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"Scorpius!"
Quando sentì chiamare il suo
nome, Scorpius si bloccò come se gli fosse piovuta addosso
una doccia gelata.
Forse più perché aveva riconosciuto la voce che
lo aveva chiamato che altro.
"Lily…" Il suo tono era
stanco, ma non per colpa della ragazza: aveva fatto un allenamento
extra di
Quidditch particolarmente intenso e ora si sentiva uno straccio. Prese
la
borraccia che riposava vicino al baule delle palle.
"Non bere!" Lily arrivò
di corsa. "Chi è la ragazza più bella di tutte?"
gli chiese mentre
gli strappava di mano la borraccia.
"Come? Bo… Estrella Rymer?"
Stranito, Scorpius la guardò mentre apriva la borraccia e si
versava un po'
d'acqua sulla mano; poi gli diede il contenitore e tirò
fuori la bacchetta.
"Specialis Revelio!"
pronunciò puntando alla sua mano. E insieme osservarono le
scritte sollevarsi
da quella piccola conca d'acqua.
Lily
osservò gli ingredienti dell'Amortentia
scorrere davanti ai suoi occhi, finché la scritta 'Capello
di Roxgail Tangerine
Montague' non finì l'elenco.
Ma… "Cioè la Montague si
chiama 'Roxgail Tangerine'? Aspetta che lo dica ad Alice!" Lily rise
mentre
faceva cadere l'acqua sul prato. "Se avessi bevuto, avresti risposto
diversamente. Comunque, bella risposta. Anche secondo me la cantante
dei
'Diversamente Babbani' è stupenda!" Scorpius scosse la
testa, confuso.
"Sicuro che tu non abbia bevuto? Vuoi che ti chieda di chi sei
innamorato?" gli chiese, guardandolo con uno sguardo sornione. Il
ragazzo
sbuffò.
"Mi hanno messo
l'Amortentia
nella borraccia?" Il tono di Scorpius si stava scaldando, lo capiva da
solo, ma effettivamente si stava innervosendo.
"Oh, non sono mica stata io!
Anzi: un bel 'grazie' non sarebbe male, sai?" Lily lo stava osservando
con
uno sguardo che doveva aver ereditato da sua nonna e Scorpius dovette
annuire.
"Sì, hai ragione. Grazie.
Come lo sapevi?" chiese, guardando la borraccia.
"Ho sentito Roxi che si
lamentava in biblioteca. Non ho capito cosa sia successo con Albus,
perché
parlava sottovoce, ma sono riuscita a sentire la parte in cui diceva
che ti
aveva versato il filtro d'amore nella borraccia mentre parlavi con
Preece."
Scorpius ripensò a tre ore prima,
quando si era fermato a parlare con il capitano della squadra di
Quidditch di
Tassorosso e si maledisse mentalmente: aveva visto passare Roxi e
avvicinarsi a
loro, ma mai avrebbe pensato che potesse fare una cosa del genere. "Ma
scusa, l'ha fatto per vendicarsi di qualcosa che le ha fatto Al?"
Lily rise. "Santo Godric,
non ti interessa il fatto che abbia tentato di rifilarti un filtro
d'amore, ma
del fatto che non era interessata a te! Nobile, Scorpius, proprio
nobile da
parte tua!" Rise ancora e lui si sentì un po' stupido.
"Ho sete, però…" disse,
guardando gli spogliatoi del campo: avrebbe dovuto bere dai rubinetti,
il
castello era troppo lontano. Lily si sedette sul coperchio del baule
delle
palle e chiuse i ganci con gesto esperto.
"Vai, porto io dentro il
baule e le altre cose". Tirò fuori la bacchetta e fece
levitare il tutto.
Scorpius raggiunse gli spogliatoi, mentre Lily lo seguiva con gli
attrezzi.
Aprì il rubinetto nel bagno
maschile e si dissetò, poi andò a cambiarsi.
Sentì la ragazza chiudere la porta
dello sgabuzzino degli attrezzi e per un attimo si immaginò
che lei lo
raggiungesse, per poi scuotere la testa e riprendersi.
