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Autore: jinkoria    12/12/2021    1 recensioni
[ BakuDeku, EndHawks, TodoKami, TouyaTenko | canon divergence/what if: tutti buoni | riferimenti spoiler post capitolo 290 ]
“Onorerò il Natale nel mio cuore e cercherò di tenerlo con me tutto l’anno.” Charles Dickens.
Di Katsuki e Izuku che stanno insieme, camminano allo stesso passo e inciampano in egual modo.
Di Enji che sta imparando cosa sia il Natale per regalarne il migliore a Keigo.
Di Shouto e Touya che lo riscoprono in Denki e Tenko.
O, più semplicemente: di venticinque giorni in cui gli eroi si fanno carico della missione più speciale: prepararsi ad accogliere il Natale. E a fare i buoni, più o meno... fintanto che non c'è il vischio.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Endeavor, Hawks, Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Bonsoir! Stasera grande mix, spero non sia troppo confusionario ma era necessario XD Ho cercato di dare un senso di "tappe" narrative ??? però non vorrei sembrasse solo tutto un grandissimo- casotto? Però è una roba familiare quindi è a tema COFF. Ci saranno altri prompt più misti ma non tutti con questa interazioni così attive e dirette, ecco- capitolo dal ritmo ballerino insomma! Sperimentale, in mia difesa non avevo programmato niente e li ho lasciati fare... i monelli. Anche stavolta il prompt è un mero pretesto ma questo universo mi sta piacendo troppo ç___ç diciamo però che è come se chiudesse la parte uno e aprisse la parte due! Infatti è il primo e sicuramente unico che sfonda le 2000 parole aiut-
La prima metà della raccolta è andata!
🎉🎉 :D Non ci credo mai, mi sembrava strana la settimana ma da domani siamo già nella seconda metà! Tutto perché odio non spuntare le caselline quotidiane della raccolta AHAHAHAH *piange*
Enji e Rei hanno divorziato ma non si sa il cognome di quest'ultima, quindi per ragioni non spiegate il campanello resta Todoroki per entrambi; sono rimasti in buoni-ma-a-disagio rapporti (la questione di forte stress di Touya e Shouto e conseguenze negative è rimasta invariata in tal senso, solo con risvolti meno drastici del canon)
Touya e Keigo non si sopportano, si tollerano e, per conseguenze familiari, interagiscono tipo nemici-sopportati parenti acquisiti insomma, è più un percular prendersi in giro perenne che altro
Grazie come sempre per seguire la raccolta, buona lettura e a domani! 
💚❤️ 


 

 

-12: Trying to get a family photo — “Okay, everyone squeeze in!”


 

Sulla porta di casa Todoroki – non la sua, sottolineò inutilmente dispettosa una voce dentro di sé – svettava una bellissima ghirlanda rotonda, classica, un fiocco rosso al centro della parte superiore i cui nastri scivolavano fino al cuore vuoto della decorazione.

«Neh, Endevaa-san».

Un bel colore, il fiocco.

«Sei a tanto così dal fare un altro buco in quella ghirlanda, se continui a guardarla in quel modo».

Enji corrugò la fronte, punto sul vivo si girò alla sua destra, abbassando non indifferentemente lo sguardo per incontrare gli occhi scintillanti e fin troppo irridenti del compagno; non poco crucciato nel vederlo sorridere con soddisfazione per averlo colto sul fatto, gli sorse spontaneo il bisogno di afferrargli il naso tra pollice e indice e smettere di tirare solo dopo il quinto urlo di supplicata pietà.

Lo ignorò, scrollando un poco le spalle come per sgranchirsi da chissà che fatica e in seguito ricomporsi, tornando a guardare davanti a sé.

«Mi sembrava ci fosse qualcosa di storto».

Una fiamma gli scappò dal mento quando sentì lo sbuffo mal soffocato di una risata al suo fianco.

«Certo» accondiscese poi l’eroe alato, asciugandosi una lacrima dall’occhio – cosa diavolo ci fosse di così divertente non voleva nemmeno provare a chiederglielo o non sarebbe stato solo l’accenno di un baffo infuocato a sfuggirgli «Allora, se hai finito il tuo meticoloso e di certo determinante sopralluogo, cosa ne dici di suonare al campanello?».

L’espressione sul viso del Number One tremò, qualsiasi nervo si rifiutava di non smuoversi al solo pensiero.

