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Autore: gio194    25/11/2021    1 recensioni
Il protagonista è Sean, un personaggio, un uomo, una coscienza immerso/a in un viaggio “interiore” alla ricerca di risposte su sé stesso/a e sulle persone che ruotano intorno alla sua vita. Sospeso sulla soglia tra sogno e realtà, sanità e follia, Sean si trova ad interagire con il ‘mondo’ circostante… e lo fa in un modo tutto suo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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[Rudolph a scuola]

-“Oggi affronteremo un tema particolare! Voglio mettervi alla prova; mi aspetto un valido contributo da voi tutti e voi tutte…”

-“Ehi Dent”, bisbigliò al compagno di classe un ragazzino che si faceva chiamare “Sawyer” per le evidenti affinità caratteriali con il protagonista di un famoso romanzo. -“Che cosa è successo a quello svitato di Rudolph? È da giorni che non parla con nessuno della classe. Tu sai il motivo?”

-“Beh a quanto pare non se la passando bene! I miei mi hanno detto che c’è qualche suo parente… credo il padre… che dorme sempre… boh!”

 

I due se la ridevano di gusto ma l’insegnante interruppe prontamente il breve scambio di battute con una domanda inaspettata: “Voi due, pappa e ciccia, venite in cattedra! Voglio che mi rendiate partecipe del vostro momento conviviale; vi vedo così presi dalle vostre discussioni! Sono curiosa, sentiamo…”

 

-“Prof. è tutta colpa di Rudolph! Siamo preoccupati per lui che non parla da giorni e ci siamo messi a parlare di lui!”

-“Ah davvero? Allora anche lui viene a tenervi compagnia qui in cattedra! Lo vedo assorto nei suoi pensieri e un po’ assente a sé stesso… vediamo se con un paio di domande riusciamo a riconnetterci con lui.”

Le parole dell’insegnante sarebbero suonate beffarde persino alla persona meno arguta e assente del pianeta. Ma in quegli istanti Rudolph si trovava realmente in un’altra dimensione. Cercava disperatamente di ‘obnubilare’ la propria mente con dei pensieri che lo allontanassero il più possibile dal dramma che si stava lentamente consumando nella propria famiglia. Quel rompipalle di Sean, quella figura paterna che a volte lo opprimeva con le sue filippiche, lo redarguiva per futili motivi e pretendeva sempre il massimo da lui… gli mancava da morire. Certo poteva comunque fargli visita… ma in fondo aveva le sue ragioni per ritenere inutili le visite al ‘dormiente’. Che senso aveva vedere un corpo disteso, apatico e inerte… una “mera res extensa”, come soleva ripetere Homes, “che non dava alcuna possibilità di accedere alla ben più importante res cogitans”?

 

-“Bene Sean! Parlaci del ruolo dell’esperienza nella tua vita!”

-“Terribile”, rispose in modo lapidario Rudolph, che non appena udì la parola esperienza si ridestò improvvisamente.

-“Immagino abbia avuto un ruolo chiave nella tua vita così come in tutte le nostre vite. Oggi voglio darvi un prezioso consiglio cari studenti e care studentesse: siate sempre voi stessi e voi stesse in qualsiasi momento!”

-“Banale e allo stesso tempo futile”, disse Rudolph con un tono che rasentava l’arrogante.

-“Bene, argomenta la tua risposta; se non sarai in grado di fornirmi una valida argomentazione provvederò ad una severa punizione”, tuonò con un commento piccato Ms. Reeves.

-“Non è possibile stabilire la continuità temporale dell’io. Non siamo in grado di ‘riconoscere’ il sé del passato semplicemente perché siamo sottoposti a dei processi di continuo mutamento: vedasi il deperimento fisico… Quindi è possibile essere sempre ‘sé stessi’? Inoltre, come facciamo a riconoscere l’essenza del sé quando siamo continuamente sottoposti alle ‘percezioni’ (e allo sguardo indagatore) altrui? Lei pensa che ci sia una corrispondenza tra realtà e percezione? Infine, ci illudiamo di essere in grado di imparare dall’esperienza, dal vissuto; ma quante volte, nonostante ciò, ricadiamo sempre negli stessi errori? Quante delusioni riceviamo nei vari tipi di relazioni? Quante volte ci ripromettiamo di lasciarci indietro tutto e ripartire ma non facciamo alcun ‘progresso’ concreto? La risposta è stata esauriente ed esaustiva? Io direi di no perché vi sono più domande che risposte.”

-“Bene, i veri filosofi fanno domande! Bravo”, disse con soddisfazione l’insegnante che si avvicinò a Rudolph per dirgli qualcosa all’orecchio. Sentiva la necessità di scambiare due parole con il ragazzo, per rincuorarlo un po’, dato il brutto momento che stava attraversando. 

 

Erano già passati diversi giorni e Rudolph continuava a chiedersi se e quando quel corpo apparentemente ‘esanime’ avrebbe ripreso vita! Lo sperava con tutto sé stesso, così come lo sperava Dizzy, la quale non si schiodava dalla sala d’attesa del reparto di rianimazione. Nel corso della nottata si sentiva solo Polly che si dimenava e svolazzava lungo la sala (gli era stato dato un permesso speciale in virtù del ‘rapporto’ che lo legava profondamente a Sean).

-“Sean may be awake soon soon soon…”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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