Anime & Manga > Lady Oscar
Segui la storia  |       
Autore: Dorabella27    23/12/2021    11 recensioni
Qualche tempo fa, nel mese di luglio, pubblicai su questa piattaforma un racconto, una one shot cross over ispirata non solo ai personaggi di Ryoko Ikdea, ma anche al mio romanzo preferito, quello che mi ha fulminato sin da quando ero poco più che bambina, tanto da tradurmelo io stessa da sola dal francese, quello che, da sempre, ho associato a Oscar e André, quando immaginavo di vedere addirittura i personaggi dell'anime sbucare tra le inquadrature del film tratto dal libro, visto e rivisto sino allo sfinimento.
La one shot, "Aveva uno scopo", è stata accolta da un insolito favore, e molti mi hanno chiesto, anche in privato, un seguito, in cui ho cercato e cercherò, come spesso faccio, di alternare toni e sfumature. E dunque, ecco qui: la one shot diventa il primo capitolo di una long - non molto long, se mi conoscete bene, ormai - e, di seguito al primo capitolo, che qualcuno di voi conosce già, troverete subito il secondo. Come vi ricorderete, ci troviamo in una mattinata nevosa del dicembre 1782, e, in quel clima ovattato e fatato, il Comandante delle Guardie Reali, Oscar François de Jarjayes riceve una singolare richiesta ...
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes, Victor Clemente Girodelle
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
VIII -Ritorno a casa con sorpresa
 
1 - "I miei più cortesi ringraziamenti, Marchesa, con i miei auguri di buon Natale", sussurrò Oscar, sfiorando con le labbra, imbarazzata, il dorso della mano della de Merteuil.
 
"Buon Natale a voi, Colonnello. E buon compleanno", furono le parole che accompagnarono Oscar mentre varcava la soglia della sala da pranzo, che dava su un corridoio affrescato con la storia di Amore e Psiche.
 
Normalmente, di fronte al chiacchiericcio delle dame, ai discorsi salottieri, che avevano come oggetto l'amore, i sentimenti, le relazioni fra uomini e donne, Oscar taceva, e, se proprio non poteva, con qualche pretesto, allontanarsi, assisteva impassibile, senza farsi coinvolgere, e immaginando che, fra sé e quei conversatori scioperati, vi fosse uno schermo di vetro trasparente: loro potevano vederla, ma non potevano toccarla né raggiungerla, con le loro parole mordaci, i loro apprezzamenti sussurrati a bassa voce, le loro allusioni coperte da risatine. Ma di fronte alla Marchesa, forse per la prima volta in vita sua, si era sentita nuda, scoperta, come uno spadaccino ancora alle prime armi che scopra, durante un duello, di non sapere occultare né difendere i suoi punti deboli, e di non avere energia per rispondere alle stoccate dell'avversario.
Tornò a casa riflettendo, controvoglia, ma costretta, sulle parole della Marchesa de Merteuil.
 
Perché, nonostante, almeno teoricamente, io debba essere adirata con Voi, che avreste potuto bloccare la diffusione di quelle missive e non avete fatto nulla, a Natale siamo tutti più buoni, e io voglio farvi un regalo.
 
Un regalo! Certo! E che regalo!
 
Ma poi, pensò, che vantaggio avrebbe mai avuto la Marchesa, nel parlarle in quel modo?
Nessuno.
 
Badate, non sono una persona particolarmente predisposta alla generosità, ma Voi mi sembrate a tratti così ingenua, e così disarmata, nonostante la spada che portate sempre al fianco, aveva detto. E poi l’aveva chiamata “Madamigella”, come faceva Sua Maestà, certo, ma, in quel frangente, quasi a voler sottolineare la loro comune appartenenza al genere femminile.
 
La Marchesa l'aveva osservata.
Certo.
 
... Vorrei darvi un suggerimento: Non perdete altro tempo, Madamigella.
Come poteva "non perdere altro tempo", lei?
 
Se Fersen era lontano .... e se anche fosse tornato....
 
