Anime & Manga > Lady Oscar
Segui la storia  |       
Autore: Dorabella27    13/12/2021    15 recensioni
Qualche tempo fa, nel mese di luglio, pubblicai su questa piattaforma un racconto, una one shot cross over ispirata non solo ai personaggi di Ryoko Ikdea, ma anche al mio romanzo preferito, quello che mi ha fulminato sin da quando ero poco più che bambina, tanto da tradurmelo io stessa da sola dal francese, quello che, da sempre, ho associato a Oscar e André, quando immaginavo di vedere addirittura i personaggi dell'anime sbucare tra le inquadrature del film tratto dal libro, visto e rivisto sino allo sfinimento.
La one shot, "Aveva uno scopo", è stata accolta da un insolito favore, e molti mi hanno chiesto, anche in privato, un seguito, in cui ho cercato e cercherò, come spesso faccio, di alternare toni e sfumature. E dunque, ecco qui: la one shot diventa il primo capitolo di una long - non molto long, se mi conoscete bene, ormai - e, di seguito al primo capitolo, che qualcuno di voi conosce già, troverete subito il secondo. Come vi ricorderete, ci troviamo in una mattinata nevosa del dicembre 1782, e, in quel clima ovattato e fatato, il Comandante delle Guardie Reali, Oscar François de Jarjayes riceve una singolare richiesta ...
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes, Victor Clemente Girodelle
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
V- IL MATTINO DOPO
 
1 - Quando, il mattino dopo, André scese nelle cucine, non poté certo dirsi sorpreso scoprendo che Oscar era già uscita. "Monsieur le Comte ha preso il cavallo e non ha lasciato detto a che ora sarebbe tornato", sussurrò in un soffio l'incolore governante, mentre, un poco tremando, versava il latte caldo nella tazza dell'attendente del "padrone", ammirandone le spalle possenti, che si intravedevano attraverso la tensione della marsina, al contempo timorosa che uno dei suoi sguardi timidamente cupidi potesse venire intercettato da "Monsieur André".
Ma, come anche l'infelice intuiva, non vi era alcun rischio in tal senso, dato che "Monsieur André” era tutto concentrato, apparentemente a scrutare il fondo della tazza, in realtà,  - Justine Legris lo capiva con tutta evidenza -, a pensare a che cosa potesse avere irritato la padrona, cioè, si corresse mentalmente, con sacro terrore, il padrone, cioè, il figlio del Padrone, insomma, Monsieur le Comte, ossia il glaciale Colonnello de Jarjayes.
Quella notte c'era stato trambusto al piano nobile, lei l'aveva sentito benissimo, con il suo orecchio allenato da insonne ansiosa, e in quella confusione doveva aver avuto parte anche la Contessa Hortense, che ancora non si era svegliata, come attestava la presenza della sua cameriera personale, Marie, che ancora ciondolava per la cucina, mettendo il naso, e le mani, golosamente, nel cestino dei biscotti al burro. 
Quanto al Colonnello de Jarjayes, la mattina, prestissimo, era apparsa, cioè, era apparso, in cucina, nella sua divisa rossa d'ordinanza, rigido e impettito come se dovesse andare a una rivista alla Reggia, e le aveva chiesto se il mozzo di stalla e il personale delle scuderie fossero già alzati, perché "voleva andare a fare una lunga cavalcata". 

