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Autore: jinkoria    21/12/2021    2 recensioni
[ BakuDeku, EndHawks, TodoKami, TouyaTenko | canon divergence/what if: tutti buoni | riferimenti spoiler post capitolo 290 ]
“Onorerò il Natale nel mio cuore e cercherò di tenerlo con me tutto l’anno.” Charles Dickens.
Di Katsuki e Izuku che stanno insieme, camminano allo stesso passo e inciampano in egual modo.
Di Enji che sta imparando cosa sia il Natale per regalarne il migliore a Keigo.
Di Shouto e Touya che lo riscoprono in Denki e Tenko.
O, più semplicemente: di venticinque giorni in cui gli eroi si fanno carico della missione più speciale: prepararsi ad accogliere il Natale. E a fare i buoni, più o meno... fintanto che non c'è il vischio.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Endeavor, Hawks, Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Bonsoir, non giriamoci intorno:
:D 
🍋
Gli assenti torneranno domani! 
Grazie del passaggio, buona lettura 
💚❤️ 


 

 

-21:  Kissing under a mistletoe – “You know what that means, right?”

 

La situazione poteva dirsi non del tutto disastrata, questo era stato l’illusorio pensiero di Touya quando alla porta si era presentato un presunto salvatore: Shouto, insieme a quello che Tenko gli aveva suggerito ancora una volta essere il suo fidanzato. Stavolta non ebbe da ridire o sospettare nemmeno lui, visto il modo in cui stavano davvero appiccicati, soprattutto non facevano nulla per dissimulare o non darlo a vedere – Fuyumi aveva afferrato per le mani quello ricordava chiamarsi Kaminari, gli occhi chiusi dal sorriso gioioso e la voce alta per esprimere chissà che congratulazioni, alquanto ammiccanti per di più.

Non del tutto disastrata perché l’attenzione si era concentrata, per l’appunto, sui due nuovi arrivati; persino Natsuo aveva dato una strana ma gioviale stretta di mano al compagno del fratello, del quale pareva ricordarsi da quell’unica volta che si erano visti, a casa della madre in occasione della foto. Non gli era parso si fossero parlati in quell’occasione ma era probabile fosse successo mentre rifiutava qualsiasi tipo di interazione col padre, chiuso in camera con Tenko, che aveva definito per la prima volta e con un’accezione quasi possessiva la casa in cui vivevano loro, l’unica in cui dover far ritorno davvero.

Fu proprio quest’ultimo a richiamarlo, imbambolato com’era rimasto a osservare distrattamente gli altri presenti «Hai visto?».

Touya inarcò un sopracciglio, dapprima confuso, poi capì dall’espressione tronfia dell’altro e sollevò gli occhi al cielo con ostentata teatralità «Sì, ho visto».

«E?».

«E avevi ragione» concesse in uno sbuffo esasperato, tuttavia lo sguardo non poté che ricadere ancora una volta sul minore dei Todoroki, il viso così in apparenza statico ravvivato invece da un sorriso morbido e caloroso che mai ricordava avesse rivolto a nessuno, perlomeno non come adesso stava facendo in direzione dell’altro.

Vide con la coda dell’occhio, più in basso e tra loro, le mani muoversi veloci e le dita intrecciarsi seppure in una posizione un po’ scomoda, palmo contro palmo.

Si domandò se Tenko, lì davanti a tutti, avrebbe accettato la propria allo stesso modo.

«Che guardate?».

Per poco non toccò il soffitto tanto fu lo spavento, si portò una mano al petto per assicurarsi di avere ancora un cuore funzionante mentre l’altra era aggrappata alla spalla di Shimura, la manica stritolata sotto la presa ferrea.

Chiuse gli occhi, il respiro affannato, poi si girò con lentezza «Neanche i dodo hanno avuto tutto questo desiderio di estinzione come te, Takami».

L’eroe alato sfarfallò le ciglia con innocenza, le braccia dietro la schiena e un sorriso perplesso «Volevo solo sapere cosa steste guardando così interessati…» disse dunque, sporgendosi oltre il corpo del quasi assassinato giovane davanti a lui, le iridi dorate catturarono così l’immagine di Shouto e Kaminari che parlavano tra loro, le facce serene e contente mentre si raccontavano chissà cosa; una o deformò la bocca di Keigo, il quale tornò dritto per fissare il primogenito dei Todoroki con uno sguardo alquanto eloquente «Ah, ho capito».

