Genere: Romantico, Angst
Note: what if?
Contesto: Quarta stagione
LA VITA DI UN RE VALE MOLTO DI PIU' DI QUELLA DI UN SERVO
Il suo servo
aveva sempre avuto quel tipo di comportamento.
Era successo
più volte nel corso degli anni che Merlin avesse
ritenuto la sua vita più importante della propria.
Il momento
più clamoroso, quello di cui Arthur aveva memoria
per primo era stato quando uccidendo un unicorno aveva rilasciato una
maledizione su tutta Camelot e lui era stato costretto a superare vari
test per
fare in modo di salvare il suo popolo.
In
quell’occasione Merlin era stato a pochissimo dal bere un
calice avvelenato che poi aveva bevuto Arthur stesso tramite un
inganno, perché
era stato lui ad uccidere l’unicorno per cui le conseguenze
sarebbero dovute
ricadere su di lui e lui soltanto.
Situazioni
simili si erano ripetute una o due volte ad ogni
anno ma negli ultimi mesi Arthur aveva notato che questo tipo di eventi
tendevano a ripetersi sempre più spesso e la cosa stava
iniziando a
infastidirlo.
Una volta ad una
cena di stato Merlin aveva insistito per
assaggiare tutto il suo cibo.
Non ce ne era
assolutamente bisogno visto che attorno al
tavolo aveva solo alleati, non era una cena di riappacificazione con
qualche
nemico di cui ancora non si fidava completamente anzi.
Quella sera
erano presenti solo Re e ufficiali di cui Arthur
si fidava molto e di cui era anche amico per cui non c’era
proprio nessuna
possibilità che qualcuno volesse avvelenarlo ma il suo
servitore aveva
insistito fino a farlo dannare.
-Merlin non
essere ridicolo come tuo solito, non ho bisogno
che tu assaggi il mio cibo, inoltre sarebbe irrispettoso verso i miei
ospiti,
in questo modo mostrerei di non avere nessuna fiducia in loro- ma
Merlin aveva
preso un piccolo sgabello di legno e si era accomodato alla sua destra
come se
nulla fosse.
-Non ci si
può mai fidare in queste circostanze, è molto
meglio
che io assaggi tutto per primo- e allungando un braccio aveva afferrato
il suo
bellissimo calice d’oro dando un sorso al suo vino.
-Mhh delizioso-
aveva commentato poi con uno di quei sorrisi
circostanziali quando sapeva di averne combinata una delle sue ma
voleva fare
finta di nulla.
-mErlin- lo
aveva rimproverato a voce Arthur prima di
guardarsi attorno sperando che nessuno dei reali presenti al banchetto
avesse
prestato attenzione a loro due.
Il servo poi
approfittando della sua distrazione aveva
mangiucchiato anche un po’ di pollo e un boccone di patate
lesse per poi dare
un morso alla fetta di pane.
-Bene non sono
avvelenati, potete iniziare a mangiare Sire- e
con quello Merlin si era congedato sparendo alle sue spalle come se
nulla
fosse.
Tutta quella
scenetta non aveva avuto il minimo senso per
Arthur ma poi non ci aveva più ripensato.
Ma adesso che
stava mettendo insieme i pezzi, quella cena
stava diventando un tassello molto importante.
Una volta era
successo che rientrato nella sua camera aveva
trovato il servo con indosso la sua armatura reale.
-Merlin ma che
diavolo fai? -
Arthur era
rimasto stupefatto anche perché quell’armatura era
fatta su misura per il proprio corpo per cui indosso al ragazzo che era
molto
più piccolo di corporatura stava malissimo.
-Oh Mio Signore
perdonatemi ma a Camelot è giunta voce che
nei regni vicini abbiano tentato di uccidere un principe deponendo una
polvere
mortale e quasi invisibile sulla sua armatura da guerra, nel momento
che il
principe l’ha indossata il veleno è penetrato
nella sua pelle e l’ha ucciso-.
Arthur aveva
alzato un sopracciglio andando nel mentre a
sedersi sul bordo del letto per togliersi gli stivali.
-Questa storia
è assurda e fatico a credere che sia vera, e
poi perché te la sei messa addosso? Non potevi
semplicemente… chessò lavarla?-
Ma il ragazzo
dai capelli corvini aveva scosso la testa.
