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Autore: Gaia Bessie    31/12/2021    4 recensioni
Io non ti amo.
Non perché sei rosa scoppiata in primavera,
O forse una stella circondata da nubi.
Io non ti amo perché non so amarti, perché non posso amarti.
E nemmeno dovrei.
Io non ti amo, non ti amerò mai.
[Draco/Hermione | Partecipa all'iniziativa "Regali di inchiostro" organizzata sul gruppo Facebook "L'angolo di Madama Rosmerta"]
Per Cress, Rosa, Gio, veronica e Barby.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Per Cress, Rosa, Gio, Barby e veronica.
Per motivi diversi, grazie a tutte di tutto.


 
Nessuno si salva da solo
 
 
Io non ti amo.
Non perché sei rosa scoppiata in primavera,
O forse una stella circondata da nubi.
Io non ti amo perché non so amarti, perché non posso amarti.
E nemmeno dovrei.
Io non ti amo, non ti amerò mai.
 
***
 
Sola.
Il giorno in cui cominciano quei bigliettini, se ne rende conto – Hermione è tutta sola, come quella rosa che scoppia in primavera e sparpaglia disordinatamente petali su un prato arido e disadorno, sconsolata come la stella che si deve nascondere dietro le nubi.
In mezzo a una strada, che Londra non ha tempo (né spazio) per una come lei: la guerra è finita, le ha detto dolcemente Molly Weasley quando lei ha rifiutato di prender parte al cenone di Natale – è famiglia per tutti: per Ron, per Harry.
Ma non per lei. Hermione torna a casa, casa sua: la trova vuota, scalcinata, senza i suoi genitori. Ed è vero che la guerra è finita, ma è tutto uno strascico che la segue come un profumo velenoso, di cui a stento si rende conto il giorno in cui un gufo color nocciola le recapita il primo biglietto.
Lo apre. Sciocco, da parte sua, aprire un foglietto di pergamena ripiegato in una busta bianca, senza mittente, con solamente il suo nome scritto in un angolo (un po’ storto): sciocco perché, sebbene la guerra sia finita, i Mangiamorte sono ancora in circolazione – estirparli? Impossibile.
Ma lei lo apre e, quando lo legge, si deve domandare chi sia lo sciroccato deciso a dedicarle parola incastrate tra di loro in poesia: non Ron, si risponde, ha milioni di difetti ma la poeticità non rientra tra di questi.
È che dicono che tutti i poeti o gli artisti vivano in un mondo che è fatto di alcol e fumo e, quando pensa ai suoi amici, ai suoi conoscenti, Hermione non trova nessuno che possa essersi ricostruito con assenzio e marjuana. Non tutti sono a pezzi come te, s’è detta nel momento in cui s’è dovuta mordersi la lingua per non spifferare tutto ai suoi migliori amici, c’è qualcuno che crepe non è ha: ma lei, che è senza famiglia, senza amore, adesso si domanda se non sia l’assenzio la via che ti brucia la gola e ti permette di sopravvivere.
Non tutti sono a pezzi come te – ma, qualcuno, evidentemente sì: è il momento in cui Hermione sospira e si dice che deve smettere di sognare a occhi aperti un amore da favola, una vita che si può ricomporre. Non a Londra, dove ogni strada è grigia e solitaria e non porta da nessuna parte che non sia inevitabilmente il centro.
Così, nel momento in cui il gufo le tende la zampa in attesa di una risposta, Hermione sospira e non sa cosa dire: appella piuma e pergamena e scarabocchia poche parole, silenziosamente, per poter rispondere a quelle righe prive di firma.
Nemmeno io.
Non sa chi sia – ma vive nella certezza assoluta e incontrovertibile che lei non amerà mai più nessuno.
 
***
 
E non ti amerei nemmeno se sarai pioggia dorata
O desiderio inespresso.
Non potrei farlo mai: c’è qualcosa che si frappone tra me e te.
E sono io.
 
