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Autore: Koa__    01/01/2022    7 recensioni
Sono passati cinque anni dalla fine della seconda guerra magica ed Harry Potter convive con colui il quale, ai tempi della scuola, era il suo acerrimo nemico: Draco Malfoy. Nonostante le difficoltà iniziali i due sono felici, un giorno però Harry riceve un invito: suo cugino Dudley si sposa e, al matrimonio decide di invitare Harry e il suo nuovo ragazzo Draco. Malfoy ovviamente non ne sarà entusiasta.
Genere: Comico, Demenziale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Famiglia Dursley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Harry, Ron/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Wedding Disaster'
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Il matrimonio





 

Considerato che Potter aveva ottenuto un Eccezionale ai M.A.G.O. trasfigurando un tavolo della sala comune in un pulcino, [1] facendolo poi sparire nel nulla con un incanto di evanescenza e il tutto prima di farsi diventare i capelli di un acceso rosso fiammante, mentre lui aveva ottenuto un più semplice: oltre ogni previsione, avevano tacitamente stabilito che sarebbe toccato a lui dover trasfigurare la vecchia Ford Anglia del signor Weasley in una fiammante Spider nuova di zecca. Draco aveva già visto una di quelle macchine senza tettuccio, bastava camminare per le strade di Londra per imbattersi in decine simili a quella. Aveva sempre pensato che i babbani fossero strani a girare con auto simili, però fu costretto ad ammettere che, per quanto non avessero alcuna utilità per un mago, i sedili erano comodi e lo sfrecciare per le campagne inglesi col vento tra i capelli e il sole che baciava la sua pelle lattea, era addirittura inebriante. Quando arrivarono alla cattedrale di Guilford era forse più spettinato di Potter, i cui capelli per altro erano in uno stato pietoso, ma non riuscì a non compiacersi nel notare sino a che punto avessero attirato l’attenzione. Conoscendo quel mezzo scappato di casa del suo ragazzo era quasi sicuro che avesse rallentato di proposito in prossimità della chiesa, proprio per farsi vedere da tutti. Nello svoltare a destra in un posteggio, poi, aveva anche notato un mezzo sorriso di sfida sul suo volto. La maggior parte di quei babbani si era voltata in direzione della bellissima Spider sfrecciata davanti ai loro nasi, constatando soltanto in un secondo momento che alla guida c’era lo scapestrato nipote di Vernon e Petunia.
«Ci stanno guardando tutti» notò Harry chiudendo la portiera e guardandosi attorno senza farsi troppo notare. Era teso, Draco riconobbe subito l’irrigidimento delle spalle e i pugni stretti lungo i fianchi.
«Ovviamente lo stanno facendo, Potter, l’ultima volta che ti hanno visto eri vestito di stracci mentre ora sei uno schianto in giacca e cravatta su una macchina stupenda.»
«E hai dimenticato il biondino con la faccia schifata che mi sta accanto; anche tu non sei malaccio, Malfoy» gli sorrise sardonico, da dietro i suoi occhialetti tondi, avvicinandosi a passo lento e cadenzato in direzione della chiesa.
«Secondo me pensano che sono il tuo benefattore.»
«A questo proposito» intervenne Harry, intrecciando le loro dita insieme. Draco lo guardò sorpreso, facendo saettare i suoi sottili occhi grigi sino alle mani unite. Erano fermi accanto all’auto e avevano ancora puntati addosso gli sguardi incuriositi delle persone che affollavano il sagrato in attesa degli sposi, aveva pensato che non volesse farsi vedere mano nella mano con lui. Eppure, Potter aveva sempre un po’ lo strano potere di prenderlo in contropiede. Lo aveva fatto quando l’aveva baciato per la prima volta, lo avrebbe fatto sempre pensò addolcendo lo sguardo senza volerlo davvero fare. Certe volte gli era inevitabile amarlo così tanto. Lo era persino in quel momento intanto che lo guardava come se stesse per domandargli di fare qualcosa di terribile.
«So che è una richiesta assurda, ma potresti non chiamarmi per cognome almeno oggi?»
«Sì, è proprio una pretesa ridicola» replicò furbescamente, trattenendo a malapena un sorriso «in fondo ci conosciamo da appena dodici anni, Potter.»
«Dai, sono serio» brontolò lui intanto che Draco spazzava via quel broncio con un bacio leggero «potrebbero pensare che sei uno sconosciuto che ho portato soltanto per far loro un dispetto o, peggio, credere che sei un escort. Ne hai tutta l’aria in effetti» borbottò fra sé, prima di sgranare gli occhi: era come se si fosse reso conto soltanto allora di quello che aveva detto. «Oddio non ti sto dando della puttana, sia chiaro, è che non mi va che pensino che sei un…»
«Ho capito» lo interruppe, colto da una leggerissima punta di esasperazione «lo so che non mi stavi dando dell’escort. Ti conosco troppo bene e, oltre al fatto che sei gentile con chi pensi lo meriti, so perfettamente come ti comporti quando vuoi insultare qualcuno.» Draco lo vide rilassare le spalle in maniera impercettibile e il viso distendersi in un’espressione più serena, era sempre un po’ orgoglioso del suo riuscire a tranquillizzarlo.
«Credevo avresti detto una cosa tipo: “Sono la tua puttana”, sai per stemperare la tensione» scherzò a quel punto e Draco si ritrovò ad alzare gli occhi al cielo. Ma chi diavolo aveva sposato? No, un momento. Cosa? O qualcuno gli aveva lanciato un incantesimo confundus, oppure tutta quella faccenda dei Dursley gli stava dando alla testa. Tanto per cominciare non erano sposati e neppure ne avevano mai parlato, ed era probabile che non lo avrebbero neanche mai fatto. Neppure lo voleva, pensò intanto che un sudore freddo gli correva giù lungo la schiena. Non lo voleva?

