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Autore: NPC_Stories    01/01/2022    2 recensioni
O come Dora e Rupert Honeycomb sono sopravvissuti alla propria infanzia.
Grossomodo.
Genere: Commedia, Fantasy, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash, FemSlash
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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Autore: Dira_
Genere: dark




Il maiale di Natale



Una fattoria nelle campagne di Secomber, Costa della Spada, anno 1361


“Dov’è finito il maiale?”
Ogni inverno gli Honeycomb, fattori e pastori da ben una generazione, spedivano i propri figli alla Locanda dell’Orso per passare l’inverno in sicurezza e con le pance piene. Era fatto noto. Quell’anno però, su insindacabile decisione di Gorstag, padre e capofamiglia, i figli erano dovuti tornare alla fattoria per il Solstizio d'inverno.
Era stato un buon anno; le arnie avevano fruttato molto miele e a Primavera c’erano state tante nascite di agnelli. Quindi Gorstag aveva acquistato un maialino - ora divenuto un pasciuto maiale - per ammazzarlo il giorno del Solstizio e distribuirne le carni tra vicini e amici. Era un modo per mostrare alla propria comunità che gli Honeycomb se la passavano bene, e grazie tante.
Però che festa sarebbe stata senza i suoi amati figli?
Senza il robusto Randall, senza il divertente Stedd, senza la piccola Dora… e sì, vabbeh, anche senza Rupert.
Che di fronte a quella domanda aveva sfoderato un sorriso da idiota, ma non aveva detto niente.
“Il maiale non è nella sua stalla,” scandì Gorstag passando in rassegna i quattro figli maggiori. Assente giustificato l’ultimo nato, Bruce, che ancora se la faceva addosso.
Gorstag li guardò ad uno a uno, schierati di fronte al tavolo; erano figli devoti e ubbidienti per la maggior parte del tempo, ma avevano purtroppo ereditato il suo maledetto sangue, che si declinava in un temperamento testardo, focoso e prono alle idee del cazzo.
O, come nel caso di Rupert, nell'eccentricità più totale. A differenza dei fratelli, che erano biondi, dalle ampie spalle e dai visi squadrati, Rupert era magrolino, dinoccolato e con lineamenti leggeri, da ragazzina. Come se non bastasse, ad ogni Primavera non poteva mettere piede nei campi perché soffriva di una terribile allergia al polline.
Allergia al polline e al latte, in una fattoria dove si produceva miele e formaggio.
Uno strano per generazione c’è sempre. E lui lo è parecchio.

“Ce l’hanno rubato?” sbottò Randall distogliendolo da quei tetri pensieri. “Saranno stati quelle merde secche degli Shendrel… vado a prenderli a calci papà!”
“Non sono stati i nostri vicini,” lo fermò dandogli però una pacca sulla spalla per fargli capire che aveva apprezzato l’iniziativa. “Dopo la batosta che gli abbiamo dato alla fiera di mezza estate si guardano bene dall’alzare la testa.”
“Magari è scappato…” suggerì Dora. Gorstag sospirò e si mangiò una rispostaccia.
La sua piccola Dora non se la meritava. Era l’unica che avesse un po’ di cervello tra i suoi figli. A volte era come parlare con una piccola adulta dalle guance paffute e sapere che avrebbe lasciato la fattoria nelle sue mani lo rincuorava.
Era proprio vero: ci voleva una figlia femmina per non mandare in malora la famiglia.
“A meno che uno di voi non abbia lasciato la porta della stalla aperta, no. Chi l’ha lasciata aperta?” e guardò verso Rupert, l’ultimo ad essersi occupato di sfamare il maiale quel giorno.
“Non siamo stati noi! Non sappiamo dove sia finito papà!” si inserì Dora; giusto, la sua piccina era l’ombra riluttante di quello scriteriato del gemello. Doveva averlo accompagnato nelle stalle.
“Va bene, va bene…” sbuffò. “Rimane però il fatto. Il maiale è sparito. Quindi andrete tutti a cercarlo… e tu,” afferrò per una spalla Rupert, che stava cercando di sgattaiolare via e strinse la presa finché il ragazzino non si bloccò con un gemito. “Se te ne vai in giro a cazzeggiare come tuo solito lo scoprirò. Mi aspetto il maiale prima dell’alba, dobbiamo ammazzarlo domani e verranno anche i vicini. Sarà una festa e non può mancare la portata principale. Sono stato chiaro?”
“Chiaro!” risposero i quattro in coro, prima di schizzare fuori dalla cucina per andare a vestirsi.

“Siamo nella merda!”
“Tranquilla sorellona, ormai sarà lontano!”
“Lo abbiamo liberato noi!”
“Cicciolo Libero!”
“Shhh! Zitto, non farti sentire dagli altri…”
“Ma non abbiamo fatto una buona azione?”
“Sì,… cioè no… che cavolo, Rupert! Il maiale va ammazzato, ma Cicciolo… beh, l’abbiamo scelto io e te alla fiera, gli abbiamo dato un nome, l’abbiamo cresciuto è… è nostro amico. Non potevamo fargli fare una finaccia.”
“Sono con te sorellona, ma ora dobbiamo ritrovarlo e portarlo indietro. Hai sentito papà.”
“Sì, l’ho sentito… Dai, andiamo, magari con un po’ di fortuna si sarà allontanato abbastanza.”

