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Autore: jinkoria    19/12/2021    1 recensioni
[ BakuDeku, EndHawks, TodoKami, TouyaTenko | canon divergence/what if: tutti buoni | riferimenti spoiler post capitolo 290 ]
“Onorerò il Natale nel mio cuore e cercherò di tenerlo con me tutto l’anno.” Charles Dickens.
Di Katsuki e Izuku che stanno insieme, camminano allo stesso passo e inciampano in egual modo.
Di Enji che sta imparando cosa sia il Natale per regalarne il migliore a Keigo.
Di Shouto e Touya che lo riscoprono in Denki e Tenko.
O, più semplicemente: di venticinque giorni in cui gli eroi si fanno carico della missione più speciale: prepararsi ad accogliere il Natale. E a fare i buoni, più o meno... fintanto che non c'è il vischio.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Endeavor, Hawks, Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Bonsoir, oggi sono k.o. quindi non mi dilungo, dico solo che sì ho di nuovo favorito lo sproloquio per snobbare il prompt (però concedetemelo, a chi caspita potevo appiopparlo senza sfociare nel dramma, visti i precedenti? Ve lo dico io: NESSUNO) il cambio di pov si capisce da quanto spazio c'è tra una parte e l'altra c'è un parallelismo voluto, chissà se si nota. Non ho voluto esagerare con questa cosa però, mi stava sfuggendo di mano com'è sfuggita nel capitolo...
È più rapido e chiacchiericcio? Probabilmente sì, era l'intenzione, chissà se ha avuto senso. Btw, la situazione continua in quello di domani, si spera! :D

 Oyaji è un modo per rivolgersi anche al proprio padre: nel manga è così che Shouto si rivolge a Endeavor, sarebbe tipo "il mio vecchio" e quindi "ehi vecchio"... si capirà leggendo-
Grazie per il passaggio, come sempre buona lettura 
💚❤️ 


 

 

-19:  Telling family stories – “Oh! You’re gonna love this story!”

 

L’agitazione di Touya era tale che fu persino tentato di masticare la sciarpa, sollevata fin sotto il naso arrossato e leggermente umido a causa del freddo, per cercare di stemperarla.

Monocorde, giusto con una nota seccata, si rivolse a chi gli stava accanto senza però girarsi «Ricordami perché siamo qui».

Altrettanto impassibile giunse la risposta, in questo caso appena percettibile l’inflessione stanca, come se stesse ripetendosi per l’ennesima volta «Il fidanzato di tuo padre ci ha invitato a cena».

Touya sollevò gli occhi al cielo con esasperazione, le palpebre tremarono dando al gesto un aspetto lugubre e inquietante; stava per dirgli Nella mia famiglia sono tutti fidanzati tranne noi, per te? salvo poi interrompersi realizzato il pericolo dietro quella sciocchezza, perciò batté mentalmente in ritirata su quel fronte – per ora.

«Sì,» fece grave, la pazienza un cristallo già crepato sul bordo tondeggiante di un tavolo «e perché diamine abbiamo accettato?».

Lo sbuffo di Tenko generò una considerevole nuvoletta di condensa, tanto era stato fragoroso, fin troppo per i suoi gusti, con quell’insopportabile, palese intenzione di farglielo pesare quanto più possibile.

«Perché,» riprese con lo stesso tono il più giovane «fra meno di una settimana è Natale ed è stato deciso fosse meglio farvi avere un incontro ravvicinato prima della cena».

«Deciso da chi?».

«Da me e Takami-san, ovviamente».

Appuntò nel suo interiore taccuino delle vendette quella rimarcata prova a favore del titolo di Nemico Numero Uno, già in precedenza appioppato a suddetto fidanzato.

«Quindi hai fatto comunella con il pennuto stronzo e mi hai trascinato qua con l’inganno».

Tenko lo fissò con innocenza e sincera confusione «Quale inganno? Ti ho detto andiamo a pranzo dai Todoroki domenica e mi hai risposto di sì».