«Piantala con questa storia delle puttane» si riprese concentrandosi su quello di cui stavano discutendo «non sono l’escort di nessuno, tanto meno il tuo. Quindi ora sorridi, metti un piede avanti all’altro e non sbavarmi sulle scarpe, che sono costose.»
«Ehi!»
«E ti prometto che ti chiamerò per nome, Potter» lo interruppe, arricciando le labbra così da trattenere una risatina, fermando anche il passo dopo che entrambi avevano ripreso a camminare avvicinandosi al ciglio della strada.
«E io invece ti giuro che mi tratterrò dal chiamarti: Mangiamorte bastardo, però non posso promettere di non sbavare.» Draco lasciò andare una risata di cuore, gettando indietro la testa. Intanto che Harry lo baciava, questa volta prendendosi il proprio tempo per accarezzargli la schiena, si rese conto che in fondo non era poi così male questo matrimonio babbano.

 

Il sagrato era affollato di persone, mancava più di un quarto d’ora all’inizio della cerimonia e gli invitati stavano arrivando alla spicciolata. Potter aveva dichiarato di non conoscere neppure la metà delle persone che vedeva, aggiungendo che zia Petunia non aveva parenti in vita oltre lui e che la maggior parte di coloro che ora lo fissavano appartenevano alla famiglia di zio Vernon. Oltre a loro c’erano alcuni degli amici di Dudley e naturalmente i conoscenti e i parenti della sposa, quella Melissa nonsoché. Non appena arrivarono in cima alla breve scalinata, Harry gli indicò zia Marge con un cenno impercettibile del capo e Malfoy si prese il proprio tempo per studiare il nemico in tutta tranquillità. La puntò un po’ come fanno i cani quando sentono un odore e iniziano ad annusare il terreno circostante in cerca di una traccia. Draco odiava quella donna tanto quanto amava Harry Potter. E poco importava che un tempo le avrebbe stretto la mano, dandole assolutamente ragione quando dava a San Potter del sangue sporco. Ora non soltanto aveva abbandonato certe idee, ma gli occhi piccoli di quella donna, che già saettavano in loro direzione osservandoli con disapprovazione, gli facevano venire la nausea. Marge era una donna dal viso rotondo e rubizzo, aveva dei capelli rossicci schiacciati da un cappello giallo dalla tesa esageratamente larga, che riprendeva il colore dell’abito. Teneva una borsetta di perline, probabilmente dell’età della pietra a giudicare da quanto era consumata, stretta tra due grosse mani. In seguito, Draco scoprì che la suddetta borsetta era piena zeppa di biscotti per cani, ma sulle prime le sue attenzioni volarono stranamente in direzione dei piedi. Aveva fissato con un certo disgusto i collant bianchi e le scarpe da taglialegna che calzava, tuttavia non fu a quelle che dedicò le proprie attenzioni. Seduto ai piedi di Marge c’era un cane, era uno di quelli dal muso schiacciato e l’aria rabbiosa che di solito avrebbe trovato carini. Quello, adesso, lo stava fissando come se fosse fatto interamente di crocchette. Forse lui avrebbe sbavato davvero sulle sue scarpe, pensò, ricordandosi di issare qualche barriera che lo tenesse lontano. Ad ogni modo, al suo fianco c'era zio Vernon, altrettanto rubizzo e con un viso rotondo del tutto simile a quello di Marge. Gli untuosi capelli erano pettinati da un lato e le punte si arricciavano in ridicoli boccoli. Portava un abito scuro piuttosto dozzinale con un grande papillon sul collo taurino, le labbra erano tese in un ghigno e gli occhi piccoli e sospettosi lo fissavano con odio. Poco lontano c’era invece sua moglie, rigida nella postura e tirata in viso come se fosse disgustata dal mondo intero. Come aveva avuto modo di notare dalle fotografie, Petunia non somigliava affatto a Harry, che aveva invece preso tutta la bellezza delicata di sua madre Lily e ben poco del volto cavallino di sua zia. Indossava un abito rosa con un grande colletto bianco, un cinturone stretto in vita dello stesso colore che la facevano somigliare a un padre pellegrino. Aveva anche un cappellino rosa con una veletta che le cadeva sopra agli occhi e fu grazie a essi che si rese conto che, contrariamente al marito, non sembrava esserci odio in lei. Osservava entrambi come se avesse appena visto un nargillo e si fosse resa conto che quella squinternata