Serie TV > Wynonna Earp
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Autore: aurora giacomini    04/12/2021    2 recensioni
Nel buio qualcosa si muove, si nutre di oscurità e paura. Si nutre di colpe e rimpianti.
E' arrabbiata. Non ha pace.
-
La pubblicazione riprenderà quest'autunno/inverno; questo è il piano :)
Genere: Mistero, Sovrannaturale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Nicole Haught, Nuovo personaggio, Waverly Earp, Wynonna Earp
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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... non potrei perdonarmi, se ti succedesse qualcosa a causa mia.

Waverly rimase ferma fra la panca e il tavolo.

Che cosa voleva dire...? Le importa di me? Be', intendo oltre l'ovvia empatia umana e la sua moralità. Escluse quelle...?

Un Ariete e un Aquario... una coppia vincente. Certo, lei non ha mai mostrato nessun tipo di interesse nei miei confronti. Continuo a non sapere cosa le passi per la testa, ma... voglio dire... ma c'è un ma, vero? Lo scoprirò.

“Ho detto che offre la casa.”

“E io ho detto che pagherò il conto”, ribadì Nicole. Estrasse un portafoglio che una volta doveva essere di un candido bianco, ma il tempo l'aveva ingiallito.

Katie scosse lentamente la testa. “Angelo mio, se almeno ti facessi pagare per il tuo lavoro... lascia che offra io.”

Waverly stava per intervenire dicendo che ci avrebbe pensato lei, la frase di Nicole, però, la fermò in tempo.

“Katie, non mi umiliare.”

Umiliazione. Una parola forte. Anch'io mi sono sentita umiliata per la caduta, ma forse non era il termine che dovevo scegliere. Forse è quello che prova mia sorella quando i frutti del suo lavoro non rispettano le aspettative; forse vorrebbe garantirci una vita più agiata, anche se non ci manca nulla, in verità... Chissà. Umiliazione è anche quell'emozione che ho provato quando sono stata licenziata e accusata di non voler lavorare. Non venderei mai un prodotto che chiaramente ha effetti collaterali così gravi! Non importa il guadagno... non si fa. Non sono capace di fregarmene.

“Ehi.” Nicole le appoggiò una mano sulla spalla. “Tutto bene?”

Me lo chiede per cortesia, suppongo: toccandomi sa già cosa provo, no? Magari, però, funziona solo se lo vuole... forse no... non ho idea di come funzioni, le chiederò anche questo. Ora però sarebbe il caso di risponderle.

“Stavo pensando alla parola che hai usato: umiliazione.”

Un'ombra scura passò sugli occhi di Nicole, rendendo il suo sguardo ancor più sofferente. Durò solo un momento, ma dato che la stava guardando, Waverly era riuscita a catturare quel fugace istante.

“Pensavo fossi ancora persa nei tuoi pensieri. Perché ci stavi pensando?”

Alzò le spalle. “Non lo so... Sai quando senti o vedi qualcosa e quel qualcosa, in modo totalmente casuale, ti spinge a fare dei collegamenti?”

“Ho capito.” Le tolse la mano dalla spalla e si voltò verso l'uscita.

Prima di andarmene chiamerò Wynonna. Sarà preoccupata. In fondo non sa ancora nulla di Nicole; probabilmente la sua mente è piena di immagini che riguardano il mio cadavere. Strano che non abbia provato a chiamarmi.

Frugò in ogni tasca, ma del cellulare nessuna traccia.

O mi è caduto in macchina, oppure... vuoi vedere che mi è caduto quando sono scivolata?

Salutò Katie, decidendo che le avrebbe chiesto un'altra volta come aveva conosciuto Nicole, o lo avrebbe chiesto a Nicole stessa.

“Andate piano, mi raccomando!”, gridò Katie, quando Waverly si chiuse la porta alle spalle.


 

Nicole era a qualche metro di distanza. Le dava le spalle.

Waverly trovò che fosse bellissima, che i suoi rossi capelli, accesi dalla luce arancio del lampione, creassero un'immagine incredibile con la neve intorno. E pensò fosse pazza e irresponsabile: quale essere umano sano di mente se ne starebbe nella tormenta indossando una semplice camicia?

Stava per chiamarla, quando la vide annuire. La osservò con più attenzione e provò ad ascoltare, ma il fischio del vento era troppo impetuoso. Sì, stava parlando con qualcuno, ma con chi? Aveva le mani infilate nelle tasche dei blue jeans, dunque non parlava al telefono...

