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Autore: The_Red_Goliath    28/12/2021    1 recensioni
Questo è il racconto di come Thrip'ad, goliath della tribù Kuntana, si sia messo in viaggio, in cerca del suo destino e forse di qualcosa di più.
La seguente storia è ambientata nei Forgotten Realms di una campagna di D&D 3.5. Thrip'ad fa parte di un gruppo di altri avventurieri di cui potrete leggere le storie seguendo i racconti pubblicati anche da NPC_Stories e Dira nei capitoli della storia "Lathander take the Wheel".
P.S. In alcuni punti ci sarà una libera interpretazione del gol'kah (il linguaggio goliath) e della loro cultura nomade. I personaggi goliath parlando nella loro lingua madre useranno termini talvolta forbiti, ma ciò accade perché non sono degli stupidi barbari di montagna, come comunemente si ritiene. O almeno non lo sono a parere dell'autore XD
Genere: Azione, Commedia, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Lungo la Grande Strada del Commercio, direzione Murann (in corrispondenza degli ultimi picchi delle Snowflake Mountains), 1367 C. V. circa
 
Una volpe si aggirava furtiva tra i cespugli di more che circondavano il gruppetto di tende.
Gli occupanti dormivano della grossa, stando all’udito della bestiola. Tranne due figure. Una molto molto grossa, tanto che, se non fosse stato per il leggero odore di sudore e muschio, lo avrebbe scambiato per un macigno.
L’altro era decisamente più minuto, ma altrettanto massiccio.
“Due pietre rotolate da bordo strada degli uomini” pensò la bestia sulle prime, con una sottile ironia.
Non si direbbe ma le volpi sono dotate di molta ironia.
Che tuttavia venne meno a questa volpe nello specifico, quando la figura più grossa si voltò nella sua direzione e grugnì qualcosa in quello strano modo di emettere versi che hanno gli umanoidi.
Dal tono tuttavia, anche un picchio avrebbe intuito che stava comunicando “Qualsiasi cosa tu sia, se provi ad avvicinarti al cibo, diventi cibo.”
La volpe pensò bene di cambiare strada… Aveva annusato una famigliola di arvicole alla base di quel faggio poco più lontano, se non ricordava male. Poca roba, ma gustose.
 
«L’hai spaventata, bestione.» bofonchiò il vecchio nano.
Poi tornò a darsi da fare con sputo e pietra da cote, per lucidare un’ accetta da battaglia.
«Era solo una povera volpetta. Avrebbe potuto essere un passatempo. Potevamo giocare a tirarle qualche avanzo. O potevo farmi un nuovo bordo di pelo per il mio mantello. Lo sai, ho una certa età. Patisco il freddo sempre di più. Non come quando ero un nano nel pieno delle forze. Ahhh, avresti dovuto vedermi ai miei tempi. Mentre spaccavo una testa di hobgoblin con una mano, potevo soddisfare una nana con l’altra! E anche una giovane umana col mio amico lì sotto nel caso fosse servito! Ti ho mai detto di quella volta in cui io e Buragast il Mago Sciocco ci trovammo in un rituale orgiastico di fauni e ninfe? Cristo quante botte… E quanto sesso! E quanto sangue. E quanto …»

Il nano aveva ripreso a parlare. Dumar Bondrek – così aveva detto di chiamarsi – a quanto Thrip’ad il goliath aveva capito, aveva questo brutto vizio. Dopo la quarta pinta di birra, attaccava a raccontare e non la smetteva più.
D’accordo, per un goliath, qualsiasi discorso superi i trenta secondi equivale a parlare troppo. E Thrip’ad, cresciuto con le storie del suo bisnonno, l’Anziano druido Gorot’ah, era abituato agli interminabili sproloqui dei vecchi. E Dumar era anche molto molto vecchio, persino per un nano. Aveva detto di avere quanti? Trecento ottanta anni? Trecento ottantacinque?
Vabbè era molto vecchio e parlava in proporzione altrettanto.
Ma Kavaki Santissimo, Pastore di Tutte Le Greggi dei Monti, così era troppo!

