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Autore: Neamh Moonstar    09/12/2021    2 recensioni
Il cielo sopra di lui era una piatta tavola dalle sfumature bluastre che si estendeva oltre l'orizzonte, ancor più in là delle nuvole sulle quali era inginocchiato. Era come un blocco vuoto e spento sopra il suo capo riccioluto; una blanda superficie che scorreva tutta uguale davanti ai suoi occhi azzurri.
Eppure Azraphel non riusciva a smettere di osservarla, muovendo lo sguardo verso ogni immaginario angolo di quella volta infinita. Sapeva che qualcosa sarebbe accaduto, prima o poi.
Genere: Angst, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley, Dio, Guerra, Morte
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dilogia sotto le stelle'
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“Non v'è un mezzo per accontentare quelli che vogliono sapere il perché dei perché.”

    - Leibnitz

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    Se c'era una cosa che amava, era vedere i Suoi angeli vivere felici.

    Sarebbe rimasta per sempre lì, con gli occhi di stelle fissi sugli esseri che con tanto amore aveva fatto nascere, ai quali aveva dato un nome, dei quali aveva accuratamente scelto le caratteristiche e i ruoli. Li amava così tanto da ammirarli rapita mentre si prendevano per mano, si parlavano e si stringevano in un meraviglioso moto di Amore e fratellanza.

    Li accoglieva sempre con gioia quando accorrevano da Lei per riferirLe le loro idee, le loro gioie e i loro ricordi. Alcuni La chiamavano Madre, ma alle volte poteva essere Padre. Molti La stringevano in abbracci dolci ed espansivi, mentre altri preferivano restare rigorosi e mostrarsi al Suo cospetto come figli obbedienti.

    A Dio non faceva nessuna differenza. Per Lei meritavano tutti affetto, dal primo all'ultimo; da coloro che aveva designato perché fossero i Suoi aiutanti, a coloro che aveva posto al servizio di ciò che avrebbe creato. Ogni singolo angelo era la Sua gioia.

    Anche lui: quello che Le volò veloce davanti, facendosi finire una miriade di ciocche rosse davanti agli occhi. Senza scoprirsi il viso, La salutò con un sorriso puro e smagliante: «Ce l'ho fatta!» Esclamò.

    «Lo so, Raphael» rispose Lei, invitandolo tra le sue braccia. 

    Lui non se lo fece ripetere due volte e si lasciò cadere sulle nuvole accanto alle Sue ginocchia, aspettando che iniziasse a sistemargli i capelli, come spesso accadeva.

    «Sei stato bravo, anzi» continuò Dio. «Lo siete stati entrambi.»

    Raphael sussultò contento: «Sapevo che lo avresti detto!»

    Lei sorrise, tirando fuori la risata più cristallina e armoniosa dell'universo. «Come potrei non apprezzare un cielo stellato, amor mio?»

    «Parlando di quello,» disse l'arcangelo voltandosi un po' verso di Lei. «Lui. Lui è incredibile.»

    «Parli di Azraphel» constatò Dio, iniziando a intrecciare tre di quelle belle ciocce infuocate. «Sono felice di vedere che l'hai preso sotto la tua ala. È in ottime mani.»

    «Ha fatto una stella, hai visto? È meravigliosa.»

    Dio annuì: «Certo che l'ho vista, amor mio. È davvero luminosa.»

    «Lo è. Lo è eccome!» sospirò Raphael, ripensando al magnifico momento in cui l'avevano creata, al modo in cui le loro mani si erano unite per dar vita all'astro più bello di sempre. «L'ha fatta per te.»

    Dio non rispose subito, ma non smise nemmeno di sorridere. Ovviamente sapeva tutto ciò che i due si erano detti, così come sapeva che avevano finito il cielo assieme. Li aveva osservati bene, studiando i loro movimenti e, per la prima volta dall'inizio dei tempi, era rimasta sorpresa. C'era qualcosa tra loro due: era Amore, il Suo, ma anche qualcos'altro. Non aveva ancora trovato il modo di definirlo. Era un rapporto sbocciato dal nulla ma che subito si era messo a brillare come le stelle stesse. Forse, come Lei, era qualcosa di troppo grande e troppo alto da descrivere. Era, era... Aveva bisogno di una parola adatta.

«È un dono meraviglioso» rispose, accarezzando la testa di Raphael. «Lo custodirò con piacere.»