2 - "Mio Dio, con questo freddo?!", pensò la governante, osservando le labbra tirate e incolori della padrona, cioè, del padrone, e la sua espressione gelidamente impassibile.
E poi, velocissimamente, le passò per la testa che, se solo lei, Justine Legris, avesse potuto, in quella mattina di dicembre, in cui persino il piscio nei pitali si congelava, e mettere le mani nel mastello con la saponata per lavare le tazze della colazione era un supplizio – incombenze, quelle, da cui, per fortuna, come governante era dispensata -, avrebbe ben saputo come scaldarsi, e dove; e, mentre si avvicinava con la cuccuma del caffé fra le mani per offrirne ancora un goccio a Monsieur André, si figurava, con un brivido più in basso dello stomaco (come diceva pudicamente al confessore quando gli raccontava i pensieri impuri che la notte la tormentavano, quando l’immagine di Monsieur André veniva a visitarla nel dormiveglia), l'effetto che doveva fare stare fra quelle braccia, che, se lo immaginava con un sospiro agonico nel suo petto scarno, anche senza la marsina e senza la camicia, dovevano essere calde e accoglienti; calde e accoglienti come le sue gambe muscolose, che la sera, addormentandosi, immaginava strette attorno ai suoi fianchi smagriti.
"Ma che vogliamo farci'", sospirò mentalmente, ché anche solo palesare con un soffio i suoi pensieri non era cosa da lei, "Chi ha i denti non ha il pane, e chi ha il pane .... via non pensiamoci!", come si ripeteva sempre, pensando all’attendente del padrone. E intanto, dalla bocca le usciva soltanto un gentile e anodino: "Ancora un sorso di caffé ben caldo, Monsieur André?". 
Il cenno di assenso e il “Oh, sì, grazie davvero, Augustine", accompagnato da un caldo sorriso che ricevette, del resto, sarebbero basati a riempirle la mattinata, e le fantasticherie notturne da grigia zitella, per quel giorno e oltre.
**********************************************************
2 - Nel frattempo, mentre André stava facendo ancora la sua mesta colazione, colorando a sua insaputa i sogni della governante di casa, Oscar, dopo aver sfogato il malumore con una cavalcata sotto la neve, aveva raggiunto il centro di Arras, lungo le cui strade, spazzate e sgombre dalla neve, César muoveva al passo, riscuotendo sguardi ammirati degli uomini, per la sua bellezza e nobiltà, oltre che per l'aria aristocratica del suo accigliatissimo cavaliere, che attirava occhiate languide delle modiste sulla soglia delle loro botteghe, delle servette che si affrettavano per commissioni, e persino di qualche ecclesiastico colpito dalla grazia efebica di quel cavaliere così inusuale in una cittadina borghese della provincia profonda, un cavaliere nel cui tratto, nella cui raffinatezza di lineamenti, nel cui portamento fiero e nobile si intravedeva una sola parola, foriera di luccicanti e lontane suggestioni: "Parigi".
Oscar, invece, come spesso accadeva, non vedeva nemmeno gli sguardi stupiti e cupidi che attirava; con gli occhi della mente ritornava alla nottata precedente, allo spettacolo "indecoroso" - altro aggettivo non sapeva e non voleva usarlo - offerto da sua sorella Hortense e....oh accidenti, anche da André!
Non che dubitasse ... sospettasse ... insomma, sulla correttezza di André avrebbe potuto giurare e mettere la mano sul fuoco, come si diceva; e tuttavia, che l'ossequio di cui egli aveva sempre dato prova nel rapportarsi ai suoi familiari fosse scaduto in una debolezza, e in una mancanza di polso così corriva, al punto da non saper arginare l'esuberanza alcolica di Hortense, era un fatto che la ... feriva? No, via, non la feriva affatto ... la indispettiva, questo sì. La indisponeva, ecco. E dopo aver fissato nella sua mente quella formula:  "la indisponeva", così da catalogare e depotenziare l'increscioso incidente sotto una rubrica lecita e ripetibile, cui riguardare, aprendo il libro della sua memoria, senza troppa bile e senza sentirsi pungere da sensazioni troppo moleste, le venne, immediatamente, alla memoria, il ricordo di una estate di molti anni prima. 
 
