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Autore: Imperfectworld01    30/11/2021    1 recensioni
Corre l'anno 1983 quando la quindicenne Nina Colombo ritorna nella sua città natale, Milano, dopo aver vissuto per otto anni a Torino.
Sebbene non abbia avuto una infanzia che tutti considererebbero felice, ciò non le ha impedito di essere una ragazza solare, ricca di passioni, sogni e aspettative.
Nonostante la giovane età, sembra sapere molte cose ed essere un passo avanti alle sue coetanee, ma c'è qualcosa che non ha ancora avuto modo di conoscere: l'amore.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Scolastico, Storico
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Ventisette.


Poco dopo aver liquidato Filippo con modi frettolosi e aver ricevuto in cambio uno dei suoi soliti commenti a cui non avevo prestato minimamente ascolto, entrai dentro l'edificio dalle mura color avorio e mi diressi verso la mia aula per riunirmi con Irene e le altre.

Non lo sopportavo proprio. Sapeva sempre quali tasti toccare per farmi arrabbiare e li manovrava con immenso piacere, come mi aveva lui stesso confessato. Nonostante questo, non riuscivo mai ad avercela con lui troppo a lungo, il che mi rendeva ancora più furente, perché significava che avrebbe continuato a farlo all'infinito, consapevole che con me l'avrebbe sempre passata liscia.

«Nina.»

La voce di Irene mi riportò al mondo reale. Mi riscossi e mi voltai verso di lei. A giudicare da come mi fissava era stata parecchio tempo ad attendere che mi riprendessi e le rivolgessi la mia attenzione. «Sì? Dimmi.»

«Nulla, ero solo curiosa di sapere che cosa vi foste detti tu e Filippo. Dato che siete rimasti un bel po' a parlare, immagino fosse qualcosa di importante.»

Solo a ripensarci sentivo la bile risalirmi in gola e sapevo che se avessi risposto alla domanda di Irene con sincerità, sarei finita per scaldarmi ripensando all'ultima burrascosa conversazione avuta col biondino, e mi ero stancata di dedicargli del tempo. «Macché, niente di importante. Solo che Filippo è logorroico, una volta che inizia un discorso non lo finisce più, non riuscivo a liberarmi di lui!» risposi con una finta risata.

Irene mi fissò un secondo per capire se mentissi oppure fossi sincera, e infine si mise a ridere insieme a me. Non sapevo se ridesse spontaneamente oppure se stesse fingendo a sua volta, solo perché aveva capito che, se anche avesse tentato di indagare oltre, non sarebbe riuscita a estorcermi una sola parola. Comunque sia approfittai della cosa per cambiare discorso: «E tu con Vittorio? Avete parlato molto anche voi, mi pare» chiesi.

Irene non ebbe la reazione che mi aspettavo. Invece che partire a parlare a macchinetta per raccontarmi come a suo solito, sospirò e basta, piuttosto sconsolata. Spostò il peso da un piede all'altro. «Non lo so, sono rimasta un po' delusa. Non mi è sembrato lo stesso ragazzo che ho conosciuto a quella festa. Lì era spavaldo, sicuro di sé, sembrava avere la situazione sotto controllo, invece oggi mi è sembrato quasi più timido di me! Praticamente ero io a portare avanti la conversazione e a tirargli le cose fuori di bocca. E poi sembriamo così diversi: lui è patito di film e io a malapena guardo la televisione; io amo la musica e lui confonde Dalla con Battisti; a me piace praticare sport e lui invece lo guarda solo in TV...»

«Ma dai, mi sembrano solo delle piccolezze» constatai. «Ti è piaciuto per mesi e poi ora tutto a un tratto svanisce tutto solo perché non avete gli stessi gusti?»

«No, Nina, non sono piccolezze. E non è che non mi faccia più effetto vederlo, anzi, all'inizio stavo quasi per morire perché ero in apnea... ma ecco, solo perché non lo vedevo da tanto e non lo ricordavo così bello, e... ehi, non storcere il naso, la bellezza è soggettiva, e per me lui è bello come il sole! Solo che l'attrazione fisica che si prova per qualcuno passa in secondo piano se non c'è intesa mentale con quella data persona. E noi non c'entriamo niente l'una con l'altro, temo.»

Per me non era qualcosa di così importante. Io avrei preferito di gran lunga qualcuno che fosse il mio opposto, mi sarei annoiata a morte con qualcuno uguale a me. Anzi, non sarei stata proprio in grado di sopportare una mia versione al maschile.

«Secondo me ci sei rimasta male solo perché l'hai idealizzato troppo senza conoscerlo. E comunque avere gusti diversi non significa non potere avere un'intesa mentale. Io e Vittorio siamo completamente diversi, eppure siamo tanto amici. Vi conosco entrambi, e secondo me avete più cose in comune di quelle che pensi.»