In quel momento, però, si rese conto che quella era la prima volta, da almeno tre giorni, che aveva pensato a Fersen. Prima, il viaggio verso Arras, la compagnia di André, ...l'increscioso incidente della sera prima ... i suoi pensieri, la notte, a letto, rivedendo con gli occhi della mente le mani di André addosso a Hortense, e poi ricordando, durante il tragitto della mattina verso la città, quel lontano giorno d'estate quando aveva avuto la bella idea di accendere un fuoco sotto un nido di vespe ... e in tutto quel tempo, se ne accorgeva adesso, con stupore, non aveva mai pensato a Fersen, nemmeno una volta.
 
"Fersen ... chi è Fersen?!", si chiese, insolitamente di buonumore, mentre la residenza Jarjayes si stagliava all'orizzonte, sotto la neve che aveva ricominciato a cadere leggera nel cielo indefinibile, senza colore, del primo pomeriggio invernale.
 
2 - Era talmente di buonumore che non fece caso nemmeno alla seconda carrozza che stazionava davanti all'ingresso.
 
        "Bentornato, Monsieur le Comte", la accolse Justine, con un inchino impeccabile, non appena ebbe varcata la soglia. "Vostra sorella, Madame la Comtesse de Brissac-Montségour, sta ricevendo nel salottino cinese, e gradirebbe che Vi uniste a lei e alla sua ospite Madame de Volanges per il cioccolatte".
 
        Oscar sospirò: detestava quegli incontri pomeridiani fra dame. E, soprattutto, in quel momento, non desiderava altro che vedere André. Il quale, un attimo dopo, aveva fatto capolino fuori dalla cucina, dove aveva passato la mattinata prima ad aspettare Oscar, e poi, dopo una veloce scappata ad Arras, ad aiutare Justine a preparare il pranzo per la Contessa Hortense e per la sua ospite, una vedova di mezza età, dalle guance cascanti e il tono di voce querulo, che la sorella di Oscar aveva accolto con insolite profferte d'affetto, abbracciandola addirittura, all'ingresso, e salutandola con un teatrale "Caaaaaara Marie-Louise, che piacere rivederti, e che dolore vederti in questo momento di afflizione. Vieni, vieni, povera cara, sarai certamente affranta dopo tutto quel che è accaduto".
 
        3 - André aveva portato a metà mattina un bricco di caffé alle due dame, che chiacchieravano fitto, Madame de Volanges tamponadosi, a intervalli troppo regolari per non essere accuratamente studiati, gli occhi con un fazzoletto ricamato, mentre André aveva solo colto lacerti di conversazione: "La mia povera Cécile..... quella serpe della Marchesa ..... in convento ...fiducia tradita ... le lettere .. un legame pericoloso... Il cavalier Danceny.... lezioni d’arpa ... fuggito a Malta ... Valmont ... seduttore .. .se avessi saputo .. .libero accesso a casa nostra ... chiave duplicata ... fidanzamento rotto ... e la dote! ... convento, clausura strettissima ... povera bambina mia ...". Quando André era entrato nel salottino, reggendo il vassoio con il bricco in ceramica e le tazze, naturalmente, Madame de Volanges e Hortense avevano taciuto, ostentando, di fronte a lui, una espressione che voleva essere forzatamente neutra, e che risultava, invece, fintamente indifferente.
 
"Hai ragione: meglio non parlare, di fronte a un servitore, cara...", aveva sussurrato, con tono rassicurante, Hortense, all'indirizzo della sua ospite, posandole le dita sulle mani che Madame de Volanges teneva incrociate sotto il seno, in una posa da Mater dolorosa che, colta da André mentre si allontanava, l'aveva profondamente disgustato.
 
        Ovviamente, André sapeva benissimo a che cosa facesse riferimento Madame de Volanges: le lettere che il Cavalier Danceny aveva diffuso avevano fatto in pochissimo tempo il giro dei salotti di Parigi, e in men che non si dica, nei pochissimi giorni intercorsi fra il duello fatale, che aveva condotto alla morte il Visconte di Valmont, e la partenza di Oscar e André per Arras, tutti i nobili, a Corte e negli hôtels particuliers, i grandi borghesi, e tutta la loro servitù, erano stati messi a parte del patto scellerato fra la Marchesa de Merteuil e il Visconte di Valmont, della rovina ordita a danno di Cécile de Volanges, colpevole soltanto di essere stata, inconsapevole vittima, promessa in sposa all'amante che aveva osato abbandonare la Marchesa, e di Madame de Tourvel, colpevole solo di essere stata troppo rigorosa e troppo virtuosa, e di essersi innamorata del Visconte, oltre che di aver suscitato in lui, per la prima volta, con il suo candore, un sentimento d'amore sincero e profondo.
 
