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Autore: Neamh Moonstar    01/01/2022    1 recensioni
Dio non muore, non sbaglia e non abbandona.
Dio non crea il caos tra gli angeli in cielo, né lascia quelli sulla Terra soli tra le lacrime e il sangue.
Dio non parla e non risponde.
Giusto?
(Considerabile come un seguito di: "Quell'angolo di infinito" ma leggibile separatamente).
Genere: Angst, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley, Dio, Gabriele, Morte
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dilogia sotto le stelle'
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Crowley e Dio seguirono con lo sguardo le due figure che camminavano sulla sabbia cocente; il primo con la bocca semi aperta in un moto di sorpresa e stupore, la seconda con un sorriso e la mano poggiata sul petto.

    «Ricordo questo giorno,» disse Dio. «Può essere considerato come il vostro primo giorno di lavoro


Anche Crowley se lo ricordava: era come se stesse guardando il film della sua esistenza. Il mondo attorno a loro si muoveva come fosse su un tapiroulant - mentre lui e l'Altissima se ne stavano fermi, l'uno accanto all'Altra, a guardare quel piccolo sprazzo di passato.

    Osservò la figurina nera dai lunghi capelli rossi - che aveva riconosciuto subito come se stesso - correre sulla sabbia come nulla fosse, piombare davanti all'altra ed esclamare: «Aspetta, aspetta. Devo chiederti una cosa!»

    Aziraphale mimò un sospiro, superandolo senza smettere di camminare: «Non dovresti seguire gli umani nella direzione opposta?» Chiese, senza rivolgere al suo interlocutore neanche il minimo sguardo.

    «Sì, sì; dopo lo faccio,» riprese Crawly, rimettendosi in marcia alla sinistra dell'altro. «Però davvero: ho una domanda.»

    L'angelo alzò gli occhi al cielo: «Fai troppe domande, tu. I tuoi superiori non dicono niente sul fatto che vieni sempre a chiedere le cose a me?»

    Il demone sorrise furbamente, mettendosi le mani dietro la schiena con un finto sguardo innocente: «Lo farebbero, se lo sapessero. E poi, tu mi rispondi sempre: è gratificante.»

"Dio non lo faceva mai" avrebbe voluto aggiungere.

    «Appunto. Non dovrei farlo,» affermò Aziraphale accelerando il passo. «Quindi, se permetti, ora vado ad aiutare quelle due povere creature indifese.»

    Crawly si fermò, osservando quella candida creatura marciare sulla sabbia come se fosse il terreno più solido mai creato. «È questo il punto!» Esclamò perché lo sentisse. «Non dovresti ma lo fai comunque. È per questo che mi piaci.»


    L'angelo si bloccò di colpo, girando la testa verso sinistra con un'espressione indecifrabile sul volto. Per qualche attimo non disse niente, fissando le iridi dorate dell'altro come se volesse scavarci dentro. Poi, con un sospiro vero e proprio, ponderò le parole con una leggera scrollata di testa e disse: «Va bene. Dimmi.»

    In tre passi, il demone fu di nuovo accanto a lui: «Bene, la domanda è: perché l'hai fatto?»

    «Fatto cosa?» Chiese Aziraphale inclinando il capo e abbassando appena la voce. «Di nuovo la storia della spada?»

   Crawly scosse la testa: «No, non quello. La cosa dell'ala.»

    L'angelo riprese a fissare davanti a sé, le sopracciglia corrugate e un sorrisetto amaro sul viso: «Ah, quello. Beh: avresti preferito restare sotto la pioggia?»

    «Ovvio che no. Però è stato strano: tu non l'hai trovato strano?»

    «A me quello stranito sembri tu. E poi, non sono io il demone che si è arrampicato strisciando su un muro solo per chiacchierare con un angelo. Quello sì che è stato strano.»

    Dopo qualche attimo di silenzio e tre veloci sbattiti di palpebre, il rosso rispose: «Va bene, è vero. Però non hai risposto alla mia domanda.»

    L'angelo aprì le braccia e le fece ricadere lungo i fianchi in un silenzioso moto di protesta. «Non lo so, va bene?» disse infine, esasperato. «Non so perché l'ho fatto. L'ho fatto e basta.»

