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Autore: sg199885    29/12/2021    5 recensioni
venite con me, amici miei, in questo lungo viaggio attraverso il tempo e lo spazio, in un mondo miracoloso.
(serie di one-shots collegate alla long "MIRACULOUS WORD: ROME")
Genere: Avventura, Comico, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A CHRISTMAS CAROL
 
Se ci diamo la mano
I miracoli si fanno
E il giorno di Natale
Durerà tutto l’anno
Natale 1946.


 
Era passato un anno da quando il vecchio Salvatore aveva ritrovato la giovane Hala, ma le cose non erano cambiate poi molto in quel lasso di tempo: la ragazza reagiva ancora al minimo rumore e nascondendosi per la paura ed evitando ogni genere di contatto fisico, seppur la situazione stesse pian piano migliorando.
L’uomo comprendeva perfettamente quanto fosse stata dura per lei la Guerra, sapeva che il miglior modo per aiutarla era proprio quello di non fare nulla e lasciare che le cose migliorassero piano piano, però voleva fare qualcosa per renderla felice, per darle almeno una scintilla di speranza che la aiutasse a capire che la sua vita non era finita e che avrebbe potuto sorridere ancora anche dopo tutto quello che aveva passato.
E allora, quando la trovò nascosta per l'ennesima volta in un angolo buio della biblioteca dopo che aveva visto degli uomini entrare, scelse un libro di poesie gentili e cominciò a leggere per lei dolcemente, con ritmo cadenzato e senza nemmeno toccarla, lasciando che lei potesse calmarsi e avvicinarsi a lui di sua spontanea volontà. Andò avanti per ore, e lui non smise di leggere quelle poesie, finché Hala non avvicinò e gli posò una mano sulle sue.
Quello fu il momento in cui la sua guarigione ebbe davvero inizio, ma d'altronde si sa, la Notte Santa è la note dei miracoli, e quella notte di Natale 1946 accadde il più grande miracolo di tutti: era rinata la Speranza di un nuovo futuro in un cuore che ormai non sperava più.



 
§ § §
 
Kyros aveva appena compiuto sei anni quando vide per la prima volta un coso… com’è che lo chiamavano? Ah, sì: “albero di Natale”; si domandava perché quegli strani tipi si fossero dati tanto da fare per abbattere un albero, trascinarlo in casa e addobbarlo con tutte quelle lucine e decorazioni… gli avevano anche permesso di sceglierlo nel bosco della villa, ma lui non sapeva bene che cavolo volesse dire, e si era limitato ad indicarne uno a caso senza dire nulla… non aveva parlato molto da quando era arrivato in quel posto… a dire il vero non aveva parlato proprio.
E anche in quel momento, il 13 di Dicembre, si era limitato a rimanere in silenzio in un angolo del grande salone mentre tutta quella marmaglia che era la sua nuova “famiglia” era rimasta unita ed allegra intorno all’albero, e gli si era avvicinato solo quando tutti erano andati già via.
Curioso com’era, si avvicinò alla miriade di pacchetti avvolti in carte luccicanti e decorati da fiocchi vistosi e ne aveva preso tra le manine uno a caso, leggendo a fatica cinque lettere su un bigliettino attaccatoci sopra.
“Kyros”.
 
- è tuo, e ce ne sono tanti altri per te. – disse una voce alle sue spalle facendolo sussultare, e poi voltare impaurito. Una donna longilinea e coronata da lunghi capelli biondi lo guardava divertita.
- sei spaventato… da me? – indagò la donna, e il bimbo abbassò lo sguardo colpevole. – ehi… - continuò, - nessuno qui ti farà del male, nessuno te ne farà mai più, finché ci sarò io a proteggerti. – lo rassicurò.
- non voglio tornare in orfanotrofio… - confessò il piccolo Kyros con un filo di voce.
- fai come me, - gli disse la giovane porgendogli un mignolo alzato con il quale afferrò quello più piccolo del bimbo. – quando si fa così, è una promessa, e io ti prometto che non tornerai mai più lì. –
Il piccolino abbozzò un timido sorriso, e Gaia, così si chiamava, lo avvolse in un abbraccio. Non si sarebbe mai immaginata che bastasse così poco a farlo sciogliere e mettersi a piangere per la sua gentilezza.
Dopo sei anni, al suo primo vero Natale, tra i tanti regali che ricevette dalla sua nuova famiglia, il più importante che Kyros ricevette fu imparare il significato della parola “mamma”.
 