«… E quindi presi l’alabarda dalle mani della guardia duergar e gliela piantai nel …»
«Mio bisnonno – cominciò Thrip in un comune stentoreo, interrompendo finalmente lo sproloquio del vecchio – ha detto che chi ammazza volpe si attira sfortuna per tanti anni quanti peli ha volpe in buco di dietro.»
«Intendi dire il “culo” ragazzone?»
«Ah… Si chiama così?»
«Si, culo. C-u-l-o. Culo!»
«Mh… Imparo parola culo.»
«Si però santissimo Moradin, ragazzo devi imparare anche a coniugare un po’di verbi.»
«Cosa?»
«Verbi! Quelle parole che vogliono dire le azioni che fai e quando le fai! Thrip’ad mangia; Thrip’ad va a dormire; Thrip’ad ha pisciato nel cespuglio sopra la testa di un grig; Thrip’ad si è beccato una piccola freccia nel ginocchio e poi ha ballato per un paio di ore buone; Thrip’ad prima o poi scoperà …». Il nano chiuse la frase con una tossicchiante risata.
«Thrip’ad fatto quella cosa che dici tu.»
«Si nella locanda per pagarti il cibo hai pulito il pavimento. Sei stato molto bravo. Non pensavo che voi bestioni delle vette ci teneste tanto alla pulizia. Ma io intendevo …»
«Fatto cosa di affare maschio in affare femmina.»
«Ah… Quindi sai cosa vuol dire!»
«Ah-ah.» fece il goliath muovendo il testone in segno di assenso.
«Era una capretta affascinante?» insinuò malignamente il vecchio.
Thrip’ad si accigliò parecchio. Il “senso dell’umorismo” era una di quelle cose che ancora faticava a comprendere. E dire che i nani di Ironfang Deep gliene dicevano di cotte e di crude a lui e al fratello maggiore, quando andavano a trovarli. Ma di solito finiva sempre in risse e denti saltati.
«Buono, buono, scherzavo! Scherzo! Scher-zo! Tutti fanno ah ah ah ah. Capito?»
«Si. Goliath, mica cretino.»
«Va bene. Va bene… E dimmi… Era carina?»
«No. Cugina.»
«No… Santo Moradin dammi la pazienza della forgia… CA-RI-NA! Bella, affascinante, con tutte le placche pietrose al punto giusto…»
«Djast’it ha pochi litodermi. Ma molto… carina, sì.»
«Bhè, sai come si dice tra gli umani… E tra i nani … E santi dei tra tutti gli umanoidi credo… Comunque, c’è un detto. “Non c’è cosa più divina, che trombarsi la cugina!”»
«Io no suonato tromba con Djast’it. Lei grida abbastanza felice, ma nessuno suona trombe.»
«Oh per la testaccia glabra di Deep Duerra …»
 
I due improbabili viaggiatori si erano incontrati solo poche settimane prima, tra le colline a sud dei monti Snowflake.
Il nano, anche se molto in là con gli anni, scortava una carovana di mercanti che trasportavano spezie, tinture, tessuti e altri ammennicoli provenienti da est.
Erano stati attaccati da un gruppo di giganti delle colline, comandati da un ogre magi. E se la sarebbero vista brutta, se un grosso bietolone roccioso e azzurro, nel tentativo di saltare da una roccia alle spalle dell’ogre, non gli fosse penosamente franato in testa, distraendolo tuttavia dal portare a termine una qualsivoglia magia (sicuramente nociva) che stava per lanciare, e permettendo all’anziano Dumar di raggiungerlo ansando e di staccargli la testa con due buoni colpi di accetta da guerra. La stessa che stava lucidando fino a pochi minuti prima di cominciare a sproloquiare come suo solito.
Avendo appreso dal rintontito goliath di nome Thrip’ad, che era diretto verso le grandi città della costa, così come loro, ed avendo come unica guardia un nano piuttosto spompato, i mercanti decisero di portarsi appresso anche il bestione. Sebbene, come ebbero a rammaricarsene nei giorni seguenti, mangiava quanto e più del nano. E pareva stesse cominciando a bere alcool in eguale misura.
Eppure, da che Thrip’ad aveva preso a viaggiare con loro, non erano più stati importunati nemmeno dalle cornacchie alle ore dei pasti. Si vede che la mole del goliath terrorizzava abbastanza, senza che dovesse mettere in mostra le sue – purtroppo – ancora acerbe capacità di combattimento.

Passarono così altri giorni e la carovana arrivò tranquillamente (ma coi viveri agli sgoccioli) a Riatavin.
Qui Thrip’ad accompagnò il nano a vendere parte della refurtiva sottratta ai loro aggressori di pochi giorni prima.

