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Autore: Brume    23/11/2021    2 recensioni
Ancora lui, Alain. Una storia di fantasia, un cammino di sette giorni per giungere a Calais ed andare via dalla Francia e da Oscar, partendo da Arras dove ha accompagnato gli amici. Sette giorni, un viaggio non solo fisico ma anche intimo, personale in cui ricordi e speranze di una vita nuova si fondono.
Attenzione: la storia è nata dopo "Passeggiata nella neve" e "Una Rosa, una Spada". Contiene, talvolta, linguaggio scurrile e volgare.
Man mano potrei aggiungere fan art : quello che disegno è sempre estemporaneo e di conseguenza tutto dipende dal tempo a disposizione.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alain de Soisson, Nuovo Personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Oscar e Andrè'
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Si conclude qui l' ennesima mia fantasticheria dedicata tutta ad Alain; grazie del supporto, delle impressioni, delle recensioni.
Barbara






 

C'est la vie

 

Dopo quanto accaduto sono partito e non mi sono più fermato,  nemmeno mi voltato indietro; il mio stupido orgoglio mi ha fatto andare avanti passo dopo passo impedendomi di  ascoltare ne l' una nè l' altra  delle voci che si facevano strada nella mia testa. Hi tirato dritto, pensando fosse meglio così, senza mangiare e dormendo il giusto necessario ed ora  eccomi qui, un giorno in anticipo su quanto avevo calcolato. 

Vicino alla meta.

 

Il vento che arriva dalla costa non vicinissima  giunge ancora forte ed impetuoso fino a qui, portando con sé l'aria salmastra carica di odori che immediatamente risvegliano nell’ immaginazione  suoni, voci, colori  e nel cuore sentimenti  fatti di gioia e rimpianti, di pensieri, di paure; è qualcosa di ineluttabile ciò che provo.Un qualcosa  che non so descrivere e contro il quale è impossibile combattere quindi...lascio fluire tutto ciò che arriva, accettando il bello ed il brutto. 

E’ l’ unica cosa che mi resta da fare.
Calais è poco distante,  meno una mezz’ ora  di strada forse.

La campagna ha lasciato spazio a villaggi e cittadine sempre più grandi e vicini così  come i sentieri e le mulattiere hanno lasciato spazio a strade più decenti, organizzate, ordinate. 

È qui, all’ angolo di una struttura che ospita l'ennesima locanda alla fine dell’ ennesimo  paese che mi sono fermato un attimo.   Spinto dal bisogno di fermare i pensieri come se davanti alla realtà la mia mente ed il cuore mi vogliano chiedermi se  è davvero ciò che voglio.In tutta risposta a questo mio sentire mi stringo nel pastrano scuro, rialzo il bavero,  guardo il cielo. 

 

Si, ormai è deciso; è questa la mia strada, dico cercando di convincermi; in realtà questa scelta mi pare la più ragionevole ed ovvia per una serie di motivi ma…chi può saperlo, davvero, come andrà a finire.

Immagini, alcune sfocate altre un po ' più vivide, si presentano davanti a me…

 

Oscar, Andrè....


Caroline….

 

Tra qualche giorno partirò ma...è davvero concluso questo capitolo della mia vita?

 

Caroline…

 

Forse ...forse tu avresti potuto essere la mia ancora di salvezza...

 

Caroline…

 

Non avrei dovuto trattarti così, non lo meritavi, nessuno si merita un trattamento simile….

 

Caroline…..

 

Avrei duvuto impegnarmi di più, provare almeno ad amarti, invece….

 

Un gruppo di persone mi passa di fianco, uno di loro mi urta, facendomi trasalire.
“Scusatemi, Signore” dice un ometto accompagnato da  moglie e figli , tutti vestiti a festa, profondendosi in un inchino quasi fossi chissà chi
“Non vi preoccupate” rispondo, sorridendi.In fondo non è successo niente.

 

Iniziamo a parlottare, sono persone affabili; stanno andando verso la città quindi colgo l’ occasione e chiedo alcune informazioni.

“...se siete d’ accordo, possiamo fare un pezzo di strada insieme. Oggi è festa, ci sarà il mercato” dice il capofamiglia; annuisco, ho viaggiato praticamente solo per la maggior parte del tempo quindi mi fa piacere condividere un pezzo di strada con qualcuno.

“Cosa vi porta qui, se è lecito? Da dove venite?” domandano a turno, prima la moglie e poi il marito. Rispondo raccontando la solita storia, le verità; anche loro sono dell’ idea che , se niente altro mi lega qui, tentare di rifarsi una vita altrove è la cosa migliore.