«Non erano i Todoroki che pensavo io! E poi in questa casa ce n’è uno solo».

L’occhiata che gli rivolse l’altro a quell’affermazione gli suggerì fosse il caso di aggiungere anche il coinquilino su quella lista mentale di ripercussioni da accreditare, giusto per essere certo di non dimenticare nessun torto subito, a costo di farne un tratto della propria personalità e marchiarselo addosso.

Tirò indietro il collo e sbatté le palpebre, allucinato da quel garbuglio di pensieri.

Tutta colpa di quel campanello dalla doppia T, delle decorazioni che avevano visto illuminarsi dall’inizio della strada – più di mezzo chilometro addietro: il tetto di quella villa era piuttosto alto e le tegole erano state ricoperte di sfavillanti lucine, tranquillamente passabili per sistemi luminosi di avvicinamento aereo.

Una gomitata arrivò impietosa sul suo fianco, alla quale Touya rispose con un interrogativo nello sguardo, annegato nell’odio provocato dalla fitta immeritata; Tenko ignorò ogni goccia di risentimento, inscalfibile, dunque disse «Smettila di cazzeggiare per perdere tempo e premi quel maledetto campanello».

L’indignazione con cui si difese sembrò falsa persino a se stesso «Io non sto affatto-».

La porta scattò senza che nessuno dei due avesse di fatto suonato, un sinistro ohohoh accompagnò l’apertura e delle piume color vinaccia comparvero da dietro lo spesso legno chiaro all’ingresso.

«Bene bene» disse la voce dall’altra parte, canzonatoria «Chi è adesso a far casino davanti alla casa di chi?».

Lo sbeffeggio palese nella domanda retorica Touya lo percepì come il rumore più molesto a cui gli fosse mai stato costretto l’ascolto, certo al di sotto della sciarpa vi fosse la vena sul collo già prossima a gonfiarsi, la mascella serrata mentre con i denti iniziava a mordicchiare la lana per tacere.

«Takami-san» lo salutò Tenko, educato e rigido nella formalità «Grazie dell’invito».

L’eroe alato cambiò del tutto atteggiamento quando dedicò all’altro ragazzo la propria attenzione «Shimura-kun, grazie a te per essere venuto! Prego, accomodati pure» lo invitò gioviale, facendosi da parte e rafforzò l’intento con le braccia protese verso l’interno della casa. Subito dopo, in falsetto, parlò a Touya «Che sbadato, scusa, non ti avevo visto sotto tutta quella stronzaggine! Prego, accomodati anche tu!».

Adesso lo ammazzo pensò quello, le mani strette nelle tasche mentre la sciarpa iniziava ad apparire smossa persino dall’esterno Alla prima occasione in cui rimaniamo soli lo spingo nel camino e lo faccio passare per un clamoroso incidente domestico.

«Touya».

Il richiamo di Tenko lo ridestò dalla pianificazione omicida, addirittura ebbe la sensazione di iniziare a rasserenarsi quando incontrò il viso serio dell’altro e tuttavia gli occhi rossi rimandavano una certa gentilezza e comprensione.

«Lo so che ti costa, se non te la senti ce ne torniamo a casa» promise infatti, dovette però aggiungere in fretta non appena notò la bocca del più grande aprirsi, probabilmente per confermare già da ora di voler fare dietro front «Dopo averci provato, però».

Le spalle di Touya si abbassarono, sconfitto. Accettò però di buon grado la mano offerta dal ragazzo, nascosta nella tasca del cappotto di quest’ultimo in un gesto rapido ma intimo, naturale.

E che sarà mai, si disse tra sé il primogenito dei Todoroki, un paio d’ore e sarò fuori di qui.

 

«Ricordami perché sono qui».

Gli occhi di Hawks ruotarono così tanto da far sparire le iridi quando giunsero nel punto più alto.