di Lunatica Lovegood non era poi così fuori di testa come tutti avevano sempre pensato. Ad ogni modo fu Dudley il primo a venir loro incontro. E lì dovette ammettere che era stato quasi doloroso sforzarsi di non ridere. Per quanto ai suoi occhi suonasse tutto un po’ triste e patetico, finora non aveva visto dei veri e propri attentati alla moda. Ma quando notò l'abito azzurrino che portava il cugino di Harry, ebbe quasi un colpo al cuore. Oltre al fatto che stonava col colore della sua pelle, facendolo sembrare verdognolo in viso, aveva abbinato l’azzurro a una camicia rosa che aveva degli orribili ricami d’oro. Era un’accozzaglia di colori senza senso, messi insieme a caso da un qualcuno che era chiaramente più cieco di Potter senza occhiali.
«Ehi, Harry!»
«Big D» lo salutò questi, stringendo la mano del cugino che azzardò poi un abbraccio impacciato.
«E lui è quel Drago là che mi dicevi?»
«Draco» specificò parlando esageratamente lento, scandendo una a una le lettere come se avesse davanti un nonnetto duro d’orecchi. «Con la c.» C di “Che cazzo ci faccio qui?” avrebbe voluto aggiungere. Tuttavia era rimasto zitto, mordendosi a forza l'interno delle guance mentre porgeva la mano a Dudley in un gesto di cortesia. Perfetto! Le aveva pure sudaticce e fredde. Per Merlino, sembrava bava di lumache carnivore, quella che gli era rimasta appiccicata alle dita. Ma che schifo era? Se era fortunato era solo un impasto di gel e sudore, se era sfortunato… Beh, non ci voleva pensare, si disse intanto che le ripuliva molto velocemente sul vestito di Potter, fingendo una carezza appena accennata alla schiena. Visto? Era un gentiluomo, non faceva battute velenose e allo stesso tempo riusciva a destreggiarsi in una situazione spinosa. Era un grande, cazzo!
«Big D, lui è Draco Malfoy» lo presentò Harry «era un mio compagno di scuola e ora è il mio fidanzato.»
«Oh» annì quel babbano «quindi anche tu sei un...»
«Esattamente» lo interruppe, quasi gli stesse facendo la gentilezza di non farglielo dire. In effetti sarebbe stato divertente vedere quel Vernon agitarsi tanto, ma di nuovo, l'amore per Harry lo tratteneva dal comportarsi male. «Te la direi anche quella parola con la “M”, ma tuo padre ci ha proibito di nominarla.»
«Big D, sai lui è l'erede di una delle più antiche famiglie d'Inghilterra» se ne uscì Potter a quel punto e nella sua voce c’era, del tutto incomprensibilmente, una lieve nota di orgoglio. Orgoglio? Ma da quando il signor “Ho salvato il mondo il magico da un pazzo, ma sono troppo modesto per pensare che sia merito mio e ora sto insieme a uno di cui comunque odio ancora la famiglia”, era orgoglioso del blasone dei Malfoy? Ah, su questa doveva indagare di sicuro. Non ebbe però il tempo di pensarci ancora, perché d’improvviso Harry gli stritolò la mano, che aveva appena recuperato dal proprio culo. Oh, ma tu guarda dov’era finita… Accidentalmente era scesa sin lì, ma non aveva idea di come fosse successo, eh. Cioè era scivolata per sbaglio. Che era colpa sua? Certo che si ricordava di aver imposto delle regole, ma ora che ci pensava valevano per lo spettinato, non per lui. Lui poteva toccare tutto quel che gli pareva, dovunque lo volesse.
«Sono dei nobili, sai?» aggiunse quindi, pizzicando il dorso della sua mano e strappandogli un gemito di dolore.
«Wow, Harry!» esclamò Dudley, estasiato. Tuttavia tanta meraviglia durò molto poco perché zio Vernon si era avvicinato e aveva preso Harry per un braccio, strattonandolo con forza.
«Che diavolo significa questa pagliacciata, ragazzo?» sibilò «chi è questo tizio?»
«Draco Malfoy, mio zio Vernon» replicò Harry, glaciale, liberandosi immediatamente da quella presa salda. «Zio, questo è il mio fidanzato Draco. Viviamo insieme già da due anni e no, non è una pagliacciata.»
«L’avevo detto io» intervenne zia Marge a voce ben alta, probabilmente in modo tale da farsi sentire da tutti quanti «cattivo sangue non mente mai. Colpa della madre: il sangue cattivo porta i figli a degenerazioni come questa» concluse, dopodiché voltò sui suoi piccoli tacchi ed entrò direttamente in chiesa. Draco si annotò mentalmente di lanciarle l’incantesimo della pastoia, quella meritava di saltellare sino a sera.