Già...penso;  tuttavia ad ogni passo, ad ogni singolo passo che mi avvicina alla destinazione il  cuore si stringe  sempre più e una emozione mista a rimpianto si fa strada in me, facendomi titubare, pensare. Per l’ ennesima volta.

 
Piantala, Alain! mi dico.
Non è il momento per cambiare idea.

 Devo andare avanti.
 

La compagnia di quelle persone mi fa svagare, per un pò.
Parliamo di tutto e di più e mi diverto un pò, giocando con i bambini. Loro mi chiedono un pò della Ville, della città.  Racconto un pò di quello che era il mio mondo, mi chiedono se ho visto mai l’ Autrichienne; preferisco sorvolare sull’argomento.

In men che non si dica, tra una cosa e l’ altra, ci troviamo a discendere il leggero pendio ed è qui che mi appare.
Il mare.

Calasi.

Chiusa nelle mura di forma rettangolare, è più piccola di quanto immaginassi; all’ orizzonte si scorgono gli alberi di alcune navi.  Facciamo una piccola sosta. 

 

“Bella , vero? Vederla mi ricorda quando ero bambino e andavo con mio padre al porto per fare qualche lavoro” dice l’ ometto, prima di sorridere e riprendere a camminare;  io continuo ad osservare tutto ciò che capita a tiro  sotto il mio sguardo, annuisco. Si riparte ed arriviamo, infine, all’ entrata della città.
L’ immensa porta oltre la quale si staglia la cupola di una torre campanaria sembra incombere su di noi. 

E’ li che ci salutiamo.
“...Bene, noi ora proseguiamo in questa direzione”  dice il mio compagno di viaggio indicandomi una via “ tu sai...hai dove andare?” 

Lo guardo.

“Si...” mento.
In realtà non ho la minima idea di come muovermi  ma non fa nulla, qualcosa mi inventerò; ringrazio tutti ,  una stretta di mano e poi via, eccomi di nuovo solo per il mondo. 

Va bene così.
C’è un gran via vai di gente: disperati come me, persone perbene, viaggiatori... credo anche qualche nobile : possono travestirsi pure da giullari ma sempre tali restano e li riconosci ovunque. Bighellono un po’, lasciandomi condurre dall’ istinto; finalmente, eccomi al porto.
Carrozze, carri, merci e uomini occupano gran parte della piazza davanti a me; navi gigantesche si stagliano immense  dondolano appena sembrando case galleggianti in equilibrio precario su uno specchio. Una cacofonia di suoni e lingue di cui riconosco immediatamente le varie imprecazioni.

 

“Cerchi fortuna?” mi sento chiedere d’ un tratto  da una voce alle spalle.

E’ un vecchio, seduto su di una cassa ormai dismessa, le mani unite  sul pomello di un bastone che tiene perpendicolare davanti al viso.


“Come tanti, credo...” rispondo senza dargli molta importanza. 

Il vecchio guarda lontano. Guarda le navi.

“Se cerchi un posto, affrettati. Fino a dopodomani le navi sono colme, anche in coperta...ma se hai fortuna, qualcosa potresti trovare” dice. 

Lo osservo.
“...è proprio ciò che voglio fare” rispondo.

 Un ragazzino mi sbatte addosso e velocemente si rialza, ricomincia a correre, inseguito da un uomo con un bastone in mano. Guardo la scena che ha quasi del comico, i due inciampano, imprecano, poi il più giovane si infila in un vicolo e chi s’è visto, s’è visto. L’uomo rimane li un pò, poi se ne va.
Il vecchio inizia a ridere mostrando una bocca dove solo un dente è sopravvissuto al tempo ed agli evneti: con un cenno del capo, lo saluto e faccio per andarmene quando, ancora una volta, la sua voce mi raggiunge.
“ Vai laggiù. Di solito ci vanno i capitani di qualche mercantile e altra gente che può esserti utile” dice indicando l’ insegna di una locanda dove è disegnato un pappagallo.

Le Parot? “  domando, chiedendo conferma. Lui annuisce.

“Grazie” dico mentre riprendo il cammino.
Sono stanco, ho sete e fame, ho proprio voglia di fermarmi un pò...ma prima di farlo, voglio avere ben chiaro cosa mi aspetti. Fare due calcoli.

 

Entro nella locanda con piglio deciso ignorando gli sguardi curiosi della gente presente all’ entrata; sinceramente, è molto più accogliente e pulita di quanto pensassi. Noto subito alcune persone sedute a dei tavoli ed una lunga fila di uomini davanti ad essi.
Mi metto in fila anche io.

“Sentiamo, tu chi saresti?” mi sento chiedere una volta arrivato il mio turno.