§ § §
 
Jos osservava pensieroso il braccialetto fatto di perline colorate che gli cingeva il polso, perdendo lo sguardo tra le file di piccole sferette nere, rosse, gialle, azzurre e verdi che si intrecciato a spirale per formare quel gioiello.
Tra tutti i gioielli che indossava, era quello a cui teneva di più in assoluto…
Non poteva osservarlo senza che il suo cuore accelerasse, mentre il ricordo della nonna Abeba tornava vivido alla mente e gli occhi iniziavano a pizzicare; era l’unica cosa che ancora lo legava a lei, ora che era lontano e la Grande Madre Africa era lontana tanto quanto i suoi ricordi.
 La nonna gli aveva dato quel braccialetto durante l'ultimo Natale in cui era ancora viva, quando Jos aveva 10 anni, ed anche se al villaggio il giorno di Natale era più una festa che interessava i turisti che gli abitanti masai, il capovillaggio non aveva mai dato modo di esserne infastidito, anzi, aveva sempre sostenuto che conoscere cose nuove ne arricchiva il sapere di tipo personale ed individuale.
Ed Abeba era così, curiosa, intelligente, aperta, lei non era solo colei che lo aveva cresciuto nella prima infanzia mentre i genitori erano al lavoro, no. Era colei che con premura e pazienza aveva cucito ad una ad una le piume sulle sue ali nude.
Ed ora si sentiva proprio nudo, nudo ed al freddo, mentre la neve che si posava sui tetti di Torino gli gelava un po’ il cuore.
 
 
 
§ § §
 
 
Ayaka per anni aveva odiato quel maledettissimo, costosissimo violino. Il suo suono che ad orecchi altrui risultava così dolce e melodioso lacerava le sue orecchie, sapeva di dolore e privazioni, soprusi e rabbia.
Ma dopo lungo tempo aveva dovuto accettarlo: quello era il suo più grande talento, forse l’unico che possedeva, suonava davvero bene, e non certo per merito di tutte le ore di faticoso esercizio, delle minacce e di quella maledetta cinta di cuoio scuro… Ayaka era brava, lo era sul serio perché la musica che suonava veniva dai meandri più profondi e scuri del suo cuore, quelli nascosti al mondo, protetti dalla ferocia e dalla cattiveria del mondo. E quella notte di Natale, quando una ragazza orientale di appena vent’anni era irrotta in quel reparto di pediatria, spiegando all’infermiera di turno che cosa fosse andata a fare, fu la notte in cui avvenne il primo miracolo che le cambiò la vita: anche se suonava con gli occhi serrati, poteva sentire sulla pelle gli sguardi dei bambini che la osservavano, seduti per terra nella sala d’aspetto, dentro i loro pigiamini colorati, affascinati, ammirati, rapiti dalla sua musica. Quando finì di vibrare l’ultima nota, dischiuse le palpebre e incrociò gli occhi pieni di lacrime dell’infermiera che l’aveva lasciata entrare, che faceva capolino dal fondo del corridoio. Le due donne si scambiarono un timido sorriso, poi l’orientale sentì un peso arrivare addosso, serrarle le gambe e per poco non perse l’equilibrio, poi guardò in basso e vide che una bambina le avvolgeva le longilinee ginocchia in un abbraccio seppellendo il viso contro di lei e che, con un filo di voce, le disse:
- Da grande voglio diventare proprio come te! –
Ayaka carezzò quella testolina priva di capelli, e non seppe cosa dire, ogni parola le morì in gola, mentre le lacrime bruciavano negli occhi.
Distolse lo sguardo verso la finestra, vedendo la neve che aveva iniziato a scendere placida.
“Ti prego, chiunque tu sia la su”, pensò, “fa che diventi grande per davvero.”
 