 

Non era stato divertente. Al contrario aveva percepito una morsa allo stomaco tutt’altro che piacevole. Era corso subito a stringere il braccio di Harry, il quale era teso e rigido e aveva la bocca era serrata in una morsa. Era arrabbiato, ma probabilmente un tempo avrebbe reagito diversamente da come invece stava facendo adesso. Una volta si sarebbe scagliato contro quella donna come se avesse avuto davanti un nemico mortale, pronto a ristabilire l’onore perduto. Era un Grifondoro dopotutto e loro dovevano sempre difendere qualcuno da ignominie varie, era questione di principio. Se poi queste ti toccavano in prima persona, allora i suddetti Grifondoro diventavano delle vere e proprie furie. Un tempo, però, Potter era molto più oppresso dall’ambiente che lo circondava, oltre che gravato dalla parte di Lord Voldemort finita accidentalmente dentro di lui. Non c’erano stati soltanto i Dudley, a impensierire quell’Harry adolescente. C’erano state le calunnie della stampa, le dicerie dei compagni e il peso del dover essere l’eroe di cui il mondo aveva bisogno. E sì, c’era stato anche lui. Dall’altra parte della barricata, a infierire su ogni ipotetico errore del suo odiato nemico. Ripensarci faceva male anche adesso, eppure Draco non ci si tormentò. Erano passati anni da allora e in quel momento l’uomo che tanto amava, e che in un certo senso gli aveva cambiato la vita, aveva bisogno della sua presenza. Erano state troppe le volte in cui aveva fatto affidamento su di lui, adesso era suo il dovere di essere la colonna portante della coppia. A quella stronza vestita di giallo avrebbe pensato in un secondo momento.
«Andiamo» lo invitò, con voce dolce, procedendo verso la chiesa. Ancora avevano gli occhi di tutti addosso e forse, per la prima volta da che erano arrivati, qualcosa gliene importava.
«Harry?» La voce di zia Petunia fermò il loro incedere lento ed elegante, Potter si era come sgonfiato da tutta quell’ira che gli aveva arrossato le guance; quando si sentì chiamare si voltò appena e sorrise timidamente. Malfoy aveva già notato in passato come il parlare della sorella di sua madre fosse, in un certo senso, diverso rispetto alla maniera in cui gli raccontava di zio Vernon. Non poteva giurare che le volesse sinceramente bene, ma forse non la odiava come aveva fatto un tempo.
«Mi ricordo di lei» se ne uscì, squadrandolo dalla testa ai piedi «un giorno che siamo venuti a prendere Harry alla stazione: capelli bianchi come suo padre. Difficile dimenticare persone del genere.»
«Draco Malfoy, signora» annuì, esibendosi in un perfetto baciamano che ebbe chiaramente il potere di stupirla. E che cazzo, sua madre gli aveva rotto le balle per tutta la vita con questa faccenda dell’educazione. Vuoi che non riusciva a impressionare una babbana qualunque?
«È vero quello che dicevi prima? Che è un nobile?» domandò, e li guardava con un certa dose di diffidenza. Era come se stesse sondando il terreno alla ricerca di una qualche falla, oppure che stesse considerando l’idea di fidarsi di loro. Forse era troppo presto per questo, ma almeno non aveva avuto atteggiamenti omofobi e stavano intrattenendo una conversazione civile.
«I Malfoy sono una delle famiglie più antiche d’Inghilterra, quindi sì, sono di stirpe nobile, signora. Mentre la famiglia di mia madre, quella dei Black, è altrettanto blasonata. Ma da dopo la guerra tutto questo conta relativamente, nessuno parla più di sangue puro.»
«Black come Sirius Black?» chiese Petunia, ignorando l'ultima parte della frase.

