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Autore: My Pride    23/12/2021    1 recensioni
~ Raccolta di flash fiction/one-shot incentrate sui membri della Bat-family ♥
» 200. Cospiracy ~ Bernard x Tim
Non è la prima volta che Bernard passa un mucchio di tempo al computer, ma non gli è mai capitato di starsene quasi mezza giornata alla ricerca di chissà cosa tra forum che parlano di supereroi, siti dedicati e informazioni che dovrebbero teoricamente arrivare dal cosiddetto “dark web”.
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Slash | Personaggi: Bruce Wayne, Damian Wayne, Jason Todd, Jonathan Samuel Kent, Richard Grayson
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Sweet dreams, beloved Titolo: (Sweet dreams, beloved) نوماً هنيئاً, حبيبي
Autore: My Pride
Fandom: Super Sons
Tipologia: One-shot [ 2290 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Damian Bruce Wayne, Richard John Grayson, Jonathan Samuel Kent

Rating: Giallo
Genere: Generale, Slice of life, Fluff

Avvertimenti: What if?, Hurt/Comfort, Slash
Just stop for a minute and smile: 23. "Non ti stavo ascoltando... dicevi?"
Advent Calendar: 80. Cane


BATMAN © 1939Bob Kane/DC. All Rights Reserved.

    Jon non avrebbe voluto farlo, eppure era successo.
    Se ne stava sdraiato sul divano con un libro di fisica quantistica in faccia, sbadigliando annoiato di tanto in tanto, quando alle sue orecchie era improvvisamente giunto il battito accelerato di Damian. Aveva sgranato gli occhi e, più veloce della luce, era volato così in fretta da lui da infrangere la barriera del suono... e un bel paio di finestre nell'appartamento di Richard lì a Gotham, dove aveva trovato Damian sommerso di cuccioli di pitbull. Oh. Aspetta un momento...
    «...che diavolo fai, J?» si fece sentire la voce scettica di Damian al di sotto di quella massa informe di pellicce, zampette e lingue, riuscendo a gettare uno sguardo all’amico che, all'occhiata di biasimo del padrone di casa, era divenuto rosso fino alle orecchie.
    «…scusa?» provò Jon in preda all’imbarazzo, e Dick roteò gli occhi, finendo di addobbare l’albero che aveva nell’enorme salone. Era un miracolo che non avesse fatto scoppiare anche quello.
    «Non mi dispiace che tu venga a trovarci, ma cosa ne diresti di sistemare le finestre ed evitare di far morire assiderati noi poveri mortali?» esordì pacatamente Dick, facendo vergognare Jon ancora di più prima che, borbottando ancora delle scuse, venisse spedito al piano di sotto per recuperare delle lastre di vetro, non avendo nemmeno il coraggio di chiedere perché Dick le conservasse addirittura in un intero piano. I pipistrelli erano forse abituati ad improvvisate del genere?
    Jon ci mise più tempo del previsto, sentendo ad ogni movimento lo sguardo di Damian su di sé. Sapeva che lo aveva fatto di proposito mentre, seduto sul divano, carezzava tutti quei cuccioli, che facevano a gara fra loro per ricevere più coccole possibili da lui; Jon aveva cercato di non dare a vedere quanto la cosa lo mettesse a disagio, ma cosa avrebbe potuto dire? Era lui l’idiota che si era precipitato lì dentro solo perché aveva ascoltato il battito cardiaco del suo migliore amico.
    Oh, Rao. Se solo ci pensava, si rendeva conto di quanto la cosa fosse inquietante. Quindi tacque per tutto il tempo, almeno finché Dick, soddisfatto del suo operato, non lo invitò a sedersi con loro per una tazza colma di eggnog. Nel suo ci aveva aggiunto un goccio di brandy, Jon ne riusciva a sentire l’odore nonostante la noce moscata.
    «Allora», cominciò Dick mentre sorseggiava la sua bevanda. «Ultimamente hai deciso di emulare tuo fratello Conner e di farmi spendere più soldi del dovuto in finestre?»
    Per quanto il tono suonasse divertito, Jon avvampò. Beh, questo almeno spiegava perché avesse tutte quelle lastre di vetro di sotto. «Scusa, Dick», ribadì ancora mentre si rigirava la tazza fra le mani, accennando un sorriso quando uno dei cuccioli si avvicinò e lui, incerto, allungò la mano per carezzargli il muso. «Hai deciso di tenerli tutti?»
