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Autore: Fiore di Giada    30/12/2021    1 recensioni
Ad un tratto, da una strada laterale , apparve un motociclista, in sella ad una Ducati rossa.
Genzo sbarrò gli occhi, sorpreso. Impallidì.
Poi, strinse le mani sul volante e premette il piede sul freno. No, doveva impedire una tragedia!
L’auto, tuttavia, non si fermò e investì la Ducati.
La moto cadde e il corpo del motociclista venne sbalzato a diversi metri di distanza.
L’energia dell’impatto piegò il metallo del paraurti e il parabrezza, con un forte scricchiolio, si infranse.
Il braccio destro del giovane si piegò in un angolo innaturale e l’osso squarciò la pelle.
Poco dopo, l’atleta nipponico si accasciò sul volante, quasi privo di conoscenza. Era dunque finita?
Sarebbero morti insieme?
La BMW, con un lungo, fastidioso stridio, si fermò, lasciando lunghi solchi sull'asfalto, simili a nere ferite.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Genzo Wakabayashi/Benji
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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A passo rapido e deciso, Karl uscì dal suo appartamento, stringendo tra le mani una valigia di pelle marrone.
Percorsi cento metri, vide una Volkwagen azzurra.
Il finestrino si aprì e uscì il volto angoloso di Hermann.
Salta su! Ti accompagno io! – abbaiò il difensore.
Il centravanti gli lanciò uno sguardo stupefatto.
Perché? Non devo andare in capo al mondo. Posso prendere i mezzi. Non ti devi disturbare.– replicò.
Hermann ringhiò, frustrato.
Per favore, non farti contagiare dalle manie di Genzo. E’ meglio non farsi vedere troppo sui mezzi pubblici, fino a quando questa storia non finisce. – dichiarò.
Karl rifletté. Il suo compagno aveva ragione, anche se gli costava ammetterlo.
Un eventuale attacco di esaltati avrebbe potuto mettere in pericolo la sua valigetta.
E non poteva accadere.
Si avvicinò all’automobile ed Hermann aprì la portiera dal lato del passeggero.
Karl salì e, qualche istante dopo, la macchina si mise in moto.

Hai preso tutto? – chiese ad un tratto Hermann.
Sì. Ci ho messo un po’ di tempo, ma ho ottenuto tutta la documentazione. Le analisi di Genzo, il risultato dei rilievi e i video delle telecamere del bar. Inoltre, come supporto, ho la testimonianza di un amico. Sì, non manca niente. – affermò il Kaiser, apparentemente tranquillo.
E allora perché sei così teso? Non dovremmo avere alcun problema a scagionarlo da queste accuse ingiuste. – replicò.
Si interruppe, sentendo un sospiro sgorgare dalle labbra del compagno, e la preoccupazione si ravvivò. Qualcos’altro turbava il suo compagno di squadra.
Poteva essere dovuto al rimorso per la tragedia?
Ma non aveva senso.
Ne era sicuro, Genzo non era un incosciente.
Hai indovinato, Hermann. Genzo si sente in colpa. Gli ho imposto di venire a stare da me, perché, solo, nel suo appartamento, sarebbe crollato, ma è cambiato poco. – mormorò Karl, serio.
Hermann, dentro di sé, sussultò, ma mantenne lo sguardo fisso sulla strada.
Che intendi? – azzardò.
Soffre d’insonnia e d’incubi e io lo sento spesso vagare per la casa come un’anima in pena. Piange in silenzio, anche se per pochi minuti, come se se avesse vergogna del suo dolore. – confessò il centravanti, il tono frustrato.
Hermann scosse lievemente la testa, sconfortato. Non faticava a credere alle parole del compagno di squadra.
Una simile, terribile vicenda oltrepassava le loro pur imponenti fatiche calcistiche e metteva in discussione la dignità personale di Genzo.
Si sentiva circondato da belve prive di volto, pronte ad aggredirlo e a sbranargli l’anima.
Non credi che avrebbe bisogno di un terapeuta? – domandò il difensore.
Probabilmente sì, ma lui fa fatica ad accettare la nostra presenza. Oltretutto, penso che non si fidi di nessuno. Puoi dargli torto? – chiese a sua volta l’altro. La proposta del suo compagno non era insensata, ma si scontrava con una realtà aspra.
Genzo, pur volendo, faticava a fidarsi di estranei e tale diffidenza era comprensibile.
Hermann rifletté.
No, Karl. Non posso proprio dargli torto. –

