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Autore: jinkoria    18/12/2021    1 recensioni
[ BakuDeku, EndHawks, TodoKami, TouyaTenko | canon divergence/what if: tutti buoni | riferimenti spoiler post capitolo 290 ]
“Onorerò il Natale nel mio cuore e cercherò di tenerlo con me tutto l’anno.” Charles Dickens.
Di Katsuki e Izuku che stanno insieme, camminano allo stesso passo e inciampano in egual modo.
Di Enji che sta imparando cosa sia il Natale per regalarne il migliore a Keigo.
Di Shouto e Touya che lo riscoprono in Denki e Tenko.
O, più semplicemente: di venticinque giorni in cui gli eroi si fanno carico della missione più speciale: prepararsi ad accogliere il Natale. E a fare i buoni, più o meno... fintanto che non c'è il vischio.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Endeavor, Hawks, Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Bonsoir!
Sate sate sate, manca ufficialmente l'ultima settimana! Da un lato YAY dall'altro UGH, di già Natale, questo countdown scribacchino mi si è ritorto contro XD
Considerando il prompt ho detto dai, non c'è due senza tre - in realtà mi sa sto privilegiando senza rendermene conto perché i colori della mia gaytabella per la raccolta si stanno mischiando tutti e insomma, s'evolve come la vita 'sto calendario eroico dell'avvento e magari avete pure letto eroico con una t di mezzo. EEEEE niente, comunque doveva starci qualcun altro qua ma sarebbe stato un ribadire il già detto per certi loschi individui e quindi...
:D no davvero ormai penso di star navigando nel ripetitivo ma è la tragedia di chi scrive (più o meno come si deve) una volta all'anno e poi si perde sigh. Vedo anche degli errorini di battitura che mi sfuggono qua e là ma non ho il tempo di ritornarci, scusate çç
In ogni caso grazie come sempre per la lettura, si spera a domani 
💚❤️ 


 

 

-18:  Cuddling with them – “You’re like my own personal furnace.”

 

La punizione di Aizawa non era stata ancora comunicata, tuttavia sia Kaminari che Todoroki sapevano perfettamente fosse solo una mera questione di tempo; era probabile il sensei stesse ponderando sul da farsi, magari indeciso se essere accondiscendente perché erano tornati in dormitorio illesi – circa, giusto un po’ fradici e col naso di uno dei due piuttosto gocciolante – o andarci giù pesane per questione di principio poiché gli avevano disobbedito nonostante il divieto.

«Certo che Iida avrebbe potuto tenerselo per sé, per stavolta…» borbottò Denki, raggomitolato nel suo fagotto di coperte e plaid mentre lanciava nel cestino l’ennesimo fazzoletto impiastricciato «Alla fine è andato tutto bene!».

Shouto gliene offrì un altro dalla confezione, osservò le dita dell’altro afferrare un bordo di carta e tirarlo per estrarre del tutto il fazzoletto e avvicinarlo al volto, quasi ipnotizzato da quel meccanismo così normale e meccanico, infine soffiò «Però sei caduto».

Il ragazzo rimase fermo col pezzo di carta tenuto sul naso, interrotto nel dare sollievo alle narici otturate, il viso gradualmente paonazzo quando la testa gli suggerì la correzione al plurale perché erano caduti, sebbene nel caso del compagno fosse stata colpa sua per averlo tirato. Quanto seguito, però, non lo avrebbe mai previsto, così come non si sarebbe mai immaginato di tornare indietro, colti in flagrante dal rappresentante di classe e tuttavia neppure i richiami esagitati di Iida avevano destato in loro – perlomeno in Denki – alcuna reazione, col corpo fuori dalla neve ma col pensiero ancora là, avvolti dal manto bianco quasi come una protezione da tutto il resto, per nascondere un gesto internamente desiderato ma nel quale non avrebbe mai potuto immaginare di poter sul serio sperare.

Soffiò più forte di prima e facendo molto rumore di proposito, come se bastasse quello per affossare la vergogna emersa. Specie perché né lui né Todoroki, dopo quel momento, avevano più fatto parola sull’accaduto, limitandosi a tornare indietro nelle loro camere – solo che Kaminari aveva ritenuto troppo strano il dividersi così, senza nulla dirsi, perciò si era ritrovato a stringere la manica del cappotto di Shouto, ancora indosso e umido, con un’espressione ai limiti del cucciolo bastonato perché non era riuscito a esprimersi altrimenti.

E quello, d’altro canto, non si era fatto pregare.

Si erano separati solo per lavarsi – in tutti diversi, perché il bagno sarebbe stato occupato soltant da loro altrimenti –, dopodiché, cambiati dalla testa ai piedi, si erano accomodati nella sua stanza, Kaminari sopra il letto dopo aver tirato fuori un’altra coperta dall’armadio, immergendosi in quella personale nicchia di calore e riparo dal circostante; Todoroki gli aveva portato una tazza di latte caldo per aiutarlo a trovare sollievo dal freddo, che pareva non volerne sapere di dargli tregua. Da un lato era la scusa perfetta per non uscire da lì, dall’altro la pelle intorno alle narici iniziava a bruciargli ed era già stanco di tremare come una foglia.