Tenko fece a sua volta per parlare, probabilmente per domandare cosa avesse capito di preciso, non gli era sfuggita l’occhiata quasi complice con Touya d’altronde, tuttavia fu interrotto dal Number Two stesso «Shimura-kun, ti dispiace venire a darmi una mano?».

Il ragazzo si sorprese della richiesta, cercò di nuovo un contatto visivo con l’altro ma per qualche ragione gli fu negato; se Touya si fosse girato a guardarlo avrebbe colto la sfumatura smarrita e delusa, silenziosa e rapida, soffermatasi sul suo volto. Riuscì solo a sentirlo rispondere affermativamente e Hawks ringraziarlo, poi il loro ciabattare che andava allontanandosi: solo allora si girò, i due già spariti in chissà quale stanza.

Qualcuno picchiettò contro la sua spalla, per fortuna stavolta sempre lo stesso suono di passi aveva anticipato la presenza in avvicinamento.

«Touya-nii» lo chiamò Natsuo «Fuyumi mi ha chiesto di dirti che ti aspetta in cucina per aiutarla con la cena».

Il maggiore sospirò, gettò un’altra occhiata dietro sé, infine annuì e si diresse dalla sorella.

L’altro lo fermò «Tutto ok?».

Touya rimase immobile sul posto, esitante; aprì la bocca, liberò un respiro, lo trattenne. A quel punto decise di voltarsi, in apparenza impassibile «C’è qualcuno che ti piace, Natsuo?».

L’interrogativo notò averlo imbarazzato, a giudicare dal lieve rossore comparso in fretta sulle guance piene e per un attimo pensò di rimangiarsi tutto e dire di star scherzando, perché quella domanda implicava una potenziale ritorsione che in quel momento non aveva voglia di accogliere.

Natsuo fu sincero e discreto, invece, quando rispose piano «Sì».

Pensò a cosa rispondere, da un lato la voglia di dire Anche per me, dall’altra il pentimento di aver dato spiraglio a quel tarlo.

Si limitò a sorridergli appena, allungando il braccio per scompigliargli i capelli – rise quando si accorse di doverlo sollevare, essendo il fratello più alto di lui; quello accolse il gesto affettuoso, era sempre stato ben disposto e aperto nei confronti di Touya, accettava qualsiasi cosa dal fratello maggiore, adorante. Per questo sapeva di averlo ferito non poco con il suo distacco, ignorando le chiamate e gli inviti, rispondendo solo di tanto in tanto ai messaggi.

«Scusami» disse perciò, di cuore, la mano si fermò ma rimase nella sua posizione, anche quando ottenne uno sguardo dubbioso in risposta «Vieni anche tu di là? Ti insegno qualcosa da presentare a questa persona».

Da come l’altro reagì ebbe la sensazione fosse prossimo ad abbracciarlo, nonostante ciò si contenne e concentrò il piacere della proposta nell’espressione entusiasta «La tua cioccolata calda?».

Touya sbuffò con divertimento «Anche quella».

In effetti, ricordò, era il suo piatto forte.

 

Hawks lo raggiunse dopo diversi minuti, di Tenko nemmeno l’ombra.

Touya lo fissò storto, tra la perplessità su dove potesse aver mollato il suo coinquilino e la minaccia qualora avesse combinato qualche sciocchezza delle sue, conscio quanto Tenko sapesse essere mordace nei suoi confronti ma impacciato e a disagio con gli sconosciuti.

Non che Takami lo fosse particolarmente, avevano avuto altre occasioni di incontrarsi oltre che nell’ultimo anno, tuttavia sapeva quanto Shimura non fosse sereno in ambienti non suoi e lontano da lui avrebbe potuto ritrovarsi più ansioso e in difficoltà.

La contentezza mista a soddisfazione evidente sul volto dell’eroe alato fu una mina pestata con piene intenzioni, per Touya; desiderava sollevare il piede ed esplodere ma premeva di più la risposta. Del perché di quella faccia avrebbe potuto chiedere in un secondo momento, sempre se lo fosse ricordato poi – di sicuro non gli sarebbe passato di mente se davvero avesse avuto a che fare con l’altro.

Sentendo la preoccupazione crescere, fece per chiedere «Dov’è Tenko?» tuttavia fu interrotto da un gesto brusco e veloce del Number Two, fin troppo rapido perché potesse evitarlo: vide le braccia dell’eroe alato sollevarsi, qualcosa stretto fra esse e poi piombare sulla sua testa.