Si cambiò e uscì dallo
spogliatoio maschile, stupendosi di trovare Lily ancora lì.
Lily stava
osservando la panca su
cui si era addormentata poche settimane prima e ripensò al
suo sogno. Era così
brutto il fatto che si sentisse così inadeguata da sognare
addirittura di aver
bisogno di qualcun altro. Ripensò anche al molliccio e un
po' si vergognò anche
di quello.
Improvvisamente una mano le toccò
il braccio, chiamandola. "Lily…"
La ragazza sobbalzò e si girò
verso Scorpius, che si stupì della sua reazione. "Scusa, mi
sono… Posso
chiederti una cosa?" chiese, tutto d'un fiato.
Scorpius corrugò la fronte: ma
perché doveva essere sempre così serio?
"Dimmi" le
disse,
quando capì che lei non lo aveva aspettato apposta. Un po'
ci rimase male,
aveva quasi sperato che lei…
"Come hai fatto a entrare
nel mio sogno?" Scorpius sentì uno strano imbarazzo salirgli
al viso.
Sapeva di avere fatto una cazzata. Così come ne aveva fatta
una ancor più
grossa quando, volendo sorprenderla, si era esposto da farle capire che
era
entrato nella sua mente. Fra l'altro era illegale e non voleva che lei
potesse
dirlo a qualcuno. Si pentì di tutte e due le cose.
"È stato solo un momento…"
tentò di giustificarsi lui, anche se lei non lo aveva
(ancora) accusato di
niente.
"Sì, sì, va bene…"Sventolò
una mano, per liquidare la cosa, e poi continuò. "Voglio che
mi spieghi
come usare la Legilimanzia" insistette.
Scorpius sospirò. "Qui a
scuola è vietata da un po' di anni, Lily…"
"Quindi se lo raccontassi
alla McGranitt ti toglierebbe dei punti?" Scorpius spalancò
gli occhi. La
McGranitt poteva anche sospenderlo o espellerlo!
Lily
capì di averlo in pugno
quando il suo viso divenne terreo. Ghignò peggio di un
Serpeverde, ma lei non
ci pensò. "Insegnami come si fa e non dirò niente
a nessuno" lo
ricattò.
Vide Scorpius tentennare e
vacillare più volte. "Non è una cosa
così semplice. Non è un incantesimo
che impari e funziona…"
"Come se gli incantesimi
riuscissero subito. Come se bastasse impararli. Sei tu il
secchione…" Lily
sbuffò: sembrava che lui non volesse aiutarla in nessun modo.
"Appunto! Questo è ancora
più difficile. Non è che si riesce a entrare
nella mente delle persone
così!" spiegò, schioccando le dita.
"Non mi sembra che tu abbia
faticato per entrare nella mia mente, quando mi sono
addormentata…"
bleffò. In verità non sapeva se avesse fatto
fatica o meno, ma sperò di
prenderci.
Scorpius
tentennò ancora. Quello
che stava per dire lo faceva sentire uno stronzo. "È stato
facile perché
non eri tranquilla. Penso che tu avessi freddo o paura. È
più facile quando
l'altro… soffre" confessò. Era stato
semplicissimo. Quando l'aveva vista
lì, rannicchiata sulla panca aveva capito che non stava
andando tutto bene e
aveva avuto l'istinto di svegliarla, ma poi la sua mente, un diavoletto
insinuatore, gli aveva suggerito di entrare nel suo sogno. Ma non
pensava che i
suoi dolori fossero così segreti: aveva pensato che avesse
bisogno di essere
salvata o qualcosa così. E non pensava che lei gli si
voltasse contro nel suo
stesso sogno. Ma avrebbe dovuto immaginarlo: Lily era fatta
così. Sorrise nel
rendersi conto che forse poteva essere anche qualcos'altro a permettere
di
entrare facilmente nei pensieri di qualcun altro.
Quando lui
sorrise Lily sentì le
guance scaldarsi, come se avesse capito che lei era spaventata e che se
ne
vergognava.
"Quindi se qualcuno sta
male… è più facile?"