«Sì, era un mio parente» annuì Draco «soltanto che non ho mai avuto modo di conoscerlo, è morto prima che la guerra finisse e che noi due iniziassimo questa relazione.»
«Capisco» mormorò lei, intanto che Harry affondava le unghie nel braccio di Malfoy, come in un invito a sbrigarsi. A Potter non piaceva quando si parlava del suo padrino, ancora meno lo era il pensiero di fare discorsi del genere con sua zia Petunia.
«Scusaci, vorremmo prendere posto.» E detto questo si incamminarono all’interno della chiesa.

 

Aveva appena pestato il piede a quella Marge del cavolo, del tutto accidentalmente il che era ovvio, per poi scusarsi con un sorriso falso come l'oro dei Leprecauni, quando si ricordò della faccenda della nobilità e allora non riuscì davvero a trattenersi.
«Cos’è tutto questo interesse per la mia famiglia? Se non sbaglio hai maledetto i miei antenati sino al capostipite e ora mi sfoggi ai tuoi zii in questo modo? Potrei sentirmi offeso, lo sai?»
«Tanto per cominciare, non ho maledetto proprio nessuno» gli disse, cedendogli il passo e suggerendogli di prendere posto su quella che sembrava più uno strumento di tortura che una panca. Invito che accettò proprio malgrado, perché era sicuramente più saggio levarsi dalla navata principale che rimanere lì impalati. Portandosi il bastone sotto al braccio, si sedette accanto a una signora d’una certa età, strizzata in un tailleur fucsia che lo guardò come se avesse qualcosa in faccia di davvero molto brutto. Fu quasi tentato di chiederglielo, ma fu tanto sfacciato da salutarla con un lieve cenno del capo a cui lei aveva replicato sollevando il naso e voltando la testa dall'altra parte. Ma quelli c'erano nati così stronzi e maleducati o era un trattamento speciale solo per loro? Non c'era uno solo di quei tizi che li avesse salutati o che avesse sorriso quando i reciproci occhi si erano incontrati: tutti quanti li guardavano dall'alto in basso, come se avessero a che fare con dei vermi. Più o meno quello che Draco aveva sempre fatto nella vita con chiunque non avesse il sangue puro dei maghi. Era un po’ come se il destino fosse uno stronzo, che però è anche saggio e ti vuole insegnare qualcosa: in fin dei conti stava assaggiando la propria stessa medicina ed era amara come il veleno.
«So come avere a che fare con loro e uscirne illeso» riprese Harry, sussurrando intanto che si accomodava al suo fianco «una volta feci credere loro che Sirius fosse davvero un assassino, solo perché mi lasciassero in pace. Ora ho calcato un tantino la mano con quella storia della nobiltà perché sono sensibili all’argomento, potrebbero addirittura considerare la tua presenza qui come un qualcosa di non del tutto negativo. Credimi, questa sarebbe già un’enorme vittoria.»
«Sarà, ma ti avverto che mio padre lo verrà a sapere» borbottò Malfoy, stringendo il bastone con entrambe le mani e puntandolo a terra, intanto che si agitava come un forsennato su se stesso, in un tentativo di trovare una posizione comoda. Quelle panche erano davvero armi di tortura.
«Questa frase non mi spaventava quando avevo undici anni, figuriamoci se ci riesce adesso» replicò un Potter particolarmente sarcastico, sorridendogli con fare sfrontato. Draco dovette mordersi a forza le labbra per non ridere. Adorava provocarlo in quel modo. «E stai fermo una buona volta!»
«Questa cosa è scomoda» si lamentò invece lui, scivolando verso il bordo come se quello potesse servire a qualcosa. Perfetto, ora gli faceva male persino la schiena.
«Ma piantala, ti sei seduto su cose più molto dure di…» Qualunque cosa stesse per aggiungere, però, fu interrotta dall’arrivo della sposa. Draco notò con la coda dell’occhio come tutti si stessero affrettando a sedersi, oltre il modo impacciato col quale quel confetto ambulante dello sposo aveva preso posto accanto a un allucinato prete. Questo sembrava esser stato appena schiantato, aveva i capelli sparati in aria, gli occhi fuori dalle orbite e anche le vesti che indossava erano stropicciate e malmesse. Forse anche lui si stava domandando chi gliel'avesse fatto fare di sposare gente del genere, oppure era rimasto abbagliato dalle scarpe bianche Dudley. Già, erano proprio bianche e non sapeva davvero come avesse fatto a non notarle prima. Scarpe bianche, abito azzurro e la camicia rosa a sbuffi. Con la madre dello sposo che gli pettinava i capelli di continuo e lo chiamava: “Diddino”. E lui, ultimo discendente di una nobile famiglia di maghi, doveva assistere a quello spettacolo patetico? Per Merlino com’era caduto in basso... Draco alzò gli occhi al cielo quando una strana musica, proveniente da un organo, iniziò a suonare e sulla soglia del portone apparve la sposa in tutta la sua scintillante bellezza. Petunia e Vernon si affrettarono soltanto allora a sedersi in prima fila mentre la stronza, cioè voleva dire zia Marge, aveva occupato un’intera panca tutta per lei e per quel botolo bavoso che si portava appresso. E poi, beh, poi la sposa iniziò a incedere lungo la navata e gli occhi di tutti le furono addosso.