Dalla sua, il giovane dal doppio quirk era rimasto leggermente in disparte, seduto sulla sedia della scrivania di Kaminari, in mano appunto la scatola di fazzoletti porta di tanto in tanto al compagno.

Denki trovava internamente stupido quel silenzio, intervallato solo da quel principio molesto di raffreddore, nonostante ciò era pur vero non avesse idea di cosa dire: aveva fatto sì Shouto non esitasse, tra la neve, quando lo aveva visto rendersi conto delle proprie azioni e, per istinto, lo aveva trattenuto e assecondato. E come avrebbe potuto fare altrimenti, con quell’occasione così unica e surreale da assumere l’illusoria connotazione del sogno alla propria coscienza, pressoché intimorito dalla possibilità fosse tutto un inganno e nulla più.

Adesso, ad affacciarsi come una sgradita insinuazione, c’era la paura fosse stato solo il momento causato dall’atmosfera innevata, il trasporto reciproco sfociato in una vicinanza inaspettata.

Strinse le labbra, rigirando la tazza tra le mani, il sapore di un cucchiaino di zucchero di troppo appena percepito col naso otturato, gli occhi tentati di incontrare quelli dell’altro ma la preoccupazione prevalse su qualsiasi tentativo.

Inspirò a fondo, poi disse, la voce un filo sottile e facile a spezzarsi «Mi dispiace per prima».

La sedia girevole scricchiolò appena, segno Todoroki si fosse mosso un po’, forse per lo stupore di quell’esordio «Per me non è stato un problema, sei tu quello che sta ancora tremando».

Rafforzò la presa sulla tazza «Non intendevo la caduta. Cioè, mi dispiace anche per quello, ti sei ricoperto di neve per uno scherzo stupido».

Shouto scosse il capo, anche se Kaminari non lo vide.

Sembrava davvero non capire, o magari stava solo cercando di dissimulare e far cadere l’evento nel dimenticatoio, glissare sull’incidente avvenuto per caso e non tornarci oltre sopra; il petto di Denki iniziò ad alzarsi e abbassarsi più in fretta alla sola prospettiva. Sapeva l’altro non fosse il tipo da ferirlo, che non lo avrebbe mai fatto di proposito, forse era proprio quell’assenza di intenzione a lasciar cadere nel non detto.

Fece per aprire bocca, senza sapere ancora cosa dire, quando la mano di Todoroki entrò nel suo campo visivo, oltre il bordo del piumone tirato fin troppa la testa, per poi posarglisi sulla fronte.

Gli sarebbe venuto un infarto, quello poco ma sicuro.

«Non mi sembra tu abbia la febbre» disse Shouto con assoluta tranquillità, lo vide anche toccare la propria per un confronto ma gli parve più confuso e poco convinto.

Non tanto quanto Kaminari, di questo era certo, con la testa che minacciava di iniziare a girare per il caos che vi orbitava attorno, specie quanto sentì il compagno dire «Proviamo così» seguito dall’avvicinarsi al letto e salirvi sopra.

Di primo acchito, forse scioccamente, Denki pensò volesse solo star più comodo o riscaldare il materasso col suo peso per lui. Per un po’ lo seguì persino con lo sguardo in modo diretto, perplesso, volendo capire dove intendesse andare a parare con quei movimenti alquanto acrobatici, avanzando sulle ginocchia fino a ritrovarsi tra il muro e il corpo di Kaminari.

Senza essersene neppure accorto si ritrovò quanto prima con la schiena appoggiata al petto di Todoroki, le cui gambe circondavano le proprie tenute incrociate per mantenerle rintanate nelle coperte, in aggiunta le braccia stesse del ragazzo lo avevano circondato, unendo le mani sul davanti per stringerlo.

Kaminari sentì immediatamente il calore del quirk di fuoco pure attraverso i pesanti e comunque non sufficienti strati, gli occhi spalancati, preso in contropiede, fin troppo piacevolmente per poter replicare in qualsiasi modo non fosse quello.

Spontaneo, di getto, sentito; l’unica cosa giusta, era convinto, da dire in quel momento, con il volto talmente in fiamme da sospettare lui stesso non avesse sul serio della febbre ma calciò quel pensiero in un angolo silenzioso della sua mente.

Chiuse con forza le dita sulla trapunta, tirandosela maggiormente addosso come a volercisi nascondere più di quanto già non fosse, il tono delicato e sottile come vetro nell’ammettere «Shouto, tu mi… piaci… davvero un sacco».