L'ingenuità, la tendenza a scoraggiarsi con facilità, la timidezza iniziale, la scarsa fiducia in loro stessi e nelle loro potenzialità, ma anche la generosità, la dolcezza e la bontà d'animo, l'attenzione alle piccole cose, l'empatia.

Non ci avevo mai pensato seriamente fino a quel momento, ma i miei due cari amici sarebbero stati davvero bene insieme. E poi, sia che quella cotta insensata che si portava dietro per mesi svanisse oppure si trasformasse in un sentimento autentico, era comunque ora che Irene si togliesse il prosciutto dagli occhi e iniziasse a vedere Vittorio per com'era davvero.

«No, a me così non piace» si impuntò e io alzai gli occhi al soffitto.

«Ire, guarda che è sempre lui, è sempre lo stesso ragazzo di quella sera in cui l'hai conosciuto. Solo che ha bisogno di tempo per aprirsi.»

Irene scrollò le spalle. «A me basterebbe solo che aprisse la bocca per baciarmi ancora, invece che per parlare, che almeno quello gli viene bene!» esclamò e io le tirai una sberla scherzosa sul braccio: «Irene! Ti pare il caso di dire certe cose?» ridacchiai, giusto un attimo prima che suonasse la campanella che segnava l'inizio della prima ora.

*

Durante l'intervallo mi diressi al piano di sotto dove, di fianco alla segreteria, c'era la biblioteca della scuola. Cominciai a guardarmi intorno alla ricerca del reparto che mi interessava.

Nella prima fila di scaffali c'erano dei dizionari, nella seconda romanzi di epica e mitologia, nella terza manuali di storia moderna e contemporanea... avevo l'impressione che avrei perso molto tempo per trovare quello che cercavo, ma non ne avevo così tanto a disposizione: meno di dieci minuti e sarei dovuta risalire in classe.

«Posso aiutarti con qualcosa?» mi giunse una voce alle spalle a un certo punto. Sobbalzai per lo spavento, dato che non mi ero accorta di avere qualcuno dietro di me.

Poi mi voltai e diedi una rapida occhiata alla bibliotecaria. Era una donna sulla sessantina, alta poco più di un metro e mezzo, dalle forme piuttosto tornite, i capelli grigi per metà e bianchi per l'altra, il viso che in proporzione al resto del corpo era molto più piccolo e un grosso paio di occhiali tondi che le ricadevano sul naso piccolo ma aquilino.

Distolsi lo sguardo e lo puntai sul pavimento. «Io, ehm, io... devo fare una ricerca per scienze, avrei bisogno di prendere in prestito il libro sull'educazione sessuale» ammisi con non poco imbarazzo.

Lei invece non fece una piega, mi fece cenno di seguirla verso una fila di scaffali e poi, salendo in piedi su una scala, cominciò a cercare ciò che le avevo chiesto.

Strabuzzai gli occhi, nel trovarmi il suo sederone a pochi centimetri dal mio viso mentre saliva le scale, e indietreggiai con rapidità. «Sì, certo... ricerche per la scuola... se le inventano tutte al giorno d'oggi...» le sentii dire sottovoce mentre cercava fra gli scaffali.

Assunsi un'espressione confusa, non cogliendo il riferimento.

Pochi attimi dopo scese gli scalini e tornò sul pavimento. Si girò nella mia direzione e mi porse il libro in questione. In copertina erano raffigurati una versione piuttosto blanda di Adamo ed Eva, nudi e con le mani intrecciate.

«Su che cos'è la ricerca?» chiese la bibliotecaria, con quella voce stridula e gracchiante.

Mi grattai il capo per prendere del tempo mentre mi scervellavo per dare una risposta alla sua domanda. «Ehm... il... il rischio di incorrere in una gravidanza» risposi, che poi era anche la verità.

«Non c'è chissà quale arcano mistero da scoprire: basta non fare sesso» disse e io strabuzzai gli occhi per la sua schiettezza. Prima che potessi dire qualsiasi cosa, la bibliotecaria mi diede le spalle e si diresse verso il suo banco in legno, dove teneva una sorta di registro in cui segnava i libri che venivano presi in prestito.

La seguii e appoggiai momentaneamente il libro sul banco, nel mentre che lei mi faceva compilare il modulo, inserendo la data odierna, il mio nome e cognome, la mia classe e sezione e il titolo del libro che prendevo in prestito.

«Devi restituirlo entro e non oltre due settimane da oggi» mi avvisò e io annuii, prima di riprendere in mano il libro e uscire dalla biblioteca.