 
        4 - André era rientrato nelle cucine, dove Justine stava controllando i conti di casa con Monsieur Laval, storico amministratore, da oltre trent'anni, delle proprietà della famiglia Jarjayes, che aveva sostituito in quel ruolo il padre, il quale, a sua volta, era succeduto al nonno, morto alla scrivania dopo quarant'anni di onorato servizio, teso a rendere massimamente produttivi i campi e i vigneti della casata di cui Oscar era l'ultimo pollone.
 
        "Mademoiselle Legris, ma quanta panna avete usato questo mese! Che cosa ci fate mai, il bagno?!", aveva chiesto Monsieur Laval, scandalizzato, osservando la nota delle spese. "Per quanto, una pelle così bianca e morbida come la vostra non potrebbe essere tale se non in forza di periodici bagni nella panna", aveva aggiunto, con timida galanteria, venendo immediatamente ghiacciato da uno sguardo critico di Justine, freddo e tagliente come il vento che spirava dal Nord.
 
"Ma che cosa dite mai, Monsieur Laval!", aveva risposto Justine, scandalizzata, stringendosi nel suo scialletto grigio, e montando una smorfia acida. "Sapete benissimo che ho dovuto preparare, nei giorni scorsi, i dolci e i piatti per Madame la Comtesse de Brissac-Montségour e per Monsieur le Comte de Jarjayes, per poter imbandire loro dei pasti confacenti durante le festività!".
 
        "Ma io non scherzavo, Mademoiselle Legris", tentò debolemente di difendersi Monsieur Laval, "E se Poppea faceva il bagno nel latte d'asina per preservare lo splendore della sua pelle, è più che giusto che voi utilizziate la panna".
 
"Non dite sciocchezze", bofonchiò Justine, scuotendo la testa, "Passiamo piuttosto a controllare i conti del vino e del carbone".
 
        André, che guardava la scena con la coda dell'occhio, mentre era intento a rigovernare le tazze e il bricco, sorrise. Non era un mistero per nessuno che Monsieur Laval, un vedovo cinquantenne, alto, panciuto, dall'espressione attenta e bonaria, rimasto solo con due bambine dopo che la moglie, di vent'anni più giovane, era morta di polmonite, aveva un certo penchant per la governante di casa Jarjayes, la quale, da parte sua, perpetuamente rigida come uno stoccafisso e con l’espressione di chi avesse bevuto un bicchiere d’aceto a pasto, non lo degnava di uno sguardo, e accoglieva, anzi, i suoi goffi complimenti e tentativi di corteggiamento con aria critica, come se si trattasse di celie di pessimo gusto.
 
"Non solo io sono senza speranza", si sorprese a pensare, con un sorriso malinconico, mentre si apprestava a uscire, una volta sentito un passo e una voce familiare venire dall'ingresso, dopo che Justine l'aveva preceduto, per accogliere il Padrone che non si era visto per tutta la mattina.
 
"Oscar!", le disse André, mentre usciva dalle cucine, "Ma dove eri finita? Ti ho cercata dappertutto! Nemmeno il libraio nella piazza del Duomo ti ha vista!". Quel giorno, dopo un paio d'ore di attesa, infatti, André era montato a cavallo e si era diretto ad Arras, entrando, a colpo sicuro, nell'elegante e austera bottega del libraio, le cui pareti, tappezzate da scaffali di noce gremiti di volumi rilegati in cuoio, avevano regalato loro, fin da quando erano bambini, tante piacevoli ore, di fantasticherie e di letture clandestine, quando lui e Oscar passavano pomeriggi felici, nella polvere di quelle pagine che dischiudevano orizzonti sconosciuti.
 
"Che fai, adesso, André: ti sei messo a spiarmi?", gli aveva chiesto, tagliente, Oscar, pentendosi subito dopo.
 
"Oh, pazienza!", aveva pensato, fra sé e sé. "Cosa fatta, capo ha", si disse. E poi, cercando di comporre il viso a un sorriso, chiese: "Che ne diresti di leggere qualcosa per me?"
 