    L'arcangelo sorrise, gli occhi colmi di gioia: «Oh, quando lo saprà, sarà felicissimo. Grazie.»

    Era da tanto che Dio non vedeva il suo arcangelo così felice. Ultimamente il suo sguardo dorato si era rabbuiato. Tutto era iniziato quando Lei aveva deciso di rivelare il Suo più grande progetto: la Terra. Da lì erano partite le domande; non da parte di Raphael stesso (non inizialmente), ma la curiosità si era sparsa ad una velocità disarmante, tanto da essere arrivata a toccare anche lui, alla fine. Non che la curiosità in sé non andasse bene: erano più i risvolti ai quali poteva portare, il problema.

Alcuni dei Suoi angeli avevano iniziato a far crescere in loro il seme del dubbio, ma finora la situazione era stata più o meno gestibile. Lei aveva vegliato su di loro per quanto aveva potuto, ma sentiva che le cose Le sarebbero potute scivolare dalle mani, prima o poi.

«Non devi ringraziare me,» riprese Dio, «ma Azraphel. Sembra che ti abbia messo davvero di buon umore. La cosa mi rende lieta.»

    Raphael annuì: «Lo farò. Puoi starne certa.»


    Dio e il Suo arcangelo rimasero in silenzio per un po'. Lei si occupò di riordinargli i capelli, districando le ciocche che lei stessa aveva tessuto e ondulato; mentre lui prese ad osservare gli angeli che volavano gioiosi tutt'attorno a loro, cantando e chiacchierando.

L'idea che gli angeli sappiano cantare è assolutamente vera. Se Dio era nei paraggi, poi, davano il meglio di loro e l'atmosfera si colorava di note.

    Oh, Dio conosceva bene quello sguardo e quel velo che sempre più spesso ormai copriva gli occhi dorati di Raphael. Avrebbe potuto elencare una ad una tutte le cose che gli passavano per la testa.

«Pensi ancora a lui, amor mio?» Gli chiese, sapendo già la risposta.

    L'arcangelo annuì di nuovo, improvvisamente serio: «Ho così tante domande. Perché lo hai creato? Perché brilla così tanto? Come ti è venuto in mente il suo nome? È così bello. Lui è così bello. E poi perché tanta segretezza sul suo ruolo? Insomma, non-»

    Dio si rimise a ridere e lo zittì, posandogli delicatamente un dito sulle labbra sottili. «Piano, amore mio, piano. È normale che tu sia così affascinato dalla novità, ma non posso dirti niente.»

    Raphael La guardò deluso: «E perché?»

    «Perchè non è ancora il momento. Non temere, però: arriverà presto.»

    «Ma presto quando?»

    «Quando lo deciderò.»

    «Ma allora come fai a essere certa del fatto che sarà presto, se ancora non l'hai deciso?»

    Dio scosse la testa e sospirò, posandogli una mano sulla guancia: «Ammiro la tua curiosità, amor mio. Ma fai troppe domande ed hai troppi dubbi.»

    L'arcangelo fece un lamento tra il deluso e l'infastidito, guardando in basso: «Lo so, me lo dici sempre. Lo dici anche a Lucifero e i suoi amici.»

    «Perché ho notato la stessa cosa anche in loro. Avete troppa ansia e siete troppo attaccati al futuro.»

Con una mano candida ed eterea, Dio indicò il Paradiso che si estendeva in ogni direzione: «Dovreste stare tranquilli e godervi il presente. Ad esempio, ho creato angoli di Paradiso meravigliosi perché possiate rendere reali le vostre idee. Perché non li visitate più spesso? Ho adorato i nuovi animali che vi avete messo all'interno: li metterò anche sulla Terra.»

    «Ti piacciono? Li metterai tutti?» Chiese nuovamente l'arcangelo, inclinando la testa.

    «Raphael, amor mio...»

    «Oh, giusto. Questa era una domanda.»

    Dio annuì e sorrise. «Sai, ora che ci penso: avevo detto ad Azraphel che sarebbe stato bello se ci fosse andato anche lui. Dovrà lavorare sulla Terra, in fondo: avere già un'idea di cosa lo aspetta non può fargli che ulterior bene.»

    Non appena Lei ebbe nominato l'angelo, Raphael era balzato in piedi. «Lui è lì? Perché non me l'hai de- ah, no, aspetta: questa è una domanda. Lascia stare: sono felice che tu me l'abbia detto! Volo lì.»

