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Autore: _ki_    03/09/2009    2 recensioni
Un Mondo Magico sotto il dominio di Voldemort. La morte dell'unica persona che avrebbe potuto salvarli. La fine di tutto... o no? C'è ancora qualcuno che continua a combattere, nell'ombra, per un futuro diverso.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Prologo

 

Hermione inspirò. Quello che le venne fuori fu un sospiro frammentato dal dolore.

«Forza amore, tra poco sarà tutto finito» le sussurrò Fred ad un orecchio. La donna annuì e strinse la mano al marito. Subito un dolore allucinante al ventre la fece urlare. E a quello seguirono una serie di fitte che a lei parvero infinite. Ma, dopo un tempo imprecisato, finalmente il dolore sparì. Fred sorrise a sua moglie e le accarezzò una guancia.

«Sei stata bravissima» le disse, prima di alzare il busto e voltarsi verso Luna.

«Allora?» chiese con la voce incrinata dall’emozione. Luna sorrise con il suo sguardo vacuo e gli passò un fagotto di stoffa rosa confetto.

Fred guardò dentro alle coperte con il sorriso che si allargava di secondo in secondo, poi si voltò di nuovo verso Hermione, distesa sul divano del salotto e madida di sudore.

Fred le scostò alcuni ricci dal viso e sorrise ancora.

«È una femmina» e quelle parole bastarono ad Hermione, che a sua volta sorrise e cadde in un sonno profondo, sfinita dal suo primo parto.

 

*

 

Luna si buttò di peso sul letto e sospirò profondamente. George le sorrise e le strinse la vita con un braccio.

«È nata» sospirò la ragazza, scoccando un bacio a fior di labbra a George. Questi sorrise radioso.

«Femmina?» chiese.

«Sì, e anche parecchio silenziosa. Mi sorprendo, con un padre come Fred».

George inarco un sopracciglio.

«Quindi secondo te quando noi avremmo un figlio sarà pestifero come ero io?»

«Oh, no» lo rassicurò Luna, un sorrisetto strano dipinto in volto. «Sarà come sei tu» e rise. Geroge si unì alla risata e la baciò ancora. Luna rispose con dolcezza, ma poco dopo si staccò per sussurrare: «Sarà un bellissimo maschietto pestifero» e rise ancora, accompagnata dal ragazzo. Geroge le credette, perché quando Luna diceva una cosa era sempre quella, non cambiava mai.

Così, con un colpo di bacchetta, Geroge insonorizzò la stanza e si portò Luna sopra di sé. In poco tempo si ritrovarono ancora una volta a fare l’amore.

 

*

 

La mattina a Villa Fatata spuntò imprevista come sempre e accolse gli abitanti della casa impreparati.

Hermione mugolò infastidita dalla luce che filtrava dalle finestre della sua camera. Aprì un occhio assonnato e si guardò intorno. L’ultima cosa che ricordava del giorno precedente era di aver partorito una bambina sul divano del salotto e aver chiuso gli occhi lì. Constatò, dalle coperte che le coprivano il busto e le tende chiuse, che Fred l’aveva portata fin in camera loro.

Si alzò a sedere con lentezza e fissò il lato del letto accanto a lei. Notò con fastidio che non c’era suo marito a dormire con la sua faccia da angelo. Quando, però, sentì un altro respiro nella camera che non asomigliava a quello di Fred, incominciò a preoccuparsi. Che fossero arrivati i Mangiamorte e l’avessero fatta prigioniera? Si guardò intorno socchiudendo gli occhi, ma le tende pesanti che coprivano le finestre facevano filtrare solo un filo di luce (che, quasi a farlo apposta, arrivava sul cuscino della ragazza, facendola svegliare tutte le mattine) e più in là del letto non si distingueva nulla. Hermione cercò a tentoni il comodino e scoprì con sollievo che la bacchetta era ancora lì.

‘Forse aspettavano che mi svegliassi per farmi vedere i miei famigliari morti’ pensò la ragazza con un brivido che le percorreva la schiena solo ad immaginare il corpo di Fred cosparso di sangue e in fin di vita.

Scacciò quel pensiero lugubre e si tolse con lentezza le coperte di dosso. Cercò di scendere dal letto senza alcun scricchiolio delle molle e, forse un po’ di fortuna albergava anche in lei, riuscì a non fare in benché minimo rumore. Posò i piedi scalzi sul freddo pavimento di marmo e si issò in piedi con una piccola protesta delle gambe indolenzite. Strinse la bacchetta con forza e mosse qualche passo verso il respiro che ancora sentiva forte e chiaro. Uscì dal piccolo cerchio di luce e penetrò il buio. Non osò farsi luce con la bacchetta per paura di rovinare l’effetto sorpresa.