    «Grayson vorrebbe darli via, cercavo di convincerlo che alla villa avrebbero tutto lo spazio necessario», si intromise Damian, al che Dick scosse la testa.
    «Bruce mi ammazzerebbe, Little D».
    «Ti correggo, Grayson. Potrebbe ardentemente argomentare che sia una pessima idea, sbottarti contro che villa Wayne non è uno zoo e che basto già io a portargli animali in casa, ma non ti ucciderebbe. Batman non uccide».
    «…era in senso figurato, Damian».
    Jon ridacchiò al battibecco tra i due fratelli, nuovamente rilassato. Negli ultimi tempi era stato con i nervi così a fior di pelle che era bello passare un po’ di tempo in quel modo, soprattutto con tutto lo studio all’università e con sua madre e suo padre impegnati con il lavoro nonostante fossero quasi sotto natale. Aveva pensato di passare un po’ di tempo a Smallville coi nonni o con Conner, ma aveva scartato immediatamente l’idea per non invadere la nuova intimità che stava cominciando ad avere con Tim… e forse in realtà quella era tutta una scusa per non ammettere il vero motivo per cui aveva tergiversato così tanto per prendere una vera e propria decisione.
    «A te come vanno le cose, Jonathan?»
    Jon sussultò nel sentire la mano di Dick che si abbatteva sulla sua spalla, osservandolo stranito e con tanto d’occhi. Non si era neppure accorto di aver smesso di carezzare il cucciolo, e guardò Richard con fare smarrito.
    «Scusa. Non ti stavo ascoltando... dicevi?
» chiese senza nemmeno rifletterci, e Dick sbuffò ilare nel bere un altro sorso di eggnog.
    «Tu e Damian siete impegnati con l’università», ripeté paziente. «E so che questo secchione» ignorò il risentito “Ehi!” che Damian si lasciò scappare, «segue più corsi di quanto dovrebbe fare un normale studente. Tu cosa stai combinando?»
    Jon gettò un’occhiata a Damian e nascose il sorriso che gli si dipinse sulle labbra nel vedere il modo in cui aveva arricciato il naso, cercando di non pensare a quanto sembrasse carino come se qualcuno in quella stanza potesse udire i suoi pensieri. Sarebbe stato alquanto sconveniente. «Sopravvivo», scherzò, e la cosa parve stranamente divertire Dick, il quale rise e gli batté nuovamente una mano sulla spalla, stavolta più forte; e se ne pentì quando si fece un po’ male, seppur borbottando divertito.
    «Sono contento che almeno uno dei due abbia senso dell’umorismo».
    Damian schioccò la lingua sotto il palato. «Ho molto senso dell’umorismo, Grayson. Sei tu a non capirlo».
    «Spesso non lo capisco nemmeno io, D», ridacchiò Jon, venendo fulminato all’istante. Aprì la bocca per replicare con un’altra battuta, ma si freddò all’istante quando le sue orecchie registrarono delle grida a non molti isolati da lì, poi l’odore di fumo e carne bruciata gli riempì le narici al punto che quasi gli venne da vomitare, tanto che si portò immediatamente una mano alla bocca.
    «Jon?»
    «J?»
    La testa gli doleva e sentiva gli occhi in fiamme, ma aveva colto la nota preoccupata nella voce dei due. «Un incendio. Urla. Sulla Avenue».
    «Firefly», dissero Dick e Damian all’unisono, scattando letteralmente in piedi prima ancora che Jon potesse registrarlo; non ci vollero più di dieci minuti a raggiungere quell’edificio in fiamme una volta che furono entrambi nei panni di Nightwing e Redbird, e Jon stesso cercò di essere d’aiuto nel tentativo di contenere i danni.
    Era una scena surreale e si sentiva bombardato dagli odori e dai suoni e dalle urla che echeggiavano nella sua testa, trattenendo l’ennesimo conato di vomito quando l’odore del grasso bruciato si insinuò nelle narici; mentre i due vigilanti si occupavano di Firefly, lui provò ad aiutare i vigili del fuoco a domare le fiamme, prendendo un gran respiro per spegnere la maggior parte dell’incendio ed evitare che il fuoco lambisse anche gli edifici vicini; stava quasi per spegnere gli ultimi residui quando qualcosa all’interno di un appartamento esplose in una voragine di fuoco e vetri infranti, facendo divampare nuovamente l’incendio sotto lo sguardo incredulo di Jon.
