A Legar,
la mia persona.
Inconsistente
(La tua speranza)
Quel che ora penso veramente è che il male non è mai ‘radicale’, ma
soltanto estremo, e che non possegga né profondità né una dimensione demoniaca.
Esso può invadere e devastare il mondo intero, perché si espande sulla
superficie come un fungo. Esso ‘sfida’, come ho detto, il pensiero, perché il
pensiero cerca di raggiungere la profondità, di andare alle radici, e nel
momento in cui cerca il male è frustrato perché non trova nulla.
Questa è la sua ‘banalità’.
Solo il bene è profondo e può
essere radicale.
Chiudendo gli occhi, Hermione
riusciva quasi a sentire l’odore della neve nell’aria. A casa sua, nel Northumberland, le strade erano imbiancate da più di un
mese, ma la neve a Londra era un evento assai meno frequente.
«Pensi che nevicherà?», domandò l’uomo accanto a lei.
Hermione sorrise di quel richiamo ai propri
pensieri. «Lo spero. Mi piacerebbe.»
Era abituata a trascorrere tanto tempo a Londra per via del
suo lavoro al Ministero, eppure se c’era una cosa che le mancava di casa era il
contributo che la neve riusciva a dare all’atmosfera natalizia.
Draco Malfoy si
lasciò sfuggire un sorriso che durò soltanto pochi istanti.
Passeggiavano per Diagon Alley
senza una meta precisa, abbastanza vicini perché tutti i passanti li
osservassero con un misto di confusione e incredulità. Lei non ci faceva troppo
caso: da quando Harry aveva sconfitto Voldemort era
stata oggetto della curiosità di molti e aveva imparato a ignorare le occhiate
della gente. Draco, invece, si sentiva piuttosto a
disagio.
«La smetteranno mai di fissarci?»
La strada brulicava di persone impegnate negli ultimi
acquisti e di ragazzini che erano rientrati da scuola per le vacanze. Le
piaceva l’atmosfera gioiosa di quei giorni, quindi sorrise dell’imbarazzo del
suo accompagnatore.
«Non pensarci troppo», gli disse divertita. «Prima o poi
finirà. Forse.»
Draco sbuffò. «È facile dirlo, per te. Ti
guardano perché sei l’eroina del Mondo Magico, mentre i loro pensieri per me
sono tutt’altro che lusinghieri.»
Hermione scrollò le spalle. «Siamo quello che
siamo.»
«Io a volte preferirei essere qualcun altro.»
Lei inarcò un sopracciglio, poi si voltò a scrutarlo per
capire quanto fosse serio. Teneva gli occhi fissi davanti a sé in un palese
tentativo di evitarla, ma la sua espressione rivelava con chiarezza un misto di
emozioni che Hermione aveva imparato a riconoscere
una per una – paura, dispiacere, disagio
– e, sopra tutte le altre, la scintilla di un desiderio intenso che gli animava
lo sguardo.
«Non ti serve essere qualcun altro», gli disse in tono
gentile. «Sei quello che sei adesso.»
Draco serrò i pugni nelle tasche del
cappotto, gesto che Hermione sapeva essere quello che
compiva quando era in conflitto con se stesso. Gli
posò una mano sull’avambraccio per trasmettergli un po’ di calma; lui si
irrigidì per la sorpresa, ma non si spostò.
«Non sarebbe più facile se avessi un altro aspetto?»,
commentò quasi tra sé. «Se non avessi più la stessa faccia di prima o lo stesso
marchio sul braccio…»
Lei strinse le dita proprio nel punto in cui si trovava il
segno indelebile di cui ormai si vergognava. «È una speranza inutile, Malfoy», lo redarguì. Non lo chiamava più in quel modo dai
tempi della scuola.
Lui si lasciò andare a una mezza risata carica di sarcasmo.
«Non è impossibile cambiare, lo sai.»
«Certo che no, tu lo hai fatto», replicò Hermione.
«Ma ciò di cui parli ora è soltanto una fuga.»
Draco non rispose, ma non pareva convinto.
Lei sbuffò. «Cancellare quello che sei stato non è la strada.
È importante che ricordiamo sempre come potevamo diventare. Ciò che conta oggi
sono le tue scelte, sono quelle a definirti davvero.»