“Alain De Soisson, signore. A discapito del nome non sono affatto un nobile. Cerco un passaggio ed un lavoro. Anche solo uno di questi va bene” rispondo prontamente. L’ uomo, che si presenta come Philippe Bjornsson, mi squadra da capo a piedi.
“Cosa sai fare?”  domanda.
“...ho sempre fatto il soldato ma...so fare di tutto. Non ho grilli per la testa e lavoro duro” dico.

 Ancora una volta una pausa, ancora una volta mi squadra poi, senza chiedere altro, mi mette davanti agli occhi un foglietto.

“Questo è per il viaggio” dice indicando con una sorta di stecchino che prima teneva a fior di labbra  una serie di parole e numeri “ e questa...è la paga. Partiamo tra cinque giorni; presentati la sera prima, ore 11, alla Juliette . Inizierai con un mese di lavoro, poi vedremo”.

Sono un pò frastornato, la mia idea era di trovarmi qualcosa, racimolare dei soldi e andare a Londra ma...direi che tutto questo va bene,,,più che bene!

“Allora?” mi chiede l’ uomo. E’ in piedi, la mano tesa pronta a chiudere l’ accordo.

“Allora va bene” dico allungano la mano a mia volta; non potevo essere più fortunato.

Esco di li con un anticipo di qualche livres, un orario e un posto al quale presentarmi; datti una ripulita e riposati, mi servi in forma  ha detto il tale. Appena fuori, respiro a pieni polmoni e cerco un posto dove andare: voglio riposare un pò, prima di affrontare questa avventura.

Vago ancora, per un pò; osservo la città, passo tra i banchi del mercato in una piazzetta nascosta dove fermo per acquistare un paio di stivali che trovo di seconda e forse anche terza mano poi, contati i soldi ancora una volta, trovo ciò che fa per me ed entro nell’ ennesima locanda dove, finalmente, posso ritemprarmi.

I giorni che mi separano da questa nuova avventura - non preventivata o, almeno, non così - li passo quasi sempre steso sul letto fin troppo molleggiato di una stanza umida,  pensando a ciò che mi attende ed al mio destino; man mano che l’  ora si avvicina anche quella inquietudine cha mi ha fatto compagnia pare affievolirsi lasciando spazio a fantasticherie di ogni genere.


Cosa ne sarà di me?
Passerò la vita su una nave ? Riuscirò a fare una vita decente?  continuo a chiedermi, senza sosta...ma sono domande lecite, logiche, non rimpianti.

 

La sera del terzo giorno decido, d’ un tratto, di fare un giro.
Sono stanco di stare in camera o seduto davanti al camino ascoltando la storia dell’ ubriacone di turno; decido di andare a vedere la nave,
L’ aria è freschina e c’è un pò di vento; alzo una mano, la  passo tra i capelli. Sospiro.


Mi dirigo al porto.


Quando vedo la Juliette per la prima volta mi rendo conto, davvero, di ciò che mi attende; noto che molta gente è già al lavoro e mi chiedo...mi domando quale potrebbe essere il mio compito; passo in mezzo a loro e vado a sedermi più avanti. Da li ho una visuale migliore, completa.
 

“Alain...”

 

Una voce. 

 

Lei.

 

Il cuore inizia a battermi forte, cogliendomi impreparato. 

“Caroline…”


Pronuncio il tuo nome piano, quasi sottovoce. 

Sono sorpreso. Confuso.

Fai alcuni passi, ti porti davanti a me; sei coperta da un mantello lungo, hai il viso stanco.

“...Caroline” dico ancora, stavolta alzandomi “ ...come...come hai fatto ad arrivare qui?” chiedo. Certo che ne faccio di domande stupide, eh? dico a me stesso nel medesimo istante.

“...Esattamente come hai fatto tu. Dopo...dopo la tua partenza, ho ripreso il mio cammino. Semplice” dici. 

Già. Semplice.

 

Sono impacciato.
Non so che dirle. 


“...ho trovato alcune persone che mi hanno accompagnato. Sono laggiù. Eveline, Marie e Luc, il fratello di quest’ ultima. “ dice indicandomi un gruppetto in piedi poco più in la.
“...Sono...sono contento” dico.

 Non riesco a pronunciare altro, avrei voglia di abbracciarti e chiederti scusa ma rimango li, come un ebete, ad osservarti. 

Hai lo sguardo triste.

“...ci sei riuscito, finalmente" mi dici.
Iniziamo a parlare dunque, con frasi che sembrano quasi buttate li, per riempire la tensione. 

Ti guardo poi sposto lo sguardo verso terra. 

Anche tu, come me, indugi...aspetti…anche tu sei li sul punto di dire qualcosa per svuotarti stomaco e anima...ti precedo. Prendo coraggio.