-No Sire dovevo
esserne sicuro, non penso che un tale veleno
andrebbe via con un misero lavaggio-
Arthur aveva
ridacchiato per prenderlo in giro.
-Giusto
perché dimenticavo che tu sei molto esperto in
materia di veleni mortali…. Per favore Merlin non fare
l’idiota e togliti la
mia armatura di dosso-
Al che, il servo
per fortuna aveva obbedito e una volta
riposta in modo adeguato la ferraglia da guerra aveva lasciato le sue
stanze.
E comportamenti
di quel genere si erano andati a
intensificarsi nel corso del tempo.
Una volta lui e
i suoi cavalieri si trovavano sulla strada
del ritorno verso casa quando come al solito avevano incrociato un
fiume da
guadare. In quei giorni però aveva piovuto parecchio per cui
era più che logico
che il fiume si fosse ingrossato parecchio e il punto in cui di solito
erano
abituati a guadare li aveva preoccupati un po’.
-Mio Re la
corrente sembra troppo forte, forse è meglio fare
il giro largo e passare per le montagne- gli aveva suggerito Leon.
-Si forse
sarebbe meglio, ma questo comporterebbe 4 giorni in
più di viaggio e i nostri cavalli sono già molto
stremati… no è meglio provare
ad attraversare adesso, la decisione è mia per cui io
sarò il primo ad andare-
ed essendo un ordine, i suoi cavalieri non avevano osato fiatare,
nonostante
quello mettesse in pericolo la vita del loro sovrano.
Mentre lui e
Leon ancora ne stavano discutendo sentirono
all’improvviso un nitrato e videro Merlin già a
metà percorso, con le cosce
completamente immerse nell’acqua, mentre cercava con fatica
di calmare il
cavallo, giustamente spaventato dall’acqua impetuosa.
-mErlin!! Che
diavolo stai facendo? Non ti ho dato il
permesso di andare per primo!- Arthur era stato costretto ad urlare per
superare il fragoroso frastuono dello scorrere dell’acqua.
Merlin si era
girato verso di lui sorridendogli e alzando un
pollice in su gli aveva fatto segno che stava andando tutto bene.
-Certo che ne ha
coraggio da vendere- aveva commentato Percival
alle sue spalle non capendo però quanto il biondo fosse
arrabbiato.
-Non mi importa
quanto sia coraggioso, non è un cavaliere e
non è suo compito fare queste cose, lui cucina la nostra
cena, lava le nostre
vesti e pulisce la nostra merda! È solo uno stupido servo-
ed avendo usato
quella parola scurrile, tutti i suoi cavalieri avevano immediatamente
capito
quanto fosse su tutte le furie e nessun’altro aveva osato
dire più nulla.
Quando Merlin
riuscì ad arrivare alla riva opposta fece loro
segnale che la via era sicura così Arthur, muovendosi per
primo, insieme ai suoi
guerrieri aveva attraversato finalmente il fiume.
-Che diavolo ti
è saltato in mente di fare!- Arthur lo aveva
incenerito con lo sguardo e Merlin sembrò ritrarsi dalla
paura.
-Perdonatemi
Sire, volevo solo assicurarmi che il passaggio
fosse sicuro per voi e per il vostro destriero- aveva balbettato il
servo.
-Non ti ho
ordinato di fare una cosa simile, quello era un
mio compito e tu sei stato molto stupido, avresti potuto morire!-
-Ma non
è successo- e gli aveva sorriso quasi vittorioso come
se quelle parole potessero risolvere la situazione.
Ma ad Arthur
quel comportamento aveva fatto arrabbiare ancora
di più così dopo aver recuperato una corda
contenuta nella sella del proprio
cavallo era ritornato da Merlin per legargli i polsi insieme.
-Ma
cosa…- aveva cercato di obbiettare il ragazzo nonostante
non stesse impedendo al Re di legarlo.
-Per punizione
tornerai a Camelot a piedi, così imparerai che
non devi fare cose così stupide-.
-Ma
Sire…-
-Fa silenzio-.
Nessuno dei
cavalieri aveva osato dire nulla quando Arthur aveva
legato l’estremità della corda al proprio cavallo,
insieme al cavallo marrone
di Merlin.
Poi quando tutti
furono ritornati sulle proprie selle aveva
dato il segno di ripartire e quel giorno il giovane mago fu costretto a
seguire
a piedi la comitiva del Re che fortunatamente stava conducendo i
cavalli a passo
d’uomo.