«I giganti nelle tasche e nelle bisacce di solito hanno solo roba di merda. Lo sai meglio di me, roccetta. Ma questi erano ben forniti. Avere un magi come capo deve averli resi più furbi. E appunto, non scordiamoci della robina magica del magi. Quei figli di puttana sono incredibilmente furbi, e sanno riconoscere gli oggetti magici di migliore fattura. Tipo – il nano si frugò in una delle tasche della cintura – vedi questo anello? Lo sai che fa?»
«Si mette a dito.»
«Si. Ma fa anche una cosa interessante. Guarda.»
Dumar si infilò l’anello al pollice, e poi, di colpo, tuffò la testa in un barile pieno d’acqua che aveva lì vicino.
«DUMAR! Dumar tu è vecchio ma no buona idea far fine vita così! Se vuoi ti dà io mazzata su testa! Dumar! Dumar, dai esci da secchia di legno! DUMAR! DU … mar?»
Dumar stava sorridendo al goliath con la testa sott’acqua. Anzi pareva quasi stesse fischiettando, sebbene dall’acqua non uscisse alcun suono, solo bolle.
Poco dopo riemerse, ma senza annaspare. Respirava normalmente.
«Anello del Respiro Subacqueo. O del Respirare Sott’Acqua! Non molto utile tra le montagne, ma chissà a chi lo aveva sottratto quello stronzo di un magi. Vale qualche millanta, lo sai?»
«Millanta?»
«Si. Migliaia di monete. Monete d’oro!»
«Aaah! Cosa buona! Con oro tante buone armi!»
«BRAVO! Qualcosa dai miei cugini di Ironfang l’hai imparata allora, roccetta! Tuttavia non solo armi. Cibo, vino, birra, corde, pozioni, fiasche di fuoco liquido… Se vuoi viaggiare per il mondo, ti serve questo e anche altro. Vieni, ti mostro come si fa.»

Restarono lì a Riatavin per una settimana circa. Settimana in cui Thrip imparò da Dumar come si vendono gli oggetti, dove si trovano le bettole migliori per bere e quelle migliori per darsi due legnate in allegria, e come si approcciano le gentili donzelle dei bordelli.
Thrip’ad era abbastanza frastornato dalla città umana. Non era la prima che visitava, ma era la prima abbastanza grande da non essere considerata un borgo o un villaggio. Questa aveva mura di pietra e di legno, torri, un castello e un sacco di guardie e altra gente strana ma spesso molto ben armata. Dumar li chiamava “Avventurieri”. E l’odore… Cibi e bevande mai annusate prima. E l’odore del piscio dei vicoli, dei piccoli goblin che provavano a saccheggiarti le tasche, dei ratti di taglia più che generosa che, se ti addormentavi vicino al chiusino sbagliato, provavano a mangiarti la faccia.
Fosse stato da solo, Thrip’ad sarebbe stato masticato e sputato persino da Riatavin. Di questo il goliath se ne rese conto subito. Ma per fortuna aveva incontrato quell’anziano nano, che lo aveva preso in simpatia.

“Sarà anche logorroico, ma ci sa fare il vecchio. Come il bisnonno, ma in città, non nei boschi o sui monti. È incredibile. La gente invecchia, e diventa più debole. Ma in qualche modo sembra che sappia fare sempre più cose. Forse noi goliath non dovremmo permettere ai nostri guerrieri e cacciatori anziani di andare a cercare la fine tra i monti. Forse dovremmo lasciare che vivano assieme tutti nello stesso punto, così da ritrovarli sempre nel caso ci serva la loro esperienza. Peccato non tutti sappiano diventare aquile come l’Anziano. Però se vivessero tutti assieme… Qua nelle città vivono assieme … Pare si aiutino tra loro. Grossomodo, almeno …”

Erano tanti pensieri per la mente di un solo goliath. Per un goliath fermarsi nello stesso punto troppo a lungo, equivale a morire. Specie sulle Orsraun, dove giganti e orchi cercano sempre di farti la pelle.
La città tuttavia stava presentando un nuovo approccio alle cose al cervello di Thrip’ad. Gli stava facendo scoprire un mondo molto più organizzato. Forse anche troppo.
Quando ebbe l’idea di “dare un giudizio che restasse ben impresso” sulla qualità di una delle bettole in cui Dumar lo aveva portato, in modo che altri avventurieri potessero avvantaggiarsene, le cose non andarono come le aveva previste.
Le guardie furono piuttosto risolute nel dire che provare a infilare un tavolo in bocca a un mezzo-gigante, per quanto questa sia larga, non è un buon modo di “dare un giudizio” sulla qualità del servizio di una qualsivoglia attività commerciale.
E dopo che Dumar ebbe pagato la cauzione di Thrip’ad, i mercanti furono “cortesemente” pregati di abbandonare la città.
Fu così che la carovana ripartì per Murann.

