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Autore: Brume    11/12/2021    4 recensioni
Prendete alcuni attimi del manga, anche distanti tra loro nel tempo.Prendete una frase buttata li, un ballo, una delusione e due innamorati che ancora non sanno di esserlo e... tante rose. Condite il tutto con dosi massicce di vino atte a dimenticare qualcuno ed un bacio dato sotto le stelle: ecco, ci siamo.
Storia senza una collocazione temporale precisa e nessuna pretesa storica, collocata agli inizi del 1780. Un What if? e tanta fantasia.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Hans Axel von Fersen, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo conclusivo, molto lungo, l' ho diviso in due parti per comodità; questa è la prima.
In linea con il resto della storia, anche qui le carte sono parecchio rimescolate: eventi e situazioni sono stati per così dire ricollocati rispetto alla cronologia originale ( mi baso su quella del manga).
Grazie a tutti coloro che hanno lasciato una recensione, un pensiero, un saluto: cercherò di rispondervi quanto prima.


 

Rientrati a palazzo dopo quella notte, tutto sembrò tornare come prima.
 

Giornate lunghe  talvolta noiose ed  altre fin troppo piene passate  nei rispettivi ruoli  scandirono settimane, mesi,  infine le stagioni.
In questo periodo, se  ci si fosse fermati ad osservare  attentamente Oscar e Andrè, si sarebbero trovate due persone apparentemente distanti ma, ad un occhio più attento, non sarebbe sfuggito che nonostante entrambi avessero messo in un cassetto il ricordo di qualche anno prima, era tuttavia impossibile celare i sentimenti che prendevano sempre più  forza.
Occhiate fugaci, mani distrattamente  e casualmente  sfiorate, parole lasciate a mezz’ aria ricordavano, spesso, quelle labbra vicine e voraci imorporando le guance ma,davvero,  l’ argomento non fu più sfiorato anche perchè  con il passare del tempo, tutto intorno a loro sembrò cadere in un baratro senza fondo. . Qualcosa infatti cominciò a cambiare ,inesorabilmente;  le faccende private lasciarono il posto ad altri pensieri , altrettanto pesanti, riguardanti il futuro di un'intera nazione.
Oscar dunque fu sempre più richiamata al suo ruolo ed al suo compito - cosa che a lei, ovviamente, non dispiacque affatto-  alternando intere settimane presso la Reggia ad altre in esercitazioni o pattuglia e per Andrè, diviso tra il suo compito di attendente e quello di servitore, il periodo fu altrettanto pesante. Solo i primi giorni di un gennaio tutto sommato assolato, pochi giorni dopo il compleanno di Oscar, fu loro regalato un pò di pace.
O così sembrava.

 

 

"Andrè, oggi dovremo andare a fare alcune indagini” disse Oscar un pomeriggio, dopo merenda, mentre entrambi si trovavano in biblioteca da meno di un ' ora.
Andrè, intento a leggere uno dei libri all'indice che  lei era riuscita a recuperare ( sequestrandolo)  a Parigi,  la guardò con aria interrogativa. 

“Che c’è?” domandò quindi Oscar; lui  si alzò, nascose il libro in una vecchia cassapanca vicino all’ennesimo camino e si avvicinò a lei, seduta in poltrona.

“Credevo fossimo a casa per riposare” disse, accompagnando tutto con un sorriso.
Oscar posò la preziosa porcellana dalla quale stava sorseggiando del te sul tavolino tondo accanto alla sua seduta.

“Vorrei fare alcune indagini. Credo tu abbia sentito parlare del Cavaliere Nero” disse. Andrè annuì.

“Ecco…visto che sono in licenza e non ho alcuna voglia di oziare, ti sto dicendo che oggi inizieremo alcune indagini” ripetè. Lui assentì, non che avesse molta scelta; rimase quindi fermo accanto a lei, braccia conserte, attendendo nuovi ordini.

“Ascolta André….tu frequenti sempre quelle riunioni, giusto?” chiese lei.
L’ uomo parve sopreso.

 

“Si. Come fai a saperlo?” domandò, curioso..

Oscar, che fino ad allora gli aveva rivolto lo sguardo, fece vagare i suoi occhi sulla tappezzeria dai toni rosa antico.