    «Oh, quindi lo fai spesso. Dico: sei uno che fa le cose solo perché gli vanno?» Lo stuzzicò Crawly, ticchettandogli la spalla con un dito. 

    «Non è affatto così. Ora va' per la tua strada e dimentica questa conversazione, va bene?»

Fu così che Aziraphale tentò di allontanarsi il più possibile da quella furba e fastidiosa creatura delle tenebre.


A Crowley scappò una leggera risata: di quelle nostalgiche, cariche di bei ricordi. Scosse leggermente la testa, divertito nel vedere quelle due figure agli albori di ciò che lui sapeva sarebbe nato poi.

Quanto adorava istigare l'angelo ai tempi. Forse il loro gioco era iniziato allora: con lui che cercava ogni volta di indovinare come l'altro avrebbe reagito, per poi scoprire che era semplicemente impossibile. Aziraphale era sempre capace di dire e fare cose che lo lasciavano interdetto.


    «Hai continuato a chiederglielo ogni qualvolta ti venisse in mente, ricordi?» Chiese Dio. Non aveva smesso un secondo di sorridere. Per un attimo, il demone credette di aver visto delle lacrime comparire sotto ai Suoi meravigliosi occhi. «Non eri mai soddisfatto della risposta


    «Ovvio che no,» affermò Crowley. «Continuava a dire che-»


    «Non lo so,» rispose l'angelo mentre camminavano per le vie di Roma.

La prima volta che avevano pranzato assieme: difficile da dimenticare. Il demone aveva appena avuto una delle giornate peggiori della sua esistenza, e la nuvola nera che gli occupava la mente era stata prontamente spazzata via da quel biondo raggio di sole voglioso di vino e compagnia.

Subito dopo erano usciti e si erano messi a girovagare, cosa che non avevano quasi mai avuto il coraggio di fare. 

    «Oh, eddai,» aveva esclamato Crowley, deluso. «Scommetto che non ci hai più ripensato.»

    L'altro si era stretto nelle spalle: «Certo che no. Avrei dovuto?»

    «Io di sicuro ho pensato spesso al perché sono salito su quel muro per parlarti». Eccome se lo aveva fatto: per anni non aveva pensato ad altro.

    «Ah, sì? E ti va di dirmelo?» Aziraphale aveva inclinato la testa, facendosi ricadere qualche ricciolo sulla fronte. Quel micro movimento ormai era suo, come suo era quel modo impacciato e nervoso di intrecciare le dita o giocherellare con le stoffe.

    «Forse ti deluderà come risposta, ma la verità è che mi sono incuriosito a vederti lì, disarmato. Così ho fatto quello che mi viene meglio: andare a romperti le scatole e chiedere,» concluse Crowley, con un sorrisetto.

    Al biondo parve piacere la risposta. Si era messo a sorridere e scuotere il capo, alzando appena gli occhi al cielo: «Non mi stupisce: tu vuoi sempre sapere troppo.»


Il cielo attorno a loro cambiò di nuovo, così come il resto dell'ambiente circostante. 

    Il demone guardò Dio con aria interrogativa: «So dove vuoi andare a parare, ma non sto capendo,» disse. Poi - indicando una strada sporca, umida e deserta che si stava delineando davanti ai loro occhi, affermò: «Londra, inizi della peste.» 


    «La prima volta che avete deciso di voler fermare un disastro assieme,» completò Dio. «All'inferno erano convinti che la malattia fosse stata un'idea tua


    «Ancora con questa storia?» Stava chiedendo Aziraphale, sbuffando. «Ti piace proprio infastidirmi, eh?»

    «Ehi, sta piovendo e mi è tornato in mente,» si era giustificato il demone. «Lascia stare. Certo che ti alteri facile quando vuoi.»

Alla fine della fiera, anche quella volta - dopo tanti battibecchi avvenuti sotto quell'aria di stress generale e morte - l'angelo aveva risposto: "Non lo so".


    «Non lo sapeva neanche quando gliel'ho chiesto durante la Seconda Guerra Mondiale,» disse Crowley incrociando le braccia e seguendo con lo sguardo le morbide volute in cui la realtà si modificava di volta in volta, saltando da un periodo temporale all'altro. «Ad un certo punto ho semplicemente smesso di chiederglielo.»