 

Draco detestava l’idea che quella Melody (no, un momento… come si chiamava?) fosse una bella ragazza, avrebbe dovuto avere la faccia ricoperta di pustole e lui avrebbe potuto fare tutte le battutacce che voleva senza sentirsi uno stronzo totale. E invece era carina, con una lunga chioma di capelli biondi, un corpo minuto e un visino pulito che gli fece chiedere cosa ci facesse una ragazza tanto graziosa assieme a un uomo delle caverne come Dudley. L’accompagnava un signore decisamente più anziano, dalla pancia prominente e due baffoni da campionato del mondo di ubriaconi, il quale indossava una giacca nera e un cravattino sopra a un kilt scozzese.
«Ma che accidenti si è messa addosso, il centrino di sua nonna?» sibilò Draco all’orecchio di un Potter, che si mordeva le labbra per non scoppiare a ridere. Si riferivano ovviamente all’abito di lei, perché quella Melissa era anche carina, ma l’avevano conciata come una poveraccia. Era certo che quel vestito fosse di almeno un paio di secoli prima, interamente di pizzo, aveva lunghe maniche che arrivavano sino ai polsi e uno scollo che praticamente la soffocava, dato che le saliva su sino alla gola. Draco ne sapeva qualcosa di abiti da sposa babbani perché Pansy comprava riviste tutte le settimane. Diceva che si era resa conto che quei non magici avevano un gran gusto per la moda. E quando andava a trovarla o l’andava a prendere prima di uscire a bere qualcosa, si sedeva sul suo divano e sfogliava qualcuno di quei settimanali. C’erano abiti di pizzo stupefacenti addosso a modelle altrettanto meravigliose, quindi era certo che anche dei babbani potessero cavare fuori qualcosa di stupendo da una cosa come il pizzo, quello della sposa era però stantio e scialbo, suonava decisamente di stravecchio. Anzi, tutto quanto era scialbo a quel matrimonio: gli sposi, gli invitati… era tutto troppo triste perché potesse piacergli. Ciò fece fu mordersi la lingua a forza, ingoiando il desiderio di smaterializzarsi da lì prima di subito.


 