Il rumore si fece sempre più vicino e Hermione sentì distintamente i battiti del suo cuore aumentare a dismisura. Imprecò mentalmente, pensando che forse il rumore del suo cuore, in quel silenzio di tomba, si sarebbe sentito distintamente e avrebbe rovinato tutto.

Poi, quando era sicura di essere ad un solo passo dal Mangiamorte, sentì il fruscio di un corpo che sfiorava qualcosa di sottile e delicato, come una coperta, e aggrottò la fronte: che il Mangiamorte, stanco di aspettare il suo risveglio, si fosse addormentato a sua volta?

Sorrise quasi inconsciamente: ormai di Mangiamorte rimbambiti ce n’erano a bizzeffe.

Avanzò di mezzo passo e si fermò. Come poteva colpire qualcuno al buio? Avrebbe dovuto farsi un po’ di luce, ma così facendo avrebbe dato al Mangiamorte la possibilità di svegliarsi e magari di respingere il suo attacco. Cosa poteva fare?

Era ancora immersa nelle sue strategie di attacco quando un altro rumore la fece sobbalzare: il mugolio di un bambino. Il chiaro, limpido rumore di un bambino che sta per svegliarsi.

«Lumos» sussurrò, e la luce chiara della bacchetta illuminò la stanza. Hermione imprecò sotto voce: davanti a lei, a mezzo passo dal suo corpo, due splendidi occhi color del cioccolato al latte la guardavano con un misto di curiosità e timore.

La ragazza sorrise lievemente. Aveva gli stessi occhi del padre. Dalla testa, invece, spuntava qualche boccolo disordinato di un castano chiaro.

‘I miei stessi capelli’ pensò mentre il sorriso si allargava ancora. La bambina, con le sue labbra fini, sorrise a sua volta, facendo così creare sulle guanciotte paffute due perfette fossette.

Hermione si voltò un attimo e con un colpo di bacchetta aprì le tende della stanza. La luce dell’alba le inondò il viso e si sparse per tutta la camera da letto. Poté così vedere la culla di legno chiaro in cui aveva dormito la sua piccola bambina, proprio a pochi passi dal letto dei genitori.

Si infilò la bacchetta nella tasca della vestaglia da notte e allungò le braccia verso la piccola, come chiedendo il permesso di prenderla in braccio. Aveva già avuto esperienza con Teddy Lupin su come comportarsi con i bambini, ma con quel piccolo angelo che era suo, solo suo, non era molto sicura di poter fare come con il piccolo Teddy.

La bambina allungò le braccine a sua volta e Hermione la prese tra le sue. Era così leggera che la ragazza pensò avesse qualcosa che non andava. Durante la gravidanza non aveva mangiato abbastanza per tutte e due? Aveva fatto qualcosa che non andava bene? Qualcosa era andato storto durante il parto?

Poi la bambina allungò una mano e le toccò il viso e allora lei lasciò perdere quei pensieri inutili. Piegò un po’ il viso verso la mano e chiuse gli occhi per assaporare quel momento magnificò.

«Rose» sussurrò, quasi a sé stessa. Sua figlia mosse appena la manina, come a far capire che le piaceva quel nome.

Poi un pensiero le colpì la mente e per poco le ginocchia non cedettero sotto il suo peso. Posò la bambina di nuovo nella culla un attimo prima di cadere a terra con un tonfo poco rassicurante.

 

«Quando avrai un bambino...» borbottò un ragazzo dai capelli neri perennemente scompigliati e lo sguardo verde smeraldo. Hermione lo guardò con un sorrisetto.

«Se avrò un bambino» lo corresse volgendo lo sguardo lontano dal viso dell’amico. Harry rise.

«Ok, se avrai un bambino» concesse con un sorriso. Hermione non poté fare a meno di volgere di nuovo lo sguardo verso di lui e sorridere a sua volta. «Comunque, se avrai un bambino... come lo chiamerai?»

Hermione aggrottò la fronte.

«Ma che domande sono queste?» chiese, le guance improvvisamente arrossate. Harry alzò le spalle.

«Era una domanda. Io lo chiamerò James. E invece, se è una femmina, Lily» disse, come stesse parlando delle previsioni del tempo. Hermione, però, brava osservatrice com’era, notò il suo pur lieve rossore a pronunciare quelle parole. Allora sorrise.

«Mio figlio si chiamerà Harry» disse con decisione. Il ragazzo alzò lo sguardo verso di lei e, dopo uno sguardo un po’ spaesato, sorrise, e stava per parlare, quando Hermione lo interruppe.

«Niente ringraziamenti, non servono. Allora, un maschio lo chiamerò Harry. Se sarà una femmina, invece -e sarà una femmina-, la chiamerò Rose» e non aggiunse altro, guardando non più in viso l’amico, ma un punto imprecisato dietro di lui.

