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Autore: MaryFangirl    21/11/2021    1 recensioni
Kaede Rukawa soffre. La sua pena e il suo dolore sono così evidente che tutti i membri della squadra dello Shohoku se ne rendono conto, ma non sanno il motivo. Il primo a scoprirlo sarà inaspettatamente il suo eterno rivale.
Genere: Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: Lemon, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Era passato un mese dalla morte del nonno e Kaede era ancora immerso nella più profonda tristezza. Il suo dolore era tale che anche i suoi compagni di squadra se ne erano accorti attraverso la sua maschera ora incrinata, e lo guardavano angosciati, non sapendo cosa fare per aiutarlo. Più di uno osò chiedergli cosa c'era che non andava, ma il ragazzo rispondeva che non era niente. Nemmeno il coach Anzai riuscì a parlare con il suo giocatore pupillo, e Hanamichi non osava rivolgergli la parola, tantomeno lo insultava.
 
Kaede da parte sua era segretamente grato per quelle dimostrazioni di preoccupazioni, ma non riusciva a rivelare il motivo del suo dolore. Non avrebbe sopportato la compassione. Eppure sapeva che prima o poi avrebbe dovuto annunciare che, finito l'anno scolastico, avrebbe dovuto lasciare lo Shohoku per trasferirsi a Osaka, essendosi già accordato con suo zio, e sarebbe stato costretto a spiegare il motivo.
 
Quel giorno rimase in palestra per allenarsi ancora un po'. Praticò dribbling, contrasti, triple, tiri liberi, schemi...pensava che la stanchezza lo avrebbe aiutato a dormire meglio, ma invece il dolore al petto da settimane era aumentato considerevolmente al punto di doversi fermare perché a malapena riusciva a respirare.
Senza il rumore delle scarpe sul suolo e il rimbalzo della palla, il silenzio della palestra sembrava opprimente. Non sopportò più la solitudine di quel luogo, o meglio la propria solitudine, e con una mano sul petto si avviò velocemente verso le docce. Voleva piangere, ma in quel momento era come se il pianto fosse stato trafitto nella sua gola e incapace di uscirne.
 
Quando entrò nello spogliatoio, vide la propria immagine nello specchiò e rimase alcuni secondi a contemplarsi, qualcosa di insolito per lui. Di fatto lo odiava, perché ogni volta che succedeva, vedeva lui.
Suo fratello.
E all'improvviso non poté più trattenersi.
 
“NON AVEVI IL DIRITTO!” urlò disperato al proprio riflesso. “NON AVEVI IL DIRITTO DI LASCIARMI!!!”
Con entrambe le mani prese il bidone della spazzatura di metallo in un angolo e lo sbatté contro lo specchio, riducendolo in pezzi che caddero sparsi tra i lavandini e il pavimento. Alla fine il groppo in gola si sciolse e tra le urla cominciò a piangere. Ma il dolore non passò.
Si inginocchiò in mezzo ai vetri e ne afferrò uno con tanta forza che osservò gocce rosse scappargli dalle dita, e per un attimo il dolore fisico alla mano destra gli fece dimenticare quello nel petto. Pensò quindi che con un taglio più profondo sarebbe riuscito ad alleviarlo ancora di più.
 
Si stese a terra su un fianco e avvicinò il vetro al braccio sinistro. Nonostante i tremori che scuotevano da qualche minuto tutto il suo corpo, riuscì a bloccare il braccio al di sotto della sua bandana nera, e poco a poco si tagliò la pelle fino al polso, mentre una sensazione confortante lo avvolgeva. Ma la sensazione durò pochissimo e quando si rese conto di cos'aveva fatto, non aveva più la forza di alzarsi.
 
x x x
 
“Quindi non avete ancora affittato la stanza?” chiese Yohei all'amico.
“No” rispose Hanamichi”, “e spero non succeda. Non mi piace avere uno sconosciuto in casa”
 
La madre di Hanamichi stava pensare di affittare la stanza vacante della casa, per guadagnare qualche soldo extra facilmente, ma a lui l'idea non piaceva affatto. Ancora meno quando il primo inquilino che avevano trovato aveva tentato di provarci con lei.
-Quel bastardo...- pensò indignato.
 