***
 
Draco Malfoy torna a Hogwarts a mezz’anno, con il benestare della Preside McGranitt e una serie di sguardi costernati che lo seguono come ombra venefica tra una lezione e l’altra: lui non dice una parola – non ha scommesso niente, ha perso tutto quanto: gli hanno detto che ancora qualcosa gli rimaneva, quando ha scelto se tornare a Hogwarts o lasciare che la sua vita andasse alla deriva, e lui s’è fidato. Ha raccolto quel che rimaneva della propria dignità ed è tornato solamente per scoprire d’esser stato l’unico.
Le sorelle Greengrass hanno scelto l’una di sposarsi a diciott’anni e l’altra di continuare la propria istruzione a Beauxbatons (in lutto, dicono, la piccola Astoria), Pansy Parkinson s’è ritirata in casa dei propri genitori e si dice che abbia paura (ragionata) di uscire di casa, Theodore Nott e Blaise Zabini sono ombre per i corridoi di Hogwarts e non si vedono, non si sentono e a stento parlano. Goyle s’è perso. Spaventato, disperato, ha smarrito il proprio essere in una lingua di fuoco – non si trova più da nessuna parte.
E così, nel momento in cui deve riprendere una routine fatta di lezioni, compiti in classe e noiosi passatempi di un’adolescenza che gli è stata strappata a sedici anni, Draco si riscopre composto da ossa polverose e nessun rimasuglio di speranza. Cosa gli è rimasto, si domanda allo specchio quando scopre cicatrici impensabili, lì che sfiorano il cuore – eppure, non lo dissanguano proprio mai.
Draco Malfoy scopre che Hogwarts è tutta sbagliata, tutta un’inutile ferita: non lo dicono mai, ma la guerra ha lasciato sfregi ben più profondi di muri ricostruiti dalla magia (eppure, piovono calcinacci alla sera). E, quando un giorno trova Hermione Granger a sospirare su un vecchio tomo polveroso, non ha la forza di stupirsi – tutto il Mondo Magico è esausto, è normale che lo sia anche lei: ma lei gli restituisce uno sguardo atono, impersonale, e gli fa segno di sedersi.
Lui lo sa.
Hermione Granger non l’ha perdonato – che di perdono non se ne parla nemmeno: concede tolleranza, nei suoi confronti, l’ha detto al processo dei sopravvissuti. Ammirevole, ha detto l’amica di Potter, il fatto che Draco sia sopravvissuto a un destino per lui presofferto: ma le ferite che gli hanno inferto non le causano dimenticanza, lei ricorderà sempre.
Che è stato codardo, infido e, sul finire, razzista – ma, quando lui fa per domandarle perché l’abbia invitato a sedere al suo tavolo, Hermione Granger scrolla le spalle.
«Altrimenti, non l’avrebbe fatto nessuno» commenta, quieta. «Credo ancora in tutto quello che ho detto di te, Malfoy: ma è anche vero che nessuno si salva da solo».
Lui non sa replicare – nessuno si salva da solo, è vero, così china il capo e si morde la lingua per non dirle che non è compito suo raccogliere i rifiuti del Mondo Magico: i Malfoy sono stati detronizzati e, a meno che lui non si risolva a trovare una moglie che ne risollevi il cognome, non hanno speranza di imparare a nuotare nel fango in cui sono immersi.
Gli hanno proposto Astoria Greengrass, che in Francia scappa delle sue ombre e ha fatto sapere al giovane Malfoy che non ha intenzione di fidanzarsi a quindici anni, gli hanno proposto Millicent Bullstrode e mille altre ragazze che, con cortesia, hanno sempre rifiutato: è un’empietà, ha commentato il padre di Daphne e Astoria, quest’usanza dei matrimoni di sangue – non fanno per noi, Lucius, sia chiaro.
«Non ho bisogno di pietà, Granger» strascica tra i denti, in un sibilo. «Soprattutto, non della tua».
Ma lei sorride, scuote il capo – c’è stato un momento in cui, dopo il processo ai sopravvissuti, quand’ha visto l’anziana nonna di Nott battersi il petto, con tonfi sordi, dicendo prendetevela con me, non con mio figlio, in cui Hermione ha smesso di credere.
Sì, di credere: non nella speranza, non nella redenzione e soprattutto non nella capacità di salvarsi da soli. Gliel’ha detto, Andromeda Tonks, il giorno del funerale di sua figlia, prima d’allontanarsi a braccetto con l’unica sorella che le era rimasta: e Bella chi l’avrebbe salvata da sé stessa?
Non io, ha sussurrato Narcissa Malfoy, con aria dolorosamente colpevole – ma Andromeda le aveva restituito lo sguardo: nemmeno io, le ha risposto.
Hermione non ha compreso, non subito almeno: che esistono persone che non sono in grado di salvare chi amano, figurati quelli che detestano – Draco Malfoy non ha bisogno di pietà ma, se non gliela darà, cosa rimarrà di lui?
È già il frammento di un pensiero che si scompiglia nel vento che proviene da lontano, da oltreoceano, tutto scarmigliato quando la guarda e le chiede.
«Si può sapere perché mi fissi, Granger?».
Voglio vedere se riesco a salvarti, pensa lei.
Ma lui è uno specchio – per quanto provi a vederci attraverso, Hermione si scontra sempre e comunque con l’inevitabilità del proprio riflesso: Draco Malfoy però, nonostante le correnti che lo sballottano in giro per sé stesso, quando le restituisce lo sguardo è dolorosamente calmo.
«Non ci pensare nemmeno» commenta, calmo. «Nessuno si salva da solo, forse, ma non sarai tu quella che ci salva tutti».
Lei non sa come replicare – ma si domanda come faccia Malfoy a leggerle in fronte i pensieri quando i suoi, di pensieri, sono oscuri e impenetrabili come una notte priva di stelle.
E poi, sembra suggerirle Malfoy quando lei torna a leggere il proprio tema per Pozioni e un bigliettino fa capolino da sotto la pergamena, chi sarà quello che salverà te?
 
