutti li temeranno. Tutti aneleranno il loro appoggio, la loro ricchezza, la loro purezza. Saranno ricordati come una delle famiglie Purosangue più longeve e influenti. Tutti ricorderanno il loro nome. E i suoi figli saranno il tramite per questa memoria. I suoi figli saranno i fautori della loro grandezza. Toujours pur.]
— questa storia partecipa al Writober di fanwriter.it
Indice:
I — Walburga
II — trittico [Bellatrix, Andromeda, Narcissa | Sirius, Regulus | Walburga, Alphard, Cygnus]
III — Druella
IV — Sirius|Regulus
V — Walburga
VI — Sirius
VII — Bellatrix
VIII — doppia flash [Walburga/Orion | Cygnus/Druella]; tematiche delicate
IX — Regulus
X — trittico [Alphard | Sirius | Lucretia]
XI — Walburga
XII — Alphard
XIII — Sirius
XIV — Sirius
XV — Narcissa
XVI — Walburga
XVII — Bella|Narcissa
XVIII — Andromeda
XIX — Bellatrix
XX — Narcissa
XXI — Regulus
XXII — Bellatrix
XXIII — Narcissa
XXIV — Bellatrix
XXV — Andromeda
XXVI — Sirius
XXVII — Bellatrix, Andromeda, Narcissa
XXVIII — Regulus
XXIX — Sirius
XXX — Andromeda
XXXI — Sirius
Genere: Angst, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Famiglia Black, Regulus Black, Sirius Black, Walburga Black | Coppie: Bellatrix/Voldemort, Lucius/Narcissa, Remus/Sirius, Rodolphus/Bellatrix, Ted/Andromeda
Note: Lime, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Più contesti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'in the name of the Black.'
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in the name of the Black.

 

Giorno 30;
hiraeth (una nostalgia per un luogo perduto, o una persona, dove non si può più fare ritorno);

❨ Andromeda ❩. 

 

Clivedon House1 è spoglia. È ridotta ad un ammasso di pietre e foglie e decadenti ombre del passato. Ormai non è rimasto più nulla. Forse è già così da tempo. 

 

Andromeda alza lo sguardo sui camini e le finestre a est. La porta d’ingresso è sbarrata. Il giardino è invaso dai rovi e dalle erbacce cresciute nel corso di quell’abbandono. La tenuta è passata a Draco, il primo erede maschio, ma Draco non l’ha mai voluta. Le ha raccontato che non ha passato momenti felici lì dentro, da bambino. “Non ho intenzione di rimetterci piede, zia Andromeda,” così ha detto. Ha preso a chiamarla “zia” ad un certo punto. Andromeda non ha mai protestato. Draco ha già lasciato tutto a suo figlio Scorpius e alla moglie Rose, ma Scorpius non sembra intenzionato a voler prendere una decisione nel breve periodo. 

 

Nell’aria si sente odore di bruciato, probabilmente qualche contadino Babbano sta bruciando delle sterpaglie poco lontano. La campagna profuma di umidità e autunno. Il terreno sotto i suoi piedi è scivoloso, e Andromeda stringe più forte il bastone. Si è fatta accompagnare nel Buckinghamshire dai suoi bis-nipoti, che ora attendono seduti su una panchina lì vicino, abbastanza scostati da lasciarle un po’ di privacy, ma a portata d’orecchio nel caso abbia bisogno di loro. Andromeda2, che è stata chiamata così per lei, indossa un grazioso baschetto sulla testa bionda, e un paio di calze a rete e degli anfibi che le ricordano Dora, e mastica una gomma con la stessa tenacia; il suo gemello Arthur2, che però tutti in famiglia chiamano semplicemente Artie, ha gli stessi capelli ricci di suo padre Teddy, e gli occhi buoni del nonno che non ha mai conosciuto. L’aspettano pazienti. Sono molti cari, con lei. 

 

Andromeda non avrebbe mai immaginato di arrivare a 90 anni ed essere ancora così lucida. Certo, ha i suoi momenti di confusione, com’è naturale, ma ricorda ancora tutto — o almeno, quasi tutto. Non torna a Clivedon House da così tanto tempo… Sembra ieri che ha raccolto la sua roba ed è uscita da quella porta. Ricorda ancora gli occhi di suo padre Cygnus che le bucavano la schiena, e le lacrime di sua sorella Bella che la pregavano silenziosamente di non andare. Ricorda ancora tutto, Andromeda, ma sceglie di non pensarci, non ora. 