"Veramente", sussurrò debolmente Justine, quasi con timore, ripetendo l'invito diretto a Madamigella Oscar, cioè, a Monsieur le Comte, per conto della sorella, "La Contessa di Brissac-Montségour avrebbe il piacere di intrattenersi con voi, insieme a Madame de Volanges per ..."
 
        "Per una tazza di cioccolatte, lo so, ho sentito, Justine", le diede sulla voce Oscar, con quel tono che, appena leggermente spazientito, bastava a gettare in crisi la povera governante. "Ebbene, riferirete a mia sorella che sono molto dispiaciuta di non poter godere del suo invito e della compagnia squisita di Madame de Volanges, ma sono molto stanca e mi sono portata degli incartamenti relativi al mio incarico di Comandante da esaminare assolutamente, per cui mi ritiro subito nei miei appartamenti".
 
 
"Come desiderate, Monsieur le Comte", sussurrò Justine, ossequiosa, chinando il capo, e presagendo, con disagio, le parole sferzanti con cui la Contessa Hortense avrebbe accolto l'ambasciata che sarebbe stata costretta a portarle da parte del Colonnello Jarjayes.
 
Nel frattempo, Oscar stava salendo le scale, leggera e felice come una bambina, seguita da André, stupito, ma che, forse, iniziava a intravedere una luce in quel soggiorno così diverso da come se l'era immaginato al momento della partenza.
 
5 - "J’ouvris les yeux, je vis un homme blanc et de bonne mine qui soupirait, et qui disait entre ses dents: O che sciagura d’essere senza c...!"
André leggeva, con la sua bella voce calda e bassa, e Oscar aveva le lacrime agli occhi per le risate: il Candide era stata davvero un'ottima idea. L'avevano letto insieme, anni prima, la notte, alla luce di una sola candela sul comodino, da spegnere fulmineamente se avessero avuto sentore di essere stati scoperti, seminascosti sotto le coperte del letto di Oscar, con la consapevolezza di fare qualcosa di proibito, che avrebbe scatenato le ire dell'Abbé Armand e, soprattutto, del Generale, e avevano sempre riso come pazzi.
 
        Non avevano più parlato dell'increscioso incidente della notte precedente, e nemmeno André aveva tentato di sapere dove Oscar fosse stata per tutta quella mattinata; gli bastava vedere, adesso, il viso di lei illuminato dalle risate argentine che le strappavano le disavventure di Candide, Pangloss e Cunégonde, e pazienza se, con ogni probabilità, la Contessa Hortense e la sua ospite, sentendo le risa provenienti dal fondo del corridoio, dove si trovava la biblioteca, nelle cui calde e morbide poltrone imbottite Oscar e André si erano rifugiati, potevano con ragione dubitare che quelli fossero indizi tali da indicare che il Colonnello Jarjayes fosse immerso nel lavoro, e che, anzi, avesse talmente in dispregio la loro presenza da non preoccuparsi nemmeno di fingere di essere impegnato nell'analisi di importanti documenti e piante topografiche e militari.
 
        E mentre André leggeva, modulando la voce, per interpretare ora questo ora quel personaggio del libro, Oscar, messasi in libertà nella sua comoda, semplice ed elegante tenuta da casa, camicia bianca e pantaloni di fustagno, sollevando appena lo sguardo da sopra il bicchiere di cognac, ripensava alle parole della Marchesa, e a tutte le volte che André era stato con lei, testimone silenzioso, eppure parte indispensabile della sua vita. 
 
         Pensava a come era stata, evidentemente, trasparente, agli occhi di una fine osservatrice come la Marchesa de Merteuil; pensava al fatto che André le voleva bene, molto bene, e questo era evidente a tutti, e forse ... anche più che bene; ma pensava anche al fatto che non c'era quasi giorno della sua vita, di cui avesse memoria, senza di lui; pensava a come, se André non c'era, si sentisse vuota; pensava alla sensazione di calore e di dolcezza che l'aveva pervasa quando lui era arrivato, sotto la pioggia battente, mentre tornava da quell'umiliante e dolorosa ambasciata a Fersen, anni prima, e, senza una parola, le aveva messo sulle spalle il suo mantello; pensava alle passeggiate per i roseti di casa, casa loro, parlando di mille cose, parlando di Rosalie, di come poterla aiutare, dei progressi nella sua educazione; pensava alle risate che si sentiva libera di fare solo con lui, al piacere con cui comprendeva che André indovinava i suoi pensieri, a quel torcersi dello stomaco, a quella sensazione di piacevole mancamento provata in un lontano pomeriggio di fine agosto, quando aveva sentito le sue labbra sulla sua coscia ...
 