Parcheggiarono l’auto a circa cento metri di distanza da un edificio di forma quadrata, piuttosto grande, collocato in un ampio spiazzo verde, adorno di querce fronzute.
Il sole colpiva il vetro e l’acciaio dell’edificio, accentuandone il nitore geometrico, mentre diverse persone ora entravano, ora uscivano dall’edificio.
Karl, non rischiamo di esporci troppo? – chiese Hermann.
Il capitano della nazionale tedesca rise.
Qui lavora uno degli avvocati migliori di Monaco di Baviera. Sono disposto a correre il rischio. – rispose.
Il suo sguardo si indurì, come una lama di ghiaccio, mentre le sue labbra si serrarono in una linea diritta, severa, quasi da idolo antico.
Hai ragione. Non dobbiamo lasciare nulla di intentato. – concordò l’altro.
Poi, aprì la portiera dell’auto e Karl, presa la valigetta, scese.
Te la senti di aspettarmi qui? – chiese.
Il ruvido difensore sollevò il pollice in un gesto di assenso.
Anche tutto il giorno. Vai tranquillo. –
Karl gli lanciò uno sguardo lungo, colmo di gratitudine, poi girò la schiena e si inoltrò per il vialetto di ingresso.

Percorse l’ampio spiazzo, lo sguardo serio e fisso davanti a sé.
Chi si accorgeva della sua presenza gli lanciava sguardi ora sprezzanti, ora curiosi, ora ironici.
Fantastico. Mi guardano come se fossi un criminale., pensò. Aveva avvertito su di sé il biasimo di quelle persone.
Nel loro delirio mentale, lo vedevano come il complice di un assassino.
Quelle occhiate erano per lui fonte di fastidio, ma riusciva a non badarci.
Gli dava una vaghissima idea della situazione di Genzo.
Accennò ad un sorriso ironico. Credevano di piegarlo con il loro inutile biasimo, ma non era così.
Rendevano più forte e fermo il suo proposito


Entrò nella sala d’aspetto e, senza alcuna esitazione, si avviò verso la reception.
Che cosa desidera? – chiese l’addetta, gentile.
Vorrei sapere se lo studio dell’avvocato Theodore Husserl è ancora al secondo piano di questo edificio. E se e quanto dovrò aspettare. – spiegò il giovane.
La ragazza non rispose e cominciò a ticchettare le mani sul computer.
Sì, lo studio è al secondo piano. Dovrà però aspettare almeno mezz’ora, perché è impegnato con un cliente importante. In caso di variazioni, la chiamo. Però mi deve mostrare i suoi documenti. – gli ingiunse lei.
Karl annuì,aprì una tasca esterna della valigia, prese la sua carta d’identità e la porse alla ragazza.
Questa, con occhio attento, la controllò, poi gliela restituì.
La ringrazio per la cortesia. – affermò il giocatore.
Lavoro. – rispose lei.
Il giovane, poi, si avviò verso una delle poltrone e si sedette.
Aprì di nuovo la tasca della valigia, prese una copia di Addio alle armi e cominciò a leggere.


Qualche ora dopo, il telefono risuonò.
La ragazza prese la chiamata e, dopo alcuni minuti, riagganciò.
Signor Schneider, è il suo turno. L’avvocato Husserl è libero e la sta aspettando. – gli annunciò.
Il giovane, sentendo le parole di lei, chiuse il libro, si alzò, stringendo tra le mani la valigetta e si avviò verso l’ascensore. Poteva salire a piedi senza alcun problema, ma, in quel momento, non desiderava fare alcuno sforzo fisico.
Le porte metalliche si aprirono e un uomo e una donna uscirono.
Karl entrò e, con forza, premette il due sul tastierino numerico.
Con uno scatto, le porte metalliche si chiusero e l’ascensore cominciò a salire.
Il giovane, con gesti colmi di nervosismo, strinse la valigetta contro il petto, quasi fosse un tesoro prezioso. Un senso di ansia si era insinuato in lui, nonostante tentasse di mantenere la calma.
Theodore Husserl era un valido uomo di legge, esperto in diritto penale, ma sarebbe bastato ad aiutare Genzo?
Inoltre, lo preoccupava il suo stato di prostrazione.
Il suo amico e rivale asiatico, con una forza encomiabile, cercava di mantenere la dignità, ma era una lotta assai sfibrante.
E non voleva nemmeno ricorrere a tranquillanti, per paura.
Strinse i pugni e le sue labbra si sollevarono in un ringhio di belva. No, non avrebbe permesso un simile esito.