***
 
E non ti amerò, se mi supplicherai di farlo.
Come potresti – supplicare me?
Ti ho promesso che mai ti avrei amata.
Forse, però, lo facevo già.
 
***
 
Draco domanda in continuazione – a lei, mai.
Chiede del tempo, una piuma in prestito, se mi passeresti la ciotola con il purè di patate per piacere, non è vero che Lumacorno sembrava ubriaco a lezione? A lei non domanda mai niente, non si cava una parola dalla bocca quando Hermione lo guarda e sembra dirgli silenziosamente: domandami.
Lui però china il capo e tace, incapace di domandarle anche soltanto perché si deve per forza accanire in quella maniera, su di lui: nessuno si salva da solo, risponderebbe, prima di riporre un bigliettino nell’astuccio di cuoio dove tiene piuma e inchiostro (rossore, sulle sue guance).
Hermione non si sa raccontare – si limita a permettergli di osservarla, di replicare i suoi movimenti e di intenderne i pensieri: Draco intuisce che lei brama delle scuse, una parvenza di redenzione. Non gliele concede mai, non saprebbe come fare.
Qualche volta vorrebbe domandarle (a chi sorridi quando perdi il controllo delle tue espressioni?) ma la Granger forse non è specchio, ma diamante: riflette storto, slargato e quando finalmente lui allunga le dita per sfiorarla, taglia.
Lei è tutta un impegno dietro l’altro – consolare i primini che piangono come pulcini per la lontananza da casa, aiutare i Grifondoro del terzo anno con i compiti di Aritmanzia, ascoltare le confidenze di alcune ragazzine del quinto anno, dispensare consigli. Ma, in mezzo a questo marasma di inutile altruismo, Hermione Granger trova sempre e comunque il tempo di sedersi di fronte a lui, in biblioteca, e di aprire un vecchio tomo polveroso con aria odiosamente indifferente – e solamente quando lui è sul filo dell’implosione, domandargli come sta.
Draco non ha mai una pallida idea, nemmeno un riflesso distorto, di come rispondere: sto, dice il più delle volte, come sempre, come vuoi che stia?
«Tu sorridi troppo» le dice un giorno che l’astuccio di Hermione è diventato un cimitero di pergamena ripiegata. «Perché sorridi così tanto?».
Draco non si spiega – non le dice che, chi sorride, generalmente lo fa perché ha pianto veramente tanto per imparare a farlo: ed è per questo che lui non sorride mai (altrimenti si accorgerebbero tutti quanti che ha gli occhi ancora rossi e il respiro corto).
«E tu non sorridi mai» risponde Hermione, di rimando. «E non dire che non hai motivo per farlo: tutti noi, in qualche modo…».
A quel punto, Draco ride – ma non piano, non discretamente, ride fino a fratturarsi le costole per trafiggere il cuore con degli spuntoni di ossa: e quando finalmente riesce a placarsi, lo sguardo di Hermione è più impenetrabile del solito.
«Se solamente fossimo tutti quanti come te, Granger» commenta, quieto. «Forse sorrideremmo di più».
Lo dice con un tono così pregno di ironia che, lei, non sa cosa replicare – se non che, se ne avesse la possibilità, potrebbe provare a farlo ridere un po’ di più.
Ma lei non è né George né Fred Weasley e, allora, china il capo e inghiotte ogni frammento di parole (vetro, gola graffiata) che le si insinua tra i pensieri.
«Che ne pensi della poesia, Malfoy?».
Lui la guarda – ed è nuovamente specchio diamantato e, allora, Draco non sa mai cosa dovrebbe risponderle.
 