Dalla sensazione capì trattarsi di un cerchietto.

«Ma che cazzo…?».

«Shimura-kun» lo sovrastò Keigo con voce particolarmente alta, a sufficienza da destare nuovamente la voglia di ucciderlo nell’altro ma arrivò prima il nome del ragazzo e ne catturò del tutto l’attenzione – dal modo in cui si tese, pensò Hawks tra sé con divertimento, non si sarebbe stupito di vedere delle orecchie canine sbucare al posto di quelle umane, in ascolto «è in camera tua. Potresti chiamarlo? Fra poco è ora di cena».

Touya lo fissò con sospetto «Perché non è sceso con te?».

Sollevò la mano per togliersi qualsiasi diavoleria gli avesse piantato sui capelli, rimase sorpreso quando Takami lo trattenne «Non togliertelo, non ti guardare neanche allo specchio».

«Che diamine mi hai-».

«Pensi seriamente farei qualcosa per rovinare la giornata a te e dunque a tuo padre?».

La domanda, con quanto inteso, lo spiazzò. Si ritrovò però a rilassare le spalle, sicuro che no, seppure Hawks non aveva mai esitato nel prenderlo in giro o tormentarlo alla minima occasione era altrettanto sicuro non avrebbe mai fatto nulla di troppo grave a suo danno e che avrebbe comportato il rischio di andarsene.

Non mancò comunque di guardarlo male quando, già superati i primi scalini per salire in stanza, lo sentì dire con tono troppo giulivo e stupido per i suoi gusti «Non vi aspettiamo! Anzi, se vi attardate mangerò la tua parte».

Alzò un dito medio al suo indirizzo, continuò a salire senza altro dire.

Tacchino di merda.

 

Lo sorprese trovare la porta della camera chiusa, non gli venne però istintivo bussare, tra l’incuriosito e il turbato.

«Tenko?» chiamò con cautela, aprendo lentamente e sbirciando con attenzione verso l’interno della camera.

Non poteva vedersi, vero, ma era certo di aver aperto la bocca senza rendersene conto, preso in contropiede dall’immagine che gli si presentava dinanzi – a giudicare dall’espressione dell’altro, gemella alla sua, ricollegò entrambe le reazioni al modo di fare più bizzarro che mai di Hawks e non seppe se iniziare a maledirlo mentalmente, scendere a picchiarlo di persona o andare a fondo alla questione per capire.

Sulla testa di Tenko vi era un cerchietto rosso, evidente sulla chioma corvina, alla cui sommità era attaccato un bastoncino.

Attaccato a esso, sporto in avanti abbastanza da penzolare giusto un po’ oltre la fronte, del vischio.

Touya sollevò la mano, la consapevolezza già certa dentro di sé e ciononostante volle comunque accertarsene: borbottò a bassa voce un pennuto di merda, incredulo, quando riconobbe la stessa decorazione sopra la propria testa.

«Pennuto di merda» disse Tenko, e forse fu la cosa più sorprendente in quell’occasione, tanto che Touya pensò di esserselo sognato, frastornato dalla situazione.

Il volto di Shimura era dello stesso colore del cerchietto, notò. Non c’era ironia nell’imprecazione, gli occhi correvano da un lato all’altro della stanza e la mano si muoveva rapida e veloce sul braccio, le dita vi si arricciavano sopra con nervosismo.

Oh mio dio, pensò il più grande, facendo un passo in avanti, poi un altro ancora.

Tenko, che era scattato in piedi da che era seduto sul letto, indietreggiò fino a toccare di nuovo il materasso.

«Tenko».

Quello iniziò a farfugliare «Senti, non ne sapevo niente, mi ha detto di mettere questo-» e sollevò il braccio per sfilarlo, salvo poi ritirare la mano come scottata dal contatto con l’oggetto «Non sapevo, non avevo visto-».

Touya si era avvicinato ancora, un paio di passi e sarebbe stato lì, di fronte a lui.

C’era una parte di sé che avrebbe voluto farsi una bella corsa, scendere al piano di sotto e spennare quanto mai seriamente il maledetto padrone di casa che aveva architettato quello stratagemma ridicolo per incastrarlo. Viveva, però, ed era tremendamente rumorosa, anche un’altra parte, emozionata ed esaltata nel petto di Touya, così assordante da non poter far altro che ascoltare i suoi suggerimenti.