    «Oh, il Blitz,» disse Lei, mettendosi una mano sulla guancia. «Vorrai dire la prima volta che gli hai dato un passaggio.»


Quella notte era stata assurda e assurdamente eccitante: la chiesa, l'esplosione, quei libri salvati per miracolo e quei due occhi celesti che lo avevano fissato ammaliati lungo il tragitto verso Soho. Il demone non sarebbe mai riuscito a toglierseli dalla testa - non che volesse farlo: aveva amato quello sguardo e aveva odiato far finta di non averlo mai notato. 

    «Sì, anche. Il punto è: cosa vuoi dirmi con questo?» Chiese, mentre la notte prese lentamente a tornare, accompagnata dall'odore di pioggia.

Non erano in un deserto, stavolta - ma in un parco. Il Saint James, per la precisione.


Ma certo, il primo pic-nic: quello che si erano "promessi" negli anni Sessanta e che alla fine avevano fatto una settimana dopo l'Apocalisse.

    «Ecco, quella per esempio,» stava dicendo Crowley, puntando un dito verso il cielo solo appena coperto di nubi. 

    «La Stella Polare?» Aveva chiesto Aziraphale. Aveva un libro chiuso sulle ginocchia e un inutile - ma a detta sua, molto confortevole - coperta sulle spalle.

    L'altro aveva annuito: «Anche quella l'ho creata io.»

Si erano messi a fare una specie di gioco: a turni si facevano domande, comprese quelle che avevano sempre avuto paura di farsi prima di allora. Erano passati dagli argomenti più frivoli a quelli più profondi, e più tardi - quella stessa sera - si sarebbero ritrovati mezzi brilli sul divano della libreria a parlare della Caduta.

    «È meravigliosa,» aveva commentato l'angelo, con un sorriso. «Ti sono sempre piaciute le stelle: ora capisco perché.»

    Con una scrollata di spalle, l'altro si era poggiato al tronco di un albero. «Te l'ho detto: è una delle poche cose che ho voluto ricordare di quel periodo,» disse. «Ora tocca a te». Si mise a pensare e il biondo aspettò paziente. Dopo neanche un minuto, tirò fuori il suo solito sorrisetto stuzzicante e chiese: «Perché mi hai protetto dalla pioggia il primissimo giorno?»

    Con uno sguardo che da solo diceva: "Sul serio?", Aziraphale riuscì a far ridere il suo compagno.

    «Sto scherzando, sto scherzando,» disse Crowley tra le risa. «È che è strano: tu rispondi sempre a tutto e se non sai qualcosa, ti metti a supporre. Sempre. Tranne per quanto riguarda questo.»

    «È che non lo so, davvero. Credimi: vorrei tanto dirtelo,» aveva confessato l'angelo con un sorriso amaro. «E ci ho anche ripensato, come spesso hai suggerito. Ma non lo so,» disse, iniziando a guardare il cielo. «So solo che lo rifarei anche mille volte.»


    La scena si dissolse e, prima che il demone potesse dire qualcosa, Dio chiese: «Lo vuoi sapere il perché?»


E Crowley annuì, deciso e speranzoso. Dopo tutto quel tempo le cose si stavano a poco a poco muovendo. Presto i pezzi di quell'assurda storia si sarebbero ricongiunti a formare il quadro generale, e lui sarebbe tornato dal suo angelo. 

Era quasi emozionato, e una punta di eccitazione si fece largo nel suo oscuro essere quando l'erba dell'area verde londinese fece spazio a tante candide, dolci e morbide nuvole. Il Paradiso prima della Guerra e della Caduta: il luogo ameno e perfetto dove aveva vissuto un'infinità di tempo prima. Subito sopra di lui c'era quell'angolo di cielo, quello che aveva decorato per ultimo - e poco più in là, davanti ai suoi occhi, c'era la sua ombra: l'angelo dai bei capelli rossi che era stato.


    «Raphael!» Esclamò una voce familiare

Raphael?

    L'angelo dagli occhi dorati si voltò e sorrise: «Oh, sei qui! Che bello rivederti.»

    Subito lo affiancò la figura più bianca, dolce e luminosa che avesse mai visto. Altro che Dio: quello era l'angelo più bello dell'universo ed era, era... Aziraphale?