“Ti sei macchiato la maglietta col gelato, Hana” disse l'amico, divertito.
“La maglietta?” ripeté lui guardando la macchia. Improvvisamente si ricordò qualcosa e aprì il borsone cercandovi qualcosa all'interno, ma non lo trovò. “Oh merda”
“Cosa c'è?”
“Ho dimenticato la maglietta in palestra”
“È pulita?”
“La maglietta?”
“Sì”
“Più o meno, ma non ne ho molte...”
“Non è tanto tardi, possiamo andare a recuperarla”
“Ok, grazie”
 
Hanamichi e Yohei uscirono da Danny's e si diressero verso lo Shohoku. Impiegarono solo cinque minuti e andarono dritti verso gli spogliatoi, dove il ragazzo aveva dimenticato l'indumento.
 
“Non senti qualcosa?” chiese Yohei con un certo timore nella voce. Se c'era qualcosa che lo terrorizzava, erano i fantasmi.
“Non sento niente”
Lo spavento che si presero non appena aprirono la porta fu da antologia.
“Porca puttana...!” esclamò Hanamichi mentre Yohei si copriva la bocca con la mano.
Dopo lo shock iniziale, entrambi i ragazzi si avvicinarono a quello steso a terra che piangeva in mezzo a un'immensa pozza di sangue.
 
“Che è successo, Rukawa?!” chiese Hanamichi urlando.
 
Ma Kaede non rispose, mettendosi a piangere ancora più forte.
 
“Rukawa...”
“Guarda il suo braccio” mormorò Yohei.
“Chiama un'ambulanza...”
 
Yohei tirò fuori il cellulare dalla tasca e compose il numero di emergenza. Mentre descriveva la situazione del giocatore numero 11 dello Shohoku, Hanamichi si alzò e prese la sua maglietta che era sopra una panchina. Con un forte strattone la strappò e si riavvicinò a Kaede con l'intenzione di fasciargli il braccio e fermare un po' l'emorragia, ma al primo contatto il ragazzo si tirò indietro e iniziò a gridare di non essere toccato.
 
“Ma che diavolo...” fece Hanamichi stupito.
“Ti aiuto io” disse Yohei subito dopo aver riattaccato, “stanno arrivando”
I due ragazzi tennero Kaede che, nonostante cercava di opporre resistenza, non sembrava più avere la forza per farlo, e Hanamichi riuscì a fasciarlo. Poi lo portarono fuori pensando di poterlo assistere più comodamente, si sedettero a terra con lui e il ragazzo, pallido, si appoggiò un po' sul petto di Hanamichi. Non smise mai di piangere.
 
“Non capisco che gli succede...è da settimane che si nota che non sta bene, ma è la prima volta che lo vedo piangere, e non si limita a piangere, è distrutto...a malapena si è reso conto che siamo qui...”
“Io l'ho visto piangere una volta” confessò Hanamichi, “un mese fa, in un campetto da basket, il giorno in cui ha saltato l'allenamento”
“Non aveva detto che era stato male?”
“Sì...”
“Cosa credi gli sia successo?”
“Non ne ho idea”
“...”
 
Il suono di una sirena li allertò. Yohei andò ad aprire la porta all'esterno della palestra e pochi minuti dopo arrivarono un medico e due infermiere accanto ad Hanamichi e Kaede.
 
“Cos'è successo?” chiese il dottore mentre apriva una valigetta.
“Non lo so, siamo arrivato cinque minuti fa e l'abbiamo trovato così...”
“Come ti chiami?” chiese a Kaede.
“...”
“Kaede Rukawa” rispose Hanamichi, il ragazzo non sembrava prestare attenzione al dottore che gli parlava.
“Rukawa, mi senti?”
“...”
“Ti cureremo, ok?”
“...”
 