“...Ti ho seguito, per alcune notti…ero curiosa di sapere dove tu andassi, sempre, di fretta.  Ma non è questo il punto: senti io…vorrei chiederti una cosa:  mi porteresti con te?” rispose lei come fosse la cosa più naturale del mondo.

Andrè scosse il capo.

“ Mi dispiace, non se ne parla: è’ troppo pericoloso. Vuoi forse ritrovarti nelle condizioni in cui tornammo a casa tre anni fa?” le domandò cercando lo sguardo “...Non ci sono altri modi?” 

 

Oscar si alzò e senza dire nulla si  incamminò verso la porta. 

“...Se non vuoi farlo…non voglio obbligarti.  Ci andrò da sola: farai finta di non conoscermi” disse.
Andrè non fece in tempo a risponderle perchè lei prese ed uscì; toccò allora rincorrerla e fermarla, giusto un attimo prima che scendesse le scale.

“Va bene, Oscar.Dopo cena, intorno alle nove e mezzo, vediamoci alle scuderie. Grazie per…per non avermi redarguito….” disse,  fermandosi dietro di lei; dopodichè, senza ulteriori parole e  visto l’ orario, si recò in cucina da sua nonna in attesa delle mansioni serali.

 

Tanto lo avresti fatto comunque pensò quindi tanto meglio che ci sia io, con te…

 

Oscar rimase dove era, pensierosa, riflettendo su quello che sarebbe potuto accadere.
Lo guardò scendere le scale. 

 

Perchè mi dici grazie, Andrè? Tu lo sai che per me non sei un servo…tu lo sai che di me ti puoi fidare pensò Io….tu…davvero ci siamo allontanati così tanto? davvero sono cambiate così tanto le cose tra noi? 

Già. Quanto erano cambiate, le cose, tra loro, dopo…dopo Fersen e quella notte a Parigi? Nessuno dei due aveva più toccato l’ argomento ma era fuori discussione che avessero dimenticato anche un solo istante; Oscar, in cuor suo, aveva ancora vivido nella mente quell’ abbraccio, e quel bacio…ma mai, mai avrebbe preso il coraggio per parlarne.
Era riuscita a fare ciò che voleva: vivere come un uomo, allontanandosi ulteriormente da qualsiasi frivolezza e quindi anche da lui…ma realmente era ciò che davvero desiderava?

“Mia cara, qualcosa non va?” domandò la madre, dietro di lei. 
Appena rientrata da Corte , stava già uscendo per raggiungere la maggiore delle figlie per il compleanno dell’ ultimogenita.
“No, Madre, sono solo un pò stanca” rispose lei prontamente con un sorriso di circostanza, sperando nel fatto che Madame la Comtesse non avesse notato il suo stato.
Ma la madre passò oltre, o forse non volle intervenire.

“Riguardati, mia cara. Sei molto stanca” le disse solamente.
Oscar annuì  quindi, e scese le scale insieme a lei, accompagnandola fino alla porta.

 

Rimasta sola, andò nel salottino in attesa che la cena fosse pronta e  si avvicinò al camino, caldo, godendo di quel tepore. Vi rimase un’ ora, osservando le lingue di fuoco alzarsi e disegnare figure astratte, facendo mente locale dei suoi prossimi impegni. Ma soprattutto rifletté sulla questione di cui aveva parlato con Andrè…e fu in quel momento che Anne, la giovane cuoca, venne a chiamarla. 

 

Non Andrè. Anne….

 

Oscar la salutò e la  seguì senza dire nulla, un pò delusa, andando ad accomodarsi dove già era seduto suo padre, al tavolo del salone principale. Lei nemmeno sapeva fosse in casa.

“Buonasera,  Oscar” la salutò con il solito piglio il genitore  “ credevo tu fossi ancora a Corte.” 

Oscar lo salutò a sua volta poi si sedette e, preso il tovagliolo, lo posò sulle gambe.
“Ci sono andata, effettivamente, ma  ho avuto solo un breve colloquio con la Regina e  sono tornata quasi subito a casa. Rimarrò in licenza per alcuni giorni, nei quali mi occuperò del Cavaliere Nero” rispose.
Andrè ,che nemmeno aveva avvertito , era giunto in compagnia di  Anne e una giovanetta che non aveva mai visto; silenziosamente, i tre  servirono la cena e le bevande, poi si ritirarono.