Non specificò che cosa sarebbe successo in caso di ritardo nella restituzione, ma quella sua figura così piccola ma al tempo stesso massiccia mi incuteva una tale inquietudine che non avevo alcuna intenzione di sfidarla. A dirla tutta avrei potuto restituirlo già il giorno seguente: mi sarebbe bastata una lettura veloce per trovare le risposte che cercavo, dopodiché non ne avrei più avuto bisogno.

*

Una volta tornata finalmente a casa, mi cibai voracemente e alla svelta con dell'insalata e un po' di petto di pollo, così da potermi mettere a leggere al più presto.

Mi gettai sul letto e cominciai a sfogliare con rapidità le pagine, saltando le parti che non mi interessavano, come l'introduzione e l'anatomia degli organi riproduttivi femminili e maschili.

Uno dei paragrafi parlava della pubertà, che era diversa per maschi e femmine, in quanto per queste ultime iniziava leggermente prima, fra gli otto e i tredici anni circa, mentre per i ragazzi fra i dodici e i sedici anni.

Pensai subito alla mia situazione, e a quanto fossi fuori dalla norma, avendo avuto le mie prime mestruazioni neanche un mese prima. Motivo per cui al momento il mio fisico assomigliava più alla figura a sinistra, che rappresentava il corpo femminile prima dello sviluppo e pareva proprio quello di una bambina, piuttosto che alla figura a destra, in cui vi era un corpo più simile a quello di una donna.

Continuavo a fissare la seconda fra le due immagini quasi con fare ossessivo, nel mentre che mi venivano in mente tutte le ragazze mie coetanee con cui avevo a che fare quotidianamente o quasi: le mie compagne di classe, Monica e Erica, tutte le ragazze della mia scuola che mi capitava di incrociare fra i corridoi. Avevano tutte dei fisici così diversi fra loro ma tutti così armoniosi e femminili... tutte tranne me.

Le invidiavo da morire. Io non avevo un punto vita segnato, non avevo fianchi, avevo le spalle più larghe rispetto al resto del corpo, forse più di quelle di Vittorio, un seno inesistente e le gambe così sottili da risultare a dir poco sproporzionate. Ero il cigno nero della famiglia, considerando che sia mia madre sia mia sorella erano stupende.

Avrei dato qualsiasi cosa per avere il fisico di Monica, oltre che il suo bellissimo viso. La stessa cosa valeva per i capelli di Irene: aveva dei boccoli naturali definiti e voluminosi, mentre io mi ritrovavo con due peli in testa, lisci ma quasi sempre crespi e senza una vera forma. E poi c'era il viso di Angelica, così pulito e... angelico, neanche a farlo apposta: i suoi occhi verde bosco e con taglio a mandorla, insieme alle ciglia lunghissime e scure, si sposavano perfettamente con i suoi capelli neri, un naso piccolo e dritto e le labbra color pesca. In più era molto alta, con una figura slanciata e gambe da sogno.

Chiusi le mani a pugno, trattenendomi con tutte le mie forze dall'impulso di strappare quella maledetta pagina dal libro.

Era assurdo che mi stessi ossessionando così tanto per una cosa così futile... Quand'è che ero diventata così superficiale? Non mi ero mai fatta così tante paranoie come in quel periodo. Ne avevo almeno una nuova ogni giorno, nessuna che fosse realmente sensata, e non facevo che rimuginarci su tutto il tempo fino a sentirmi male, conscia di non poter fare nulla per cambiare la situazione.

Non riuscivo nemmeno a leggere un banalissimo libro di scienze senza crearmi inutili paturnie.

L'adolescenza faceva schifo. Non mi capacitavo di come gli adulti ne parlassero continuamente come l'età migliore.

Sbuffai e poi cercai di smetterla di demoralizzarmi ulteriormente, dato che c'erano cose più urgenti di cui preoccuparmi.

Voltai quella e altre pagine, fino ad arrivare al paragrafo che mi interessava, ovvero quello che parlava dei rapporti sessuali, e iniziai a leggere a mente: "Con il termine di rapporto sessuale completo ci si riferisce a un rapporto con penetrazione e eiaculazione interna alla vagina. In tal modo avviene la fecondazione, nei giorni in cui la donna è fertile. Ci sono però delle eccezioni, in cui solamente con i preliminari lo sperma riesce ad entrare in vagina e gli spermatozoi a riescono a raggiungere l'ovocita maturo, ma ciò è molto raro e improbabile, in quanto l'esigua quantità di liquido seminale difficilmente riesce a concepire, oltretutto in assenza della spinta eiaculatoria".

Inutile dire che il linguaggio era troppo tecnico e io, con le mie scarse conoscenze, faticai a comprendere il significato di quanto letto. Tuttavia provai comunque ad andare avanti con la lettura per vedere se ci fosse altro che mi sarebbe potuto tornare utile.