3 - Era un caldo pomeriggio di fine agosto, di quelli, che, in teoria, dopo il primo temporale della metà del mese, dovrebbero inclinare pacificamente nell'incipiente frescura della mezza stagione che prelude all'autunno: e invece, il sole picchiava come un fabbro nel cielo scialbo, e nell'afa, opprimente, le camicie si appiccicavano addosso, con larghe chiazze di sudore sulla schiena. Monsieur de Bellevue, il loro precettore, non era ancora tornato da Bordeaux, sua città natale, dove aveva ottenuto dal Generale di trascorrere due settimane per assistere al matrimonio della sorella minore, e per passare qualche giorno con la madre, vedova e anziana; e lei e André erano tornati da due giorni dalla Normandia, e avevano ancora negli occhi il blu del mare, e in bocca il sapore delle ostriche, e del sidro che avevano iniziato ad assaggiare, di nascosto, complice un vecchio giardiniere della tenuta. 
Naturale quindi che mal tollerassero il rientro nella calura e nella vuotaggine della vita di tutti i giorni a Palazzo Jarjayes, dove non c'era ancora nessuno che potesse occuparsi di loro, dato che il Generale era impegnato in Piccardia nelle esercitazioni militari con il suo nuovo reggimento, e l'Abbé Armand, croce e delizia delle loro lezioni di latino e catechismo, era a letto, immobilizzato da un attacco di gotta; per cui, più irrequieti del solito, Oscar e André avevano iniziato a vagabondare al limitare del parco, dove i viali ordinati e le siepi e le aiuole geometricamente disegnate cedevano il passo a cespugli e arbusti la cui crescita e il cui sviluppo erano lasciati  a servire sotto la guida e il comando della natura. In quel pomeriggio, avevano scoperto che la casina degli attrezzi del giardiniere non era stata chiusa a chiave: come lasciarsi sfuggire l'occasione di entrare a curiosare? Tanto più che si erano portati, destramente sottratta dalle cantine, una bottiglia di sidro, per provare a replicare l'inebriante sensazione connessa alla scoperta di quel nettare che risaliva a pochi giorni prima.
Ma, una volta sedutisi sul lettuccio sfatto del giardiniere, passandosi la bottiglia per bere a collo, avevano scoperto che il clima e l'aria normanna erano difficilmente replicabili nella afosa pianura dei dintorni di Versailles; e che la stessa bottiglia, bevuta in riva al mare, con le onde che si infrangevano sui loro piedi nudi, aveva un sapore molto diverso di quando fosse stata bevuta nell'afosa semioscurità di un capanno degli attrezzi dalle pareti dal vago odor di muffa, fra rastrelli e vanghe e roncole accatastati alla bell'e meglio. Senza contare che il caldo aveva reso imbevibile quella dolce mistura, che scendeva in gola senza arrecare alcun piacere, tanto che Oscar non poté trattenere una smorfia schifata, e poi, staccate le labbra dalla bottiglia, esclamare: "Bleah! Che schifo, André! Sa di....."
"Di che cosa?", chiese lui, curioso, alzando le sopracciglia. Voleva proprio vedere se l'avrebbe detto.
"Sa di piscio!", concluse lei, la bocca contratta a una espressione di disgusto.
"Come sei sguaiata!", la rimbeccò lui.
"Oh, scusate tanto, MADAMIGELLA Grandier! Non era mia intenzione offendere le vostre delicate orecchie!", lo canzonò lei, acida.
"Non è questione di offendere le orecchie delicate di nessuno, ma non è bello sentire esprimersi così un...", e qui si bloccò, André, rendendosi conto della china pericolosa che aveva imboccato con quella sua considerazione molesta. Che se Oscar era una ragazza, né lui poteva dimenticarlo, per tutti doveva essere e venire trattata come un maschio, un maschio destinato, per giunta, alla carriera militare, e che, dunque, in caserma, di piscio e di altri termini e argomenti ancor più sguaiati avrebbe sentito parlare abbondantemente negli anni a venire.
"Un-----?" chiese lei in tono di sfida-
"Un futuro ufficiale di sua Maestà il Re Cristianissimo", concluse lui, cavandosi elegantemente d'impiccio.
"Ah! Mi pareva", disse lei, con una velata sfumatura di scetticismo nella voce.
"E poi", sorrise André, per sviare ulteriormente il discorso, "che ne sai tu di che sapore abbia il piscio, eh? L'hai mai bevuto? O anche solo assaggiato?", la provocò.
"ANDRE'!", gridò Oscar, metà scandalizzata, metà divertita. "Ma che dici?"
"L'hai detto tu!", le rinfacciò lui.
"Stupido!", urlò lei; e, manesca come sempre, fece per dargli un pugno sulla spalla. Ma André intercettò la sua mano e le torse il braccio all'indietro. "Stupido a chi?"; chiese, in tono divertitamente minaccioso. 
"A te! A te!", rideva lei, tentando di divincolarsi, e per questo suscitando un più energico intervento di lui, che la bloccò con entrambe le braccia, facendola rovinare giù dal letto, e, allo stesso tempo, cadendo anch'egli a terra. Ne seguì una lotta senza quartiere, a suon di schiaffi, spinte, morsi sulle spalle e sulle mani, una lotta per metà seria e per metà condotta fra le risate, dopo che era stato dimenticato completamente il motivo da cui era partita quella colluttazione. Infine, Oscar, più agile, era sgusciata via dalla morsa delle braccia di André ed era corsa fuori dal capanno, non senza averlo provocato, prima di uscire, ritta sulla soglia, la porta già aperta: "Vienimi a prendere adesso, se ci riesci!".-
4 - André si era lanciato all'inseguimento, ma, girato l'angolo del capanno, l'aveva vista ferma, dritta come un fuso e imbambolata a guardare verso l'alto, verso il tetto.
Anche lui si era fermato, e l'aveva fissata, interrogativo: "Beh, e ora che c'è, Oscar?":
"Guarda!", gli aveva detto lei, senza distogliere lo sguardo dal punto immediatamente sotto il tetto e sopra le loro teste, verso cui puntava la sua manina bianca: "Guarda lassù! Che forma strana!".
"Altro che strano! E' un nido di vespe, quello! Vieni via subito!". e .l'aveva presa per un braccio, cercando di tirarla via.
"Ma no, André! Proviamo a farle scappare!"
"Ma sei matta? E' un nido enorme, e rischiamo un centinaio di punture a testa, se le infastidiamo!"
 