Ogni anno, da tre anni, quando aveva deciso di pacifico accordo con la moglie di separarsi e lasciare i figli a vivere con lei, arrivava alla vigilia del giorno di visita agitato in positivo, preparandosi al meglio, pensando a cosa dire e cosa no per non disturbare la quiete di nessuno di loro ed era la ragione di quello stesso tentennamento: ogni anno temeva non fosse quello che la sua famiglia davvero desiderava. Come se non bastasse, quella volta si sarebbe presentato anche Touya che, di norma, evitava le riunioni se a presenziare sapeva esserci anche il padre. Probabilmente perché, come anticipato da Fuyumi nel suo invito a presentarsi bene, aveva intenzione di scattare una foto di famiglia.

La mano di Keigo si intrufolò nell’incavo tra il suo braccio e il fianco, stringendolo con forza, un po’ per scherzo un – bel – po’ per incoraggiarlo; stavolta il sorriso era molto più limpido e gentile.

«Dai, premi quel campanello e imbarchiamoci in questo pomeriggio in famiglia, prometto anche di aiutarti a vincere nei giochi da tavola sottobanco» ammiccò, in un modo fin troppo lascivo per essere adeguato al porticato della casa della sua ex moglie e dei suoi figli, ma ciò che fece letteralmente trasalire l’eroe di fuoco fu la poderosa pacca piumata che gli si abbatté sulla natica, accompagnata da un deplorevole «bel biscottone».

Esplose con l’impeto di un’eruzione vulcanica, a pieni polmoni l’urlo che avrebbero sentito in ogni dove del Giappone «Keigo!».

«Che c’è?» sorrise ancora il lestofante, l’ala colpevole del crimine agitata furbescamente sotto il naso tanto da solleticarglielo con le piume; per fortuna Enji aveva abbastanza lucidità da non schiaffargliela via, la tentazione di appenderlo su uno degli alberi del giardino era però molto forte, specie quando il più giovane aggiunse, con un’espressione di innocenza più falsa che mai «Oh, preferivi lo facessi così?».

Nel dirlo, la mano che aveva precedentemente trovato una confortevole nicchia contro il braccio del compagno era adesso sollevata ad altezza del suo viso, le dita fasciate dal guanto caldo si piegavano in avanti beffarde, il tutto sotto gli occhi sempre più assassini di Endeavor.

Poi, l’orrore che non riuscì a impedire, frastornato dalla prima pacca, nel vedere quella stessa mano caricarsi indietro e scendere a una velocità impressionante, le dita larghe per coprire quanta più superficie possibile.

Neppure lo scatto della porta d’ingresso che veniva aperta – dall’interno – fu sufficiente per censurare lo schiocco.

«Chi cazzo è che fa questo casino davanti casa mi…».

Enji non credeva avrebbe mai potuto associare a se stesso un simile aggettivo eppure raggelò in pieno, pietrificato sul posto, le braccia protese in avanti per fermare il gesto oramai consumatosi di Takami, la cui mano era rimasta saldamente ancorata alla natica già in precedenza malmenata.

Tutto sotto lo sguardo apatico ma macchiato di una tragica vena di sconcerto, gli occhi speculari a quelli di Endeavor, scivolati lì dove coincideva il reato, del suo primogenito.

«…».

«…».

«Touya!» esordì Hawks, spezzando il silenzio, il saluto accompagnato dalla mano peccaminosa di nuovo in alto e sventolata «Sentivo odore di affumicatura, non dovresti essere in tavola per l’antipasto?».

Enji si ripromise a casa lo avrebbe strozzato.

«Takami» rispose quello incolore, lo sguardo che aveva seguito inorridito il movimento, forse per paura l’altro avesse intenzione di toccarlo «Anch’io mi stavo giusto chiedendo perché il forno fosse ancora vuoto, ti sei fatto attendere».

L’eroe alato sorrise smagliante «Toccava all’ospite portare la cena? Non pensavo fossi così disorganizzato!».

«Keigo» si inserì la voce di Enji, che aveva approfittato di quel primo scambio per annichilire ogni traccia di vergogna dal suo essere; l’altro lo guardò come chi era stato interrotto nel proprio gioco, comprese però la sua serietà e, con un sospiro, lasciò stare.

Touya lo aveva ignorato fino a quel momento, quando disse con un cenno in sua direzione «Endeavor».

L’uomo ricambiò «Non mi aspettavo di trovarti già qui».

«Non sarei venuto» rispose secco, parve però pentirsene, o così diede l’impressione a Keigo vedendolo correggersi dopo aver notato l’incupirsi impercettibile del padre «Ho avuto l’influenza e Tenko non era convinto fosse il caso uscire di casa» spiegò, dunque si spostò «C’è anche lui. Ora, se avete finito, entrate».

Si allontanò, lasciandoli lì, ancora sul portico.

Hawks lo seguì con sguardo annoiato, la bocca storta pronta a un commento che tuttavia preferì risparmiarsi, attirato dal silenzio dell’altro al suo fianco, a sua volta fissando il punto in cui Touya era sparito con marcata tristezza.

