questa
storia partecipa
al “secret santa challenge” indetto dal forum
“writing games – ferisce più la
penna”. buon natale nao yoshikawa😊 so che non è
esattamente quello che ti aspettavi magari,
ma spero lo stesso ti piaccia
The tolling of the iron bell
Calls the faithful to their knees
to hear the softly spoken magic spells
-
Time
La notte di Natale –
quando Crowley incontra Aziraphale nella sua libreria,
pulita, cortese, e gli chiede se vuole un passaggio alla Cattedrale di
Westminster, Aziraphale gli sorride, detentore di teneri segreti,
idillici, e
si fa accompagnare dentro la Bentley come se stesse per salire a
cavallo –
scudiero, cavaliere; portami, rapiscimi, in posti che non ho
visto mai…
Crowley chiede,
“Perché in cattedrale?” desolato,
intorpidito – dalla
gelata invernale, dal ghiaccio sul marciapiede che lo fa quasi
scivolare. E
Aziraphale – che è comprensivo, e paziente, e
capace di donare a tutti gli
imputati il beneficio del dubbio – risponde, “Mio
caro, è Natale,” e ascolta,
perché Aziraphale – Crowley lo sa, e ne abusa, ma
è questo che si fa, a volte –
Aziraphale ascolta sempre, anche la musica che non gli piace.
“E cambia la musica alla
radio, per Dio, è tutta la settimana che hai
dentro lo stesso CD.” Anche se per poco, che non è
per forza un difetto, alla
fine.
Crowley dice, “Spencer
Davis non è morto di polmonite per farsi dire di
star zitto, angelo,” e la discussione finisce così
– con una smorfia, e il CD
che continua a girare.
E’ la notte –
a metà, o come si dice – di Natale, quando Crowley
e
Aziraphale viaggiano nel traffico della Grande Londra a ritmo di dita
che
picchiano sul bel volante di pelle – di sguardi che si
incrociano per sbaglio,
di passanti, andanti, fumanti di condensa, come draghi. Ci sono gruppi
di
persone ben vestite dirette verso la chiesa, e quando arrivano, Crowley
sosta
davanti alla grande piazza frontale, e la osserva – schiva
con gli occhi le figure
nere ed indistinguibili dei credenti che si avvicinano per entrare,
approcciano
il portone, e arriva alla facciata della cattedrale, ne osserva la
bellezza con
un sopracciglio alzato. E c’è esitazione
– Aziraphale si infila i guanti con
calma, dito per dito, si sistema la sciarpa di cashmere e il papillon,
e guarda
fuori, stringe le mani.
Dice, “Sai,”
ed è desolato, intorpidito – da un sentimento
indistinguibile
e privato, proibito, e non dal freddo, anche se ha il naso rosso e si
stringe
nelle spalle, “Potresti entrare anche tu, adesso.”
Crowley ammira il suo profilo,
imparziale – ne osserva i minuti peli sulle
guance, l’alone bianco delle luci fuori dal finestrino che
baciano la sua
silhouette, il doppio mento, la curva morbida delle sopracciglia
contratte,
dolcemente, la mano che accarezza la maniglia per uscire – e
non risponde, non
subito, perché di fatto – e come potrebbe mai
ammetterglielo, Crowley, a petto
pieno, a petto in fuori, altezzoso, a dispetto del contesto –
e lo sa, che non
è richiesto, che sia orgoglioso, che alzi il mento
– che allunghi una mano e
gli offra dei soldi come carte del poker, dicendogli, “Sono
per l’offerta,
dalli al posto mio,” – ma per quanto facile, di
fatto, non vuole dirgli di no.
Sospira – sospirano
entrambi, cambia il clima, si mordono le labbra, e
Aziraphale ancora non scende dalla macchina.
“Non cerco salvezza,
angelo, e nemmeno posso cercarla, anche volendo,”
balbetta, Crowley, titubante, “Non sono ben accolto in un
posto del genere, lo
sai, no? Capisci cosa voglio dire?”
“Certo,”
risponde – Aziraphale, che prende i soldi e gli sorride, li
chiude
tra le dita, cosa preziosa, “Anche se, francamente, Crowley,
non penso tu ne
abbia bisogno.”
C’è un
momento di tenero silenzio, prima che Aziraphale si sporga –
con il
braccio, il braccio, solamente – e allunghi le dita, gliele
appoggi sulle sue.
Per poco; “Buon Natale,” dice, sorride di nuovo,
sincero ed infelice, ed esce
dalla macchina, si chiude la portiera alle spalle.
E Crowley aspetta.