***
 
Ma ti ho amata, te lo giuro, io l’ho fatto.
Dirtelo?
Come avrei potuto dirtelo?
Eri rosa esplosa in frammenti e, a ogni respiro, provavi a graffiarmi.
Non ci ho nemmeno provato, Hermione.
Perché il coraggio è l’unica cosa che non sai dare in prestito e, di tutte, era anche quello di cui più io avrei avuto bisogno.
 
***
 
Il giorno in cui Narcissa Malfoy comunica a suo figlio che devono ricostruirsi senza il capofamiglia, che Lucius non è sopravvissuto all’onta che ha scolorato il proprio cognome e gli si è spezzato il cuore, Draco piange tutte le sue lacrime più amare in un angolo polveroso di biblioteca. Ma, quando Hermione gli chiede di spiegarlo a parole, lui non le trova – non sa come dirlo a lei: che, nonostante tutto, si sente dolorosamente libero.
Che la figura di suo padre l’ha amata, un amore ingombrante e che, adesso che di Lucius Malfoy rimangono solamente i ricordi, Draco è libero per davvero – di scegliere di non sposare Astoria o Daphne Greengrass, Pansy Parkinson, Millicent Bullstrode o qualunque altra Purosangue con un nome musicale e il sangue impeccabile.
È tutto rosso, Malfoy – ha commentato Hermione Granger il giorno in cui due o tre gocce gli hanno macchiato il labbro, spaccato dalla presa feroce dei denti: mi sarei stupita, se l’avessi avuto blu o nero, invece è semplicemente rosso (come il tuo? Come il mio).
Così, quando si trova a doverle spiegare perché la morte di suo padre è un dolore così intenso da significare rinascita: Draco passa attraverso un muro di fiamme, ma non diviene cenere impastata di lacrime. Si vetrifica, fino a diventare carbone e dal carbone nascono i diamanti: così che, quando Hermione si china per guardarlo negli occhi ancora non lo vede.
Non lo vede perché Draco non si sa mostrare e, quando lei finalmente trova il coraggio (lei, capisci, lei che ne aveva molto più di lui) di domandargli cosa l’abbia ferito nell’animo in quella maniera, lui sorride. Sorride e lo dice a chiare lettere, con dolcezza spezzata e lei che non lo comprende già più.
È che lui ne ha certezza inossidabile, quando la coglie come un fiore o un pensiero spettinato sul confine della fronte – Hermione Granger non sa dimenticare.
C’è speranza per il suo perdono, che lo concederebbe anche a Bellatrix Lestrange se questa fosse sufficientemente viva per reclamarlo, ma la sua dimenticanza è rara come la capacità di vedere i Nargilli. E, quando Draco le dice che suo padre è morto (e lui è libero), Hermione aggrotta le sopracciglia con aria infastidita – perché per lei, lui è questo: un fastidio, una frustata sulla schiena autoinflitta per ricordarsi che la vita pulsa nel sangue, che sia puro impuro o semi-filtrato.
Dice di aver perdonato, forse l’ha fatto: ma concedere il suo dimenticare, come potrebbe riuscire a farlo?
«Mi dispiace» mastica, infine, lei con un sussurro. «Tornerai a casa per i funerali?».
Draco annuisce – per un momento che è durato una mezza eternità, ha accarezzato (e afferrato, affondandoci le dita dentro) la possibilità di dire a sua madre che non avrebbe presenziato: che vuole essere una persona diversa da quella che hanno costruito per lui, affilato come un diamante, ma in grado di vederci attraverso?
Nessuno si salva da solo, mamma – Narcissa ha riso, amaramente, gli ha dato ragione: ma chi pensi che salverà noi?
Cissy Black ha ben chiaro che, in un mondo che ancora reca le ferite di una guerra quasi infinita, nessuno porgerà una mano a chi ha ancora il Marchio dell’Oscuro sulla pelle: siamo ancora i suoi cani, Draco. Ancora peggio, siamo le sue bestie da soma, gli asini: presi a calci, umiliati, distrutti – e cosa pensi che ci sarebbe successo, se avesse vinto Lui?
Narcissa lo sa, certo che deve saperlo: sua sorella non avrebbe dimenticato, questo sì, ma nemmeno perdonato – il perdono è per chi sa permetterselo e, di permissioni, Bellatrix non era certamente maestra.
«Andrò» sussurra Draco, passandosi stancamente una mano sul volto pallido. «Tu tornerai a casa tua, per Natale?».
«Non ho una casa mia».
«E Weasley?» alza un sopracciglio, lui, incerto. «Non si aspetta che tu vada dalla sua famiglia?».
«Forse» ammette lei, quieta. «Ma io non posso, capisci? Non è… non è la stessa cosa, senza di loro».
Draco Malfoy lo scopre così, che anche la Granger nasconde insospettabili ferite e, quando gliele mostra, non sa come comprenderle – che Hermione non sa come tornare indietro a quell’adolescenza rubata, che è rubata come quella che hanno sottratto anche a Draco stesso.
Lo scopre così – lui ha perso un padre, la Granger ha perso entrambi i genitori: e lui, che vorrebbe domandarle se non abbia voglia di trascorrerlo con lui, il Natale (stupido, Draco, stupido!), non ha parole da disincantrarsi dalla gola.
«Quindi che farai?».
«Rimarrò qui» commenta Hermione, calma. «D’altronde, dove altro potrei andare? Sarei incompleta ovunque».
Potevi essere incompleta con me, vorrebbe dirle lui, ma che coraggio gli servirebbe per pronunciare quelle sillabe?
«Non…».
Lei scuote il capo – ha delle farfalle che le tengono i capelli appuntati sulle tempie, farfalle color smeraldo come gli occhi di una delle Greengrass e vanitose come Pansy, dure come Millicent e belle come sarebbe stata bella una qualunque ragazza Purosangue disposta a farsi mettere l’anello dei Malfoy sull’anulare.
Ha delle farfalle che le svolazzano tra i ricci slargati, ingarbugliati, e non sanno mettere ordine in quella foresta bruna e insensata.
«No, Malfoy».
 
