Socchiuse gli occhi quando l’eco della risatina di una giovane cameriera arrivò al suo orecchio: quella sua pudica vergogna gli fece irrigidire i muscoli delle spalle, già doloranti per le lunghe ore di allenamento giornaliero. I fianchi, privi del peso della spada, si muovevano veloci lungo il parquet dell’edificio.
Proseguì lungo il corridoio, fino ad arrivare davanti alla porta scorrevole. E l’aprì – Kyojurou lo stava ancora aspettando, e voltò lo sguardo nella sua direzione appena poté. «Giovane Kamado! Eccoti, finalmente!»
[Per Rina (L)]