E in effetti, in un attimo aveva spiegato le ali candide ed era decollato, lasciando Dio con un sorriso amaro sulle labbra. 

    In cuor Suo, sebbene non ne avesse uno (ancora non lo aveva inventato, ma ci stava lavorando) sperò che il comportamento di Raphael e gli altri non portasse a qualcosa di sbagliato.

Sbagliato: aveva denominato così tutto ciò che andava contro la Sua volontà. Era una parola che non conosceva nessuno.

Nessuno tranne Azraphel.

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    Dio l'aveva chiamata "spiaggia" e la Terra ne avrebbe avuta una, forse di più. Quella che aveva messo in Paradiso era fatta di sabbia bianca e, a pochi metri da essa, vi aveva posizionato una miriade di alberi, tutti diversi, alti e rigogliosi. In mezzo al verde vi abitavano gli animali: creature viventi e costellate di particolari, frutto delle idee di Dio e degli angeli. Nessuno a parte Lei lo sapeva, ma fu proprio da quel luogo che avrebbe preso spunto per costruire l'Eden.

    Azraphel si era messo ad osservare una creaturina che aveva catturato la sua attenzione e che adesso si crogiolava tranquilla su un ramo. Ne stava studiando i movimenti, quando un fruscio ed una voce a lui familiare lo distrassero. 

    «Azraphel! Ciao!»

    Voltandosi, l'angelo vide Raphael salutarlo con un sorriso radiante stampato in faccia. «Oh, ciao» lo salutò a sua volta, cordiale come sempre. «Come stai?»

    «Sempre meglio quando vedo la tua aurea luminosa. Che stavi facendo?»

    Con un dito, Azraphel indicò l'animale che tanto lo aveva incuriosito: «Mi piace quell'essere» affermò. «Si muove in maniera così elegante e sinuosa...»

    Raphael strabuzzò gli occhi dorati ed esclamò: «Ma è un serpente! Li ho fatti tutti io, sai?»

    L'angelo osservò il lungo animale ricoperto di scaglie brillanti, soffermandosi sui suoi incredibili occhi solcati da sottili tagli neri. Non lo stupì scoprire che era stato l'arcangelo dai capelli di fuoco ad inventarlo: solo lui avrebbe potuto avere un'idea così originale. 

«È molto bello, davvero. Ce ne sono altri? Li vorrei vedere» chiese. «È la prima volta che vengo qui. Dio dice che potrebbe essermi utile.»

    Raphael non se lo fece chiedere due volte e prese l'angelo a braccetto, accompagnandolo nel fitto della piccola foresta. «Certo che ce ne sono altri. Ne ho fatti tantissimi: alcuni sono così piccoli che dovremo stare attenti a non calpestarli; altri sono davvero enormi. Credevo di aver esagerato quando li ho creati, ma Dio ha detto di non preoccuparmi. Ti piaceranno, vedrai.»

    Azraphel rise appena, inclinando la testa come sempre faceva quando qualcosa lo straniva. «Certo che non devi preoccuparti. Dio ama vedere le idee di tutti: penso che più sono, meglio sia per Lei. Riempirà meglio e più rapidamente la Terra se già sa cosa metterci, no?»

    Raphael gli rivolse uno sguardo meravigliato: «La tua logica è impeccabile. Vorrei averla io.»

    Azraphel si bloccò, costringendo il suo accompagnatore a fare due passi indietro. Aveva spalancato gli occhietti azzurri, aggrottando la fronte: «Suvvia, non dire così.»

    Raphael era confuso. «Dire cosa?»

    «Dico, non desiderare di avere qualcosa che non ti è stato dato. Tu vai benissimo così come sei. Non avrai la mia logica, ma hai la tua immaginazione; non avrai la mia luce, ma hai le tue ali perfette.»

    L'arcangelo non seppe subito come replicare. La verità era che l'angelo aveva ragione, come sempre. Come facesse, quello era un mistero per lui. Dio aveva fatto un gran bel lavoro con Azraphel e quella era una convinzione che si consolidava ogni attimo di più.

«Tu...» disse dopo un minuto infinito di contemplazione assoluta. «Tu sei così libero da ogni dubbio.»

    «Da ogni... Da ogni, cosa?»