Un brutto brivido le corse lungo la schiena: e se stesse parlando con un fantasma?!

Nicole si voltò verso di lei, improvvisamente, come se qualcuno l'avesse avvisata della sua presenza. La raggiunse con poche falcate.

“Fa un freddo cane, eh?” Tremava come se qualcuno le avesse infilato un martello pneumatico in corpo.

Ci mise un po' a risponderle. Voleva capire se stesse dando di matto o se ci fosse veramente un interlocutore invisibile, da quelle parti. Però scelse una terza opzione:

“Si può sapere perché non ti metti una giacca?” Stava per aggiungere che era disposta a darle la sua, ma poi le tornarono in mente le parole che aveva detto a Katie e decise di tacere.

“Se ho freddo so di essere ancora viva.”

“Che idiozia! Ci sono io con te. Non hai bisogno di fare così: io non vedo i morti.” Era una buona occasione per capire se ci fosse o meno qualcun altro lì con loro.

“Hai ragione.” Si diresse verso la macchina. “Stare sempre da soli finisce per rincoglionire le persone.”

Ogni volta che provo un pizzico di fastidio per i tuoi comportamenti, non importa nello specifico, tu mi costringi a provare un'incredibile tenerezza... E' il non capire, la paura a farmi provare fastidio... me ne rendo conto. Scusa se divento un po' aggressiva, non te lo meriti.

“Non provare pena per me, non soffro mai la solitudine: il mio segno zodiacale non la prende neppure in considerazione!” Aprì il bagagliaio. Estrasse una giacca nera da donna e una valigetta tondeggiante in plastica -la custodia delle catene da neve-. “Dico davvero”, disse, infilandosi la giacca; le arrivava fin quasi alle ginocchia e le fasciava il corpo, le dava una bella silhouette: le evidenziava il seno e il culo altrimenti inesistenti e le allargava un po' le spalle. Eleganza, era la parola per descrivere la scena. Sobria eleganza. Inoltre l'abbinamento rosso dei capelli col nero della giacca e il bianco della camicia, creava un'armonia gradevole per gli occhi. “E' la mia vita e mi piace.”

“Puoi leggere nella mente delle persone?” Finalmente l'aveva chiesto.

Le sorrise. “Era la cosa più logica.” Aprì la valigetta blu. “Ho ritenuto che le mie parole potessero farti provare qualcosa di simile alla pena.”

“Quindi non puoi leggere nel pensiero?” Voleva esserne sicura.

Posizionò la prima catena davanti alla gomma posteriore sinistra e rivelò: “No, non posso e non voglio farlo.”

Waverly le si affiancò. “Dammi, penso a quelle davanti.” Prese due gemelle di acciaio e si voltò.

“Sei gentile, Waverly Earp.”


 

“Sali in macchina, lascerò che sia tua a posizionarla sulle catene.” Sorrise divertita: “Non tutti i giorni si ha l'occasione di mettere le mani su una Ferrari.”

Ricambiò il sorriso e disse: “Sei proprio scema, Nicole...” E salì dal lato guida.

Si accorse che Nicole aveva lasciato le chiavi nel quadro. Forse non è estrema fiducia nell'umanità. Voglio dire, chi ruberebbe una 5oo -aveva finalmente riconosciuto il modello: l'aveva sentita chiamare così in un film Italiano degli anni novanta-, in un parcheggio deserto, poi? Una Ferrari... Sorrise di nuovo.

 

Nicole le permise di aiutarla ad assicurare le catene alle ruote, nonostante si fosse dimostrata contraria perché “acciaio e gelo sono una combinazione terribilmente dolorosa per la pelle nuda”.

“Una ragione in più per dividerci il compito”, le aveva risposto Waverly.


 

“Mi puoi prestare il cellulare, ti dispiace?”, chiese, quando salirono in macchina. “Penso che il mio sia caduto...”

Non le rispose. Torse il busto per afferrare la cintura dal suo lato.

Ci risiamo...

“Nicole!” Aveva praticamente gridato.

“Vuoi fermarmi il cuore, per caso?” Sbuffò fuori l'aria dalle narici e si toccò il petto, sfoggiando un sorriso divertito, ora che lo spavento le era passato.