Prese un profondo respiro, dopodiché riassunse la tipica espressione gioviale, batté le mani sulle guance per darsi carica e, stavolta con calma e vicinanza, si strinse di nuovo al Number One, il quale assecondò quasi con sollievo e lo ringraziò circondandogli le spalle.

«Forza,» disse Keigo, il primo passo coordinato all’altro «andiamo a stracciare i tuoi figli a Monopoli».

 

«Quindi? Che gli hai detto?».

Touya detestò il tono nella voce di Tenko, più simile a una madre intenta a interrogare il figlio, con le mani sui fianchi mentre lo fissava dall’alto della sua posizione, in piedi rispetto a quella del più grande che era supino sul letto della sua vecchia camera.

«Assolutamente niente» replicò disinteressato. Era vero, d’altronde.

«Non vuoi approfittarne per dirgli altro?».

Portò un braccio sugli occhi e rispose con stanchezza «Sono venuto per fare una foto, non per chiacchierare».

Il materasso si piegò sotto il peso di Tenko, sedutosi accanto a lui – Touya avvertì subito la sua schiena a contatto col proprio fianco, sebbene separate dagli strati spessi dei loro maglioni.

Sussultò quando le dita di Shimura gli sfiorarono le ciocche sulla fronte per scostarle, il palmo premuto su di essa.

«Come ti senti?».

A quel punto Touya abbassò piano il braccio, dapprima lo calò giusto per liberare gli occhi dall’oscurità forzata e incontrare quelli del ragazzo, rimanendo a coprire l’altra metà del volto, poi lo scostò del tutto, afferrando la mano di Tenko per stringerla nella sua; nessuno dei due lo trovò strano, né ci furono reazioni imbarazzate o di disagio: i giorni del malessere di Touya avevano fatto sì si avvicinassero, la prima volta in assoluto in cui in periodo di malattia non si era isolato e Tenko non aveva rispettato quella scelta per scansarne l’aggressività, dormendo vicini. Per questo non c’era stato tentennamento neppure quando avevano accordato entrambi, per quella sera, non fosse necessario recuperare un futon a parte per Shimura.

«Meglio» rispose sincero dopo qualche secondo, l’animo quieto nonostante fino a pochi attimi prima fosse tutt’altro, perché rivedere il padre dopo tanto di quel tempo e in una maniera così imprevista aveva reso più complicato prepararsi all’incontro.

Tenko annuì «È meglio se scendiamo, tua sorella ha detto che per la foto aspettavamo Shouto e il suo fidanzato tornassero con tua madre e Natsuo dalla stazione».

Le sopracciglia di Touya si avvicinarono nella smorfia «Non credo sia il suo fidanzato».

«Allora sono due amici che amano stare molto vicini».

L’espressione serena del maggiore cambiò, la bocca piegata in un sorriso ferino mentre sollevava le loro mani ancora unite «Come me e te?».

Provò a paragonare a qualcosa la soddisfazione provata nel ritrovato rossore sgargiante sulle guance di Tenko, che cercò di allentare la presa per allontanarsi sotto la risata di Touya, non tanto per il divertimento quanto per la rilassatezza del contesto; era certo sarebbe stato un inferno, così come era sicuro Tenko lo avesse seguito non per tenerlo d’occhio – non solo, perlomeno – qualora fosse stato male senza dire nulla a nessuno, bensì per sostenerlo in quel momento delicato in cui sì, in realtà voleva parlare con Endeavor – con suo padre, si corresse. E voleva che Tenko ci fosse. Forse non sarebbe riuscito a dirgli nulla, sapere però di non avere dentro quell’irrequietezza che ogni anno l’aveva trattenuto dall’unirsi ai suoi fratelli, rivedere la madre, tornare nella seconda casa in cui era stato per poco, era già tanto. Cambiava davvero, davvero molto.

Inoltre, il pensiero di lasciarlo solo nel loro appartamento, anche per una sola notte, gli aveva fatto stringere il cuore al punto che se non si fosse proposto Tenko lo avrebbe comunque trascinato con sé.

«Ehi» lo chiamò piano, assecondando l’interrogativo venisse dimenticato per proporne un altro «Ci facciamo una foto?».

Tenko seguì il cambio di rotta, il viso di nuovo pallido come di consueto «Hai già l’agenda piena per quello».

«Non ricordo».

«La foto di famiglia per cui mi hai trascinato dall’altra parte della città».

«In che modo questo mi impedisce di averne una con te?».