«Stupida testa di capra morta che non sei altro! Perché hai combinato quel casino?»
«Bhè io vuole …»
«STAI ZITTO! Lo sai che mi hai fatto sfumare un affare? Eh? Lo sai?»
«Tu urla tanto … Ma io non ha fumato affare … Che vuol dire fumato affare?»
«IDIOTA! Ti ricordi l’ogrefiglioditroiamagi? Quello a cui sei caduto tra capo e collo e porcaccio il mondo perché non ci sei rimasto secco allora? EH?»
«S-si … Thrip’ad ricorda … Ma …»
«SI-LEN-ZIO! Parlo io! Dunque, la merda magi, aveva come arma questa bellissima ascia bipenne – Dumar, con estrema semplicità, come se si stesse cavando un fazzoletto dalla tasca, estrasse dal suo zainetto una specie di padella di ferro affilata, molto più grande di qualsiasi cosa Thrip’ad avesse mai visto chiamare “ascia” – che io stavo per vendere a un mezzorco piuttosto idiota. Dopo cinque, dico CINQUE giorni che ho provato ad appiopparla a qualsiasi armaiolo. Ma lo sai che dicevano quelli? Lo sai?»
«N-no io …»
«ZIIIITTO! Mi dicevano “Oh mi dispiace messere nano. Ma solo un gigante può brandire un’arma da gigante. O un guerriero davvero molto molto abile. E qui a Riatavin e difficile capitino l’uno o l’altro. Le vanno bene poche merdose monete?” CAPISCI? Poche merdose monete! Quando i bastardi lo sanno che questa è un’opera di alta metallurgia. E di monete ne vale almeno due centinaia. Se non di più! Ora comprendi quello che hai fatto??? Stavo per gabbare questo mezzorco lì alla locanda quando tuuu hai voluto dare “il tuo parere sulla locanda”. Fosse stato anche piscio di drow quello che ti versavano nel bicchiere, saresti dovuto restare MUTO! E FERMO!»
 
Continuarono a camminare in silenzio per ore. Dumar aveva rimesso l’ascia sproporzionata nello zaino ed era andato in testa alla carovana, lasciano Thrip’ad nelle retrovie da solo coi suoi pensieri.
Ora, finalmente Thrip’ad aveva un po’di silenzio, e non sarebbe stato affatto male, normalmente. Ma c’era dell’astio in quel silenzio. E il goliath si scoprì per la prima volta a rimpiangere il suono del chiacchiericcio costante del nano.
Arrivata la sera si accamparono come al solito su uno spiazzo erboso poco lontano dal ciglio della strada.
Dumar continuò a non parlare con Thrip’ad, che lo fissava a distanza come un cane bastonato, e anzi lo lasciò anche per tutto il turno di guardia da solo.
Finalmente, all’alba del giorno seguente, rivolse nuovamente la parola al barbaro porgendogli una tazza di tisana calda.

«Toh, prendi. Sei stato su tutta la notte. Almeno questo lo sai fare. Lo “spaventabriganti”.»
«Grazie … Scusa per ascia non venduta.»
«Pff… La venderò a Murann. Lì c’è un porto. Più gente, più traffi… Che cos’è quella faccia?»
«Porto?»
«Sì porto! Un porto! Dove si ormeggiano le naaaaooohmioMoradin, tu non sai cos’è un porto! E scommetto nemmeno una nave.»
«Na-vhe, è quella cosa che va in acqua grande salata.»
«Mare. E n-a-v-e. Senz’ “acca”.»
«Ah, capito. Tanta gente viaggia su … mare?»
«Si. Non riesco a capire perché, ma sì. A quanto pare agli umani e quei finocchi degli elfi piace molto rischiare di annegare tra le onde. Contenti loro.»
«Mio padre dice … Dice-va? Sì. Diceva stessa cosa quando io bambino. Gente di montagne pazza ad andare su … mare. Noi fatti per il terreno e per le rocce.»
«Uo… Goliath saggio tuo padre. Tu, a parte i muscoli, non hai preso questa cosa da lui, vero?»
«Tutti dicono che Thrip’ad più simile a nonno Go’hrt. Lui partito … È! Lui è partito tanto tempo fa e mai tornato. Lui sogna … va. Lui sognava grandi avventure come Thrip … Come me.»
«Roccetta complimenti! Quanti sforzi oggi per parlare bene! Lo fai per fare buona impressione su questo vecchio, eh?»
Thrip’ad divenne leggermente più azzurro in volto. D’altro canto i goliath arrossiscono così, azzurrando. O ingrigendo. Insomma dipende dal colore base dell’incarnato.
«Bhè se proprio vuoi farti perdonare del tutto da questo nano, oggi allenamento difficile con le armi! Oggi ti allenerai proprio con questa!»
Detto ciò, Dumar porse al goliath la bipenne più grande di una taglia rispetto al normale.
«Dai, adesso voglio proprio farmi due ris… Oh per la Barba Dorata di Moradin.»
Thrip’ad, dopo un primo sbilanciamento in avanti, dovuto al peso della strana arma, aveva cominciato a maneggiarla tranquillamente, quasi come se fosse stata fatta per lui.
«Padre Litorb detto a Thrip’ad “Noi combattiamo giganti. Da tanto tempo ormai goliath imparato a usare anche loro armi. Sennò non si sopravvive sulle Orsraun”. Tu non sa, Dumar?»
«Che io sia preso a calci nel culo da un coboldo, no. O forse lo sapevo una volta ma poi l’ho dimenticato. Mi hai fregato Roccetta. Ahahahahahah.»
La risata del nano fu uno dei suoni migliori sentiti da Thrip’ad da che aveva lasciato casa.
Finito l’allenamento restituì l’arma al nano, che tuttavia continuò a fissarlo per un po’mentre tornavano al campo.
 