§ § §
 
 
Matteo aveva appena compiuto diciotto anni, e erano trascorsi solo pochi mesi da quando aveva "rapito" i suoi fratelli dalla casa famiglia ed era fuggito a Roma.
Certo, la loro situazione non era delle migliori, visto che lui era appena maggiorenne e doveva prendersi cura di un bambino di 9 anni e una bambina di 7, però lui voleva fare qualcosa di bello per loro, glielo doveva, era il suo compito di fratello maggiore  da fargli dimenticare almeno per un po' tutto quello che avevano passato con quei due mostri… aveva messo da parte ogni centesimo che gli possibile risparmiare e la sera di Natale aveva provato a preparare una bella cena per loro… certo il risultato non era stato dei migliori, il pollo era un po’ bruciacchiato e la pasta un pelo scotta, ma Pietro e Milena erano cresciuti in fretta tanto quanto lui, ed avevano apprezzato, sorridenti come poche volte li aveva visti, il suo impegno; avevano anche osato appoggiare qui e là dei “buonissimo” e “delizioso”… chissà, forse avevano imparato da lui a mentire tanto bene!
Ma in quel momento, guardandoli accoccolati sul divano mezzo sfondato, sotto la stessa coperta bucata con quei sorrisi sereni sui volti assopiti, ogni suo sforzo e sacrificio fu ripagato, anche quello di dover lavare i piatti la notte di Natale!  Con le mani immerse nell’acqua saponata, mentre strofinata i residui dalle stoviglie, già fantasticava di poter vedere i loro occhi illuminarsi quando, la sera successiva, li avrebbe portati al luna park, facendogli fare un giro sulla ruota panoramica per fargli vedere tutta Roma illuminata per le vacanze di Natale.
Matteo non aveva avuto una vita gran che spensierata, ma vederli contenti e sorridenti dopo tutto il loro dolore subito, sapere di aver salvato i suoi fratelli, a cui era stato unito da un legame ben più forte della consanguineità, fu uno dei pochissimi momenti in cui si sentì davvero fiero di se stesso, e  forse il primo in cui realizzò cosa significhi amare qualcuno.
L’amore era mettere il bene dell’amato davanti al proprio.
 
 
§ § §
 
 
Il Natale per Astreo era sempre stato un giorno felice, sereno, pieno di gioia e pace… ma ora, ora non lo era più. Erano tre anni ormai che nonna Daphne non c’era più, portata via da una lunga ed invalidante malattia, ed adesso, lontano da casa in una città straniera, tutto solo nell’immensa Roma, Astreo si sentiva incredibilmente vuoto e triste.
Erano stati difficili gli ultimi cinque anni della vita della sua amata nonna, scanditi dal lento ed inesorabile spegnersi della sua fiamma, riempiti da quella sensazione strana di tutte le volche che, a parti invertite, era lui a doversi prendere cura di lei e non viceversa come era sempre successo… eppure… eppure finché nonna Daphne c’era, nonostante non fosse più la roccia solida di un tempo, Astreo era forte, sicuro, invincibile… ma ora nonna Daphne non c’era più.
Così, in quella notte Santa, mentre la neve scendeva piano, sulla Terrazza del Plincio solo ed avvolto in una coperta non calda quanto un abbraccio, il greco scrutava le poche stelle visibili nel cielo coperto, come gli insegnato a fare lei… ma il suo cuore era pieno di mestizia, troppo triste anche solo per piangere quando… ecco… fu solo un istante, ma per un momento una stella brillò maggiormente, sfavillando come una scintilla di fuoco.
- come la stella che guidava i Magi, anche solo per un attimo… - rifletté il biondo, ripetendo le parole che tante volte aveva sentito pronunciare dalla sua saggia mentore: - una stella si accende per ogni salvezza che nasce nel mondo. –
 