Continuò a rimestare l’insalata mentre sentiva gli occhi del compagno trafiggergli piuma dopo piuma, le braccia incrociate e il piede che batteva nervoso sul povero pavimento.

«Io e il fidanzato di tuo figlio-».

«Non sono fidanzati».

L’eroe alato interruppe di colpo la sua attività solo per voltarsi a guardarlo, il sopracciglio folto arcuato e l’espressione che pareva urlare un Ma fai sul serio?.

Enji rimase in silenzio un unico secondo, il registro vocale stavolta sinceramente sorpreso quando riprese «Sono fidanzati?».

Keigo tornò a concentrarsi sulla cena «Non ancora, ma è questione di tempo».

«Come puoi dirlo?».

Ah, come sei ingenuo, biscottone mio.

Gli avrebbe picchiettato il naso con l’indice e tante moine al seguito, se non avesse avuto la certezza gli sarebbe stato staccato via con un morso netto.

Tenne per sé quel desiderio proibito, rispondendo con fare giulivo «Tuo figlio non scherza ma anche tu devi avere un po’ di cenere in quella testolona, Enji-san, se davvero non hai notato nulla».

L’uomo si incupì un poco «Non ho ancora imparato a osservarlo come si deve…».

Takami si sarebbe strappato una piuma da solo, se non avesse avuto le mani sporche per le varie preparazioni per il pranzo e sì l’intento sarebbe stato punirsi per non aver dosato di nuovo le parole in un campo tanto minato, non era però devoto – o masochista – al punto da insozzarsi deliberatamente per ammenda.

Posò gli utensili da cucina e si girò verso l’altro con un sorriso più incoraggiante e positivo «Vedi, ti sei risposto da solo alla domanda di prima».

Il Number One continuò a non sembrare troppo convinto «Non saprei neanche come intavolare una conversazione con Touya, figurarsi capire se sta col suo compagno di scuola».

Keigo si ripulì al meglio che poté sul grembiule che aveva indossato per limitare i danni da impasto, in modo da potersi avvicinare e afferrare il volto del più grande senza sporcarlo troppo.

«Sai quanto chiacchierone io sia- fammi finire» lo riprese al notare l’espressione fin troppo concorde di Enji con quanto detto, poi continuò «Tra una cosa e l’altra si inizierà a parlare con naturalezza, vedrai. Tipo, hai aneddoti familiari divertenti da raccontare?».

La smorfia che si ritrovò di fronte bastò come risposta.

«Ok, potevo pensarci prima… no, no, no, via quel muso lungo!» rimbeccò di nuovo, rafforzando la presa sulle sue guance tanto da spremerle e far sporgere le labbra: vi stampò sopra un bacio rapido e poi lo guardò deciso negli occhi «Ce la faremo, intesi? Abbiamo sconfitto nemici più complicati!».

Quelle parole parvero sortire l’effetto sperato perché tutto del Number One si rilassò, dall’espressione dapprima alquanto crucciata, ora invece più distesa, quasi coinvolta in un sorriso tiepido e accennato, alla postura rigida che si era fatta visibilmente più sciolta. Sollevò poi il braccio e portò un dito al viso del compagno, sotto lo sguardo perplesso di Hawks, tirando via qualcosa col dorso della falange.

«Avevi un po’ di salsa».

Keigo sbatté le palpebre, dopodiché sorrise più ferino, facendo scivolare lentamente le braccia attorno al collo taurino «Endevaa-san, hai sprecato l’occasione di leccarla via dal tuo dito in modo seducente».

Si aspettò un rifiuto, persino di venir spinto via per la vergogna – non scaturita dal pudore, bensì causata dall’idiozia in cui l’eroe alato ogni tanto decideva di nuotare libero e spregiudicato – e l’indignazione, magari borbottando qualcosa sulla presenza del figlio nella stanza accanto, invece rimase esterrefatto quando Endeavor eseguì davvero quanto detto, con lentezza e osservandolo per tutto il tempo a occhi socchiusi.