    «Scusa se ci ho messo tanto,» disse il biondo, intrecciando le dita morbide. «Mi sono messo a parlare e-»

    Raphael lo bloccò, posandogli un dito sottile sulle labbra: «Ehi, ehi: quante volte ti ho detto che non devi giustificarti con me?» Disse, sorridendogli dolcemente. Pareva completamente rapito da quegli azzurri occhi splendenti, e come biasimarlo.

    I due si presero per mano e andarono a sedersi sotto le stelle. Subito, il rosso fece poggiare la testa dell'altro sulla sua coscia, prendendo a passare le mani attraverso i quei perfetti, soffici e candidi riccioli.


Nella mente di Crowley si fece tabula rasa. Rimase in piedi a fissare quei due angeli parlarsi, accarezzarsi e guardarsi mentre parlavano distrattamente del più e del meno. Non mosse un muscolo, non sbatté un occhio - aprì leggermente la bocca ma non disse nulla. Per la prima volta nella sua esistenza, la sua testa e la sua lingua smisero di funzionare, rendendolo del tutto simile ad una statua di marmo.


    Alla sua sinistra, Dio gli poggiò una mano sulla spalla. «Vi amavate così tanto,» disse, ora seria e addolorata. «Tutti gli angeli sono nati ricolmi d'Amore, ma voi? Voi eravate diversi


Il demone voltò lentamente la testa verso di Lei, guardandoLa con gli occhi già colmi di lacrime.

Non emise un suono. Non servì.


    «Non eri un semplice angelo: eri il mio miglior arcangelo. Quello creativo, quello curioso, quello con il sorriso sul volto,» iniziò a spiegare Dio. «Ti chiesi di riempire l'ultimo angolo di cielo: sapevo che avresti trovato il modo di renderlo speciale, ma non sapevo che nel farlo avresti trovato anche Aziraphale,» disse, iniziando a passargli dolcemente la mano sulla schiena.


    Dopo varie strofinate agli occhi e altrettanti, sforzatissimi, respiri profondi - Crowley chiese: «Ci-ci conoscevamo.»

Anzi, non era una domanda: era un'affermazione. Un'affermazione venuta fuori come un flebile e straziato rantolo.


    Con un cenno affermativo del dorato capo, Dio continuò: «Avete passato assieme tanto di quel tempo... Poi è arrivata la Guerra: quella che ha portato alla Caduta


Oh, no. Crowley aveva fatto di tutto per sotterrare quel ricordo, e adesso? Adesso vide le nuvole indurirsi, fino a ridursi ad un secco terreno rossastro. Il cielo si ricoprì di nubi, fino a diventare una piatta tavola grigia come le piume del suo angelo. L'odore di bruciato lo investì e d'un tratto il mondo attorno a sé si fece peggio del peggiore dei suoi incubi.

Si guardò attorno: quelle spade fiammanti che si scontravano e quelle grida... Erano le ultime cose che aveva visto prima di venire risucchiato nel vuoto, spinto dalla gravità verso le fiamme della sua dannazione eterna.


    Dio gli prese le mani, puntandogli addosso quelle costellazioni che aveva come iridi. «Sai, amor mio; tutti hanno dei limiti: persino io,» disse, «E il mio limite siete sempre stati voi.»


Crowley scosse la testa. Due ciocche rosso fuoco gli ricaddero su gli occhi, ma non ci fece caso; così come non fece caso alle sue ali improvvisamente bianche.

    «Che significa?!» Gridò, in modo da contrastare i suoni della battaglia.


    «Il vostro rapporto era talmente particolare da andare oltre la mia stessa comprensione,» spiegò Lei, mentre due leggere righe di lacrime iniziarono a rigarle le guance bianche. «Sai, finita la Terra, avrei voluto mettere la mia dolce luce a guardia degli umani e tu a guardia del loro amore. Eri perfetto: affettuoso, dolce e premuroso; ma soprattutto: avevi amato più di chiunque altro, e nessuno meglio di te avrebbe potuto assolvere a quel compito. Ma poi quello stesso sentimento è riuscito a superarmi di nuovo e tu - tu, amor mio, non sei Caduto per curiosità,» disse, mettendogli le mani sulle gote ossute. «Sei Caduto per aver messo il tuo amore prima del Mio.»