Quattro piccole figure si aggiravano per i campi immersi nel gelo invernale, illuminate soltanto da una splendente luna crescente.
“Dove si sarà cacciato quello stupido maiale!?” sbottò Randall strofinandosi le mani sulle guance per tenersi al caldo. “Vedete qualcosa?”
“Niente di nuovo sul fronte, Capitano!” rispose Stedd prima di intonare una filastrocca oscena che gli valse un calcio nel sedere da parte dell’altro. “Vuoi fare a botte, eh? Vuoi fare a botte Randello?!” saltellò sul posto. “Avanti, scaldiamoci!”
“Fatela finita,” sospirò Dora, avvolta da un voluminoso scialle che le copriva fino alla punta del naso rosso di freddo. “Ci manca solo che lo facciate scappare con le vostre urla…”
“Aaaaah!” urlò Rupert e Dora sapeva il motivo per cui l’aveva fatto.
Peccato che non lo sapessero gli altri.
“Sta zitto, idiota!” Randall gli tirò uno spintone, molto più forte e cattivo del calcio che aveva tirato a Stedd. Rupert cadde bocconi a terra.
“Ehi, basta!” Dora si frappose tra i due. “Lascialo stare!”
“Ha cominciato lui!” si difese Randall: a quattordici anni era entrato di prepotenza nell’adolescenza e aveva i muscoli, la forza e il vocione da ragazzo. Però, di fronte alla sorellina, era consapevole di dover abbassare i toni. Non solo perché Dora era la cocca dei genitori, ma anche perché era in grado di picchiare duro e sporco quanto loro.
E di solito mirava basso.
“Tu sei il maggiore dovresti avere un po’ di pazienza!” ribatté Dora andando ad aiutare Rupert, il quale, una volta in piedi, gli rivolse un gestaccio. Randall, infreddolito e incazzato fece per partire di nuovo all'attacco, ma Stedd lo fermò prendendolo per un braccio.
“Lascia perdere, che se prendi anche Dora è un casino…” sbuffò. “La cocchina non può tornare a casa con mezzo graffio o ci tocca la cinghia.”
Dora arrossì di rabbia ma rimase zitta. Erano tutti consapevoli di quanto sbilanciato fosse l’affetto dei loro genitori. Lei per prima. “Dai, andiamo verso il bosco… potrebbe essersi rifugiato lì,” mormorò.
“Non ho capito perché sei tu che dai ordini adesso,” ribattè Randall indispettito. “Sono il maggiore, dovreste dare retta a me!”
Dora alzò gli occhi al cielo. “E qual è il piano?”
“Beh… cercare il maiale!”
“Meno male che ce l’hai detto! Non ne avevamo idea!”
Stedd strinse una risatina tra i denti e anche Rupert sghignazzò. Randall sentì le orecchie diventare bollenti di imbarazzo. “Non parlarmi così, le mocciose hanno rispetto dei fratelli più grandi!”
“Il rispetto si guadagna,” replicò l’undicenne incrociando le braccia al petto. “Solo perché sei nato prima non significa che tu sia il capo.”
“Oh-oh!” esclamò Stedd deliziato: pieno di brufoli e sarcasmo, il mezzano dei fratelli Honeycomb adorava quando poteva essere spettatore di uno scontro senza pagarne le conseguenze. “Dora ha ragione, non sei mica il capofamiglia, non erediterai tu!”
Randall strinse i pugni; nessuno nella loro comunità faceva ereditare le femmine. I suoi amici infatti lo prendevano in giro ogni volta che usciva quell’argomento.
Grande e grosso come sei dovrai obbedire ad una femmina per tutta la vita. A quella lagna di tua sorella poi!
Se non ci fosse stata Dora, Randall avrebbe avuto la fattoria e il rispetto dei suoi coetanei. Sarebbe stata tutta un’altra solfa non averla tra i piedi, cocca dei genitori e principessina dispotica di casa.
…a rifletterci, sarebbe bastato portarla da qualche parte e darle una botta in testa per risolvere la situazione. Poi il freddo avrebbe fatto il resto. Magari i suoi l’avrebbero cercata un po’, ma di bambini che morivano tutti gli inverni ce n’erano tanti.
E poi la fattoria sarebbe tua. Come ti spetta di diritto.
Randall si spaventò di quei pensieri. Non parevano manco suoi. Poi si accorse che i fratelli lo guardavano in silenzio a qualche metro da lui. Aveva smesso di camminare.
“Che avete da guardarmi così?” sbottò.
Dora si morse le labbra. “Scusa Randall. Non volevo farti arrabbiare. Hai ragione, non è giusto che erediti io… se potessi, ecco se potessi, non vorrei…”
“Cioè?” spiò Stedd sorpreso. “Che vuoi dire?”
Dora esitò, poi scosse la testa. “Niente. Dai, Randall, ha ragione. Facciamo come dice lui.”
“Allora muoviamo il culo che l’alba è vicina.”
Un improvviso grufolare attirò la loro attenzione. “Il maiale!” esclamò Stedd. “È laggiù!” e indicò il limitare del grande campo in cui erano entrati. Dal lato opposto, vicino alla staccionata, si stava muovendo un’ombra a quattro zampe.
“Tutti zitti. Separiamoci e accerchiamolo,” disse Randall.
Il piano avrebbe funzionato. Avrebbero chiuso la bestia contro la staccionata e poi lui e Stedd, fisicamente più forti, l’avrebbero atterrata e legata con la corda che si erano portati dietro.
Solo che arrivati vicini all’animale, quello si voltò e li vide. E invece di scappare, come si erano aspettati, fece qualcosa di inaspettato.
Lanciò uno stridio assordante, raspando con le zampe anteriori a terra. “Ma che cazzo…” esalò Stedd. “Che sta facendo?!”
“Ci sta per caricare!” realizzò Randall con orrore. Il maiale era un esemplare adulto splendido, pasciuto, enorme… e molto, molto incazzato.
“Lo calmo io!” esclamò Rupert e cominciò a produrre dei grugniti agitando scompostamente le braccia. “Cicciolo, siamo noi! Veniamo in pace!”
“Porca puttana, smettila!”
Il maiale, con il fumo della condensa che gli usciva dal muso si gettò contro di loro. Scapparono in tutte le direzioni e Randall vide con la coda dell’occhio Dora, che era la più vicina al maiale inferocito, inciampare e cadere a terra.
“Dora!”
…se lei non ci fosse…
Randall si bloccò nell’atto di tornare indietro.
Se il maiale la uccide sarà una disgrazia, non sarà colpa tua. È inciampata da sola… è debole, lenta. Di sicuro poi il maiale l’ha liberato Rupert. Darai la colpa a lui.
Sono cose che succedono in natura.