Si sarebbe dato uno scappellotto per lo sgambetto verbale dato dalla vergogna e l’ansia, pur convinto di quanto detto. Al contempo si diede dello sciocco per aver panicato su un’ipotetica distanza mai esistita, in qualsiasi modo l’altro avesse inteso quei gesti lui ne avrebbe accettato ogni sfumatura senza pentirsene.

Il sorriso fu perfettamente distinguibile nella voce di Shouto, immaginò la bocca arcuata appena in una mezza luna, gli occhi socchiusi con gentilezza; le parole ne uscirono addolcite di conseguenza, calde e avvolgenti più delle coperte, del latte zuccherato che aveva preparato per lui «Anche tu, Denki» disse, Kaminari lo sentì appoggiarsi contro la sua nuca, infine gli fece il verso «Davvero un sacco».

Ommioddio sciorinò tra sé tutto d’un fiato, intanto il mento gli si era raggrinzito nel tentativo di trattenersi dal fare qualsiasi verso strano per l’emozione.

Non ne fu certo perché ogni suono alle sue spalle gli arrivava ovattato, ebbe però l’impressione di aver sentito uno sbuffo di risata, breve e a malapena percettibile, seguito dalla più chiara sensazione della testa di Shouto che si strofinava meglio contro di lui, pianissimo – non fosse stata per la pressione percepita non se ne sarebbe neppure accorto.

Credo di star per morire.

Kaminari cercò di posizionarsi meglio, provò a districare un braccio dal suo fagotto ma riuscì a far emergere giusto le dita di una mano e se lo fece bastare; arpionò dapprima il pollice dell’altro, quello più facile da raggiungere, Todoroki parve però capirne l’intenzione e addentrò un po’ quella stessa mano nelle coperte, giusto per far sì potesse ricambiare la stretta senza scoprirlo.

La testa era sovraffollata da fin troppi pensieri e informazioni, sembrava così assurdo che temeva addirittura di chiudere gli occhi e ritrovarsi da solo, sotto le coperte di un giorno qualsiasi. Invece era proprio come sembrava, constatò dopo aver strizzato con coraggio le palpebre e spalancate l’attimo dopo, sempre sullo stesso letto ma in due.

Sto definitivamente per morire, continuò a pensare l’aspirante eroe dal quirk elettrico, il sorriso ampio ma ancora tremolante mentre a sua volta si spingeva di più contro l’altro.

«Va meglio?» domandò Todoroki dopo un po’, i polpastrelli sfregarono sul dorso della mano del compagno «Senti ancora freddo?».

Kaminari cercò di voltarsi per guardarlo, incontrando però l’orlo del piumone, giusto una ciocca rossa sporgeva a sufficienza da essere intravista, per contro mugolò con soddisfazione senza neanche rendersene conto «È come stare davanti a una stufa».

Shouto replicò con confusione, interpretando la frase come di scomodità per quell’intreccio stretto e, forse, rigido in cui stavano, perciò Denki si affrettò a spiegare il malinteso poiché aveva iniziato ad allontanarsi per liberarlo.

Così rimasero per diverso tempo, tanto da non rendersi conto del buio ormai calato all’esterno.

Piano piano finirono per stendersi del tutto sul materasso, la stessa nella quale si erano addormentati la notte prima: viso contro viso, la punta del naso dell’uno che sfregava su quella dell’altro, maggiore l’impaccio una volta mossi da assoluta consapevolezza.

Kaminari, di quel giorno, non ricordò altro che baci dati sotto le coperte una sera di un gelido autunno ormai prossimo al lasciare spazio all’inverno.

 

Più tardi, ovviamente, il gruppo della 3-A si animò con un più corale, ironico e concitato insieme di battute e auguri – intervallato dagli insulti di Bakugou, ancora una volta disturbato dall’attività messaggistica, e i richiami di Iida, il quale si era unito all’entusiasmo senza capirne il perché e tuttavia non mancando di ricordare la minaccia incombente sui due trasgressori.

L’indomani la fuga sulla neve avrebbe avuto il sapore della tortura, mossa dalla punizione di Aizawa-sensei; per adesso potevano godersi il sentore del latte caldo più dolce mai assaggiato.




 


Eeee come si dice... touchdown? 
:D
No cioè scherzi a parte siamo al 18, abbiamo scherzato, qua andava chiuso il cerchio. Anche perché i paperi arancioverde sono felici nel nido, quelli rossoro pure, mancavano loro due e gli altri disgraziati che già si son fatti fin troppa vacanza. Quindi che si fa? 
Si aspetta. Con una tazza di latte sdegnoso, esattamente. Ah non ho usato letteralmente "furnace" perché... gne, non mi piaceva, già abbiamo avuto gli endhawks a fare cosacce davanti al camino, non passiamo ai forni e atteniamoci alle stufe. Devo dire altro? Non lo so, è possibile, ma non me lo ricordo!

   
 
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