Dio, per definizione, sa tutto e capisce tutto. È colei che tutto può, eppure - e Crowley dovette ripetere più volte il concetto nella sua testa per afferrarlo a pieno - Ella Stessa stava ora piangendo, confessandogli che il rapporto che lui aveva - e aveva avuto - con Aziraphale era così grande da sbordare oltre la Sua conoscenza, e che era stato così forte da averlo portato a staccarsi da Colei che lo aveva creato. 

    Ma allora... «Allora perché non ce lo ricordiamo?» Chiese, anche lui sull'orlo di una crisi di pianto. «Se eravamo così perfettamente coesi, uniti e, e-» innamorati? «Allora perché?»


A quel punto, i suoni della battaglia si fecero più lontani e ovattati, come se qualcuno avesse fatto calare una cupola di vetro attorno a loro.

    «È stata tutta colpa mia,» disse Dio, accarezzandolo. «La Guerra ha deciso di separarvi, e io non potevo permetterlo. Chiesi a Morte di salvare il tuo angelo, anche se ciò avrebbe comportato un grande cambiamento. Avreste dovuto dimenticare e così è stato; per questo dopo l'Apocalisse non ho fatto altro che osservarvi e attendere». Mentre parlava, le sue dita avevano iniziato a scorrere amorevolmente attraverso le ondulate ciocche cremisi dell'altro. «Ho visto i vostri volti addolcirsi e i vostri occhi perdersi gli uni negli altri. Ho assaporato i momenti in cui le vostre braccia e le vostre dita si allacciavano, e non c'è stato attimo in cui non ho sperato di vedervi tornare com'eravate un tempo. Ma nel momento esatto in cui ho voluto aiutarvi a riavvicinarvi un po' di più...» si bloccò, smise di guardarlo e prese a fissare verso il basso.


    Si sentiva così in colpa che Crowley poté quasi sentire quel dolore attanagliargli l'anima. «Cosa?» Le chiese in un sussurro strozzato. «Cos'è successo?»


    «Mi sono persa,» confessò Lei in in soffio. «Il vostro legame è come un intrico di fili che non posso sciogliere. Non so come spiegarlo: so solo che non posso mettervi mano. Senza volerlo mi sono allontanata: mi sono ritrovata come incastrata tra voi. Ho provato a cercare rifugio in Aziraphale ma non sono riuscita a raggiungerlo in tempo; per questo sono venuta da te. Solo che, nel farlo, ho lasciato la mia Terra in balia della mia stessa interdizione e con lei tutto ciò che vi vive. Ho abbandonato la mia dolce luce così violentemente e così di colpo da ridurlo a ciò che hai visto: in balia tra la fede in me e la consapevolezza della mia assenza.»


Le lacrime di Colei che, per definizione, non sbaglia; si stavano ora consumando sulla confessione di un errore madornale. E Crowley rimase - per l'ennesima volta, assolutamente interdetto.

    «Tu... Tu mi stai dicendo,» iniziò, un nodo alla gola. «Tu mi stai dicendo che hai fatto fermare un pianeta, quasi fatto Cadere un angelo, mandato gli umani fuori di testa e buttato il Paradiso in una spirale crescente di disperazione, solo per far sì che io e Aziraphale tornassimo la coppia felice e contenta di un tempo?» 

Lo disse così velocemente che, se avesse avuto bisogno di respirare, sarebbe decisamente morto asfissiato.

    «Anzi, anzi,» continuò, incespicando più volte prima di arrivare al punto. «Mi stai dicendo che hai voluto mettere mano alla nostra relazione pur sapendo che era l'unica cosa che non potevi fare?»


Lei si passò le mani sulle braccia e annuì.


    «Mi stai dicendo che l'unico motivo per il quale Aziraphale mi ha protetto dalla pioggia quel giorno - che il nostro volerci parlare, il nostro continuo incontrarci, il nostro ritrovarci sempre - altro non è che l'ombra di un rapporto che Tu hai voluto salvare?» Continuò Crowley, ormai incapace di fermarsi.