"Uffa, ma quanto sei noioso! Si direbbe che tu abbia paura! Che male vuoi che ti facciano degli inncui insettini?"
André avrebbe voluto ribattere che quegli "innocui insettini”, tanto innocui non erano, - e nemmeno tanto - ini, a benvedere -  e che uno sciame di vespe poteva far molto, molto male. Ma sapeva bene che quando Oscar si metteva in testa qualcosa, era impossibile farle cambiare idea, per cui sospirò, rassegnato.
 
"Bene. E che cosa vorresti fare, adesso?", le chiese, con una punta di scoramento nella voce?
"Ovvio: buttar giù il nido a bastonate!"
 
"Ma sei impazzita? Così te le tiri tutte contro inferocite, le vespe all'interno del nido!"

"Trovato! Facciamole uscire con il fumo!", fu la sua seconda proposta.
 
Sospirando, André si dispose a seguire Oscar anche in quell’impresa, consapevole che, se si fosse rifiutato, lei avrebbe messo in atto il suo proposito più tardi, una volta che fosse stata sola: non poteva rifiutarsi di assistere Oscar, perché, ormai l’aveva imparato, quando si fissava di voler fare qualche stupidaggine con lui, negarle la propria presenza avrebbe solo significato che Oscar si sarebbe predisposta a mettere mano alla stessa stupidaggine, ma senza di lui, con esiti nefasti. E così, adunata una piccola catasta di legna proprio sotto il nido, e recuperato nel capanno un acciarino, André accese il fuoco, covando nel cuore un rassegnato sentore di catastrofe imminente.
Mentre André rifletteva sulla triste costante delle sue giornate, costretto com’era a seguire Oscar in tutte le sue pazze iniziative, le vespe, disturbate e affumicate, iniziarono a uscire dal nido, per lo più volando via impazzite, ma, in alcuni casi, deviando e puntando decise verso le due figure umane colpevoli di avere disturbato la loro quiete.
 
“Vieni via, Oscar!”, gridò André, tirandosela dietro e correndo verso l’ingresso del capanno, dove la fece entrare, chiudendosi dietro le spalle di slancio la porta.
 
“Come stai?”, le chiese poi. Su di lui le vespe non avevano infierito, e, se avevano avuto fortuna, come credeva, nemmeno Oscar doveva aver riportato conseguenze....

“Sto bene, sto bene”, lo rassicurò lei, ancora ansante per lo scatto della fuga. Ma poi, subito dopo, aggiunse: “Ah, no, forse non del tuttto...ahi!”.
 
“Che cosa è successo?! Dove ti hanno punto?!”, chiese André, allarmato.
 
“Qui, credo”, disse lei, con una espressione suo malgrado contristata, e indicandosi la coscia sinistra.

“Ti hanno punto attraverso la stoffa dei pantaloni?”
 
“Sì, credo di sì...e più di una volta...ahi! Brucia!”, si lasciò scappare lei, suo malgrado.
 
La figlia di un soldato non piange mai, giusto?, pensava Oscar.
Però qualche lamento poteva permetterselo, magari. Giusto davanti ad André.
 
“Fa’ vedere”, disse lui.
 
“No, no”, si schermì lei. “Pensiamo piuttosto al fuoco acceso sotto il nido ... dobbiamo spegnerlo ... può essere pericoloso”- Cercava di deviare l’attenzione di André, concentrandola sulla piccola catasta di legna fumante fuori dal capanno, perché non voleva fare la figura della femminuccia piagnucolosa. Ma, accidenti, bruciava! E insieme prudeva! E tanto!
 
“Il parco non andrà a fuoco  nei prossimi minuti, Oscar”, la rassicurò André. “E poi, ho costruito la catasta in modo tale che le fiamme si spengano naturalmente, senza diffondersi. Ora sta’ tranquilla e fammi vedere”, aggiunse, prendendola per le spalle e fancendola sedere sul lettuccio, per poi inginicchiarsi a terra, ai suoi piedi.
 