§ § §
 
 
Diego adorava la sua famiglia, ma, per carità, quando si riunivano tutti insieme sapevano essere così rumorosi! Era per questo che era sgattaiolato in balcone a fumare una meritata sigaretta e rimanere un po’ con i suoi pensieri.
- nino! – lo chiamò la voce imperiosa di sua madre Dolores facendogli, di istinto, gettare via la cicca per girarsi tutto sorridente. – ahi ahi – lo rimproverò contrariata la donna, - tanto lo so che fumi di nascosto! –
- Mi dispiace darti dispiacere,  mamà – si scuso il giovane.
- non essere sciocco ora, mi amor, - lo rimproverò ancora la mamma, - hai portato avanti questa familia dalla morte de tu padre con fatica ed impegno, sarei una vera stupida s mi arrabbiassi con te per questa sciocchezza, e adesso sbrigati, tu abuela desidera farti gli auguri! – gli disse prima di cingersi meglio il grembiule sui fianchi e rientrare in casa.
Diego sorrise, era proprio un caso senza speranza… sua madre riusciva a sembrare incazzata anche la sera di Natale, anche mentre gli diceva una cosa carina.
 

§ § §
 
 
Per Davide il Natale era una delle pochissime occasioni in cui non aveva mai avuto paura di stare in mezzo alla gente, perché aveva sempre avuto la certezza che in mezzo alla sua famiglia fosse circondato da Amore. Era il suo ultimo anno di liceo, quello che sarebbe dovuto essere indimenticabile… e certo il moro non si sarebbe mai scordato tutte le prese in giro per i suoi occhi e le sue stranezze.
Ma quella sera non un solo pensiero triste fece capolino nella sua testa, e potette godere di un cenone fantastico insieme ai suoi genitori, le due nonne e suo nonno materno.
Poco prima che la mamma chiamasse tutti a tavola, Davide incrociò il suo riflesso nello specchio del salone e osservò dubbioso i capelli pettinati indietro, che lasciavano vedere entrambi i suoi occhi.
- Sei bellissimo, tesoro mio… - gli disse sua madre facendo capolino dal corridoio e venendogli vicino.
- dici così solo perché sono tuo figlio… - sospirò il ragazzo, ma fu prontamente zittito da un affettuoso scappellotto sulla nuca. – ahia! – protestò.
- non dire certe sciocchezze! – lo rimproverò la donna, - non importa quanto tutti possano prenderti in giro, perché io so quanto tu sia una persona coraggiosa e sensibile che usa davvero la musica per esprimere le proprie emozioni, e anche se spesso non ci riesci, almeno ci provi. Io non sono fiera di te perché sei mio figlio, sono fiera di avere te come figlio! – gli chiarì -  e i tuoi occhi sono una delle cose che ti rendono bellissimo. –
Gli occhi di Davide si riempirono di lacrime e strinse la sua mamma in un abbraccio, e quella fu una delle poche in cui si sentì davvero fiero di essere se stesso. Non sapeva ancora che di lì a pochi mesi un piccolo cerbiatto volante sarebbe piombato nella sua vita insieme a una banda di matti a renderlo, definitivamente e senza ogni dubbio, speciale.
 

§ § §
 
 
I Natali a casa Manni erano sempre grandi feste che riempivano il grande loft di gente ricca, snob e che Mason non conosceva minimamente, a cui doveva dispensare sorrisi radiosi e parole cordiali per non indispettire suo padre, e non poteva neppure provarci con i ragazzi carini perché, a detta di sua madre, era “sconveniente”.
Finito il grande party, il ragazzo si ritirò educatamente in camera sua, dove si rinchiuse con un’imprecazione, si spogliò e si buttò esausto sul letto e, in pochi minuti, si assopì.
Il suo cupo sonno senza sogni venne interrotto da un rumore forte, un tonfo assordante costellato dal fragore dei vetri rotti che lo fece sobbalzare.
Dopo un attimo di smarrimento, credendo potesse essere qualcosa di grave, si precipitò al piano di sotto e vide il disastro: per un ignoto motivo, il grande, immenso albero che decorava il salone era precipitato al suolo, giaceva inerme, spento di tutte le luci che lo illuminavano e circondato dai vetri delle decorazioni rotte. Il cuore del ragazzo, inaspettatamente, si spezzò nel petto… prese da terra un coccio di una vecchia pallina, una che aveva realizzato alle elementari come lavoretto e che doveva ogni anno mettere sul ramo più nascosto per non rovinare la composizione che lo stylist professionista –lautamente pagato- aveva creato. Dopotutto non era una casa in cui si faceva l’albero tutti insieme, la sua…
Guardò ancora una volta il caduto, e una lacrima, silenziosa, gli rigò il volto.
La sua vita era proprio come quell’albero: scintillante, luminosa, maestosa… doveva solo aspettare impotente il momento della sua caduta.
 