«…è la volta buona che mi farai urlare la ricetta dei biscotti al cioccolato bianco?».

Morì quando l’uomo soffiò «Dopo, se non litighi con mio figlio per tutto il pranzo».

La bocca di Takami si spalancò, precipitata verso il basso, accompagnata da uno stato di shock e scontentezza palese sull’intera faccia.

«Per tutto tutto il pranzo?».

«Tutto tutto il pranzo».

Qualsiasi protesta fu spedita in fondo alla gola, silenziata per un fine più grande e importante, soprattutto se messo a confronto con la sua personale diatriba con quel bisbetico loro ospite.

Che sarà mai.

 

In effetti Hawks chiacchierava davvero un sacco: non un solo attimo di silenzio era stato capace di calare sulla tavola, il tintinnio stesso delle posate e il masticare o bere quanto servito dai padroni di casa pareva solo un inutile e pressoché inesistente sottofondo.

Internamente, Enji non poteva non dirsi grato al giovane al suo fianco per star sul serio tentando di animare un pranzo altrimenti passivo per tutti i presenti, persino Tenko cercava di replicare il più possibile alle affermazioni del Number Two, non senza una spiccata dose di imbarazzo – non gli era chiaro perché arrossisse così facilmente, aveva sempre pensato fosse un tipo alquanto silenzioso e posato, si ricordò però delle parole di Fuyumi risalenti alla giornata della foto, quando aveva detto al padre di non essere troppo intimidatorio, o cercare almeno di non essere chissà quanto se stesso nel modo di fare in apparenza austero, davanti al ragazzo.

Sospettava la ragione fosse insita nei suoi trascorsi familiari. Avvilito pensò fosse quello, forse, il motivo per cui andava tanto d’accordo con Touya.

«…Shimura-kun».

Enji fu trascinato fuori dal proprio pensiero dal modo che osò definire bislacco con cui chiamò il ragazzo di fronte a sé, tanto da attirare del tutto l’attenzione dell’eroe di fuoco per capire dove l’altro avesse intenzione di andare a parare. Allo stesso tempo non gli sfuggì Touya assottigliare lo sguardo in direzione dell’eroe alato mentre sul volto del giovane accanto a lui si susseguiva una serie di emozioni: la più evidente proruppe alla fine della metabolizzazione di quanto sentito, con le guance che si gonfiarono e tradirono il principio di una risata fuoriuscita come piccola pernacchia, trattenuta a fatica.

Cosa si era perso?

Keigo dovette accorgersi dell’occhiata assassina ormai palese di Touya, perché trasformò la tipica piega della bocca in un ghignò vero e proprio, appoggiando il mento sulle dita intrecciate e inclinò appena il collo, come un rapace che sonda la preda.

Intanto il suo primogenito aveva sciolto la propria forchetta tra le mani.

«Devo forse ricordarti che sono più grande di te, tacchino da modellismo?».

Keigo si portò una mano al petto, la preoccupazione ostentata «Touya-kun, sei sicuro che queste continue associazioni al cibo non siano indice di un cannibalismo latente sempre più prossimo a sfogarsi?».

Le posate a disposizione dall’altra parte della tavolata stavano per altro finendo, sciolte sotto l’irritazione di Touya, la cui bocca era distorta sì da un sorriso ma scosso da uno spasmo poco promettente; stava cercando di trattenersi ma era chiaro fosse al limite.

«Non tentarmi, sono già rammaricato di aver perso l’occasione di chiuderti nel forno la scorsa volta».

«Si può sapere cosa sta succedendo?».

Entrambi si zittirono, voltandosi a guardarlo – Touya si voltò giusto un attimo verso Tenko per dirgli qualcosa, probabile si trattasse di un invito a smetterla di sghignazzare sotto i baffi per chissà cosa si fosse perso, ancora, in quei pochi minuti.

Il primo a parlare fu Keigo «Stavo solo raccontando a Shimura-kun delle foto che ho visto l’altro giorno, quando eravamo tutti insieme, del piccolo Touya».