 

Un rumore di passi la riscuote. Si volta. Sorride. I capelli biondi di Narcissa sono completamente bianchi da anni. Proprio come i suoi. Ora si assomigliano, finalmente. Ogni differenza tra loro sembra essersi annullata. Scorpius spinge la sedia a rotelle sulla quale siede sua nonna, magra ma sempre nobile, aggraziata come una colomba, le unghie perfette e troppe rughe intorno alle labbra. È bellissima, com’è sempre stata. 

“Vi posso lasciare da sole?” Chiede Scorpius, bellissimo tutto vestito di scuro, la barba che gli copre le mascelle e il mento. 

Devi lasciarci da sole,” interviene Narcissa. “Siamo troppo vecchie, e i nostri discorsi sono troppo barbosi per voi giovani.” 

“Allora vado a scroccare una sigaretta a Meda e Artie.” Scorpius si incammina, non ha fretta, e perché dovrebbe averne? Ha tutto il tempo del mondo, davanti. 

 

“Come stai, sorella? Cosa ti hanno detto al San Mungo?” 

“Cosa vuoi che mi abbiano detto…” Narcissa risponde ridacchiando. “Che sono vecchia. Durerò finché riesco.” 

Andromeda alza gli occhi al cielo ma non replica nulla in merito. Hanno fatto pace da anni, loro due. Quando vedi così tanta gente morire intorno a te, capisci quant’è stupido tenere lontana una delle poche persone rimaste che per te significa “famiglia”. Comprendi il vero valore delle cose, di ciò che hai ancora e di ciò che hai perso per sempre. E nessuna delle due voleva perdersi. 

“Sono passati quarantacinque anni da quand’è morta.”

Andromeda capisce subito di cosa — o meglio, di chi — sua sorella stia parlando. Sospira. “Ti manca?”

“Nonostante tutto?” 

Andromeda si volta a guardarla. Scrolla le spalle. “Nonostante tutto.”

“Un po’ sì. Sì, a volte mi sembra di sentirla ridere, sai come rideva, ma rideva davvero, intendo. Gli occhi le diventavano piccoli e tutto il suo viso si apriva, e aveva dei denti così piccoli… Era bella ma discreta. Era altro ad urlare forte, in lei.” 

“Ha sempre assomigliato così tanto a nostra madre…”

“Tu dici?” Esclama Narcissa. “Io ho sempre pensato che tu assomigliassi a mamma più di tutte noi.” 

Io?” Andromeda è stupita. 

“Sì. Soprattutto per la Vista3.”

Andromeda ha raccontato a sua sorella tutto quanto. Non sembrano avere più segreti ormai, un po’ come quando erano piccole e Narcissa faceva un brutto sogno e Andromeda era lì accanto a lei a farla riaddormentare. 

“Penso che fosse l’unica cosa che ci rendesse simili. Una volta sparita anche quella…”

“Nostra madre era complicata. Non era una donna facile.”

“Ne ha passate tante, Cissy. Troppe per una sola vita. L’ho perdonata solo di recente, sai? Con l’età ho capito molte cose.” 

“Nostro padre…” Narcissa sospira. Cerca qualcosa nella piccola borsetta in pelle bordeaux che tiene poggiata sulle gambe. Ne tira fuori un fazzoletto ricamato e si asciuga qualche lacrima. Con l’età è diventata sentimentale. 

“Nostro padre era un bastardo,” commenta Andromeda senza lasciarle il tempo di aggiungere altro.

Narcissa annuisce, soffiandosi il naso con pacatezza. Sa essere elegante in tutte le circostanze. 

“Scorpius ha deciso cosa farne?” Chiede, indicando la casa. 

“Non ancora. È un periodo incasinato al San Mungo, e ha tanto da lavorare… Ha detto che ci sta pensando.” 

“Non c’è fretta. Clivedon House non è caduta finora, resisterà ancora.” 

“Sono solo mura e spettri, Dromeda.” 

Scuote la testa. “Forse sì, forse no. Le case sono lo specchio di chi le ha abitate, Cissy. E questa casa è lo specchio della nostra famiglia al pari di Grimmauld Place. I muri trasudano disperazione. Non penso che qualcuno possa volerci vivere.” 

“Nessuno di noi potrebbe.”

“Scorpius dovrebbe venderla. Sono sicura che qualche Babbano facoltoso l’adorerebbe.” 

Narcissa ridacchia. “Oh, certo. Ne sono sicura anche io.”

“Ti dispiacerebbe? Dovesse venderla, intendo.”