***
 
Saremmo stati incompleti anche insieme, Hermione.
Ma, in qualche modo, saremmo stati comunque.
Ed è per questo che io non ti posso amare.
 
***
 
Dopo Natale, Malfoy non torna a Hogwarts – Hermione, un po’ controvoglia e un po’ senza accorgersene, lo cerca in ogni angolo mal ripiegato della scuola: ma, al pari del ricordo della paura della Guerra, è sbiadito e cicatrice inutile su una pelle ormai guarita, intonsa. È biancastro, una linea di vita interrotta e lei non sa come fare a ritrovarlo.
Smettono anche i biglietti.
E, il giorno in cui finalmente Hermione comprende, arriva un ultimo biglietto – e la notizia che Draco Malfoy ha preso il volo e, adesso, chissà dov’è scappato: sua madre ha pubblicato un annuncio sul Profeta dove lo supplica di tornare a casa.
Lui non ha risposto.
 
***
 
E non ti posso amare non per tutto quello che sei o rappresenti.
Non ti posso amare perché tu non puoi amare me.
Nessuno si salva da solo, Hermione.
Nemmeno tu.
 

Ultima Dramione, ultima storia di questo 2021.
Spero che rimaniate con me per il 2022 e che io riesca a farvi piacere le mie pazze storie per un altro anno.
Gaia

P.S. Il titolo della storia deriva dall'omonimo romanzo.
   
 
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