“Nicole, perdona la domanda... Hai problemi di udito?”

“No, non credo.” Sembrò pensare a qualcosa, poi suggerì: “Ehi, toccami quando vuoi dirmi qualcosa, va bene? Mi distraggo facilmente.”

No, ti distrai in macchina e nel mio cortile. Sento puzza di bruciato. Secondo me non mi senti perché ascolti qualcos'altro, qualcun altro... Che brivido! Perché devo pensare a queste cose? Ora come farò a togliermi il pensiero di non essere sola con lei, in questa macchina...?

“Va bene, farò così”, rispose semplicemente. “Ti chiedevo se potevi prestarmi il cellulare.”

“Certo.” Indicò il vano portaoggetti: “Dev'essere lì. Dovrebbe avere ancora un po' di batteria.”

“Grazie.”

Non lo aveva notato prima, ma effettivamente lo trovò sotto i due scontrini sbiaditi. Era un vecchio modello, di quelli che avevano appena iniziato a comprendere anche la possibilità di connettersi ad Internet. Si chiese se fosse il cellulare da cui Nicole le aveva risposto alla prima e-mail. Le fece una strana impressione; fu strano toccare qualcosa che le aveva permesso di comunicare con una persona che non aveva mai visto. Scacciò il pensiero e compose il numero di Wynonna.

Non rispose nessuno.

Forse sta scrivendo, ragionò. Non è un grosso problema, tra poco arriverò a casa.

Appoggiò di nuovo il cellulare nel vano. Solo allora si accorse che Nicole la stava fissando.

“Sì...?”

La fissò ancora per qualche secondo, in completo silenzio; poi: “Perché ti sei fidata di me?”

“In che senso?”

“Perché sei salita in macchina? Prima, intendo. Spero tu non abbia l'abitudine di farlo con tutti...”

“Non ho quest'abitudine, no”, replicò, un po' infastidita. “Ho deciso che non mi avresti fatto del male, e poi... e poi nulla! Ho solo preso una decisione. Anche tu ti sei fidata di me, comunque. Potevo benissimo essere chiunque e avere cattive intenzioni nei tuoi confronti. Sarò anche alta la metà di te, ma sicuramente ho il doppio dei tuoi muscoli e cinque anni di arti marziali alle spalle.” In realtà aveva frequentato per un po' meno, ma decise di ingigantire la cosa per una questione rafforzativa sul suo discorso. “Non mi sottovalutare solo perché sono piccola.”

“Non volevo offenderti, mi dispiace. Non ho mai pensato di sottovalutarti o di non prenderti sul serio; però io, al contrario tuo, sapevo e so cos'hai nel cuore. Non mi faresti mai del male, non fisicamente. Non a me e a nessun'altra creatura vivente.”

“Come ci riesci? Come riesci a leggere le persone con un semplice tocco?”

Le sorrise e avviò il motore. “Ne parliamo a casa, va bene?”

“Va bene.” Si mise anche lei la cintura di sicurezza. “Senti... scusa la domanda, ma... siamo da sole, in questo momento?” Nel chiederlo si voltò brevemente verso i sedili posteriori. Non vide nessuno. Nulla, per la precisione, data l'oscurità che il lampione non riusciva a dissipare.

Nicole non le rispose.

Ho la sensazione che questa volta mi abbia ignorata di proposito. Fu per quella percezione, che decise di rimanere in silenzio.


 Vorrei avere il cellulare per controllare se la storia è stata aggiornata. Judy è bloccata in una macchina dallo sfasciacarrozze; intorno a lei, tutti quei demoni... Forse arriverà Joe, la salverà e le dirà: ''Visto? Ti ho promesso che ti avrei protetta...''

“Sì, ho visto”, mormorò Nicole.

L'ho detto ad alta voce?

“Scusa?”

Nicole rallentò fino a fermare la macchina. “Spero non l'abbiano investito di proposito.” Il suo dito indicò qualcosa di scuro, forse nero ad un metro circa dalla macchina. “Il mondo è pieno di coglioni.” Era la prima volta che dal suo tono trapelava del disprezzo, forse dell'ira.

Waverly guardò meglio. Sembrava un gatto, era steso al lato della strada e illuminato dagli abbaglianti.

Nicole si tolse la cintura, mise in folle e scese dalla macchina.

“Vieni con me.”