§ § §
 
 
La mamma di Luna amava il natale. Era sempre stata la sua festa preferita, perciò ogni anno passavano la mattina della Vigilia a preparare tutto, cucinando, addobbando la casa e divertendosi da matti. E soprattutto ogni anno la mamma si divertiva a far vestire bene le sue figlie per farle sentire le vere anime della festa.
L'ultimo Natale trascorso con tutta la sua famiglia unita era uno dei ricordi che custodiva più gelosamente…  Quell’anno, nonostante ormai la salute di sua madre stesse già iniziando a vacillare, lei ha voluto continuare quella tradizione, quasi come una sorta di immateriale, ma preziosa, eredità; organizzò tutto insieme al marito, comprò vestiti nuovi per tutte e tre le sue figliole e regalò una delle sue collane preferite proprio a lei, Luna. In quel momento la bimba si sentì speciale come una regina e da allora, anche se erano trascorsi alcuni Natali da quando la mamma non c’era più, lei, le sue sorelle e suo padre addobbavano tutta la casa e le tre si vestivano al meglio per continuare a mandare avanti la tradizione, seppur con una nota triste che risuonava sul fondo dei canti natalizi che si sentivano nell’aria.
 

§ § §
 
 
Vaen si era rassegnata a passare la Vigilia di Natale da sola visto che sua madre Malai era via, non sarebbe tornata in giornata e le aveva anche fatto degli auguri sbrigativi per telefono. Il programma della ragazza era passare la serata a vedere la tv e meditare, insomma, avvincente no? “Ma si” si disse, “tanto meglio una cosa tranquilla”.
Ecco, l’idea di tranquillità svanì in un millisecondo quando Aurora gli piombò letteralmente in casa trascinandola insieme a lei a casa sua, dove ci sarebbero stati suo fratello e i suoi parenti a festeggiare.
 Aurora voleva fare una bella sorpresa a tutti provando a cucinare una sua ricetta per arricchire il cenone di Natale per colpire suo fratello, sua madre, la nonna e i in particolare i suoi zii, i due fratelli minori del padre, e ovviamente –cosciente delle sue scarse doti culinarie- aveva chiesto aiuto alla sua migliore amica.
Il risultato? un vero disastro, come chiunque si sarebbe aspettato, ovviamente.
Le due ragazze non avevano messo in conto di essere in grado di bruciare persino l'acqua sui fornelli, quindi quando suo fratello Michele rientrò, per poco non gli prese un colpo alla vista della cucina devastata dentro cui, colpevoli, lo guardavano due squinternate sporche dalla testa ai piedi… cosa avrebbe dovuto fare? Ridere fino a soffocare, incazzarsi per quel disastro o consolarle?
 Alla fine il ragazzo optò per una sobria via di mezzo, ovvero aiutarle a sistemare quel casino mentre continuava a ridere e prenderle in giro… dopotutto sapeva perché sua sorella gemella si era inventata tutto quel casino, sapeva che fare una buona impressione agli zii, fratelli del defunto padre, ma dopotutto lo spirito natalizio è ben altro no? Anche se il cenone è parecchio bruciato…
 