Non appena furono fuori dalla loro vista  il Generale tornò a guardare Oscar. 

“Stai attenta, mia cara. Sembra che sia abile e spregiudicato inoltre…non se ne stanno già occupando a Parigi?” chiese.
“Sì, confermo. Ma preferisco fare qualcosa, del resto è noi nobili che prende di mira. Starò attenta, padre” si limitò a rispondere, iniziando a mangiare la zuppa, ancora calda. Il resto della cena lo passarono parlottando del più e del meno, finchè non venne l’ ora convenuta e lei salì in camera per cambiarsi con abiti più consoni; quindi, raggiunse Andrè.

 

“Eccomi” disse, spuntando sulla porta della scuderia.
Andrè la attendeva seduto su una balla di fieno mangiando una mela e quando la vide si alzò, recuperò la giacca ed il mantello porgendone uno simile al suo alla donna.
“Mi raccomando. Prendi anche il cappello: non devono vedere i tuoi capelli” disse.

Oscar afferrò al volo il cappello a tese larghe, da contadino, che lui le lanciò; indossò il mantello sopra la camicia ed il gilet scuro damascato e si avvicinò al proprio cavallo.

Andrè, un piede sulla staffa, si rivolse a lei ancora una volta.

“Sei certa di volerlo fare?” domandò, serio. 

“Si” rispose Oscar.
 

Salirono a cavallo.

“Seguimi” disse lui; poi, spronò il cavallo per uscire dalla tenuta, andandosi ad inoltrare nei campi che percorsero sotto una luna piena, talvolta al galoppo talvolta al trotto. Si fermarono solo quando in lontananza videro alcune casupole in una radura, tra i campi,  a malapena illuminate da un unico lampione ad olio e dalla luce lunare.
“Ecco, Oscar, è li che dobbiamo andare” disse Andrè, non appena lei arrivò al suo fianco, alzando il braccio per indicarle una casa un pò più discostata dalle altre.

“..E’ li che vi riunite? Cosa diranno quando mi noteranno?” chiese lei pensierosa.

“Nulla. Se proprio faranno delle domande, dirò che sei una mia parente…” rispose lui ridacchiando. 

Oscar gli levò una occhiataccia.

“...parente?” chiese, rimarcando le parole.

“Molti qui ti conoscono, Oscar; sono ancora terre di proprietà del Generale Conte. Calati quel cappello in testa e non dire altro. Non parlare, non  guardare in faccia nessuno” rispose lui. Una volta  sceso da cavallo, si incamminò lungo la strada deserta.
 

Nelle case sembrava non esserci nessuno,  tutti erano riuniti in quello stabile poco distante: si udivano le voci  di uomini e donne che parlavano di uguaglianza, di libertà, di un mondo nuovo. Andrè aprì la porta prendendo sottobraccio Oscar e si accomodò in una panca posta a lato di quella grande stanza.

"Andrè, ti aspettavamo" disse un uomo dall' aria gioviale e grandi baffi bianchi, alzando una mano per salutarlo.

Andre, con il suo fare affabile,  sorrise all' interlocutore.

"...Scusa il ritardo, Philippe. Spero non ti dispiaccia se ho portato con me una persona. È affidabile; è una mia parente " disse. L'uomo nemmeno fece caso a Oscar. 

"...sei la benvenuta. Qui siamo tra eguali, sentiti  pure a tuo agio" rispose. Poi, richiamato da un gruppetto di uomini, li lasciò.
 

Oscar guardò Andrè.
 

"Che fate di preciso in queste riunioni? Chi è quell' uomo?" domandò a bassa voce, avvicinandosi all' orecchio dell' amico.

" Quello? Un mercante di vini. Rigurdo alle nostre attività… ci ascoltiamo a vicenda. Parliamo. Leggiamo nuove pubblicazioni che parlano di un mondo dove non  ci sono disuguaglianze…"

"...dove la gente come me non è contemplata" lo interruppe Oscar.

Andrè si voltò,  lo sguardo triste.