    Nel sentir piangere, Jon non ci pensò due volte: si fiondò all’interno dell’edificio e si coprì la bocca col mantello per evitare di respirare il fumo nocivo, senza curarsi delle fiamme che lambivano le sue gambe e aggredivano le sue braccia; trovò uno dei vigili bloccato sotto ad una trave e non esitò a liberarlo per caricarselo in spalla, riuscendo a trovare la bambina che piangeva usando la vista a raggi X prima di portarli entrambi fuori da lì. Stava per tornare all’interno e recuperare l’altro uomo chiuso nel suo appartamento quando qualcosa venne lanciato verso di lui a tutta velocità, e andò a sbattere contro la fiancata dell’edificio così forte che per un momento si sentì stordito prima di sentire il suo intero corpo andare in fiamme e urlare a squarciagola, finché il suo mondo non si ridusse a completo silenzio.
    Si risvegliò solo quelle che gli parvero essere ore dopo, con la testa che gli doleva e le orecchie ronzanti come un alveare. Grugnendo, Jon ci mise un attimo di troppo per capire che quello che stava dormendo al suo fianco era uno dei cuccioli di Haley, e dovette spremersi le meningi per fare mente locale e cercare di ricordare cosa fosse accaduto; quando ci riuscì e si ricordò dell’edificio e di Firefly, scattò a sedere così in fretta che il cucciolo, disturbato, gli ringhiò contro, e Jon gli chiese automaticamente scusa prima di guardarsi intorno. Era nella camera degli ospiti dell’appartamento di Dick, con talmente tante coperte addosso che per un momento ebbe caldo al solo pensiero, e nella penombra vide gli altri cuccioli acciambellati nella loro cuccia di stoffa accanto alla madre.
    «Ti sei svegliato?»
    Damian, appena sopraggiunto con addosso una vestaglia e delle babbucce col simbolo di Batman, lo stava osservando con un’espressione che Jon, ne era certo, gli aveva visto dopo quando avevano combattuto contro i Titans del futuro. Appariva ansioso e preoccupato, per quanto stesse cercando di nascondere tutto sotto la sua solita maschera di altezzosa indifferenza.
    «Io… cos’è successo?» chiese, massaggiandosi la fronte. Era la prima volta che si sentiva così e non sapeva cosa pensare.
    «Firefly è uno stronzo, ma è uno stronzo con degli agganci. Ti ha colpito con oltre tremila joules al secondo», affermò come se fosse ovvio, ma Jon gemette. Gli faceva già abbastanza male la testa senza che ci si mettesse anche lui.
    «…in parole povere, D?»
    Damian sollevò lo sguardo al soffitto, quasi fosse infastidito. «Ha usato una specie di... capsula solare colma di radiazioni su vasta scala, più di quanto il tuo corpo mezzo kryptoniano potesse sopportare», gli spiegò spiccio. «Hai avuto un incremento di poteri e sei collassato. Grayson e gli altri si sono occupati di Firefly e del resto delle persone intrappolate nell’edificio, io ti ho riportato qui. Sappi che sei pesante».
    Seppur ancora piuttosto intontito, Jon si accasciò nuovamente col capo sul cuscino e chiuse gli occhi, carezzando la testa di quel cucciolo che si era letteralmente ficcato sotto il suo braccio. «Scusa», sussurrò, sentendo la gola secca. «A quanto pare non serve un Super per risolvere i problemi a Gotham, eh… ?» provò a metterla sull’ironico, sentendo ben presto una pezza bagnata sulla fronte. Rialzò una palpebra con fare curioso, incontrando gli occhi verdi di Damian che lo scrutavano mentre se ne stava seduto sul bordo del letto. Un po’ si imbarazzò, e ringraziò il fatto di essere già arrossato di suo per non dover essere costretto a dare spiegazioni.
    «Non pensarci, J. Prova a dormire», gli consigliò Damian, e Jon dovette davvero far leva su tutta la sua forza di volontà per non allungare una mano verso di lui, carezzargli una guancia e attirarlo a sé.