Waverly si affrettò a scendere. Raggiunse Nicole, che si era inginocchiata accanto al piccolo corpo, ma non sembrava intenzionata a toccarlo.

“L'anima non ha ancora lasciato il corpo.” Si voltò verso Waverly: “Forse possiamo salvarlo. Mettitelo contro il petto, dentro la giacca. Lo scalderai. Forse è solo in ipotermia: non vedo sangue.”

Questa donna è uscita nel bel mezzo di una bufera per un gatto. Non conosco molte persone disposte a fare lo stesso; non per cattiveria, semplicemente lo darebbero già per morto. Non prenderebbero tutto questo freddo per un gatto, un gatto sicuramente già spacciato.

“Certo!” Raccolse il corpicino un po' rigido e, nel farlo, udì un flebile lamento. “E' vivo!”, esclamò.


 Tornate in macchina, Nicole accese il riscaldamento al massimo, mentre Waverly strinse al petto la creatura sfortunata. Non così sfortunata, pensò, perché esistono persone come Nicole. E' una brava persona, non è così, micino?

“Guiderò leggermente più veloce, ma non temere, starò attenta.”

“Non preoccuparti. Si sta scaldando un pochino, forse non è troppo tardi.”

La rossa inserì la prima. “Non è mai troppo tardi... non finché non lo è davvero.”


 

Furono due dettagli a dire a Waverly che qualcosa non andava: niente fumo dal camino e Wynonna seduta sui gradini del portico. Ma non fu il fatto che lei fosse seduta lì, al gelo, fu l'assenza dell'anello col drago. Non se lo toglieva mai, non l'aveva mai vista senza. Non dopo la morte di Gregory.

Corse da lei, cercando di non sballottare troppo il gatto che faceva capolino dalla scollatura della giacca.

“Cos'è successo? Che fai qui fuori?”

Indossava solo una felpa e un paio di pantaloni da pigiama, i piedi erano avvolti da semplici calzini di lana. Si era vestita molto in fretta, pareva.

“Ti verrà una bronchite!”, aggiunse.

Wynonna si morse il labbro, provò ad articolare qualche parola, ma senza successo. Allargò le braccia e si mise a piangere. Doveva aver pianto molto, a giudicare dagli occhi rossi e gonfi.

“Porta il gatto in casa. Ci penso io a lei.”

Chiaramente controvoglia, Nicole afferrò Wynonna da sotto le ascelle, esattamente come aveva fatto Katie con lei un paio d'ore prima, e la tirò su di peso. Il suo respiro divenne irregolare come quello di Wynonna e anche i suoi occhi si velarono di lacrime.

“Dai... aiutati, Wynonna. Sei troppo pensante per me...”

La donna sembrò reagire. Indurì i muscoli delle gambe e sostenne il suo stesso peso. “Scusami”, mormorò.

“Non preoccuparti...” La voce di Nicole era rotta al pari della sua. “Andiamo dentro. Abbiamo tutti preso sufficiente freddo per oggi.”


 Nicole era intenta ad accendere il caminetto con i pochi pezzi rimasti; Wynonna, Waverly e il gatto -sulle ginocchia della giovane- erano sul divano. La creatura si stava riprendendo e sembrava immersa in un sonno ristoratore e tranquillo, come testimoniava il respiro regolare.

“Wynonna, ci puoi dire cosa è successo?” Tolse la mano dal fianco del gatto per appoggiarla su quella di sua sorella. “Va tutto bene ora, ci siamo noi.”

Con gli occhi persi nel vuoto, la donna rispose: “Non lo so, Waverly... non so quello che credo di aver visto. Stavo uscendo dalla doccia, perché avevo sentito degli strani versi quando... non lo so, mi è arrivato contro il bicchiere che uso per tenere lo spazzolino... penso che... non lo so, è come un sogno che non riesco più a vedere chiaramente... penso di aver visto una figura... non lo so, cazzo.” Si voltò finalmente a guardarla: “Non so quello che ho visto, so solo che sono morta di paura.”

“Ora la casa è tranquilla”, assicurò Nicole, pulendosi i residui di corteccia e polvere dalle mani. “Per questa notte potrete stare in pace.”

“Ne sei proprio sicura?”, volle sapere Waverly. “Come fai ad esserne sicura?”

“Ci sono io. Sono nuova e non si manifesteranno prima di aver capito cosa pensare o fare come me.”

