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Autore: Gaia Bessie    02/01/2022    4 recensioni
Astoria non piange mai.
Il giorno in cui le dicono che è finita, però, si dispera.
Dice a suo marito – io voglio vivere, Draco, io voglio vivere.
[Draco/Astoria | Partecipa all'iniziativa "Regali di inchiostro" organizzata dal gruppo Facebook "L'angolo di Madama Rosmerta"]
Per CedroContento.
Genere: Angst, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Draco Malfoy | Coppie: Draco/Astoria
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Per CedroContento,
Che forse è una delle poche sostenitrici di questa coppia che conosco. Spero ti piaccia.


 
Quello che ci resta da fare
 
Ricordo quando hai ritirato l'esame
Lo sguardo freddo di chi ha detto: "Non c'è niente da fare"
Quanto per lui fosse normale, quasi naturale
Quanto ci rimani male quando dice quanto ti rimane
 
***
 
Astoria non piange mai.
Il giorno in cui le dicono che è finita, però, si dispera.
Dice a suo marito – io voglio vivere, Draco, io voglio vivere.
Lui guarda il dottore, lo supplica con lo sguardo.
«Non c’è niente da fare, signori Malfoy, mi dispiace molto».
Quel giorno, Astoria Malfoy paga il debito di tutte le lacrime che non aveva versato prima.
 
***
 
Cambio di residenza, via della sofferenza
Un calendario pieno di date di scadenza
Ho un fiore sulla giacca che mi spruzza l'acqua in faccia
Così nasconderà le mie lacrime di tristezza
È come dire non correre, forse cadi
Paziente trenta, letto sei, reparto tre
Negli ospedali c'è chi vede solo cifre
Disposte lungo dieci piani
Numeri che calano, numeri decimati
 
***
 
Le dicono che c’è bisogno che si trasferisca al San Mungo: la malattia è così progredita che non è più possibile sperare di lasciarla vivere senza assistenza medica. Così, Astoria prepara un baule di abiti che non metterà più e parecchie camicie da notte in seta, piangendo su di loro come se si stesse preparando il sudario.
Forse, lo sta facendo per davvero – Draco la guarda, sulla soglia della stanza, e vorrebbe dirle ti aiuto io. Ma, ogni volta che apre la bocca, ne esce solamente un suono singhiozzante e disperato. Cerca di ridere, quando lei gli fa una battuta (ci pensi a quanto mi invidierà Daphne, da lassù? Lei non l’ha avuta, una stanza singola), ma gli si forma una smorfia distrutta sul viso e, allora, si deve sciacquare via la tristezza dagli occhi.
«Io voglio vivere, Draco» gli sussurra, alla sera, quando si mettono a letto e non c’è spazio per altri pensieri. «Avevo dei sogni, volevo fare delle cose».
Lui guarda il calendario, pieno di date di esami, di analisi, il giorno del ricovero – con le lacrime agli occhi, le domanda: cosa?
«Volevo cantare, sai, nei teatri» sussurra Astoria, con voce rotta. «E imparare a ballare il Walzer, correre sull’erba fresca di rugiada, al mattino, e…».
E.
E lui la guarda e, ogni sorriso, è una crepa sul cuore.
«Correre?» mormora, scompigliandole i capelli. «Poi però saresti caduta».
«Mi sarei rialzata» risponde lei, quietamente. «E avrei fatto tutti quei trilioni di cose che pensavo di avere tempo per poter fare: pensavo di poterle fare per davvero, prima o poi, non avrei dovuto rimandare».
«Ti rialzerai anche questa volta: io credo nei Medimaghi».
Astoria sorride – ha le labbra spaccate, i capelli che vengono giù a ciocche come pianto sul viso. È ancora bella, per lui che la vede come la ragazza di vent’anni che ha incontrato a una delle ultime feste di Daphne.
È ancora bella, per lui che la ama come l’ha amata quel giorno.
«Paziente trenta, letto sei, reparto tre» gli risponde lei, in un sussurro. «Non voglio essere solamente questo».
Lui le carezza il capo, dolcemente – Astoria non ha pianto mai ma, per la prima volta, da quando ha scoperto d’essere un orologio vicino alla mezzanotte, lo fa continuamente, senza vergogna, senza controllo.
Astoria Greengrass-Malfoy piange di solitudine e di fame di vita ma, suo marito, non sa più come fare ad aiutarla.
E la portano al San Mungo, un  po’ accompagnandola per i corridoi e un po’ prendendola di peso, perché lei è una bambina che punta i piedi e dice io non ce la faccio. Draco la segue, a sette passi di distanza, pregando che Astoria sia abbastanza forte da riuscire a raggiungere il letto.
La sta logorando – la maledizione del sangue che ha decimato la sua famiglia – cavandole via di petto i battiti cardiaci, sfinandola come un tratto di inutile matita (cancellabile).
Si siede sulla sponda del letto e, con i piedi a penzoloni che nemmeno riescono a sfiorare il pavimento, è di nuovo bambina: passano i Medimaghi, nel corridoio, solamente per sentirla cantare – canta continuamente, anche se le hanno detto di non farlo: non sforzarti troppo, se vorrai farlo in futuro.
Ma Astoria ha riso, quando gliel’hanno detto. Io non ho un futuro.
Draco la sente ripeterlo, ogni volta che la rimproverano perché canta con tutto il fiato che le rimane, canzoni Babbane, gli ultimi successi di RadioMagic, filastrocche per bambini: Astoria guarda tutti in volto e, con un sorriso, sfida a proibirglielo.
Io non ho un futuro ma, per come sono stata, forse non vorrei avere avuto nemmeno un passato – se ha condotto a questo presente.
Lui l’asseconda. Si stende accanto a lei sul letto, facendovi scivolare le scarpe sotto, sul pavimento pieno di capelli biondissimi (un po’ opachi) e chiedendole di cantare ancora.
Astoria obbedisce e, quand’ha un briciolo di forza, gli dice: fammi alzare, insegnami a ballare, dai, un, due, tre. Draco la solleva (ed è fragilissima), le fa posare i piedi sopra i suoi e la muove come fosse una marionetta, facendola ridere – non sono proprio in grado, non è vero?
Lei chiede sempre di essere portata in giardino ma, quando l’accompagna, Draco la tiene per mano e glielo dice: non correre, forse cadi. La fa sorridere, ma Astoria non scardina mai quel divieto.
Non ne ha la forza.
«Non mi dire non correre» gli sussurra, scompigliandogli i capelli fini. «Forse cado, ma se cado lasciami cadere».
Lui le dice sempre di no – allora non è vero, che vuoi vivere.
Voglio vivere, risponde lei – ma a volte mi tratti come se fossi già morta.
 