L’ascensore si aprì e il giovane uscì.
Percorse alcuni metri, poi si fermò davanti ad una porta, sormontata da una targa d’ottone con sopra il nome: avvocato Theodore Husserl.
Pochi istanti dopo, con uno scatto, si aprì e apparve un uomo basso, tarchiato, vestito con una maglia e un pantalone bianco.
Dietro i suoi occhiali, dalla montatura dorata, si celavano sottili occhi celesti e il suo volto dai lineamenti duri, segnato da rughe sottili, era circondato da folti capelli bianchi.
Puoi entrare. – gli disse.
Karl lanciò brevi sguardi guardinghi, ora a destra, ora a sinistra, poi si inoltrò nello studio.
Era un ambiente piuttosto ampio, di forma rettangolare, che riceveva la luce del sole da un’ampia finestra, che dava sul giardino.
Una grossa scrivania di quercia, ingombra di carte e penne, dominava la stanza e, appoggiata alla parete posteriore, v’era un’ampia vetrina, nella quale erano collocate diversi volumi di giurisprudenza e storia in varie lingue.
Diverse sedie erano collocate davanti alla scrivania, mentre il pavimento scompariva sotto un ampio tappeto bianco e giallo.
Nell’angolo sinistro, in un vaso di ceramica, fioriva una rigogliosa pianta di orchidea vermiglia, dalla quale si spandeva un forte profumo.
Hai portato quello che ti ho chiesto? – chiese Theodore, spiccio.
Sì. E’ tutto in questa valigetta. – rispose il giocatore.
Siediti. E aspetta alcuni minuti. – gli disse l’uomo di legge.
Karl gli consegnò la borsa e si sedette.

L’avvocato la aprì e, con occhio attento, cominciò a esaminare i vari documenti.
Di tanto in tanto, si accarezzava il mento glabro con la mano.
Qualche minuto dopo, l’uomo alzò i suoi occhi grigi e li fissò in quelli cerulei del giocatore.
Che cosa ne pensa? Ha bisogno di qualcos’altro? – chiese Karl, ansioso.
Per ora nulla. Ma ci sono alcune cose che depongono a favore del tuo compagno. – spiegò il legale.
Quali? – chiese Karl.
Non era ubriaco o drogato. Dai risultati delle analisi del sangue, risulta solo un elevato livello di adrenalina e vari ormoni dello stress. Comprensibile, dato il suo stato di tensione. A questo, si aggiungono i risultati dei rilievi. La sua velocità non era elevata. Non sembra avere fatto manovre da pilota di Formula 1, se non quella per evitare l’impatto con la moto. – spiegò.
Il campione tedesco sentì un lieve sollievo pervadere la sua anima. Forse, una vaga speranza c’era.
Non ti consiglierei di lasciarti andare a esagerate manifestazioni d’ottimismo. Prima, voglio esaminare il video dell’incidente. Ah, so che è stato soccorso da un paramedico, prima dell’arrivo dell’ambulanza. O mi sbaglio? – chiese.
No. E’ una persona che conosco bene. Si chiama Andrei Ionescu ed è anche un importante scacchista. – rispose Schneider.
Bene. Desidero parlarci. – affermò Theodore.
Capisco. Glielo riferirò. – promise Karl.
Se tu riuscissi a trovare altri testimoni, sarebbe meglio. Ora, puoi andare? Devo lavorare e ho bisogno di silenzio. – affermò l’avvocato.
D’accordo. Buon lavoro. – lo salutò il giocatore.
Si alzò, chinò la testa e uscì dallo studio.

Un po’ di tempo dopo, uscì dall’edificio e si avviò verso l’auto di Hermann.
Questi, vedendolo arrivare, aprì la portiera e lo fece salire.
Come è andata? – chiese.
Karl si lasciò andare sul sedile, come se le sue energie fossero scomparse.
Qualche possibilità c’è… Le analisi del sangue di Genzo non mostrano tracce di alcool o droghe e i rilievi sulla sua auto sembrano indicare una guida prudente. Ma lui mi ha detto di non sbilanciarmi troppo, perché vuole esaminare tutto meglio. Soprattutto il video della telecamera del bar. – spiegò.
Non dovresti sorprenderti. Hai detto tu che non vuoi lasciare nulla al caso. – lo incoraggiò Hermann.
Poi, mi ha detto che vuole parlare con Andrei. – continuò.
Il difensore dell’Amburgo sbarrò gli occhi, stupito.
Chi? Il tuo amico scacchista? Ma sarà facile trovarlo? – domandò.
Karl accennò ad un sorriso e si passò la mano tra i capelli biondi.
Stai tranquillo. Non è un pazzo alla Bobby Fisher. Se può aiutare qualcuno, lo fa. Del resto, non ha cercato di soccorrere quello sventurato motociclista? –
Hermann grugnì un breve cenno d’assenso, poi inserì la chiave nel cruscotto e la macchina partì.


1) il nome dell’avvocato è una fusione tra i nomi dei filosofi Theodore Adorno e Edmond Husserl, mentre il cognome di Andrei Ionescu (è il paramedico del 1 capaitolo) è quello del grande drammaturgo.
Schneider ha citato Bobby Fisher, che, oltre alla grande bravura negli scacchi, ha anche mostrato atteggiamenti arroganti e opinioni discutibili. (vedi l’antisemitismo).
Ho cercato di creare una situazione credibile per il diritto tedesco, ma non vorrei avere cannato. Se sì, attribuitela alla balordaggine delle informazioni.
Ho messo alcune varianti nella storia, rispetto alle one shots, per evitare che risulti ripetitivo.
Che ve ne pare? Vi piace Schneider in questa veste?
   
 
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