Il paragrafo successivo spiegava come evitare una gravidanza indesiderata, stilando una lunga lista di metodi contraccettivi dei quali ignoravo completamente l'esistenza. Il libro si soffermava in particolare nello spiegare le funzionalità della pillola anticoncezionale e il preservativo maschile, specificando in merito a quest'ultimo che era efficace inoltre per non incorrere nel rischio di contrarre malattie sessualmente trasmissibili (anch'esse erano molte di più di quelle che immaginavo).

Per un attimo mi venne in mente Filippo e la discussione che avevamo avuto quella mattina, ma scacciai subito quel pensiero per non innervosirmi ancora.

In fondo alla pagina c'era poi un'avvertenza, che invitava chiunque avesse il timore di aver contratto una malattia venerea o di essere rimasta incinta ad andare a visitarsi da uno specialista al più presto, evidenziando per i minorenni la possibilità di andare a un consultorio familiare, completamente gratuito e senza l'obbligo di essere accompagnati dai genitori.

A quel punto scattai in piedi e uscii dalla mia stanza. Mi inginocchiai a terra, dove c'era Benedetta che, non appena era tornata a casa da scuola, circa una mezz'oretta prima, si era subito messa al telefono a parlare con Maurizio.

«Benni, ascoltami un attimo» provai ad attirare la sua attenzione, ma lei mi fulminò con lo sguardo e mi intimò di lasciarla in pace. «Ti prego, è una cosa importante e che ti dovrebbe interessare» insistetti, ma lei proseguì a ignorarmi.

La mia pazienza purtroppo aveva un limite facilmente raggiungibile, e mia sorella era sempre in grado di eccederlo. Le strappai subito la cornetta dalle mani e riattaccai il telefono, fissandola poi con un sorrisetto beffardo e compiaciuto.

«Nina, cazzo, ma mi lasci stare sì o no?» sbraitò.

«Sh! Leggi qua! Domani pomeriggio dopo la scuola ci andiamo, intesi?» dissi, passandole il libro che avevo letto fino a pochi minuti prima e segnando con un dito la parte che volevo che leggesse.

Rimase qualche secondo in silenzio, poi deglutì e infine si voltò verso di me: «No, io non ci vado dal medico».

Roteai gli occhi. «Invece sì che ci andrai. Devi sapere se sei davvero... sì, insomma...»

«E se... e se è vero? Se sono incinta?» mi interruppe, con gli occhi che cominciavano a riempirsi di lacrime.

«Ne dubito fortemente, in realtà. Leggi quello che c'è scritto qui, accade solo in casi rarissimi» le feci notare, mostrandole quanto scritto nella pagina precedente. «Però è importante che tu ti faccia visitare da qualcuno di competente, così da poterti togliere definitivamente il dubbio e tornare a vivere serena. Cioè, a dirla tutta non hai mai vissuto serena dato che sei sempre incazzata, ma almeno ti potrai togliere questa preoccupazione.»

Invece che ridere della mia battuta fatta per smorzare la tensione o se non altro rispondermi a tono come a suo solito, Benedetta scosse la testa e abbassò lo sguardo, sospirando. «Non me la starei vivendo così male, se solo due dei tre test di gravidanza che ho fatto non fossero risultati positivi.»

Non avrei dovuto affidarmi ciecamente a quelle poche righe che avevo letto, eppure mi ero lo stesso convinta che ci dovesse essere un'altra spiegazione e che mia sorella non aspettava un bambino. «Per questo dobbiamo sapere che cos'hai. Adesso cerchiamo il consultorio più vicino e domani ci andiamo, va bene? Non ci sarà neanche bisogno di dirlo alla mamma» le parlai addolcendo il tono, appoggiandole una mano sulla spalla.

«Ma Nina, tu sei ancora in punizione, se la mamma scopre che esci ti fa fuori.»

«Per questo ci andiamo domani e non subito oggi! Di solito torna per le 18:30 da lavoro, se andassimo oggi non farei in tempo a tornare per quell'ora e mi scoprirebbe, invece se ci ingegniamo e ci organizziamo adesso per domani, la cosa rimarrà solo fra noi due.»

Si prese qualche secondo per riflettere sulle mie parole, infine annuì un paio di volte e poi emise un piccolo sorriso. «Davvero sei disposta a rischiartela così per me?»

«Certo che sì, sei mia sorella e io sono qui apposta. Comunque vadano le cose, io ci sarò per te, così come tu ci sarai per me, come è sempre stato e continuerà a essere, giusto?»

Non rispose e mi abbracciò stretta. La spontaneità di quel gesto e anche il fatto che l'abbraccio durò più a lungo di quanto mi sarei immaginata mi sorpresero, tanto che non diedi importanza al fatto che non ricambiò le mie parole.

E quello di non dare importanza a quel dettaglio fu un grave errore del quale però mi accorsi troppo tardi.

 

   
 
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