***
 
E ridi perché ho le scarpe di qualche taglia più grande
Ma cammino dove pensi che non sia così importante
Quel filo rosso che vedi non è un prelievo di sangue
Con un po' di fantasia può essere il nostro red carpet
 
***
 
Draco ha paura del sangue.
Il giorno in cui iniziano a farle trasfusioni su trasfusioni, sperando di allungarle la vita, piange.
Astoria gli carezza il viso, sorride per farlo sorridere.
È l’unico red carpet che potrà mai sognare, gli dice.
Ti va se ti canto qualcosa?
 
***
 
E ti verrò a trovare su quel letto d'ospedale
Anche solo a dirti ciao
E riderò e riderai
Anche se dentro non sai quanto mi fa male
Ma ci sarò e ci sarai
Perché abbiamo ancora un sacco di cose da fare
 
***
 
«Ciao».
La fa sempre ridere, che Draco si senta in dovere di salutarla, quando varca la soglia della camera del San Mungo: inizialmente, era imbarazzo – ora glielo dice ridendo per farla ridere ancora.
Dentro fa male – malissimo.
Quando lei lo guarda e sente il tempo che passa e dice.
Non sono pronta.
Abbiamo ancora un sacco di cose da fare.
 
***
 
Per farti ridere farei gli straordinari
L'orario delle visite per me non ha orari
Ed ho passato sveglio mille notti
Finchè ho smesso di contare le albe ed ho iniziato a contare i tramonti
Finchè quelle infermiere hanno imparato anche il mio nome
Sale d'aspetto in cui aspetto ore
 
***
 
«Buonasera, Draco».
«Draco, salve! Aspetti qui fuori, la stiamo aiutando a vestirsi!».
«Buongiorno, Draco, ti posso offrire un caffè mentre aspetti?».
I Medimaghi conoscono il suo nome, per tutte le volte in cui l’hanno visto attendere l’inizio dell’orario delle visite.
Astoria non canta più.
Come i Medimaghi avevano previsto, le si sono lacerate le corde vocali.
 
***
 
Mettiti una maglia che oggi andiamo all'aria aperta
Devi stare più attenta perché adesso l'aria è fredda
Non c'è fretta
 
***
 
Non sa che è l’ultimo giorno, ma Astoria se lo sente nelle ossa: gli chiede a gesti di portarla fuori, ti prego, Draco, ti prego.
Ma fa freddo, protestano le Medimaghe, non basta coprirsi: l’aria è gelida e tu – Astoria scuote il capo.
Ti prego.
Draco china il capo e obbedisce, portandola in braccio nello spiazzo fuori dall’ospedale: lei sorride e chiude gli occhi, felice.
È l’ultima volta, vorrebbe dirgli. Ormai lo so.
Draco le carezza il capo, dolcemente. Sta piangendo e non le sa dire perché.
Non c’è fretta, vorrebbe dirle. Resta ancora un po’.
   
 
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