Ad Arthur era
dispiaciuto farlo stancare in quel modo ma la
paura di perderlo era stata tanta.
Più
il giovane Pendragon ci pensava e più gli venivano in
mente decine e decine di momenti in cui Merlin era sembrato
incredibilmente
poco attaccato alla propria vita solo per permettere che nessuno
potesse nuocere
al suo Re.
Come quella
volta che il regno era stato attaccato dai
Dorocha sfuggiti quando il velo tra il mondo dei vivi e quello dei
morti era
stato strappato da Morgana.
Insieme ai suoi
cavalieri si era recato all’Isola dei Beati
consapevole di dover sacrificare la propria vita per ricucire il velo e
riportare l’equilibrio nel mondo.
Alla fine, la
sua vita era stata salvata dal valoroso
sacrificio di Sir Lancelot ma ricordava bene cosa Merlin gli avesse
detto in
quell’occasione.
“Non
dovete sacrificarvi, prenderò io il vostro posto”*
“Merlin” lo aveva
rimproverato lui trovando la sua frase assurda, il popolo era
suo ed era lui l’erede al trono, toccava a lui salvare tutta
la sua gente.
“Cos’è
la vita di un servo rispetto a quella di un principe?” gli aveva
risposto lui con assoluta
convinzione e dedizione tanto che Arthur si era sentito profondamente
toccato
dall’affetto e dalla fiducia che Merlin sembrava riporre nei
suoi confronti
nonostante trovasse la frase assurda.
“Beh
è difficile trovare un buon servitore” aveva
contraccambiato lui cercando
come al solito di portare la profonda conversazione che stavano avendo
su un
livello più ironico e scherzoso.
“Non
sono così bravo”.
“Vero”.
Giorni dopo la
morte di Lancelot era venuto a sapere che il
suo cavaliere aveva fermato Merlin giusto in tempo perché
mentre lui era
incosciente il servitore aveva davvero offerto la propria vita in
sacrificio
alla Guardiana del velo.
Non glielo aveva
rivelato Merlin però, era venuto a saperlo tramite
Ginevra la quale aveva preteso dal suo amico un dettagliato racconto
degli
eventi che avevano portato alla morte di Sir Lancelot.
Arthur era stato
davvero colpito da quella scoperta e
quell’evento si era quindi aggiunto alla lunga lista di
momenti in cui Merlin
aveva mostrato un comportamento fin troppo arrendevole.
Tutti quei
racconti, come tessere di un mosaico si potevano
facilmente ricondurre ad oggi, quando tutto ciò era
diventato fuori controllo
ma anche incredibilmente chiaro.
L’ennesimo
stregone, infatti, era venuto a chiedere la sua
vendetta per delle azioni che suo padre, ormai deceduto, aveva commesso.
Ma Arthur ci era
abituato, le colpe dei padri ricadevano
spesso sui loro figli.
Il regno era
infatti afflitto da una terribile epidemia che
aveva già fatto i suoi primi morti ed era già
chiaro a tutti che quella fosse
opera della magia. A conferma di ciò Gaius non aveva trovato
nessun rimedio
medicinale per far guarire le persone da quel terribile morbo che
affliggeva i
loro polmoni.
Poi
l’antico stregone si era presentato nella sua sala del
trono per fare la sua richiesta.
-Uther Pendragon
ha sterminato tutto il mio popolo, adesso
sono qui per avere la mia giustizia, per cui Voi, Arthur Pendragon,
consegnatevi volontariamente a me, una volta che il vostro sangue
scorrerà
sulla mia lama il vostro popolo sarà immediatamente guarito
dalla malattia-
-Accetto- aveva
risposto ovviamente Arthur.
Eroico e
coraggioso, così era sempre stato e così sarebbe
sempre stato.
Tra i membri
della sua corte e dei suoi cavalieri si era
subito iniziato a spargere un leggero mormorio di voci, quasi tutti
erano
contrari alla sua decisione, non potevano rimanere senza un Re in un
momento di
simile bisogno ma Arthur non aveva scelta.
-NO! Prendete me
al suo posto- si era poi intromesso Merlin e
il sovrano aveva perso la calma.