“Quindi in questa casa ci sono davvero... dei fantasmi...” Le parole di Wynonna erano uscite più come un lamento, che come un'affermazione o una domanda.

“Sono ovunque. Quello che ancora non so, è cosa li abbia spinti ad interagire con voi.” Sorrise alle sorelle e concluse: “Ma lo scoprirò. Scoprirò perché hanno smesso di ignorarvi, magari perché vi considerano una minaccia.”

“Nicole... una minaccia?”

“Sì, Waverly.”

“E cosa potremmo mai... voglio dire, sono incorporei, no? Cosa potremmo mai fare loro...? Non capisco...”

“Col cazzo incorporei!”, sbottò Wynonna, finalmente di nuovo in sé. “Il bicchiere non è caduto: mi è arrivato addosso! E non me lo sono certo lanciata da sola!”

“Wynonna, sarebbe il caso di non manifestare ostilità, rabbia o qualsiasi altro sentimento negativo. Non posso impedirti di provare paura, ma ti prego di controllare la tua rabbia.” Nicole si mise seduta a gambe incrociate davanti al caminetto, dando loro praticamente le spalle. “In questa casa abitano almeno venti spiriti.” Si voltò a guardarle e spiegò: “Qualcuno di loro non sa neppure che esistete, qualcun altro non gradisce più la vostra presenza. Nei giorni che trascorrerò con voi, cercherò di capire cosa ha interrotto la tregua. Per questa sera cerchiamo di stare semplicemente tranquille: non dobbiamo nutrire in alcun modo la forza che ha permesso ad almeno uno di loro di manifestarsi.” Si voltò di nuovo ad osservare le fiamme. “Negatività chiama negatività.”

“Ti sono grata per l'aiuto che mi hai dato là fuori, rossa, ma... ma non sono ancora sicura di volerti sono il mio stesso tetto. Non so nulla di te.”

“Garantisco io per Nicole, Wynonna.” Attese che sua sorella si voltasse verso di lei e aggiunse: “Ha aiutato anche Katie. Possiamo fidarci di lei. Non ci farà del male. E' davvero la medium che abbiamo contattato... le persone le aiuta, non le ferisce.”

“Vado a fare una doccia, posso?” Nicole sembrò voler sfuggire al discorso che la riguardava, oppure voleva semplicemente lasciare un po' di tempo alle sorelle. “Ho ancora molto freddo e penso che solo una doccia bollente potrebbe aiutarmi.”

Wynonna sospirò e concesse: “Sali le scale. Terza porta a sinistra.” La guardò negli occhi: “E' lì che è successo.”

“Sarà una buona occasione per scoprire qualcosa di utile”, replicò. “Grazie.”

“Prendi pure il mio accappatoio, è quello verde acqua.”

“Grazie, Waverly.” Nicole si diresse verso le scale e scomparve al piano di sopra.


 Wynonna attese di sentire la porta al piano superiore chiudersi.

“Hai detto che ha aiutato anche Katie?”

“Sì”, rispose Waverly. “Ma non conosco i dettagli.”

Le raccontò quello che era successo a Nicole e molto del suo pomeriggio con la nuova arrivata. Evitò però di dirle che parlava da sola -o con un fantasma- e altri dettagli del genere.

“Va bene... proverò a fidarmi di lei. Ma al primo sospetto che abbia cattive intenzioni, la caccio a calci in culo.”

“Mi sembra giusto”, sorrise, divertita dai consueti modi burberi di Wynonna.

La donna si concentrò sul gatto nero: “Chi è il nostro nuovo amico?” Gli fece una delicata carezza sulla testolina e gli sorrise. “Anche tu hai avuto un pomeriggio da dimenticare, non è così?”

Waverly le raccontò di come Nicole lo aveva soccorso.

“Forse dovremmo dargli un nome.”

Waverly sorrise felice. “Possiamo tenerlo, allora?”

“Non sarà un po' di cibo per gatti a mandarci sotto un ponte...” Lo accarezzò ancora. “Non hai un collarino, quindi non saprei neppure chi chiamare per farti venire a prendere... Galileo, hai la faccia da Galileo”, decretò.

“Che bello!”, esclamò Waverly. “Galileo, ti piace il tuo nuovo nome?”

Il micio continuò a dormire.

“Gli piace”, decise Wynonna. “Benvenuto in famiglia, Galileo.”

  
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