Possibile che....?
Possibile?
 Era davvero possibile???
Anche per lei, anche per una donna come lei?
 
"Ammettilo, Oscar, ti è andata bene: avresti potuto passare un pomeriggio atroce, facendoti una cultura a base di pettegolezzi femminili noiosissimi!". Le parole di André, caricate di quella sua intonazione ironica che sfumava nel beffardo, interruppero bruscamente il giro dei suoi pensieri.
 
        "Che cosa vorresti dire, André?", scattò lei, come punta sul vivo, con quella puntigliosità permalosa che le si risvegliava improvvisamente, "Che i pettegolezzi sono cose da donne? E che una donna resta sempre una donna, e dunque dovrebbe restare confinata  nei salotti?!".
 
"Oscar! Ma che stai dicendo?! Tu venire a dire queste cose? A ME?!"
 
"Rispondi, André! È importante, per me!", gli intimò lei, balzando in piedi con impeto, tanto da rovesciare la poltrona dietro di sé. Ora gli stava di fronte, sovrastandolo, mentre André era ancora seduto, incredulo di fronte alla furia che si era accesa nei suoi occhi color fiordaliso, e la fissava, mentre Oscar aveva la bocca contratta in una espressione dura, i pugni chiusi levati all'altezza del petto.
 
"Oscar", cercò di ammansirla, alzandosi con calma e prendendole, dolcemente, i pugni chiusi fra le mani, "Cerca di ragionare. Non volevo dire nulla di offensivo, e, se per errore mi è invece uscito di bocca qualcosa che potrebbe esserti sembrato tale, mi scuso; ma, credimi, non intendevo urtarti in alcun modo. Calmati: mi sembra che questa licenza ad Arras, invece che risultare riposante e distensiva, ti abbia scosso i nervi".
 
"Scosso i nervi??!!", tuonò Oscar, con furia raddoppiata, come se le parole pacate di André avessero acceso, invece che smorzato, la sua ira.  "I NERVI!!! Come a una donnicciola qualsiasi!!!! Quando non sapete che cosa dire per zittire una donna, ecco che andate a parlare di NERVI! Io non ho NERVI, hai capito, André?! IO NON HO NERVI".
 
"Oscar, ragiona! Sei fuori di te!", scappò detto ad André. E riuscì a stento a concludere la seconda affermazione, perché quella, divincolatasi di scatto, gli diede un potente ceffone sulla guancia destra.
 
"André, tu non capisci assolutamente NULLA! Come sempre!", gridò, mentre usciva infuriata dalla stanza, e si avviava, con passi lunghi e affrettati, fuori dalla porta, lungo il corridoio, e poi fuori di casa, seguita dallo sguardo esterrefatto di André, e da quelli preoccupati delle cameriere, di Mademoiselle Legris, e della sorella Hortense e di Madame de Volanges, le quali, sporgendosi curiosamente dallo spacco della porta semichiusa del salottino cinese, avevano osservato stranite Oscar che si allontanava a grandi passi furiosi.
 
6 -  "Accidenti a te, Oscar, ma dove sei finita?", aveva mormorato André fra sé, davanti ai vetri della finestra della biblioteca.
Il giorno ormai moriva nel crepuscolo invernale, e la neve aveva ricominciato a cadere copiosa. E Oscar era uscita, chi sa dove, da oltre un'ora, senza giustacuore né mantello, e senza prendere con sé César, come aveva subito appurato André, controllando nelle scuderie.
 
"Fa molto freddo, e Madamigella Oscar, cioè, Monsieur le Comte, è uscito senza giacca e senza mantello", disse preoccupata Justine, stringendosi nelle braccia conserte, sotto lo scialletto di lana pesante, mentre, accanto a Monsieur André, scrutava dalla finestra, sperando di vedere stagliarsi in lontananza la figura del Colonnello Jarjayes.
 