Dora!” gridarono in coro Stedd e Rupert e loro tornarono indietro. Stedd la prese in braccio e Rushe cominciò ad urlare ed agitarsi per distrarre il maiale, il quale sterzò per correre dietro a lui dando il tempo agli altri due di allontanarsi.
Randall riprese a correre. “Di qua! Saltiamo la staccionata!”
Si ritrovarono così al di là della robusta palizzata di legno. Il maiale, dopo aver tentato di sfondarla senza successo, lanciò un grugnito scontento e caracollò via.
Stedd mise a terra Dora. Aveva le spesse calze di lana rotte e le ginocchia sbucciate e sanguinanti. “Stai bene?” le domandò Randall avvicinandosi. “Ti sei fatta male?”
Stavi per lasciarla morire. Che cazzo ti è saltato in mente?
Dora, con le lacrime agli occhi, annuì. Era la sua sorellina, era una bambina.
“Scusate, sono caduta, mi dispiace…”
“Me lo sarei aspettato da quel disastro di Rupert, mica da te Lady Perfettina!” scherzò Stedd togliendosi il mantello e avvolgendocela per tenerla al caldo. “Al diavolo il maiale ragazzi, torniamo a casa. Domani mattina torneremo a cercarlo con papà e i vicini.”
“Va bene,” mormorò Randall e sentendosi osservato, si voltò verso Rupert, che si era appollaiato sulla staccionata e lo stava fissando come un dannato gufo impagliato.
“Che vuoi sfigato?” sbottò. Era impossibile che quel ritardato avesse notato la sua esitazione. Era stata meno di una frazione di secondo in mezzo al casino.
E comunque mica legge nel pensiero. Non ce l’ha neanche un pensiero, ‘sto idiota.
Stedd si mise Dora sulla schiena. “Forza, a casa guerrieri!” e si incamminò, fischiettando allegro come suo solito.
Rupert saltò giù dalla staccionata. Guardò lui, guardò il maiale che si stava allontanando e poi, a sorpresa, gli afferrò un braccio, con una forza inaspettata, che bloccò Randall sul posto per la sorpresa.
“Se lo fai ancora farai la fine del maiale,” disse. Gli occhi gli brillavano di una luce folle, strana e distante… e la presa con cui lo stringeva non era quella di un ragazzino pelle e ossa. Era dolorosa, totale e Randall non riuscì a replicare. Rimase fermo, con la bocca secca e il cuore in gola mentre la luna splendeva sopra la testa di Rupert, nascondendogli il viso nelle ombre.
Per un attimo, la voce con cui gli parlò non parve neanche la sua.
“Se ci provi ancora ti ammazzo. Hai capito Randall? Dimmi che hai capito.”
“Ho capito…” si sentì dire in un sussurro.
Rupert batté le palpebre e sfoderò il suo solito sorriso demente. “Bravo,” e poi si voltò. “Sorellona! Arrivo! Stedd, cantiamo osteria numero mille!” cinguettò saltellando via, sconclusionato e innocuo come suo solito.
“Ma è volgarissima, no!”
“Bravo sfigato, dai! Tutti assieme!”
Randall li raggiunse lentamente, e senza cantare.

   
 
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