Adorò ogni più piccolo movimento nel viso esasperato di Tenko, come sollevò appena il mento per alzarlo e roteare gli occhi al cielo, pizzicandogli il dorso della mano con l’unghia del pollice. Poi, per chissà quale ragione, propose: «Se quando torneremo a casa nostra sarò ancora dello stesso avviso, allora faremo una foto».

Stavolta Touya lo guardò con sincero stupore, incuriosito chiese «Perché non qui?».

Tenko guardò la porta della camera e infine si alzò, districando la presa, sotto la perplessità del più grande. Fece qualche passo più in là, poi, quando la maniglia di quella stessa porta si piegò, rispose.

«Perché questa non è casa nostra».

L’entrata di Fuyumi, che annunciò l’arrivo della madre e i fratelli, fu salvifica per Touya, per niente sicuro di cosa quell’emozione stritolante lo avrebbe spinto a dire – o fare.

 

L’abbraccio di Natsuo fu massacrante, Touya riscoprì di avere ossa di cui ignorava l’esistenza tanto scricchiolarono sotto la presa ferrea del fratello minore, così alto e massiccio rispetto a lui nonostante fosse il terzogenito. Anche lui non ebbe grande trasporto nell’approcciarsi al padre, tuttavia vide un principio di imbarazzo nel volto di entrambi quando Enji gli diede una pacca e Natsuo la accolse annuendo e ricambiando il saluto, tutti e due impacciati e disabituati a quel tipo di contatto. O almeno, così era abituato Touya, che in effetti aveva scelto di non assistere a nessun progresso passato fosse probabilmente avvenuto.

Fuyumi era da sempre stata ben disposta nei suoi confronti, Shouto invece manteneva il solito distacco ma dovuto prettamente all’indole, non c’era rancore o insofferenza nei suoi gesti – Tenko gli diede una gomitata sul fianco, indicandogli eloquente il sorriso leggero ma rapido formatosi sul volto del fratello quando il ragazzo di nome Denki gli arrivò a fianco, non poco intimorito dalla presenza di Endeavor. Provarono comune pietà per lui quando Hawks si avvicinò e disse qualcosa che dalla loro distanza non riuscirono a cogliere, bastò però osservare l’esplosione di vergogna sul ragazzo per farsi un’idea.

Una mano si posò gentile sulla schiena di Touya.

«Touya» lo chiamò Rei, le labbra in una piega dolce quando incontrò il volto del figlio prima e quello di Tenko poi «Vieni, ci siamo tutti adesso».

Questo annuì, poi guardò l’altro al suo fianco, il quale annuì per incoraggiarlo.

Touya si voltò verso la sua famiglia, Fuyumi suggeriva a tutti le disposizioni e la vide insistere con Hawks e Denki di sistemarsi anche loro nonostante le proteste sull’essere fuori posto dato il senso del contesto; la ragazza sembrò chiaramente ignorarli, invece li spostò di persona uno accanto a Enji e l’altro accanto a Shouto.

«Guarda che se non ti sbrighi viene a prenderti lei stessa».

Si girò di nuovo verso Tenko, le iridi che correvano su ogni angolo di quel viso che ormai da anni vedeva ogni giorno, parte totale della sua quotidianità. Pensò a quanto gli aveva detto in camera poco prima, guardò ancora il gruppo già disposto al centro del salotto mentre Fuyumi trafficava con l’autoscatto della macchina fotografica – ne aveva tirata fuori una professionale per l’occasione – e dunque ancora, senza nulla aggiungere, si rivolse verso Tenko e, afferrato per il polso, lo trascinò con sé.

«Che stai facendo?!» protestò quello nell’immediato, la voce acuta per la sorpresa e forse un pizzico di panico man mano che avanzavano «ti ho detto-».

Touya non lo lasciò finire, piazzandosi accanto a Natsuo circondò la schiena di Tenko col braccio per ancorarlo a sé.

Fuyumi annuì soddisfatta al gruppo e premette il bottone di scatto, affrettandosi per raggiungere la madre al centro.

«Touya-».

«Lo so cosa hai detto. Che faremo una foto a casa nostra» amò il suono di quella parola e il brivido che, grazie alla presa, riuscì a sentire lungo la schiena di Tenko «Ma questa è una foto di famiglia» continuò serio, sentendo gli occhi dell’altro pungere sulla pelle «Non posso lasciarti in disparte».

Tenko smise di protestare. Per un attimo, Touya quasi temette di averlo fatto arrabbiare davvero; sospirò internamente di sollievo nel sentirlo adagiarsi meglio contro di lui, afferrandogli la mano che aveva posato sul suo fianco, incapace di staccarsene.

Del resto, Fuyumi aveva raccomandato di stringersi per entrare nell’inquadratura.

 

 

 

 

   
 
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