Mentre una delle infermiere inseriva una siringa nel suo braccio destro, il dottore rimosse la maglietta di Hanamichi da quello sinistro, era intrisa di sangue e la sostituì con della garza fissata con una benda. Diede un'occhiata all'interno dello spogliatoio e si preoccupò quando vide la quantità di sangue presente.
 
“Lo portiamo all'ospedale Kitamura” spiegò il dottore mentre mettevano Kaede, già più calmo, su una barella e cominciavano a spingerla verso la porta. “Uno di voi può venire in ambulanza se lo desidera”
“Vengo io” disse subito Hanamichi.
“Avvisate un familiare se potete” disse l'uomo a Yohei dopo aver caricato la barella sull'ambulanza. Yohei si strinse nelle spalle guardando il suo amico.
“Devo chiamare il coach Anzai?”
“No. Rimarrebbe sconvolto e per il momento non è necessario. Ti chiamo tra un po'”
“Va bene”.
 
x x x
 
“Maschio, 16 anni, arteria radiale recisa, ha perso molto sangue!” gridò il medico appena entrarono nell'ospedale. Lui e un infermiere trascinarono la barella mentre Hanamichi correva accanto a loro.
 
“Cos'è successo?” chiese un'infermiera avvicinandosi insieme a una dottoressa.
“Ma è Rukawa!” esclamò la dottoressa, riconoscendo il ragazzo sulla barella semi incosciente.
“Lo conosci?”
“Era qui il mese scorso per suo nonno. Ha avuto una crisi d'ansia quando è morto e ha dovuto essere sedato”
“Beh, sembra che ne abbia avuto un'altra”
“Se l'è fatto lui?”
“Così pare”
“Andiamo dentro”
 
La dottoressa spinse una grande porta di vetro e il medico e l'infermiere che trascinavano la barella su cui c'era Kaede l'attraversarono. Anche Hanamichi voleva entrare ma l'infermiera glielo impedì, quindi non ebbe altra scelta che andare alla sala d'attesa, grugnendo. Si sedette e guardando a terra cominciò a meditare su quello che aveva detto la dottoressa.
 
-Quindi è morto suo nonno il mese scorso...ecco perché è stato così triste. Forse è stato il giorno in cui ha perso l'allenamento-
 
Alzò gli occhi e osservò le persone sedute intorno a lui. Sembravano tutti molto nervosi, invece lui ora era abbastanza tranquillo. Ma doveva ammettere che lo spavento che aveva avuto nel trovare Kaede in crisi isterica e circondato da una pozza di sangue era stato enorme.
 
-E se non avessi dimenticato la maglietta?- pensò di colpo. La risposta gli venne subito in mente e gli si fermò il cuore. Kaede sarebbe sicuramente morto dissanguato nello spogliatoio, visto che non era parso molto interessato a spostarsi per chiedere aiuto...quella era la cosa peggiore di tutte...
 
-Non posso pensare al fatto che la volpe abbia provato a suicidarsi-
 
Attese più di tre quarti d'ora quando finalmente la dottoressa che aveva riconosciuto Rukawa gli si avvicinò.
“Sei venuto con Rukawa, vero?” chiese quando lo raggiunse.
“Sì. Come sta?” chiese lui alzandosi.
“Bene, non preoccuparti. Sono la dottoressa Aizawa”
“Hanamichi Sakuragi”
“Piacere di conoscerti. Sei un suo amico?”
 
Hanamichi non sapeva cosa dire. Amici? No, non lo erano per niente, ma non gli sembrava giusto dirlo alla dottoressa, che cominciava a guardarlo con impazienza.
 
“Andiamo nella stessa scuola...” mormorò infine.
“Capito...conosci il numero di telefono di suo zio o di qualche altro parente?”
“No...ma pensavo di recuperare il suo numero di casa per avvisare i suoi genitori...” commentò, sorpreso che la dottoressa avesse menzionato uno zio prima dei genitori. La dottoressa Aizawa lo guardò un po' tristemente, cosa che non sfuggì al ragazzo.
 
“Vuoi vederlo?” chiese senza rispondere alla domanda silenziosa di Hanamichi.
“Sì, certo...” rispose lui, ancora più stupito.

 

  
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