    «Dubbi, domande» puntualizzò Raphael. «Sai, tipo: ti sei mai chiesto perché Dio ti abbia fatto nascere adesso e non, che so, quando avrà finito con la Terra?»

    Azraphel non dovette nemmeno pensarci. Scosse la testa, facendo rimbalzare i riccioli sul suo capo: «No, mai.»

    «Non ti sei mai nemmeno chiesto perché ti abbia dato il nome che hai?»

    «Perchè avrei dovuto? Se me l'ha dato, c'è una ragione. Magari per Lei ha un significato profondo, o magari Le piace come suona. Qualunque sia il motivo,» spiegò l'angelo, alzando un dito, «Non può che essere un buon motivo.»

    Raphael sbatté gli occhi un paio di volte, sconfitto di fronte a quella spiegazione perfetta. «Mai, eh?» richiese, invece.

    «Proprio mai» confermò l'altro. 

    Detto ciò, si rimisero a camminare. Nonostante fosse nuovamente immerso nei suoi pensieri, Raphael portò l'angelo esattamente dove ricordava esserci la tana di un serpente dalle squame giallognole. Lì, lasciò che l'angelo di luce lo ammirasse ed esplorasse i dintorni.

Rimuginando, l'arcangelo arrivò alla conclusione che sì, sapeva che Dio avrebbe rivelato le Sue intenzioni, prima o poi. Ed era proprio quel: "prima o poi" che lo disturbava; inoltre, Lei era sempre così schietta e vaga... Raphael invece voleva risposte chiare e concise. Quelle di Azraphel, per esempio: quelle sì che erano argomentazioni sagge e ben pensate.

    Il flusso interminabile di pensieri del rosso venne interrotto da una risatina. Alzando gli occhi, vide l'angelo mettersi una mano davanti alla bocca e dire: «Scusa, non volevo.»

    «Non volevi cosa, ridere? Ma per favore. Ridere è bellissimo» affermò Raphael. «E hai una bella risata, perciò... Perché ridi?»

    «Il fatto è che,» si mise a spiegare Azraphel, sfiorando la testa del rettile ora attorcigliato attorno al suo polso. «Lo sai che quando pensi, si vede? Intendo che si creano tante piccole spirali e scintille attorno alla tua aureola. Mi piace guardarle: si inseguono e si attorcigliano come, beh, come serpenti.»

    Raphael si mise ad agitare un indice: «Esatto. Vedi? Anche questa è una cosa che non capisco. Perché mi succede?» Chiese, indicandosi la testa con entrambe le mani. «Insomma, a che serve?»

    «Magari» azzardò l'altro, «A Dio piace vedere come si evolvono i tuoi pensieri. Non mi sorprende, in realtà: come ho già detto, hai una fantastica immaginazione. Non riesco a figurarmi qualcuno che non sia interessato a intravederla.»

Concluse la frase con un sorriso così dolce e intelligente da spiazzare l'arcangelo, di nuovo. Ormai il rosso provava piacere nel vedere il suo muro di pensieri venir momentaneamente distrutto da quella luce alata. Era una sensazione strana in senso ancor più stranamente positivo.

    «Ah. Sai, non l'avevo mai vista in questo modo» ammise Raphael, andando a sedersi accanto all'angelo. «Potresti avere ragione. Anzi: sono sicuro che ce l'hai.»

    Azraphel rimise delicatamente la strisciante creaturina sulla roccia sopra la quale l'aveva trovata, rivolgendo le sue totali attenzioni all'arcangelo. «Posso permettermi di dirti una cosa?» Chiese.

    Aveva lo sguardo serio, ma con una punta di preoccupazione che fece rivoltare qualcosa nella mente di Raphael. Capì che l'angelo avrebbe voluto esprimersi prima, ma non era sicuro di volerlo (e poterlo) fare. Vedere anche solo la più lieve incrinatura nell'immacolato volto dell'altro non gli piaceva; non gli piaceva proprio ma proprio per niente.

Così, decise di intervenire nel modo più chiaro e conciso possibile: «Non hai bisogno del mio permesso: puoi dire tutto quello che vuoi» rispose. Nulla avrebbe dovuto fermare la sua luce dal dire quello che pensava necessario.

    Azraphel annuì, si inginocchiò e drizzò la schiena, poggiandosi le mani in grembo. «Tu ti sorprendi con poco e ti preoccupi per molto meno» affermò, gli occhi fissi sulle iridi dorate di Raphael. «Non dovresti cercare di raggiungere confini che sai di non poter toccare. È sbagliato.»