Ripreso che ebbero il viaggio, non ci furono altri problemi tra i due, o sfortunati incontri per la carovana.
Fu così che in due settimane arrivarono al crocevia che portava a nord, verso Athkatla e le grandi città della Costa della Spada, a solo un giorno di viaggio dalle porte di Murann.
Lì c’era un grande campo semipermanente per tutte le carovane e i viaggiatori che transitavano. Lì si faceva qualche commercio, ci si scambiavano notizie, e grossomodo si cominciava a capire che aria tirasse nella grande città portuale. Giungevano notizie interessanti, di grandi carichi d’oro e viaggiatori esotici provenienti dallo strano continente scoperto da navigatori dell’Amn pochi anni prima.
Questo caricava di fermento tutte le carovane mercantili, che sognavano già grandi margini di profitto e affari mai sperati, tramutando il tutto in un’enorme festa gitana per tutti i carovanieri, gli avventurieri che li scortavano e i viaggiatori occasionali.

Thrip e Dumar gozzovigliarono tutta la notte, tra alcool donne e cibo. Musiche diverse e danze esotiche riempirono l’aria della sera, assieme al profumo dei cibi alla brace e delle bevande speziate, e ai colori delle vesti dei più diversi popoli della parte ovest del Faerun, umani e non.
Al mattino dopo, Thrip trovò il vecchio nano seduto accanto a uno dei fuochi della loro carovana.
In mano reggeva l’imbracatura di cuoio che serviva a riporre e trasportare la bipenne dell’ogre magi, di modo che la lama non perdesse il filo.
Sembrava che il nano ci avesse lavorato su la notte con dei ferri da artigiano, per ritagliare e adattare il cuoio.

«Dumar, tu fatto notte brava ieri eh? Io ti ha visto con giovani nane chieriche a vantarti. Quante tu strombazzate? Eh?»
Dumar stava con gli occhi chiusi, il volto teso, come a volersi concentrare su qualcosa di molto importante.
«Dumar allora? Tu diventato timido nanetto di cento anni tutto di improvviso? Eh?»
Dumar non rispose… Dalle sue mani, l’imbracatura per l’ascia scivolò dolcemente al suolo.
«Du…Dumar?»

I goliath sono esseri avvezzi alla morte. Muoiono per incidenti di montagna, combattimenti, lotte finite male, veleni di piante o animali sconosciuti, o per malattie in seguito alle ferite riportate.
Ma un goliath non ne ha mai visto un altro morire di vecchiaia. Quando giunge il loro tempo, semplicemente si allontanano dalla tribù, per non essere di peso. Come e quando moriranno è un segreto tra loro, le rocce e Kavaki, il Dio delle Greggi.
Thrip’ad pianse in silenzio. Lo trovarono abbracciato al corpo del vecchio nano. Una statua che ne cinge un’altra. Solo le lacrime che copiose scendevano dalle guance del colosso e innaffiavano la lunga barba bianca del nano, facevano capire di non star assistendo all’opera di uno scultore superbamente abile, ma ad uno straziante addio fra amici.
   
 
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