Allora, il punto era più o meno questo: le due famiglie si odiavano. E no, questo non faceva degli sposi due amanti sfortunati come nell’opera teatrale di quel Shakespeare non so che. Draco lo sapeva perché una certa signora Twist gliel’aveva sussurrato all'orecchio, intanto che le dava il braccio accompagnandola sino al ristorante dove si sarebbe tenuto il ricevimento. La signora Twist era la vicina di casa della nonna di Melissa ed era una maganò, lui lo sapeva perché quella donnetta vispa aveva subito riconosciuto il famoso Harry Potter dalla saetta che aveva sulla fronte. Con lei si era quasi trovato bene al punto che si era offerto di porgerle il braccio. Ciò che si era ritrovato ad ascoltare era una sequela di pettegolezzi senza fine (e spesso senza capo né coda), che divennero interessanti soltanto quando iniziò a raccontargli del fatto che la madre di Melissa e Petunia si fossero dichiarate guerra a vicenda. La sposa era scozzese di origine, nonostante vivesse nel Surrey da qualche tempo, gran parte dei suoi parenti erano di Glasgow. I Penton avevano insistito per un matrimonio tradizionale scozzese, i genitori di Dudley invece avevano ritenuto quel rito come un qualcosa di tribale e poco all’altezza del loro Diddino. Si erano impuntati furiosamente per avere una cerimonia in chiesa, che loro consideravano di tutto rispetto. Soltanto dopo che Vernon si era offerto di pagare il ricevimento, gli abiti, i fiori e persino il viaggio di nozze, per altro indebitandosi fino al collo, gli altri avevano mollato il colpo. Questo però non aveva affatto calmato le acque, che ora parevano più tese che mai. Draco si ritrovò a dispiacersi intanto che la signora Twist si prodigava a spiegargli i punti fondamentali di un vero matrimonio scozzese. In effetti sarebbe stato molto più suggestivo, lui ad esempio avrebbe apprezzato quella cosa della coppia piena di Whiskey da cui la sposa avrebbe dovuto bere. [2]
«Parola mia, figliolo, quelle due prima di sera si prenderanno a borsettate» aveva proseguito la signora Twist, aggiustandosi al meglio il cappellino violetto sopra la testa. «Sembra che quella Petunia non volesse che i ragazzi indossassero il kilt. E pare che lei e Mary Ann, la madre di Melissa, si siano insultate in più di un’occasione» sussurrò, ancora, stringendo con incredibile forza il braccio di Draco.
«Oh, per Merlino, è sconvolgente!» replicò Malfoy, calcando forse un tantino la mano sul tono della voce fintamente scandalizzato, mentre Harry al suo fianco alzava gli occhi al cielo.
«Non sono affatto stupito» considerò Potter subito dopo «zia Petunia è molto tradizionale su queste cose.»

«Chiama le cose col loro nome, ragazzo» tuonò l’anziana, severa «quella si chiama ottusità e parola mia, qui succederà il finimondo ancora prima che servano gli antipasti.» Forse la signora Twist aveva doti di preveggenza, come una sorta di Cooman solo meno sciroccata, perché il finimondo fu esattamente ciò che accadde ancora prima che arrivassero al primo piatto. 

 

Harry e Draco erano stati fatti sedere a un tavolo pieno di panciuti omoni tutti imparentati con la sposa. Era difficile non distinguere gli invitati dell’uno e dell’altro, perché le donne parevano avere un diavolo per capello mentre gli uomini portavano tutti il gonnellino. Quelli che sedevano al loro tavolo avevano anche la bandiera della Scozia cucita sulla giacca. Il fatto che fossero finiti lì era il chiaro segno che fossero stati i Dudley a fare i posti per il pranzo: Potter aveva detto che probabilmente volevano tenerli lontani dagli amici di zio Vernon. Forse avevano paura che una qualche strana magia uscisse loro dalla bacchetta o altre sciocchezze del genere, come se fossero stati due maghi di sei anni incapaci di controllarsi. Inaspettatamente però si ritrovò a ringraziarli, quei tizi erano un po’ triviali e quel Trevor che gli sedeva accanto non ci andava giù leggero con le pacche sulla schiena, però erano senz’altro più tollerabili di zia Marge.
«Mangia, ragazzo, che sei più magro di un chiodo» aveva tuonato Trevor, riempiendogli il piatto di salsicce. Sì, il menù non era neanche lontanamente raffinato. C’erano vagonate di patate, cucinate in tutte le maniere possibili e immaginabili, e salsicce al sugo in ogni dove. Almeno erano… beh, non esattamente buone, ma discrete. Una delle cose che più apprezzava era il fatto che l’acqua fosse stata abolita dal loro tavolo, in pratica c’era solo Whiskey che per altro veniva mandato giù come burrobirra. Il che voleva dire che se lui e Potter si erano contenuti, Trevor e i suoi compari al secondo antipasto erano già tutti quanti fuori come un balcone. Malfoy avrebbe anche potuto tollerare tutto quello, ma ormai la lista di ciò che lo irritava a morte stava diventando penosamente lunga. Non era soltanto perché erano dei babbani stupidi, non solo perché erano ineleganti, sciatti o perché nessuno di loro avrebbe saputo intrattenere una conversazione decente neanche pagandoli, era per tutto insieme. Oh, ma se sino ad allora era stato convinto di aver visto il peggio del peggio, a un certo punto dovette ricredersi. Niente sarebbe mai stato più irritante di quella dannata, fottutissima cornamusa. E Draco l’amava anche, la Scozia eh. Era proprio quel matrimonio a essere irritante e soprattutto lo era quel tizio, che forse era un mago oscuro venuto lì per torturarlo, con un kilt e un berretto sopra la testa che girava per i tavoli e suonava quella specie di sacca che aveva un suono terribile. E quando si fermava al loro tavolo, quei tipi si alzavano in piedi e iniziavano a cantare. E prima c’era stato l’inno scozzese, poi la ballata di quel John non so cosa e poi ancora la canzone che le loro madri cantavano quando erano piccoli, a cui era seguito un pianto a dirotto unanime che, grazie a Salazar, a un certo punto era finito 3 soltanto perché il cornamusaro se ne era andato a un altro tavolo. Ma se Harry, il bastardo responsabile di tutto quello, rideva, Draco invece si sentiva morire ogni volta che veniva stritolato dal possente braccio del suo vicino.
«Sto arrivando al limite, te lo dico» sibilò, mandando giù a forza l’ennesima porzione di patate. «Quella dannata cornamusa adesso gliela ficco dove dico io.»