"...si, dove i tuoi  pari non sono contemplati anzi, sono proprio la rovina”  disse con un sospiro ed uno sguardo triste.
 

Oscar non fiatò.
Le bastò sapere quello  ed avere la conferma dei suoi sentori; non era cieca, nemmeno stupida…e capiva, ogni qual volta osservava i propri servitori o semplicemente si recava a Parigi per le proprie faccende, che qualcosa stava cambiando: anche alcuni nobili - perfino! - non nascondevano più determinate simpatie. Era in un certo senso…d’ accordo con loro: vedeva anche lei quanto oro andasse sprecato dalla Regina, o da gente del suo stesso status sociale.

Ben presto, si ritrovò quindi a riflettere seriamente su tali vicende e dimenticò il vero ed unico motivo per cui si era recata con Andrè a quella riunione; le sue elucubrazioni erano , ora, tutte riservate a ciò che stava ascoltando.

Andrè, dal canto suo, le lanciava di tanto in tanto alcune occhiate; si comportò come al solito, dispensando pensieri moderati e punti di vista. 

“Parli bene, Andrè” le sussurrò Oscar , apprezzando realmente le parole, anche se lontane anni luce, anche se non si sentiva in grado di accettarle tutte.

L’ uomo, leggermente sorpreso, sorrise.
“Tu? Hai trovato ciò che ti serve?” domandò. Erano quasi giunti accanto ai cavalli ed intanto, anche gli altri, stavano uscendo in piccoli gruppi.

“...A dirti la verità, no. La mia mente è stata occupata da…altro” rispose.

“...quindi?Che facciamo ora?” domandò lui.

I due salirono in sella.

“....Nulla, Andrè. Non credo che si nasconda tra quella povera gente” rispose Oscar afferrando le redini; poi, girato il cavallo, partì.

 

Cosa ti accade, Oscar? si domandò Andrè, guarandola andare via. Non…ti capisco, non ti comprendo…cosa passa per la tua testa?

 

Il giovane salì a sua volta sul cavallo. Dopo un attimo, affiancò la donna e tornarono a casa in silenzio.


 

 

"...Oscar, Oscar! IL Cavaliere Nero ha colpito ancora. Stasera vi era un ballo dai Marchesi de Giraud. Tua madre era loro ospite a Parigi, per festeggiare il genetliaco di Angelique. Mi ha mandato la comunicazione con un valletto. Se n'è andato pochi attimi fa" disse.
 

Oscar e Andrè si guardarono stupiti: erano arrivati da meno di dieci minuti….
 

"Andrè, usciamo. Dobbiamo trovarlo. Se ha agito questa sera, credo che sia ancora in giro. Cominciamo da casa dei Giraud: forza, andiamo! “ disse con foga, supportata dall’ orgoglioso padre.
Andrè non ebbe molta scelta.
Se anche avesse avuto delle remore, non era quello il momento per palesarle. Recuperate le armi, furono di nuovo fuori nella notte.

 

“Dove stiamo andando, Oscar, di preciso?Hai un piano?” domandò ad un certo punto del cammino. L’ aria gelida era tagliente e faceva parecchio freddo.
Oscar, partita al galoppo e distante da lui alcuni metri, lo attese. 

“ A dire la verità no. Ma devo scoprire almeno i suoi movimenti…tutto sommato siamo stati fortunati, dai! ”  gli rispose.
“Potremmo metterci ore. Dovessimo girare locande e osterie, poi, non finiremo più…” concluse.

“Andrè…per me è una questione importante…” rispose.
“ E dopo? Quando lo troverai,che farai? Lo ucciderai? Eppure…eppure mi parevi interessata, ai discorsi che hai ascoltato in quella casa…Il Cavaliere Nero potrebbe essere uno del popolo, che ruba ai ricchi per dare ai poveri “ la  incalzò. Era serio.

 

Oscar guardò stranita Andrè. Che gli prendeva?

“Che ti prende? “ disse Oscar realizzando il suo pensiero “ mi pare quasi che tu…non voglia che sia arrestato. Che hai, Andrè?” 

Colto in flagrante, l’ uomo non rispose.
Alzò il bavero del mantello, si guardò in giro.

“...lascia stare” mormorò talmente a bassa voce che lei nemmeno lo sentì. 

