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Autore: CatherineC94    11/12/2021    0 recensioni
Lui non le hai mai detto che la sua vita è fatta di mille frammenti, tutti divisi, lontani anni luce. In tutto quel tempo questi piccoli frammenti hanno solo accentuato il suo essere rotto, spezzato, frantumato dalla vita e da tutto quello che ha passato.
Non ha mai chiesto aiuto, pietà e calore altrui.
Aberforth ha sempre provato a sopportare quelle continue lacerazioni e quei mille frammenti che non si attutiscono mai. «Quella non è la tua palla di cristallo, impostora» gracchia.
Sibilla l’osserva e per un istante, qualche frammento torna al suo posto.
lQuesta storia partecipa al contest "Potter Drama" indetto da BessieB sul forum di EFP.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Aberforth Silente, Lavanda Brown, Nuovo personaggio, Sibilla Cooman
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
- Questa storia fa parte della serie '#Aberforth'
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Mille frammenti


Sibilla stringe tra le mani mille frammenti di quelle foglie di tè.
La mattina ha inondato la stanza, ma quella dolcezza del sole appena sorto nemmeno la sfiora da un bel pezzo; la stanza lo sa bene, sembra essere in penombra.
Una penombra continua, immutabile che la schiaccia a volte.
Quelle foglie sono umide, come la base del suo labbro turgido che poco prima ha assaporato il calore dell’uomo che la sta fissando.
«Butta quella robaccia, hai infestato tutta la casa» le dice.
Il tono è tagliente e volutamente cattivo, anche perché Aberforth si nutre di quella linfa acida fin da quando ha memoria e forse, anche se non l’ammette mai, vivere in quella paccottiglia malvagia è l’unico mezzo rimanere a galla.
«I presagi non sono dei migliori, temo» mugugna Sibilla, stringendo la veste color lilla opaco che la fa sembrare smunta, quasi l’ombra dell’essere nervoso che cela dentro.
«I presagi! Ah! Ma chi può credere alle fandonie che escono da quella boccaccia sempre aperta» ribatte lui, iniziando a lisciare la lunga barba incolta.
Sibilla si mette retta toccata nel vivo, forse perché quel tono la ferisce oppure perché quello sguardo liquido la sta trafiggendo.
«Sei solo povero dentro» gli dice sgarbata.
Aberforth si blocca, gli occhi spalancati appena per la sorpresa.
Nell’aria recepisce che quell’insulto è solo sulla superficie e se ne meraviglia, anche perché da quando l’ha incontrata da lei ha solo percepito mugugni e stupidi gemiti.
«Me ne compiaccio sciroccata, finalmente cacci fuori gli artigli anche se dubito che sarai mai una vera gatta» sussurra.
Sibilla non ribatte, ma si alza provando ad essere drammatica ma non riuscendo appieno a causa del capelli indomabili, dei polsi ricoperti da chissà quelle pendaglio, oppure per colpa dell’affetto che prova per quell’uomo.
«Ti auguro di essere come me, di affogare lentamente in questo abisso di arido dolore. Anche perché quelle braccine da moscone non riuscirebbero mai a farti risollevare» sibila gelido, con lo sguardo perso in chissà quale mondo per lei inaccessibile.
«Sei debole» gli dice e lo fa con quel fuoco in corpo che l’ha costretta giovane a lasciare le angherie di sua madre.
Aberforth sorride beffardo, alzandosi di scatto.
«Come dici?».
«S-si. Un uomo solo che si costringe a vivere dietro ad una capra puzzolente ed uno stupido pub fatiscente come la sua anima. Lo so, io lo percepisco!» urla isterica.
Aberforth è nudo davanti a lei, sul volto l’espressione di chi combatte per non esplodere.
«Mi disgusti» esclama.
Sibilla si ritrae.
«Proprio tu, cialtrona che imbrogli il mondo ti permetti di giudicare?» l’accusa, mentre ogni parola tradisce il profondo disgusto che prova per lei.