“Dovresti togliere i pantaloni...”, suggerì André, pratico.
 
“Devo proprio?”, mormorò lei, abbassando lo sguardo e incrociando quello di lui. Un istante di imbarazzo, e André ricordò la ramanzina della nonna, risalente alla sera prima, dopo che il valletto personale del Generale aveva riferito che il Signor Contino Oscar e André erano stati sorpresi per l’ennesima volta a fare il bagno nel lago ai confini del parco, “in tenuta indecorosa”, ovvero, con addosso soltanto la biancheria.
 
“Ma si nuota sempre senza vestiti, da che mondo è mondo!”, aveva obiettato Oscar, di fronte a una nanny sempre più sconcertata e rassegnata.
 
Se si fosse trattato del Generale, e del suo consueto sistema per imporre la propria autorità, ovvero a suon di schiaffi e punizioni corporali, Oscar non avrebbe esitato a fare di testa sua, violando, scientemente e scientificamente, ogni divieto; ma le parole di nanny avevano sempre, su di lei, uno speciale effetto: il suo tono di voce pieno di apprensione e dolcezza riusciva a farla sentire in colpa, almeno per breve tempo, per la sua incontenibile vivacità e la sua insofferenza ai divieti. Senza contare che la sera prima, allontanato molto opportunamente André con un pretesto (“Caro, Yvette ha bisogno di una mano per lucidare l’argenteria prima che i padroni rientrino: puoi andare nella sala da pranzo al primo piano per aiutarla?”), la nonna doveva avere affrontato con Oscar qualche discorso particolare, intimo e segreto, dopo il quale, quella notte, André non aveva ricevuto la solita visita di lei nella sua stanza, e la mattina lei lo fissava con certe occhiate timorose e, se riusciva a leggere con precisione nei suoi sguardi, vergognose, che l’avevano messo in pensiero.
 
“Devo proprio?”, ripeté Oscar. E poi, visto che la risposta di André tardava, concluse: “Ma in fondo, André, non serve controllare: sarà solo una puntura...o due... tre al massimo ... non c’è bisogno di perdere tempo...andiamo piuttosto a spegnere il fuoco...”.
 
“Aspetta un attimo, Oscar”, si corresse lui, cercando di non mostrarsi intenerito per quel sussulto di imbarazzo. “Non serve che tu ti tolga i calzoni. Guarda qui: sciogliamo la giarrettiera, abbassiamo la calza” e intanto le sue dita eseguivano, leggere, quanto la bocca affermava, “e ora”, continuava, suadente e pacato “solleviamo un po’ l’orlo del pantalone. Ecco: così: aiutami ad arrotolarlo più in alto possibile; perfetto così. Ah, accidenti!”. Sulla coscia bianca e sottile, quattro dita sopra il ginocchio, spiccavano una quindicina di punture, gonfie e ormai violacee.
“Mi hanno conciata per bene”, disse sconsolata Oscar.
 
“Ti danno molto fastidio?”, si preoccupò André.
 
“Abbastanza”, rispose laconica lei.
 
“Aspetta, allora”, disse André, che aveva avuto una illuminazione, e aveva preso un catino d’acqua che faceva mostra di sé sulla rustica toletta accanto al letto.
“Ma no! Che fai?!”, si allarmò lei. Ma André, chino sulla sua coscia, aveva già cominciato a succhiare via il veleno delle vespe da ogni puntura, stringendo il ponfo tra le labbra, e ripulendosele via via con il fazzoletto.
 
“Ti fa molto male? Ti dà fastidio”, le chiese, preoccupato, sollevando lo sguardo dalla coscia verso il viso di Oscar, sentendo i tremiti che la attraversavano.
 
“Un pochino”, soffiò lei, che si sentiva lo stomaco torcersi, e, che, tuttavia, quando l’ultimo ponfo fu aggredito e sgonfiato, si sentì quasi dispiaciuta di non avere addosso altre punture.
 
Poi, mentre André, trovato un panno pulito sotto il cuscino, dopo averlo intinto nel catino, le tamponava la coscia offesa con garbo e delicatezza, Oscar non osò dare forma al pensiero che era passato, veloce come un fulmine, nella sua testa di dodicenne.
 
+++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++
 
5 - Chi sa come mai proprio adesso, sotto la neve, nel gelo dell’inverno più freddo che si ricordasse a memoria d’uomo, le veniva in mente quell’episodio di una estate lontana, si chiese Oscar, arrivando, sempre in groppa a César, nei pressi di una libreria e legatoria sempre singolarmente ben fornita delle ultime novità, per essere in provincia.
 