“...ascolta Caroline, mi dispiace che sia andata così. Sappi solo che...non ti ho usata”  dico spinto dalla necessità che all’ improvviso mi  porta verso di te “ però io...ecco...non so cosa ne farò della mia vita, dove andrò e….” 

Mi guardi. Alzi la mano e poni il palmo sulle mie labbra, delicatamente.
Ti vedo sorridere, sembri quasi più rilassata. 

Ti avvicini a me. Ancora di più.

 

“Alain...va bene così. Se non ti avessi incontrato...non avrei mai avuto il coraggio di cambiare le cose. Ti devo tanto”  dici; io scuoto il capo, alla fine non ho fatto nulla, anzi…

Sorridi ancora. Prendi le mie mani tra le tue.

“Cosa farai, ora?” chiedi.
Appoggi il capo al mio petto e le mie braccia si aprono, ti accolgono regalandomi non solo un calore corporeo ma anche….all’ anima.

“...Salirò su quella nave domani. Volevo un passaggio, ho ottenuto un lavoro” dico “...e poi, non so…”

Alzi il viso, i tuoi occhi mi cercano; poco dopo anche le tue labbra afferrano le mie, regalandomi un bacio dolce come pochi.
“Buona fortuna, allora. Chissà,magari un giorno ci incontreremo ancora” dici staccandoti da me e dandomi subito le spalle.
….Chissà pronuncio piano, a fior di labbra, vedendoti andare via; poi, una volta che tu raggiungi i tuoi compagni, anche io torno nella mia stanza, con l’ animo ed il cuore leggeri ed un pò di tristezza negli occhi.
C’est la vie. 









 

Epilogo. 

 

Parigi, 1814

 

...ecco, Diane, questo è quanto.
Ecco come ho fatto a conoscere tua madre; ora sai tutta quella verità che lei non ha fatto in tempo a raccontarti.
Non portarle rancore se ti ha abbandonata a me solo pochissimi  anni dopo averti dato alla luce; in quel poco tempo che l’ ho avuta accanto ho capito molto di lei, del suo carattere, del suo cuore.
...Mi chiedi se l’ ho amata?

Si, l’ ho amata, nonostante nel cuore porti sempre con me una persona che, purtroppo, non c’è più; l’ ho amata quel tanto che lei mi ha permesso e...non è stato affatto poco. Per entrambi è stato moltissimo.
...Non so dove sia, ora.
Le ultime sue notizie arrivano dall’ Italia e no, non ho intenzione di andarla a cercare, non più. 

Va bene cosi, Diane.
 

L’ uomo seduto sulla carrozza, ben vestito e dall’ aspetto curato, guardò a lungo la giovane donna seduta di fronte.
Bella come la madre e con i lineamenti affilati del padre stava seduta composta, lo sguardo rivolto fuori dal piccolo finestrino; solo una lacrima tradiva i suoi pensieri.

Una sola, singola lacrima. 

Alain sospirò.

Avrebbe dovuto parlargliene prima, lo sentiva, ma solo una volta arrivato sul suolo francese ne aveva avuto il coraggio ed il desiderio.


Guardò la figlia, pensò a questo suo ritorno e a tutto ciò che era accaduto in quegli anni.  Ho fatto tutto ciò che mi è stato concesso disse fra sè. Il dondolio prima ed una frenata piuttosto brusca indicarono ai due che il viaggio era concluso.
Diane si alzò. Si ricompose, guardò il padre. Dopo diversi giorni, sorrise.

 

“Paris…”  pronunciò a bassa voce, guardandosi in giro. 

Paris…” le fece eco Alain.
Come era cambiata, quella città. Come era diversa.


L’ uomo prese sottobraccio la figlia.

“Andiamo, ora. Ci aspettano” le disse, indicando alcune persone che li attendevano poco distanti alle quali andò incontro con cuore leggero.

“Bentornato, Alain” disse una donna , sorridendo.

 L’ uomo accanto a lei lo abbracciò.

“Sono a casa, dunque...” rispose un  Alain forse un pò commosso.
Bernard e Rosalie sorrisero; poi, iniziarono a camminare.
“Sono cambiate tante cose” disse Bernard. Era invecchiato, decisamente, anche se una vita seduto ad una scrivania gli aveva risparmiato molt cose.

“Lo vedo” rispose Alain “ ma è così bello essere qui”.

Rosalie, che camminava a fianco a Diane, intervenne.

“Vi fermerete, vero?” domandò.
Alain si voltò nella sua direzione.
“Per sempre” rispose; poi, ricominciò a camminare , nel tramonto di una serata estiva  , osservando il sole sparire tra le case.
   
 
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