Enji non aveva più capacità espressive, talmente le aveva sfruttate in quella confusione da non capire più che faccia avesse in quel momento.

«E?».

«E» si intromise il figlio anticipando Takami «ha iniziato a raccontare aneddoti familiari di cui nemmeno io, che li ho vissuti, potevo saperne nulla».

«Tua madre mi adora e facciamo splendide conversazioni» disse con innocenza Keigo «Anche su quanto andassi di corpo da bambino – per inciso, mi spiace sia stato così difficile riuscirci, per te».

«Sei un gran figlio di-».

Il maggiore dei Todoroki presenti fissò la scena senza parole, il botta e risposta divertito da parte del compagno e un po’ meno da Touya andò avanti per quelle che parvero molte più delle ore programmate per il tempo da passare insieme.

A un certo punto fu Tenko a sedare il ragazzo al suo fianco, una volta finito di trattenersi dal ridere; Enji osservò lo scambio basso e personale con altrettanto stupore, sebbene la conversazione con Hawks in precedenza avrebbe dovuto fargli accogliere quella consapevolezza in una maniera più blanda sortì invece l’effetto contrario, come di realizzazione fulminante di qualcosa sempre posto sotto il suo sguardo ma mai guardata con attenzione.

Si sentì tirare dalla manica del maglione; Keigo lo guardava con una mano sollevata all’altezza della bocca, come se non volesse far leggere il labiale a chi gli stava di fronte.

Il Number One parlò con una nota di rimprovero nella voce «Avrei capito non tutto tutto il pranzo, ma non ti sei trattenuto per niente».

Quello schioccò la lingua un paio di volte, negando col capo «Guarda in tavola, Enji-san».

L’uomo corrugò la fronte ma seguì quella direttiva e si sorprese nel constatare tutti, persino lui, avevano terminato il proprio pasto. Certo, delle posate ci avevano rimesso, ma il pranzo era di fatto da considerarsi concluso, nell’atto pratico del mangiare perlomeno.

Tornò a guardare il compagno, un po’ alleggerito e divertito nonostante tutto «In qualche modo sento che mi hai fregato».

Keigo fece spallucce, poi sollevò le dita in segno di vittoria e sorrise smagliante.

«E ti dirò di più».

«Mh?».

«Ho convinto il tuo figlio malvagio a prolungare la sua visita» annunciò con trasporto «Per la rivincita ai giochi da tavola!».

Enji fece per rispondere, tuttavia fu interrotto da Touya stesso.

«Oyaji» lo chiamò quello infatti, quasi biascicando; una parola non utilizzata da tanto e trascinata fuori a fatica. Teneva già dei piatti in mano, si accorse Endeavor «Vi aiutiamo a mettere in ordine, così facciamo prima».

Non aspettò una replica, si limitò a tornare indietro, dove Tenko lo aspettava con altre stoviglie da passargli.

Un pizzico sul fianco lo ridestò «Hai visto? Si è rotto il ghiaccio!».

L’eroe di fuoco era ancora sconvolto, un barlume di lucidità lo indusse a domandare ancora «Sul serio, si può sapere cosa hai raccontato?».

Keigo chiuse gli occhi, l’espressione sapputa, poi ne riaprì solo uno e sollevò il braccio, in un modo fin troppo familiare per il Number One, che però non ebbe la forza di opporsi o reagire.

«Ho solo» iniziò il giovane, la mano aperta verso la sua meta prediletta «raccontato qualche storiella divertente».

La pacca sulla natica, in mezzo a tutto quel caos nato e risolto sotto il suo sguardo senza davvero rendersene conto, fu quasi confortante. E, internamente, sentì persino di dovergliela concedere.

 

 

Ho pensato a mille stupidaggini da dire ma mi sembrava tutto così fhkshfs considerando la famiglia Todoroki, quindi... ecco questo :D
Che sghif :D

 

   
 
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