“Se non hai nulla da dire, andiamo. Vedrai, prima dell’ alba saremo a casa” disse allora Oscar, ripartendo al galoppo; ma ad un certo punto della loro folle corsa, poco prima di svoltare per il sentiero che li avrebbe portati in campi aperti, Andrè notò che qualcosa non andava e la fermò.
Lei, pensando volesse ancora parlargli di faccende legate alla riunione di prima, si fermò e fece per dirgli qualcosa ma poco lontano dei movimenti attirarono la sua attenzione.

Oscar guardò Andrè. 

“Ferma. Ho sentito qualcosa” le disse quest’ ultimo raggiungendola, sfiorando con le mani le sue braccia.

Oscar si guardò intorno, senza vedere tuttavia nulla; prese in ogni caso la pistola, caricandola.
Un ramo spezzato ruppe il silenzio di quegli attimi.

Andrè , con un cenno del capo, le fece cenno di voltarsi; entrambi, strizzando gli occhi nel buio per aguzzare la vista, cercarono intorno a loro tracce di animali o uomini.

“E’ la dietro, a destra…” sussurrò nel suo orecchio.
Poi, scese da cavallo.
Oscar rimase a guardare, in sella , la mano pronta sulla pistola;  osservò Andrè proseguire guardingo , concentrato, pronto ad estrarre la spada. Cercarono in lungo ed in largo per una ventina di minuti ma…nulla.

 

Accidenti, questa perdita di tempo non ci voleva pensò lei, convinta che si fossero imbattuti in semplici briganti o forse un lupo; nervosamente, iniziò a picchiettare le dita sulle cosce.
“Andrè, lascia stare: sarà qualche animale. Se fosse un brigante lo avremo già qui tra i piedi. Andiamo, ora…” disse.

Pagò cara questa impazienza.
 

Un uomo, con tutta calma, uscì dai cespugli:Andrè si trovava a pochi metri da lui.
 

“Cercate me?” chiese palesandosi una figura ammantata di nero, una maschera a coprire un viso apparentemente giovane,la  spada sguainata nella direzione di  un Andrè che vedendolo  si mise en garde.

“Direi di si” rispose Oscar, a debita distanza.
Il cavaliere sorrise.

“E credete di acciuffarmi,  giusto?” li stuzzicò.
Sia Oscar che Andrè non dissero nulla.

Quell’ uomo,   la cui identità non era stata ancora svelata, iniziò allora senza ulteriori indugi il combattimento: fulmineo, i colpi fendevano l’ aria dando ad Andrè, il più vicino, filo da torcere. Oscar, ritta in sella e afferrata la pistola, lo teneva sotto tiro : tuttavia le fu difficile mirare , anche a causa del timore di colpire Andrè.
Questo titubare le costò caro.

Andrè, il suo Andrè, rovinò a terra inciampando in una radice sollevata e fuoriuscita dal terreno; l’ altro uomo, pronto, ne approfitto e fece calare la lama su di lui.
Un urlò lacerò il silenzio.

 

Oscar, incredula, vide Andrè coprire il viso con una mano, piena di sangue; senza nemmeno più badare al terzo uomo, si avvicinò incurante di una eventuale simile fine.
Scese con un balzo da cavallo e corse da lui tendendo le braccia e sentendo gli occhi riempirsi di lacrime.

“Andrè! “ urlò, facendosi accanto “ Andrè, rispondimi!” disse ancora.

Il suo compagno di giochi, il suo amico, colui con il quale aveva condiviso l’ intera sua vita ora si trovava, inerme, steso per terra tendendo la mano verso quella di Oscar.

“Andrè…resisti! ….“ gli disse lei mentre la mente correva veloce e gli occhi erano sempre più annebbiati dal pianto; ma lui, stanco, perse conoscenza davanti ad i suoi occhi.

Oscar, in preda ad un panico che raramente aveva provato, si guardò in giro cercando l’ altro uomo: non trovò nessuno.

“Maledizione! “ urlò, ancora; in seguito, fece la cosa che più le pareva logica: cercò di sollevare Andrè , lo mise a sedere; tornò in sella al cavallo e corse verso palazzo, in cerca di aiuto.

 
   
 
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