«Parli come Potter», ribatté lui, ma la risata che accompagnò
quel commento era più rilassata.
Ne avevano discusso tante volte, nelle settimane precedenti.
Lui era andata a trovarla di nuovo e lei non lo aveva più lasciato sulla porta.
Si erano confrontati, lui si era aperto e Hermione
aveva realizzato che c’era una persona tutta da scoprire, dietro la boria di Draco Malfoy. Era una
frequentazione strana, quella che avevano iniziato: nessuno dei due si era mai
fermato a chiedersi a cosa avrebbe portato, eppure entrambi erano sicuri di non
volerci rinunciare.
«Non puoi limitarti a sperare che le cose vadano come
vorresti», brontolò lei, lasciandogli andare il braccio. «Se vuoi qualcosa te
lo devi guadagnare. Se continui a nasconderti e ad aspettare che le cose buone
della vita ti piovano addosso non otterrai mai niente.»
Draco si voltò a guardarla come se avesse
avuto un’illuminazione. Un mezzo sorriso gli aleggiava sulle labbra e teneva la
testa leggermente inclinata, come per studiarla. «Davvero?»
«Davvero», confermò lei, colta da un’improvvisa irritazione.
Lui non replicò. Percorsero ancora qualche passo, poi fu lui
a posarle una mano dietro al braccio, in un gesto gentile. Hermione
non si rese conto che la stava intenzionalmente guidando in una zona meno
affollata fino a che lui non l’ebbe lasciata andare.
«Pensi che dovrei iniziare a lottare per quello che voglio?»
Lei sbatté le palpebre, fingendo indifferenza. «Certo.»
«E se non lo meritassi? Quello che voglio, intendo.»
Hermione si fermò, costringendolo a fare
altrettanto. Quando lui la guardò, con un misto di incredulità e speranza, lei
ricambiò con la stessa intensità.
«Fai in modo di meritarlo», disse decisa. «Ma potresti
scoprire che qualcuno pensa che sia già così.»
«Davvero?», mormorò lui accostando il viso al suo. Esitava,
come per chiederle il permesso di osare un po’ di più.
Lei sorrise. «Davvero», soffiò contro la sua bocca, e Draco si avvicinò per baciarla.
Schiuse le labbra e lui fece altrettanto, approfondendo il
contatto. Hermione respirò la sua incertezza e il suo
desiderio, intrecciati in un contrasto che sapeva profondamente di lui. Gli
infilò le dita tra i capelli sottili e lui le avvolse la vita con un braccio,
stringendola a sé.
Quando si separarono, Draco aveva
le guance arrossate e gli occhi lucidi.
Hermione ridacchiò.
«Che c’è?»
«Nevica», spiegò lei, catturando un fiocco di neve che era
rimasto impigliato tra i suoi capelli biondi. Prima ancora che potesse
mostrarglielo, si era già sciolto sul suo dito.
Lui sorrise. Era così simile all’uomo che si era presentato a
casa sua due mesi prima, e allo stesso tempo era una persona del tutto diversa,
ancora da scoprire.
Un paio di passanti si accorsero di loro e Hermione vide oltre la spalla di Draco
che un bambino dall’altra parte della strada li stava indicando. Senza
lasciarla andare, lui seguì il suo sguardo e si voltò, ma Hermione
allungò una mano e lo costrinse a riportare gli occhi su di lei.
«Buon Natale, Draco», gli disse per
tenerlo concentrato su di sé, i palmi fermi ai lati del suo viso.
Lui le posò un bacio delicatissimo sulla fronte, stringendola
ancora tra le braccia. «Buon Natale.»
Note: Con la terza parte, si conclude questa storia che ho
provato a raccontare per “momenti”. Ciascuno dei tre episodi descritti
rappresenta un momento di evoluzione per Draco e di
scoperta per Hermione e tutti e tre contribuiscono in
qualche modo alla nascita del loro rapporto.
I titoli dei
capitoli sono sinonimi della parola “banale” nelle sue varie accezioni; i
sottotitoli riguardano le emozioni di Draco, che
inizialmente Hermione trova banali (insignificante, irrilevante, inconsistente)
ma solo prima di comprenderne il valore.
Grazie per la
lettura, ancora una volta: buone feste a tutti voi!
Futeki