    L'arcangelo corrugò le sopracciglia, facendo un leggero scatto indietro con la testa: «Che significa "sbagliato"?»

    «Significa che non devi farlo perché va contro la volontà di Dio. Non lo sapevi?»

    «No. Pensavo te lo fossi inventato.» 

    «Oh» disse l'angelo, sorpreso. «No, l'unica cosa che io abbia mai creato è stata quella stella, con te.»

    «Ehi, a proposito» esclamò Raphael, alzandosi di colpo. «Ho tanta voglia di rivederla. Torniamo al nostro angolo di infinito?»

Non avrebbe saputo dire se la sua reazione fosse scaturita dall'effettiva voglia di ammirare l'astro, o dall'intenzione ancor più forte di oltrepassare quello scomodo discorso. 

    «Cielo, non è il nostro» precisò Azraphel scostando lo sguardo e prendendo a torturarsi le dita. «Ma sì, vorrei rivederla anche io.»

Seconda regola non scritta degli angeli: tutto ciò che viene creato non appartiene a nessuno, se non a Lei. Un'altra di quelle linee invalicabili che Raphael sorpassava con una facilità innaturale.

    «Non essere così nervoso, mi fa sentire male, sai?» disse l'arcangelo, allungando una mano verso l'altro. «È "nostro" nel senso che lo abbiamo fatto insieme. Ti va bene così?»

    Azraphel annuì, decisamente più tranquillo. Prese la mano di Raphael e lasciò che lo aiutasse ad alzarsi. «Sì, penso che mi vada bene. E poi è un bel nome: è un piccolo pezzo ben delineato del cielo, che pero è infinito. Vedi? È il tuo talento naturale inventare le cose.»

    Raphael fece spallucce e sorrise con orgoglio. Sentir parlare l'angelo era come sentir parlare Dio, ma diecimila volte meglio.


    Le loro mani non si staccarono mai durante il tragitto a ritroso, verso la spiaggia. Le tennero unite quando si alzarono in volo e non le allontanarono nemmeno quando arrivarono sulle nuvole. Nessuno dei due pensò di mollare la presa mentre si siedevano ad attendere che il cielo si oscurasse, e finirono per non separarsi neanche quando le prime stelle iniziarono a fare capolino nella volta celeste.

    «Davvero ti piacciono le mie ali?» Chiese ad un certo punto Raphael, dal nulla.

    Azraphel staccò gli occhi dal cielo e li volse verso di lui. «Come, scusa?»

    «Prima hai detto che sono perfette. Intendevi dire che ti piacciono?»

    L'angelo si illuminò ulteriormente, realizzando cosa l'altro volesse sapere. «Oh, è vero. Beh, in quel caso la risposta è sì,» rispose, sorridendo dolcemente. «Mi piacciono molto.»

    Raphael si sentì infinitamente lusingato da quelle parole. Era sempre lì a pensare a quella luce alata: a quanto calda e stupenda fosse, a quanto i suoi occhi fossero dello stesso colore del cielo sereno, a quanto i suoi capelli sembrassero fatti della stessa sostanza delle nuvole. Ed ora quella luce aveva iniziato a ricambiare.

Sentiva un calore più forte di quello dell'Amore di Dio invadergli il petto: una sensazione che lo rendeva euforico. Con quel sentimento a guidarlo, avrebbe potuto creare altri cieli, altri pianeti, altri animali. Avrebbe potuto arrivare ai confini del Paradiso e farli suoi.

Era sbagliato amare qualcuno più di quanto si amasse Dio? E se lo era, allora perché lo faceva stare bene come non mai? Non sorrideva a quel modo da tanto tempo. Un sentimento così bello non poteva che essere positivo.

    «Qualcosa non va?»

    Quella domanda strappò l'arcangelo dai suoi pensieri, facendogli realizzare che era rimasto a fissare l'angelo per tutto il tempo. Non voleva certo farlo preoccupare, così annuì e disse: «Sai come sono fatto: mi distraggo sempre. Tu poi sei la migliore delle distrazioni.»

    Azraphel scosse la testa, divertito. «È vero, lo fai spesso.»

    «È una cosa sbagliata, secondo te?»