Sibilla non risponde, anche perché ribattere con quell’uomo è quasi come andare a sbattere continuamente contro un muro. Decide che deve uscire, lo fa ogni volta che toccano il fondo dopo che si sono divorati voracemente ed il sudore imperla i loro volti.
Non si volta indietro, sa che lo troverà quella sera indaffarato a parlare con una capra, con quel cipiglio rassegnato.
Quando il giorno dopo, Aberforth si sveglia e non la trova al lato sinistro del letto capisce che le cose si stanno mettendo male.
Poi si dirige lento fino al piano di sotto e quando avverte uno strano sciame di voci inizia ad imprecare; alla base dello stomaco, la solita nausea malevola data dal contatto prolungato con gli esseri umani.
«Avverto..».
Aberforth alza gli occhi al cielo, quella è la voce rauca della cialtrona che di prima mattina decide che deve prevedere qualche panzana delle sue.
«Sì! Ecco, lui, sì! Lui si chiama Everard?».
«No, in realtà Edward professoressa» sussurra una vocina a disagio.
«Oh ma io nella mia mente avevo una chiara visione di questo momento mia cara, dovevo per forza lasciar andare le cose in questo modo» risponde con voce gutturale Sibilla.
«Tu nella tua mente hai solo una bugia pronta per ogni occasione» irrompe Aberforth beffardo.
Le due donne strabuzzano gli occhi, mentre un piccolo fagotto inizia a fare strane miagolii.
Aberforth si avvicina senza degnare di uno sguardo quelle due ed afferra malamente una salsiccia rimasta dalla sera prima.
«Come sta la giovane madre?» chiede Sibilla, con gli occhioni fuori dalle orbite.
La giovane donna con gli occhi pieni di entusiasmo risponde:«Rimessa completamente, ma ci tiene che lei veda il piccolo. Sa, Calì ha profonda fiducia in lei!».
Aberforth quasi si strozza.
«Io anche reputo quella giovane come una delle poche dotate mai incontrate e la ringrazio per la fiducia accordata» balbetta un po’ a disagio e provando ad ignorare l’uomo che ormai sta per scoppiare in una delle sue fragorose risate malevole.
Lavanda emette un gemito felice.
«Guardi, se lei vuole può provare a tenerlo tra le braccia» propone.
Sibilla è ormai in preda al panico più fosco.
Aberforth l’osserva interessato, dopotutto quel fagotto piangente doveva essere per forza un qualcosa del genere anche perché una capra tra le braccia sarebbe stata alquanto equivoca.
Milly pare avvertire il suo sgomento, così muove gli zoccoli.
«Bellezza, stai calma» la rabbonisce.
Agguanta un’altra salsiccia, per poi irrorarla con un goccio di birra.
Ormai la donna in preda alla paura si vede porgere quel piccolo essere che la sta osservando con un’attenzione invidiabile.
«Ecco, così» l’esorta Lavanda.
Sibilla avverte il calore che quel piccolo bambino sprigiona, così come non hai mai fatto in vita sua lo stringe.
Lui ha puntato i suoi piccoli occhi sul suo volto, con imperiosa voglia di conoscere; Sibilla invece lo stringe sempre di più, trascinata da emozioni mai provate prima.
Aberforth la sta guardando, per la prima volta conturbato. Lei sembra essere impacciata, forse peggio del solito ma  negli occhi ha qualcosa che non le hai mai visto prima; sente una strana sensazione, non riesce a capire.
Lui non le hai mai detto che la sua vita è fatta di mille frammenti, tutti divisi, lontani anni luce. In tutto quel tempo questi piccoli frammenti hanno solo accentuato il suo essere rotto, spezzato, frantumato dalla vita e da tutto quello che ha passato.
Non ha mai chiesto aiuto, pietà e calore altrui.
Aberforth ha sempre provato a sopportare quelle continue lacerazioni e quei mille frammenti che non si attutiscono mai.
«Quella non è la tua palla di cristallo, impostora» gracchia.
Sibilla l’osserva e per un istante, qualche frammento torna al suo posto.



 

Spero vi piaccia. Un abbraccio
   
 
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