E Dio, Colei che ha creato gli angeli perché la aiutassero; colei che ha creato il mondo, gli umani e la vita, Colei che non abbandona, non muore, non parla, non risponde e - soprattutto - non sbaglia; semplicemente abbassò il capo e annuì.

La Madre, Protettrice del Bene, essere più alto dell'universo e Creatrice dell'Amore si era rifugiata nell'inconscio del demone tentatore per continuare a preservare l'unica cosa che era stata capace di sconfiggerLa.


    «E Tu,» riprese Crowley che sì, ormai stava piangendo, lasciando che le lacrime gli scivolassero addosso. «Tu mi stai dicendo che io per tutto questo tempo ti ho cacciata e detestata quando, quando-»

Fu istintivo e più forte di lui. Con un semplice slancio in avanti La strinse così forte da farsi male alle braccia e scoprì che un po' ancora La odiava. Perché se fosse stata così chiara sin dall'inizio, si sarebbero risparmiati chili e chili di dolore e piagnistei. La odiava perché era stata davvero stupida a volerli spingere quando sarebbe bastato lasciarli fare. La odiava perché aveva fatto credere ad Aziraphale che non gli voleva più bene.

Però da un lato La amava. La amava perché aveva fatto l'impossibile per farli stare assieme. La amava perché cercava sempre di pensare a tutto come la migliore delle madri. E - sotto sotto - amava l'idea di essere una spanna sopra di Lei, così come amava vedere che tutti avevano un lato vulnerabile; persino Dio che, per definizione, non dovrebbe averne.


Quando Lei ricambiò l'abbraccio, ricoprendolo di lacrime, baci e carezze, fu come se il cosmo intero avesse cominciato a rimettersi apposto. E con esso, anche la mente del demone aveva ripreso a galoppare come sempre; stavolta più libera, sciolta e sicura.


Fu più facile del previsto.

A Raphael bastò guidare i movimenti e il resto venne da sé. Presto, tra le mani morbide di Aziraphale, apparve una fiamma che andò arrotolandosi su se stessa fino a divenire una sfera candida, perfetta e così tanto brillante da fondersi con l'aura stessa del suo creatore.

Fu così che, seppur per un attimo, quella piccola area tra le nubi si illuminò a giorno, illuminando anche le due figure angeliche che vi risiedevano a pochi centimetri l'una dall'altra. Dopodiché, la bella stella bianca prese da sola la sua via verso la volta celeste, come se sapesse già quello che doveva fare.


Ma certo: la Stella Polare non l'aveva creata lui, ma l'angelo. E Quell'angolo di cielo lo avevano decorato assieme, facendolo diventare il loro piccolo e personale rifugio.

Poi lui aveva iniziato a farsi le compagnie sbagliate, quelle che aveva fatto diventare il capro espiatorio della sua disfatta. E la guerra? Ora ricordava. Ora sapeva perché quella ferita sul petto di Aziraphale si fosse aperta e mai più richiusa.


 «Tu non capisci. Sei l'unica cosa che mi tiene attaccato a Dio. Sei l'unico rimedio alla curiosità che mi sta mangiando. Se tu te ne vai, io non avrò più ragione di esistere.»


Aveva lasciato un discorso in sospeso ed era ora di chiuderlo.


    Con rinnovata determinazione, Crowley si passò un braccio su gli occhi e guardò Dio: «Mettiamo fine a questa storia.»


    Lei si passò le dita sulle gote e sorrise: «Oh, amor mio, ma tu sei l'unico che può farlo». Con un dito candido, indicò un punto lontano del campo di battaglia: «Va' e trova Morte. Lui saprà cosa fare.»


Il demone annuì, Le strinse le mani per l'ultima volta e si girò, iniziando a marciare in mezzo al marasma con i pugni stretti.

Quella era stata la riconciliazione più teatrale e struggente di sempre ma ehi, lui era sempre stato un gran esagerato, dopo tutto. E tutti quei suoi discorsi mentali sul fare con calma, l'andare piano e il non fare mosse avventate nel vostro rapporto perché rischi che Aziraphale non riesca a seguirti, erano già state fatte crollare da Dio. Per sbaglio.

Per sbaglio.


Corri, prima che la sua luce si spenga.


    «Agli ordini, Capo,» disse, mettendosi a correre.


   
 
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