Come l’altro, tuttavia verso Shimura, allungò la mano piano, andando a posarla sul volto febbricitante; offrì uno sguardo dispiaciuto e rassicurante insieme al ragazzo quando questo scattò col viso a fissarlo, spaventato come un animale braccato.

«Tenko» disse piano, il tocco trasformato in carezza e ringraziò qualsiasi divinità esistente quando lo sentì davvero rilassarsi contro di sé, sebbene l’agitazione fosse ancora presente – ed era la stessa nel suo cuore, stomaco, nelle orecchie otturate per la pressione al solo vedere quanto lucidi fossero gli occhi di chi aveva di fronte. Si mosse ancora ed era lì, davanti a lui, a un respiro.

Uno dei cerchietti, si accorse, aveva anche un campanellino perché tintinnò quando inclinò un poco il viso.

«Tenko» lo chiamò ancora, con più dolcezza di quanto avrebbe mai creduto poter avere, perché voleva lo guardasse dritto negli occhi; tinse appena di sarcasmo il proprio tono, giusto per alleggerire l’atmosfera, renderla più loro «Sai quanto siamo sfortunati».

Shimura non parve gradire la piega presa, probabilmente la associò al contesto nel modo più sbagliato possibile perché provò ad allontanarsi «Ti sembra il momento per dirlo?».

Touya gli prese la mano con l’altra libera e poggiò la fronte sulla sua.

«Direi proprio di sì» soffiò, perché era davvero vicino e temeva un tono normale lo avrebbe spaventato ancor di più «So che porta male».

Il più giovane scosse la testa, l’esasperazione evidente nell’urgenza con cui chiese «Che cosa?».

«Non baciarsi sotto il vischio».

Stavolta lo guardò. Oh, eccome se lo guardò.

«Non scherzare su una cosa del genere».

La voce aveva avuto un sussulto, ogni parola detta contro le labbra dell’altro, quasi a contatto.

«Non ho mai scherzato su questo» rispose Touya, come in trance, tuttavia mantenne serio e deciso il registro vocale scelto «Non con te».

Shimura lo guardò, le pupille dilatate, agitate all’interno dell’iride scarlatta.

Touya non interruppe il contatto visivo, semmai rimase lì, immobile, per cercare un rifiuto definitivo e onesto sul quale, se trovato, non si sarebbe mai imposto.

Fu indescrivibile il sollievo che provò quando non ne vide neppure l’ombra, semmai Tenko lasciò le palpebre calare, la fiducia trasmessa nella mano posata sulla sua, l’altra che andava a stringersi sul bordo del maglione e la sentì tirare, quasi, quando non esitò oltre e colmò quel centimetro ridicolo eppure di troppo che sembrava così insormontabile.

Lo inghiottì, come divorò il mugolio sorpreso che Tenko lasciò andare quando sentì la lingua di Touya carezzargli il labbro inferiore per provare a osare di più, spostando in fretta le mani dalla loro posizione per andare a stringerle sui capelli rossi e bianchi, tirando come se l’intenzione fosse quella di allontanarlo e, allo stesso tempo, spingendo per assecondare la pressione dell’altro su di sé.

Touya odiò il tintinnio del campanello sopra le loro teste e avrebbe voluto strappare via da lì quei maledetti cerchietti, c’era però anche un senso di gratitudine a fatica ammessa, sommessa da schiocchi e suoni umidi che faticava ad associare a qualcuno di preciso, amalgamati tra loro in un unico sconclusionato bacio. C’era la forza delle dita ancorata con ansia, mai andata via, come se l’altro potesse allontanarsi o ritrarsi, pentirsene, e il respiro sempre più corto che impediva di ragionare e sentire altro non fossero i loro stessi ansimi.

«Tu…» annaspò Tenko in un raro istante di separazione «Sono sempre stato…» provò a dire, interrotto di continuo dalla foga del ragazzo «…di te».

Touya capì, anche se aveva divorato la parte più importante, perché era sua, e la mandò giù come deglutì tutto il resto e «Anch’io» rispose e basta, riprendendo come prima perché l’incredulità nello sguardo di Tenko gli fece venir voglia di stringerlo per tutte le ore a venire, per fargli capire quanto stupido fosse stato a credere anche solo per un attimo ci fosse la possibilità di un rifiuto.

Anche se aveva avuto lo stesso timore fino a poco prima.
 

Distante, mentre scivolavano sul letto dietro di loro, la voce cantilenante di Hawks che prometteva di non lasciargli nulla da mangiare.

 

 







   
 
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