«Porta pazienza» sussurrò Potter, baciandogli la guancia «tra un po’ è tutto finito.»
«Harry, non siamo nemmeno al primo. Qui sono già tutti ubriachi e… Oh, per tutti i folletti, che diavolo sta succedendo?» Malfoy non era riuscito a non spalancare la bocca quando aveva visto una donna agghindata in un abito rosa perlato, alzarsi in piedi e svuotare un bicchiere in faccia a zia Petunia. Era stato allora che il silenzio era calato su quel ristorante, persino il torturatore armato di cornamusa aveva smesso di suonare. Tutti gli invitati ora stavano in religioso silenzio, osservando la figura di Petunia Dursley, alzarsi da dov’era rimasta seduta e rendere il cosiddetto pan per focaccia. Un bicchiere pieno zeppo di vino si rovesciò sulla testa della signora Mary Ann Penton, madre di Melissa Penton in Dursley. Allora, esplose quello che la signora Twist aveva definito come un vero e proprio finimondo. Draco Malfoy, seduto accanto a uno sconvolto Harry Potter, guardava divertito quella tragicommedia dipanarsi davanti ai suoi occhi grigi. Oh, ora sì, che iniziava davvero a divertirsi.

 





Continua



 

[1]Non so assolutamente cosa serva per avere un Eccezionale ai M.A.G.O., ma so che più l’oggetto da trasfigurare è grande, maggiore deve essere la potenza del mago nell’ottenere un risultato ottimo. 
[2]Matrimonio scozzese: Matrimonio scozzese, 10 cose da sapere - Panorama Sposi


Note: Eccovi il secondo (di tre, non so se l’ho detto) capitolo di questa storia un po’ folle. Premetto che io amo al scozia e gli scozzesi e amo anche le cornamuse, ma in questo momento Draco odierebbe anche sua madre ve lo garantisco!

Scriverla mi sta divertendo davvero tanto e il prossimo capitolo sarà il delirio totale. So che alcune cose potranno essere considerate OOC, come Harry che non replica alle provocazioni di Marge o a quelle di Vernon, ma ho considerato che ora lui ha una stabilità mentale che quando aveva sedici anni non possedeva. La chiave di molte delle reazioni che ha sono il frutto non soltanto dell’horcrux di Voldemort, ma anche di una sorta di sete di giustizia costante che non è mai riuscito a ottenere. Nessuno gli credeva tranne i suoi amici più stretti, e Silente, tutti lo hanno sempre accusato di qualcosa (di essere l’erede di Serpeverde, di raccontare bugie, eccetera) ed è arrivato persino a essere diffamato sulla Gazzetta del Profeta, insomma questo metterebbe a dura prova chiunque. Ora Harry è un uomo molto diverso, ho considerato questo mentre scrivevo quella scena. Tenete conto però che ci sarà un altro momento con zia Marge nel prossimo capitolo, una sorta di riscatto.

Volevo ringraziare tutte le persone che hanno letto e recensito il primo capitolo, siete molti più di quanto non mi aspettassi.
Koa

   
 
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