    Basta, Jon. Niente pensieri del genere sul tuo migliore amico. Si disse mentalmente, borbottando qualcosa fra sé e sé prima di riabbassare le palpebre e godersi nonostante tutto quelle attenzioni. Sapeva di essere ingiusto con sé stesso, di illudersi per qualcosa che non sarebbe mai successo, ma era davvero così sbagliato, mentre se ne stava sdraiato su quel letto, fantasticare che avrebbe voluto che entrambi si prendessero cura l’uno dell’altro ben più come semplici amici? Sì, probabilmente era sbagliato ed era la febbriciattola che si era impossessata del suo corpo a fargli pensare cose del genere.
    Non si rese nemmeno conto di essersi riaddormentato e di essersi mosso in continuazione su quel letto, aveva solo mosso un piede con fare infastidito quando uno dei cuccioli aveva cominciato a mordicchiargli i piedi, ma quando aveva riaperto gli occhi e aveva visto Damian sonnecchiare accanto a lui, aveva perso un battito. Ed era una fortuna che Damian non possedesse il super udito. Dick non si vedeva da nessuna parte e forse era ancora fuori ad occuparsi di Gotham, persino quando provò a concentrarsi non gli parve di sentirlo, così scivolò un po’ più vicino a Damian e si girò su un fianco, osservandolo dormire prima di darsi dell'idiota. Era davvero senza speranza.
    «Hai finito di fissarmi?»
    Jon per poco non urlò, tossendo qualche momento dopo. «Cosa… come…»
    «Te l’ho già detto una volta, J. Sono stato addestrato a dormire per brevi periodi. Metà del mio cervello dorme e l’altra metà lavora». Damian, tutto sommato, non sembrava infastidito dalla vicinanza, tanto che aprì gli occhi come se nulla fosse prima di allungare una mano verso Jon, poggiando il palmo sulla sua fronte. «Mhn. Scotti ancora. Torna a dormire».
    «Sto bene», borbottò, anche se aveva ancora il volto pallido e si sentiva un po’ scosso dai brividi, tanto che fu Damian stesso a spingerlo nuovamente col capo sul cuscino dopo avergli schiaffato una pezza bagnata sul viso.
    «Anche un ragazzo d’acciaio ha bisogno di riposare», tagliò corto Damian, e Jon, nonostante le brevi proteste, lasciò correre. Era… una bella sensazione e si sentiva abbastanza al sicuro per potersi rilassare davvero, sentendo le palpebre pesanti mentre cercava di non crollare come una pera cotta, per quanto fosse scosso dai brividi e fosse decisamente stanco. 
    Era così che si sentivano i normali esseri umani quando stavano male? Come se si trovassero su un'altalena di sensazioni che scuotevano le membra con ondate di calore e di gelo in continuazione? Non lo sapeva, ma il suo corpo sembrò voler prendere il sopravvento sulla sua razionalità e finì col sistemarsi contro Damian, sentendolo irrigidirsi solo per un momento prima che cominciasse a passargli delicatamente una mano fra i capelli, districando i nodi dei suoi ricci ribelli e sussurrando qualche parola in arabo.
    Non aveva idea di che cosa stesse dicendo ma, nonostante tutto, Jon sorrise. E chiuse gli occhi, rilassandosi nel calore di quel cucciolo accoccolato al suo fianco e con la voce di Damian che, come una dolce nenia, lo accompagnava nel sonno.



«نوماً هنيئاً, حبيبي».
(Sogni d'oro, amato)





_Note inconcludenti dell'autrice
Anche questa storia è stata scritta per l
' #adventarcalendar indetto sul gruppo facebook Hurt/comfort Italia
Ho volutamente scelto di utilizzare il titolo in arabo (richiamato anche dalle frasi finali, che sono per l'appunto le frasi che Damian mormora a Jon mentre è nel suo strano dormiveglia) perché erano più di impatto riguardo a ciò che volevo comunicare nella storia (un po' come le frasi che di tanto in tanto spuntano nella raccolta Smile in a cornfield ~ a flower that has the breath of a thousand sunset
Qui Jon ha realizzato i suoi sentimenti per Damian, ma non ha ancora capito che Damian li ricambia allo stesso modo... ne hanno di strada da fare prima di confessare l'uno all'altro i loro sentimenti, questi due. Ma ci riusciranno ;)
Commenti e critiche, ovviamente, son sempre accetti
A presto! ♥



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