-Lasciatemi!-
aveva ordinato alla sua corte alzandosi dal
proprio trono.
-Adesso!- aveva
poi insistito per convincere i suoi fedeli
cavalieri e alla fine era riuscito ad ottenere la sala solo per se,
Merlin e il
malvagio stregone.
-Merlin che
diavolo stai facendo? Stanne fuori- aveva poi
afferrato il servitore per un braccio e scuotendolo aveva cercato di
farlo
desistere.
-No Sire, non
potete farlo, Camelot ha bisogno del suo
sovrano, Voi siete il Re in passato e Re nel futuro, colui che
unificherà le
terre di Albion-.
Merlin lo aveva
guardato con occhi pieni di profonda fiducia,
orgoglio e qualcos’altro che ancora non riusciva a cogliere.
-Smettila con
queste sciocchezze e vattene- gli aveva risposto
con severità spingendolo a lato con poca grazia tanto che lo
aveva fatto cadere
a terra.
Arthur si era
sentito subito in colpa, non era stata sua
intenzione spingerlo così rudemente ma spesso si dimenticava
di quanto Merlin
in realtà fosse fisicamente delicato.
-La vita di un
Re vale molto di più di quella di un servo-
E nonostante lo
avesse appena fatto cadere a terra Merlin
continuava a volersi sacrificare per lui, nonostante lo usasse come
sguattero
personale costringendolo ogni giorno a eseguire tutti i suoi ordini
senza
dirgli mai un grazie o ricompensandolo con dolci parole.
Come era
possibile meritarsi una tale fiducia? Arthur era un
Re, questo era vero, ma al mondo c’erano tante altre persone
migliori di lui
come ad esempio Merlin. Merlin era un uomo migliore di quanto lui
potesse mai
poter sperare di diventare e per questo alle sue orecchie quelle parole
non
trovavano il minimo senso.
-Merlin devi
smetterla con questo atteggiamento, tu non devi
sacrificare la tua vita per la mia sono stato chiaro? Tu non mi devi
niente-.
Inginocchiandosi
di fianco a lui lo aveva afferrato per la
sporca sciarpa rossa che portava sempre al collo in modo da poterlo
sballottare.
-Vi devo tutto
invece, Voi siete il mio signore ed è mio
compito proteggervi- aveva sussurrato mentre i loro visi si erano
inconsapevolmente avvicinati.
-Se non la
smetti con queste insensatezze ti taglio la
lingua- lo aveva minacciato sperando che con la violenza gli avrebbe
fatto
cambiare idea, che forse ricordando quanto lui potesse essere crudele e
meschino nei suoi confronti, avrebbe potuto finalmente recuperare un
po’ di
sanità mentale.
-Accetto lo
scambio- aveva pronunciato lo stregone
all’improvviso facendo voltare entrambi nella sua direzione.
-Che cosa??
Pensavo volessi la mia vita! Merlin non ha colpe,
non osate avvicinarvi! - Arthur si era rialzato in piedi e sguainando
la spada
si era messo a protezione del suo servitore.
-Sbagliate
Arthur Pendragon, la mia vendetta richiedeva la
vostra sofferenza e adesso ho deciso che prendere la vita del vostro
amato
soddisferà la mia fame di giustizia- al che il Re aveva
emesso una leggera
risata.
-Il mio amato?
mErlin?- aveva chiesto come se il pensiero
fosse per lui inconcepibile.
-Il senso di
colpa per la sua morte vi tormenterà finché
avrete vita e tanto mi basta- e nel mentre il suo servo si era rialzato
da
terra e gli aveva poggiato una mano con delicatezza sul polso
così da fargli
riporre la spada.
-Arthur vi
prego, lasciatemelo fare, vi supplico, la mia vita
senza di Voi non avrebbe senso per cui preferisco morire adesso-.
A quelle parole
il cuore del biondo aveva preso a battere in
modo insolitamente veloce e schiudendo le labbra si era messo a fissare
il suo
migliore amico cercando una risposta attraverso i suoi occhi.
-Merlin- aveva
sussurrato incredulo riconoscendo infine nelle
sue iridi quello che da sempre gli era sfuggito riguardo il loro
rapporto.
Merlin lo amava,
lo amava come un marito ama la propria
moglie e nonostante avesse sempre saputo dentro di sé che il
loro rapporto era
speciale solo in quel momento era riuscito ad arrivare a tale
conclusione.