"Di sicuro si prenderà un malanno", aggiunse la governante, preoccupata.
 
"Oh, non drammatizzate, Justine: mia sorella ha sempre avuto una salute di ferro; non sarà certo una passeggiata sotto la neve a nuocerle", intervenne con tono noncurante, alzando la mano con un gesto vago, la Contessa Hortense, seduta nella poltrona sulla quale prima aveva preso posto André, mentre Madame de Volanges si era accomodata sulla poltrona dove era seduta Oscar, prontamente rialzata, fra mille scuse cerimoniose, dalla governante.
Ma, nonostante la sicurezza ostentata, anche Hortense era in ansia: André, volgendosi, colse nei suoi occhi uno sguardo preoccupato, e la mano con cui reggeva la sua chicchera con il caffé preparato da Justine per ristorare la Contessa e la sua ospite durante l'attesa, tremava  mentre Hortense la portava alla bocca.
 
        Ormai, il cielo grigio-biancastro stava incupendosi, perdendo la timida luce che aveva in quella giornata di poco successiva al solstizio; mentre si faceva sera e il buio calava, il freddo aumentava.
La neve continuava a cadere, e, dietro le spalle di André e Justine, timidamente, era avanzato l'amministratore, Monsieur Laval; sulla soglia della biblioteca, si era fermata, torcendosi le mani, la vecchia cuoca, Jeanne, insieme a Marie, la cameriera personale della Contessa Hortense, e a uno dei lacché: tutti preoccupati al pensiero di dove potesse essere finito Monsieur le Comte.
 
        "Che diamine!", esclamò André, "non può restare al freddo così a lungo!". E scese le scale di slancio, prendendo i due mantelli, il suo e quello di Oscar, che erano appesi a un gancio accanto alla porta, coprendosi al volo con il suo e infilando la porta, in direzione del parco."Per adirata che sia", pensava André, "e per quanto voglia restare sola, in questi momenti, Oscar non può certo aver deciso di morire assiderata, uscendo di casa con addosso solo la camicia mentre nevica!". E si avviò, alla cieca, ma pieno di speranza, verso il parco della tenuta.
 Si era avventurato nel parco di querce, che stava assumendo una parvenza spettrale, quando la vide.
 
7 -  Era caduta, come una stupida, scivolando sullo strato di ghiaccio appena coperto dalla neve fresca, e, cercando di raddrizzarsi, aveva messo il piede destro in fallo, piegando malamente la caviglia, e finendo sonoramente a terra.
 Aveva cercato di rialzarsi, appoggiandosi al tronco di una delle querce del parco, ma si era resa conto che, sotto lo stivale, la caviglia doveva avere iniziato a gonfiarsi, e che appoggiare il piede destro le causava un gran dolore.
“Non sarà certo una caviglia gonfia a fermarmi!”, si disse, ostinata, cercando di procedere, inoltrandosi nel folto delle querce. Voleva stare sola, sbollire la rabbia, verso André che l’aveva, evidentemente, considerata come una donnicciola qualsiasi, una che ha i nervi, e che dai nervi si fa dominare.
Ricordava qualche mese prima, dopo una sfuriata nei confronti di una recluta della Guardia Reale - un ragazzo poco concentrato e disattento, perennemente con l’uniforme in disordine e che dopo due settimane ancora non aveva imparato a marciare al passo; era stata severa, e financo sferzante, credendo di stimolare il giusto orgoglio di quel giovane cadetto appena arrivato a Parigi dall’Alvernia; e invece, poche ore dopo, sotto la finestra aperta del suo ufficio, l’aveva sentito mentre raccontava a un compagno d’armi della reprimenda ricevuta, e aggiungeva, mordace: “Era proprio di malumore, il Comandante: forse sono quei giorni del mese!”. La risata, sua e dell’altro soldato, l’aveva fatta infuriare: perché mai quell’inetto doveva giustificare le proprie manchevolezze evocando il suo essere donna? Come se lei lo avesse mai fatto pesare, o vi avesse mai fatto riferimento; ma André, che era accanto a lei, intenta a firmare dei documenti che gli avrebbe poi consegnato, perché li portasse nell’ufficio di Girodelle, le aveva appena sfiorato il braccio, facendole cenno di non prendersela.
 