    Il biondo ci pensò su per un attimo, facendo vagare lo sguardo sulle nubi. «Forse dipende da quello a cui pensi.»

    Rimasero a rimuginare sulla questione a lungo. La filosofia l'avrebbero inventata gli umani un'infinità di tempo dopo, ma intanto quei due improbabili angeli ne avevano gettato (senza saperlo) le basi. 

    Tra una considerazione e l'altra, Raphael si spostò alle spalle di Azraphel per sistemargli le piume. Prima che l'arcangelo arrivasse, il povero angelo era svolazzato di qua e di là senza che nessuno si occupasse di accompagnarlo. Ciò aveva ridotto le sue ali ad uno spettinato ammasso candido che le sottili dita del rosso si occuparono di lisciare, separare e raddrizzare.

«Secondo te» chiese, intanto che lavorava. «Cosa succede a chi fa le cose sbagliate?»

    «Non saprei» rispose l'angelo. Per la prima volta aveva rilassato le spalle, cullato dai movimenti svelti ma dolci dell'altro.

    «Perché, pensaci» riprese Raphael. «Se una cosa non va bene, Dio non può certamente reagire positivamente, no?»

    «Questo non possiamo saperlo, ma di una cosa sono sicuro» rispose Azraphel, voltando la testa verso di lui. «Ricordi quando mi hai detto di essere infelice? Ci ho pensato a lungo. Ho capito che forse è questa la conseguenza se fai le cose sbagliate: la tristezza.»

    Da un lato, Raphael lo aveva sempre saputo. La sua sete di conoscenza lo aveva portato a sentire un vuoto incolmabile dentro di sé. L'Unica che avrebbe potuto riempirlo, però, preferiva lasciare che si allargasse fino a diventare una voragine. 

Passando dall'ala destra a quella sinistra, Raphael si ritrovò, nonostante tutto, a fare spallucce: «Può essere, ma non mi importa. E sai perché?»

    Azraphel scosse la testa.

    «Perché ho trovato te.»

    L'angelo parve sorpreso. La sua aurea luminosa sfarfallò e lui spostò subito lo sguardo verso il basso, stringendosi nelle spalle. «Grazie, ma stai esagerando.»

    Il rosso sorrise, finendo di allineargli le piume. Si alzò con un unico movimento sinuoso, spostandosi a sinistra e reinvitando l'altro a poggiare la testa sulla sua coscia, come la volta prima.

    Azraphel quella volta parve esitare un po'di più, ma si risdraiò in silenzio. Alzò un'ala per osservarne il ritrovato ordine e lasciò che l'arcangelo gli scostasse i riccioli dalla fronte.

    Le giornate non erano ancora state inventate, semplicemente c'erano punti del cielo in cui le stelle si susseguivano, alternando il buio alla luce. Comunque sia, alla fine l'angolo di Raphael e Azraphel tornò a risplendere e, al centro di esso, risorse il candido astro dell'angelo.

    «Quindi» riprese il biondo. «Mi stai dicendo che la mi presenza ti rende meno infelice.»

    «E non solo» affermò Raphael. «È l'unica tra le innumerevoli cose che non mi so spiegare della quale non voglio un chiarimento. Con te sto bene e mi va bene così.»

Avrebbe dovuto essere sempre così, con tutto e con tutti. Ma Dio era distante, e gli angeli che frequentava avevano iniziato anch'essi a sussurrare come se avessero paura di far sentire le loro idee. Era per questo che non voleva che Azraphel si chiudesse in sé solo perché stava parlando con un suo superiore. Tenersi i dubbi dentro doveva essere decisamente sbagliato, si disse l'arcangelo.

E poi, Raphael non era un semplice "capo" per l'angelo. Sin dal primo istante era stato qualcos'altro e lo sapevano entrambi.

    «Anche io sto bene con te» affermò Azraphel. 

    Non ci fu bisogno di dire altro.

    Che strano, pensò l'arcangelo. Tra loro due c'era qualcosa che oscillava tra lo strano e il perfetto. Era tutto così misterioso: faceva riflettere ma stare bene. Non era uno di quei dubbi che gli martellavano la testa, no: era meravigliosamente inspiegabile e nervosamente irraggiungibile, era... Era...

Avrebbe dovuto inventarsi una parola per definirlo, ma non c'era fretta. Per adesso c'erano solo lui, la sua luce alata e il loro personalissimo pezzo di notte.


   
 
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