“Un pochino, forse. Ma non ci sono tornata per tutti questi anni… Non ci ho più messo piede. Ho persino chiuso il Manor quando Lucius è mancato, lo sai, era solo per lui che ancora tenevamo in piedi quell’ammasso di putrefazione. Non c’è nulla che mi trattenga, sorella. Le case sono solo case.” 

“Sono le persone a farle.”

Le due donne si sorridono. Narcissa tende una mano e Andromeda gliela stringe. Si tengono per mano per un po’, finché non comincia a fare freddo. 

 

Meda le raggiunge, si stringe nel giubbotto di pelle che era stato di Dora e che Andromeda ha trovato da qualche parte a casa, tra le vecchie cose di sua figlia. “Che ne dite di levare le tende? Ci si gela il culo, qui fuori.” 

“Linguaggio, Meda,” la corregge lei.

La ragazza chiede scusa borbottando, e Andromeda scuote la testa. Non riesce a rimproverarla troppo a lungo, in fondo, proprio come accadeva con Dora.

“Possiamo andare, Cissy?”

Narcissa annuisce. “Possiamo andare.”

Meda osserva Clivedon House per un attimo, gli occhi ridotti a due fessure. “Mi pare di averla già vista da qualche parte…” 

Andromeda aggrotta le sopracciglia. “Impossibile. Tua madre e tuo padre non ti ci hanno mai portata.” 

La ragazza scrolla le spalle. “Devo averla sognata, forse… Non importa. Mi verrà in mente.”

Si mette dietro la sedia a rotelle e comincia a spingere Narcissa lungo il viale coperto delle foglie cadute dagli alberi. Andromeda si scambia uno sguardo con sua sorella e sa esattamente cosa stia pensando l’altra: Meda potrebbe aver ereditato la vista da lei, e da Druella a sua volta. Andromeda non vuole pensarci, ora. Non può. Osserva la bis-nipote in tralice, e Meda sembra tranquilla. Fischietta un motivo che Andromeda non conosce, e quando sente i suoi occhi addosso, si gira e le sorride. Ha lo stesso sorriso di sua madre Victoire. 

 

Andromeda si gira un’ultima volta ad osservare il profilo di Clivedon House, ora semi-immerso nella sera che comincia a calare. L’ultima luce del sole si riflette sulle finestre ad est e sembra quasi che una candela bruci all’interno. Ma poi il momento passa, e tutto torna buio. Andromeda le volta la schiena e continua a camminare.
 

[ 1356 parole ]

 

⭐︎⭐︎

 

❨ note ❩

1. Come già specificato in passato, ho idealmente collocato casa di Cygnus e Druella Black nel Buckinghamshire.
2. Andromeda e Arthur Lupin: figli di Victoire Weasley e Teddy Lupin; personaggi di mia invenzione. 
3. Vi ricordate il mio headcanon sulla Vista? Ne ho scritto nel capitolo tre (link) e nel capitolo diciotto (link). 

 

Ciao, lo so cosa state pensando. Sono imperdonabile. Scusate per la lunga assenza, come sapete ho iniziato a lavorare, e i nuovi impegni mi hanno catturata più di quanto pensassi. Eccomi qui però con un nuovo aggiornamento, il penultimo di questa raccolta. Ho condensato parecchie cosette, qui dentro. Prima di tutto vorrei dire che mi sono liberamente ispirata a questo capitolo della mia amica Fede, nella sua raccolta su Teddy e Vic, dove Teddy eredita casa Black e si reca sul posto con sua nonna Andromeda. Qui ovviamente parecchie cose sono diverse, ma vorrei ringraziarla per avermi dato una mezza ispirazione, anche perché l’idea di questo capitolo era solo imbastita, e ora sono riuscita a darle una forma. Se ancora non avete letto la sua raccolta, ve la consiglio. Detto ciò, ho inserito i figli di Teddy e Victoire, che ovviamente sono stati inventati da me. Scorpius è sposato con Rose, invece. Andromeda e Narcissa hanno fatto pace, e Lucius è morto anni prima di questo incontro. Ho pensato di far loro ricordare Bellatrix, ma la Bella bambina/ragazza che loro hanno amato entrambe, e che solo loro ormai possono ricordare. 

Mi sembra di avervi detto tutto, scusate per le note lunghissime ma ci tenevo a specificare alcune cose. 

Spero di riuscire a mettermi presto al lavoro sul capitolo XXXI che, vi anticipo, sarà su Sirius.

A presto ♥︎

   
 
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