«Rose?» chiese Harry, curioso. Hermione diventò un po’ più rossa.

«Come la protagonista del Titanic, non so se lo conosci. È un film Babbano. Beh, io l’ho visto. Mia figlia si chiamerà come Rose» e poi incominciò a camminare, decretando chiusa quella discussione. Però dentro di sé, sorrideva sollevata: lei sperava, in cuor suo, fossero due gemellini. I gemelli Harry e Rose.

 

Un singhiozzo le scosse il petto. Si portò una mano alla bocca per soffocare il rumore e chiude gli occhi. Una lacrima le rigò il viso.

Era impossibile, ora che anche un solo ricordo di lui le aveva sfiorato la mente, impedire agli altri di riaffiorare con una prepotenza inaudita. E così si sedette con le gambe strette in vita, il viso affondato nelle braccia e le lacrime che scendevano copiose.

 

«No!» urlò Hermione con quanto fiato aveva in gola. Fred la strinse a sé.

«Lasciami! No, Harry no...» urlò, cercando di divincolarsi dalla presa del ragazzo. Questi, però, non le lasciò via d’uscita. Ancora urlava, ma pian piano la sua voce si affievolì fino a diventare un sussurro.

«Harry... Harry...» ripeteva, come una nenia straziante.

Singhiozzi le scuotevano il corpo e lacrime ghiacciate le attraversavano il viso.

Ron, accanto a lei, era trattenuto da Geroge e Bill. Come lei, aveva le lacrime agli occhi e, come lei, si era arreso alla presa dei fratelli.

«Il Bambino-Che-È-Sopravvissuto ormai è morto, arrendetevi tutti al vostro nuovo Signore e nessuno si farà male» la voce risuonò tra i presenti con una strana nota compiaciuta. Hermione urlò un insulto che fu soffocato alla mano di Fred. Altre lacrime caddero a terra.

«Stai ferma Hermione. Ti prego, non fare nulla» le sussurrò il ragazzo con il respiro frammentato dai singhiozzi che avevano incominciato a scuoterlo.

«Ti prego Fred. Ti prego...»

«Bastardo!» urlò una voce alle spalle dei due. Hermione non poté girarsi, ma pochi attimi dopo davanti a lei correva Neville Paciock, la bacchetta stretta in pugno e il viso contratto dalla determinazione.

Una maledizione lo colpì in mezzo al petto e lo fece volare indietro. Cadde a terra contorcendosi dal dolore, ma neanche un gemito uscì dalle sue labbra serrate.

«Bada a come parli, feccia!» strillò Bellatrix Lestrange con un sorriso sadico. Il suo Signore la fece smettere alzando una mano biancastra.

Neville emise un lungo sospiro e provò a rialzarsi in piedi. Questa volta fu Lord Voldemort ad attaccare e lo rifece cadere a terra con una ferita al braccio destro.

Qualcuno urlò. Qualcun altro alzò la bacchetta per difenderlo, ma altre maledizioni colpirono i presenti e alcuni caddero a terra urlando di dolore. Quelli che prima avevano le bacchette levate, ora, alla vista dei conoscenti che urlavano, abbassarono le armi con gli sguardi vacui.

«Harry...» ripeté un ultima volta Hermione, poi Lord Voldemort prese il controllo di tutti quanti.

 

Hermione singhiozzava ininterrottamente, ora, e la mano che le copriva la bocca non bastava a smorzare il rumore. Rose emise un versetto che Hermione non comprese.

Poi, ad un tratto, la porta si aprì a sbatté con forza all’indietro, rivelando la figura trafelata di Fred. Hermione si voltò di scatto e lo guardò negli occhi.

L’espressione prima dura di Fred, alla vista della moglie in lacrime, si addolcì di un po’. Si avvicinò lentamente e si accovacciò accanto a lei.

«Ricordi?» sussurrò scostandole un ciuffo dal viso. Hermione, incapace di proferir parola, annuì soltanto. Fred sorrise appena, poi la sua espressione si indurì nuovamente.

«Prendi la bambina amore, svelta. Stanno arrivando» disse a voce un poco più alta, alzandosi in piedi e lanciando uno sguardo d’amore verso la culla. Rose sorrise e allungò le braccia, ma a prenderla in braccio venne Hermione, non il padre, che stava già avviandosi verso la porta.

«Fred» lo fermò Hermione, muovendo un passo verso di lui. Il ragazzo si voltò.

«Ti amo» sussurrò Hermione asciugandosi il viso. Fred sorrise.

«Anche io vi amo» lanciò un ultimo sguardo alla figlia, poi alla moglie ed infine uscì.

Rose volse lo sguardo curioso verso la madre e la trovò di nuovo con le lacrime agli occhi.

«Mangiamorte...»


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