Caro André ...
Ah no! Caro un bel niente! Adesso faceva lui riferimento ai suoi presunti nervi ! Ah, ma appena fosse tornata a casa, gliel’avrebbe fatta vedere lei! Il discorso non finiva certo così...
 
Fece due passi, e scivolò ancora a terra, questa volta battendo con violenza l’osso sacro contro una radice nodosa, appena coperta dalla neve.
 
Provò a rialzarsi,  con fatica, e pensò che, dopo tutto, quella passeggiata solitaria poteva dirsi conclusa, e che era meglio tornare verso casa. Certo, aveva camminato per quasi un’ora, e si era molto addentrata nel bosco di querce; ora, rallentata da quella caviglia che non voleva saperne di urlare ogni volta che posava il piede a terra, ci avrebbe messo molto di più per tornare indietro. E, maledizione, cominciava davvero ad avere freddo, molto freddo, dato che era uscita di corsa senza infilarsi il giustacuore e senza mantello: “Accidenti a te, André!”, si disse, piccata contro di lui, e realizzando subito dopo che se era uscita di slancio, in pieno inverno, vestita come per una passeggiata nel mese di aprile, era solo colpa sua.
 
“Oh, insomma!”, si disse, “In fin dei conti sono un soldato! Che grande ostacolo sarà mai una caviglia slogata?!”, minimizzò fra sé.
 
Tentò, ancora una volta, di appoggiarsi al tronco di una quercia, per sorreggere il suo passo, ma l’albero era un po’ troppo lontano, e così Oscar cadde ancora. Se non avesse avuto quasi ventisette anni, si sarebbe messa a piangere, snervata, sì, snervata.
 
 Che idea! Prendersi una polmonite in pieno inverno!
Chi sa che cosa avrebbe detto Nanny, se fosse stata anche lei ad Arras!
E non osava pensare allo stato  in cui si sarebbe svegliata l’indomani!
SE si fosse svegliata l’indomani ... tutti i racconti paurosi sulla morte per assideramento che aveva letto in quegli anni, documentandosi sui libri di geografi ed esploratori penetrati nel grande Nord dell’America, le ritornavano in mente, insieme a una profonda sensazione di disagio. Ma via ... cercò di razionalizzare ... assiderata ... nel parco di casa ... assurdo! Tutti sapevano dove era andata ... o no? Ora doveva solo alzarsi e non lasciarsi vincere da quei pensieri da ... da .... donnicciola con i nervi?
(E comunque una polmonite si può facilmente rimediare anche nel giardino di casa, le ricordò la solita vocina petultante nella sua testa).
 
“Oh! Accidenti, accidenti, ACCIDENTI!”, esclamò, esasperata, quando ecco che vide una figura familiare avvicinarsi.
 
André!!”, esclamò, illuminandosi. Possibile che fosse venuto a cercarla?!
 
 
Un senso di calore e di consolazione le scese nel petto, e, anche se si era ripromessa di mostrarsi adirata e imbronciata, non poté che atteggiare il volto a un sorriso.
 
Cercò di rialzarsi, maledestramente, mentre lui, senza una parola, chinandosi su di lei, la prese fra le braccia, la guancia fredda contro la sua gelata, i nasi che si sfioravano, il ciuffo nero che sfuggiva dal nastro, bagnato di neve, che le sfiorava i capelli biondi sulla fronte, la bocca illividita che quasi sfiorava la sua.
 
“Chiedi scusa”, le disse, in un soffio. “Chiedi scusa, adesso”, le ripeté, mentre lei affondava il viso nella sua spalla e lui la copriva con il mantello.
++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++
 
 
Ringrazio per la bellissima Fan art Galla88, ormai mia vittima sacrificale, che lavora “alla cieca” con poche indicazioni di massima e tanta fantasia...e pazienza!
++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++
E così ci siamo....che ve ne pare? Manca ancora un capitolo, piuttosto lungo, che spero di potervi proporre entro la mattina di Natale, o al più tardi nel pomeriggio del 25. 
Grazie per avermi seguito sino a qui|.
   
 
Leggi le 11 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Lady Oscar / Vai alla pagina dell'autore: Dorabella27