E mentre, la sua
mente e il suo cuore stavano ancora
elaborando quella scoperta, Merlin aveva fatto altri passi avanti fino
ad
arrivare di fronte all’antico e malvagio stregone.
Si sentiva
completamente paralizzato incapace di prendere una
decisione, incapace di capire quello che il suo cuore desiderasse
davvero.
Con orrore stava
assistendo alla morte del suo amato valletto
e non stava facendo assolutamente nulla per impedirlo.
Il tempo
sembrò poi rallentare mentre lo stregone pronunciava
le sue mistiche parole di morte.
Tutte le volte
in cui Merlin aveva cercato di sacrificare la
sua vita per farlo vivere si stavano andando a fondere con tutti i loro
intimi
momenti, le risate, le prese in giro, i discorsi di incoraggiamento, il
rincorrersi
di sguardi notturni attorno ad un fuoco, il continuo bisogno di
toccarsi anche
se pur con semplici sfioramenti o pacche sulle spalle.
Tutto adesso
stava iniziando ad assumere un suo scopo, un
filo conduttore che collegava e che univa la sua vita a quella del
servo.
Arthur
ripensò ai ricordi di Merlin sull’orlo di morte,
tutte
le volte che era stato in fin di vita a causa di veleni o ferite quasi
mortali
e a come si era sentito in quelle circostante.
A come si era
sentito nell’immaginare la propria vita senza
la costante presenza di Merlin ad illuminare le sue giornate e ad
accompagnare
le sue avventure.
Impensabile.
Inconcepibile.
Inaccettabile.
Assurdo.
Excalibur, la
sua fidata spada che aveva il potere di
contrastare la magia si mosse insieme al suo braccio destro come se
fossero
tutt’uno e senza ripensamenti Arthur
l’affondò nel corpo caldo dello stregone
decretando così la sua morte.
Merlin sorpreso
aveva singhiozzato di fronte a quella
spietata scena.
-Arthur cosa
avete fatto!- lo aveva rimproverato ma lui
incurante delle sue proteste lo aveva afferrato per la sua misera
giaccia
marrone portandoselo contro.
-Tu non te ne
vai da nessuna parte, tu non hai il permesso di
abbandonarmi sono stato chiaro? E questo è un ordine Merlin,
la tua vita mi appartiene
e non puoi decidere di sbarazzartene quando più ti aggrada,
tu sei al mio servizio
e al mio più totale controllo, tu sei mio-.
Il ragazzo
smettendo di respirare lo aveva guardato sorpreso
negli occhi e poi era arrossito.
Nessuno dei due
aveva pronunciato la parola amore; eppure,
entrambi avevano capito quello che era davvero successo in quella
stanza.
Arthur aveva
continuato a guardarlo negli occhi, solo adesso
consapevole dei propri sentimenti nei confronti di quel ragazzo
totalmente
indispensabile alla sua vita.
Il sovrano aveva
provato l’irrefrenabile impulso di baciarlo
ma sapeva che se avesse compiuto un simile gesto tutto sarebbe cambiato
tra di
loro e sapeva anche che un simile amore andava tenuto nascosto.
Merlin non
avrebbe mai potuto sedere accanto a lui sul trono.
Così
Arthur aveva fatto l’unica cosa che gli era concessa di
fare, aveva fatto cadere la spada insanguinata a terra producendo
così un
rumore metallico che echeggiando si era diffuso in tutto il salone, poi
con
grande solennità aveva preso la mano di Merlin deponendo sul
suo dorso un
elegante bacio.
Aveva chiuso gli
occhi, trattenendosi qualche secondo nel
respirare l’odore della sua pelle.
Poi aveva
riaperto le palpebre per unire nuovamente i loro
sguardi.
-Non lasciarmi
mai- aveva pronunciato prima di lasciar andare
la sua mano per poi allontanarsi.
Solo allora a
gran voce aveva dato ordine ai suoi cavalieri
di rientrare nella stanza.
E in mezzo alla
folla aveva notato come il suo servitore
fosse ritornato completamente padrone del proprio corpo comportandosi
come se
niente fosse successo, ma poi i loro occhi si era incrociati ancora ed
entrambi
avevano sorriso.
Da adesso niente
sarebbe più stato come prima.
*parole tratte
dalla 4x02