§ § §
 
 
Quella appena trascorsa era stata decisamente una Vigilia di Natale redditizia: il negozio era letteralmente scoppiato di clienti pazze per i regali last minute, e in quel momento, ad ora chiusura, Fiore guardava soddisfatta gli scaffali vuoti mentre Camilla le si strusciava amorevolmente, fuseggiando, contro le gambe. Era giunto il momento di chiudere bottega tornare a casa e… passare il resto del Natale mangiando spaghetti di riso cotti al microonde… bello schifo.
Fiore sospirò… non era il top non avere una famiglia da cui tornare, un fidanzato o degli amici con cui trascorrere le feste… solo in quel momento la rossa si accorse di aver trascorso talmente tanti anni della sua concentrata sulla realizzazione dei suoi progetti da aver completamente messo da parte tutto il resto.
Si avvicinò all’albero che aveva addobbato al centro del negozio, e, ricordandosi un vecchio cartone animato natalizio che guardava sempre con suo fratello Mason, si rivolse direttamente allo sguardo amorevole dell’angelo sulla cima:
- Ti prego, ti chiedo solo una cosa per il prossimo Natale – chiese – degli amici sinceri. -
 

§ § §
 
 
Tra poco sarebbe arrivata la primavera a Roma, Fiore e Diego si erano appena mollati, Luna ben presto avrebbe iniziato ad avere le prime crisi adolescenziali, Astreo era appena arrivato, ancora non avevano deciso nulla su chi convocare come portatrice dell’Orso e il suo rapporto con Davide era ambiguo sopra ogni cosa. Si navigava a vista, insomma. Non era certo una situazione in cui si facevano programmi, eppure Andrea non poteva non fantasticare su come sarebbe stato il Natale successivo.
La famiglia di Andrea non aveva niente di troppo eclatante, era piuttosto normale ed unita, per loro era davvero importante condividerla assieme, quindi la ragazza si sarebbe sicuramente dovuta inventare la scusa del secolo per non tornare a casa, e sapeva benissimo che i suoi familiari ci sarebbero rimasti molto male, ma non aveva altra scelta, il supercattivi non vanno mica in vacanza!
Si immaginava già a comprare il calendario dell'avvento per tutti i suoi amici, per poi invitarli a casa sua per vedere assieme "Polar Express", il suo preferito, oltre che un film di Natale davvero bellissimo (e guai a chi avrebbe obbiettato).
Solitamente lo guardava il famiglia, specialmente accoccolata a sua sorella maggiore, ma dato che non avrebbe potuto vederli, giurò che avrebbe condiviso quel momento con la sua nuova, improvvisata, ma splendida famiglia.
Perché questo erano loro, una strana e a volte divisa, ma erano una famiglia piena d’amore… 2.0, per così dire.
E lei non vedeva l’ora…
- può partire ufficialmente il conto alla rovescia per il prossimo Natale, e sarà il più bello di tutti! –
 

NOTE DELL’ELFO

Salve a tutti popolo… niente da dire se non che sono un pagliaccio, avevo promesso questa storia il 25 dicembre e invece è il 29, scusatemi tanto T.T

Che dire, dicembre è stato un incubo coronato da un esame spostato 4 volte e un matrimonio che più orrendo non poteva essere. E voi? Come siete stati in questo mese che non ci siamo sentiti? Spero tutto bene… mi raccomando, scrivetemi in recensione cosa avete fatto a Natale!
In questa raccolta troverete tutti i personaggi meno due, perché l’autrice non ha mai risposto al prompt e quindi, insomma, non potevo inventare, non sarebbe stato giusto e soprattutto non era quello il senso.
piccolo spoiler, la prossima OS, come da votazione, sarà rosso fuego.

Spero che questa raccolta piaccia, come a me è piaciuto scriverla, e che vi tenga compagnia in quei giorni un po’ noiosi tra Natale e Capodanno; colgo l’occasione di augurarvi un augusto 2022, e per questo anno che viene io mi auguro che possiamo restare ancora tutti insieme ad incontrarci, se pur virtualmente, intorno alle nostre storie.
   
 
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