Era appena smontata, e si apprestava a legare il cavallo e a entrare nel negozio, da oltre un secolo collocato nella piazza principale della città di Arras, sotto i portici che fronteggiavano il Duomo dedicato a San Luigi, quando sentì un coro di mocciosetti che, con tono canzonatorio e nient’affatto teneramente infantile, cantilenavano maligni, “Guercia, guercia, guercia fottuta!”.
 
Alzò gli occhi in direzione di quelle insultanti parole e vide che poco lontano, nel centro della piazza, una donna, completamente vestita di nero, era attorniata da un capanello di ragazzini. Oscar si avvicinò, a passi decisi, sempre tenendo per le briglie César: la dama era a terra, forse scivolata sul selciato bagnato, troppo bagnato e ghiacciato per quelle scarpine di raso dalla suola liscia che facevano mostra di sè sotto l’orlo del fastoso vestito da lutto stretto; la dama aveva le mani appoggiate a terra, e il più ardito di quei monelli le si era avvicinato e teneva sollevata la veletta nera dell’elegante  cappellino che la donna aveva appuntato fra i capelli.
 
“Che cosa sta succedendo qui?!”, chiese Oscar, con il tono imperativo che faceva tremare i soldati del suo reggimento, anche quelli che non avevano alcunché da rimproverarsi, e che ghiacciava le dame quando, talvolta, tentavano di coinvolgere l’algido Comandante delle Guardie Reali in una conversazione leggiadramente salottiera.
 
 Fosse stato il suo tono di voce, fosse stata la sua apparizione, severa e marziale, fosse stata la loro cattiva coscienza, i ragazzini si bloccarono all’istante.
 
“Non stavamo facendo nulla di male, Monsieur l’Officiel...”, mormorò il più ardimentoso, abbassando tuttavia, con atto quasi cerimonioso, di certo sommessamente contrito, la veletta della dama, mentre gli amici, ammutoliti, facevano qualche timido passo indietro, e uno di essi lo strattonava perché li seguisse.
 
“E allora, via! Andatevene subito, e che non debba mai più cogliervi a importunare una gentildonna!”, tuonò Oscar, causando il definitivo fuggi fuggi della piccola masnada.
 
“Vogliate accettare il mio aiuto per rialzarvi, Madame”, disse  poi Oscar, porgendo la mano alla dama, e aiutandola a rimettersi in piedi.
 
“Merci bien, Colonnello de Jarjayes; ma non era necessario che vi prendeste tutta questa premura”, sussurrò la donna, sfregandosi il vestito, per cercare di rendersi minimamente presentabile.
 
“Mi conoscete, dunque?”, si stupì Oscar.
 
“Naturalmente”, rispose la donna. “Come potrei ignorare l’identità e il volto del Comandante delle Guardie di Sua Maestà? E poi, la Vostra famiglia è molto nota qui ad Arras”. La sua voce aveva un tono basso e musicale, da contralto, con una sottile venatura ironica.
 
“Spero che quei ragazzi maleducati non vi abbiamo causato danni, Madame”, si preoccupò Oscar.
 
“Oh, no, Colonnello. Nessun danno, a parte quello all’orgoglio. Ma, del resto, non facevano altro che dire la verità”: e così dicendo, sollevò con un gesto secco la veletta, mostrando, anzi, quasi esibendo a Oscar, un volto la cui pelle mostrava, sulle guance, sulla fronte, sul mento, sul naso, i segni crudeli del vaiolo, che aveva fatto scempio dei suoi lineamenti, e, soprattutto, un occhio, spaventosamente vacuo, spento dalla malattia.
+++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++
Ed eccoci qui: mentre André è sconfortato e preoccupato, e Justine fantastica su modalità alternative di scaldarsi in quel freddissimo inverno nel Nord della Francia, Oscar ha fatto un incontro decisivo. Chi sarà la dama in nero, sfregiata dal vaiolo, che ha cercato riparo ad Arras?
            Quanto al resto, non so se quello messo in atto da André sia il metodo corretto per dare sollievo alle punture di vespa: potete comunque giustificare questa piccola licenza letteraria?
Grazie a tutti i lettori che mi hanno seguito e mi seguono in questa piccola follia...ehm, esperimento (meta)letterario. A presto!
 
   
 
Leggi le 15 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Lady Oscar / Vai alla pagina dell'autore: Dorabella27