Scorpius lasciò cadere la borsa a
terra e sospirò ancora. "Ok, ti spiego" disse e
passò i
quaranta minuti successivi a spiegarle come
si facesse.
Era complicato davvero, dovette
ammettere Lily. E se l'altra persona faceva un minimo di resistenza era
quasi
impossibile per qualcuno che non fosse predisposto, capace e altamente
allenato.
"Oh. Ok, mi sa che non ci
riuscirò facilmente, eh?"
"C'è anche un altro modo, in
verità. Lo usavano anche i maghi nel medioevo, quando non
dovevano farsi
scoprire" disse ancora, ma questa volta si rialzò dalla
panca dove si erano
seduti dopo i primi dieci minuti, e raccolse la borsa da terra.
"Che sarebbe?" chiese
Lily, alzandosi anche lei.
Scorpius le girò le spalle mentre
spiegava e intanto puntò la bacchetta contro le lanterne in
fondo al corridoio
che costeggiava gli spogliatoi. "Se è un ragazzo, puoi
entrare nella sua
mente facilmente in un momento intimo, ma lui deve essere molto
coinvolto".
"Intimo?" chiese
stranita, guardandolo mentre tornava verso di lei e la sorpassava per
andare ad
aprire la porta che dava sull'esterno.
Scorpius era
già abbastanza
imbarazzato così, senza doverle spiegare nei dettagli
ciò che intendeva. Aprì
la porta e le disse, prima di uscire: "Spegni tu le ultime lanterne,
Lily".
Subito dopo si affrettò per allontanarsi da lei.
"Ok. Lo faccio subito" disse,
tirando fuori la bacchetta e spegnendo tutte le luci. Scorpius si
voltò e vide
il corridoio al buio, ma la porta era ancora aperta e lei non si era
mossa.
Subito dopo si sentì il rumore metallico di qualcosa che
rotolava e Scorpius
fece un passo verso l'entrata. Quando sentì ancora il rumore
e la voce di Lily
gridare, si allarmò. "Tutto bene? Lily dove sei?"
"Mi è caduta una cosa, non
andartene, Scorpius."
"Accendo la luce,
aspetta" cercò di tranquillizzarla, ma appena
toccò la bacchetta, ancora
nella tasca dei jeans, sentì la sua voce molto
più vicina. "No, non
farlo" sussurrò lei, mentre veniva trascinato dentro la
struttura da due
piccole mani che gli presero il mantello.
Dalla luce che veniva da fuori
vide il contorno del suo viso farsi sempre più vicino, ma
non immaginò quello
che stava per succedere. Cioè, poteva immaginare, ma non
riusciva a crederci.
"Penso di aver capito.
Intimo così?" gli chiese, e Scorpius sentì il suo
fiato sul viso, mentre lei
tirò il mantello che teneva in mano per farlo chinare e la
ragazza gli posava
le labbra sulle sue. Prima che lui si potesse rendere conto della cosa,
Lily si
strinse a lui e Scorpius poté respirare il suo profumo, che
conosceva da tanto
ma che non avrebbe mai pensato potesse dargli così alla
testa: un misto fra zenzero
e olio di mandorla, un misto così strano che solo Lily
poteva esserne la
regina.
L'audacia della ragazza lo bloccò
e gli impedì di spostarsi, mentre lei muoveva le labbra su
di lui ed ebbe quasi
la sensazione che sorridesse. Quando si staccò, gli
dispiacque così tanto che
non pensò che fosse sbagliato, che fosse una stupidaggine,
che lei fosse la
sorella di Albus e che l'amico l'avrebbe ucciso se lo avesse scoperto.
"No" rispose,
allungando le mani e circondandole il viso mentre si allontanava,
avvicinandola
a sé. "Così" disse, prima di chinarsi di nuovo
verso di lei e
baciarla come si deve.
Lily spalancò gli occhi quando
capì cosa volesse fare il ragazzo e li chiuse quando
sentì le sue labbra
morbide contro le sue, lasciandosi andare.
Lui sapeva dei dolci della nonna,
di corse sulla scopa in primavera e di folate di vento sulle scogliere
d'estate. Sentì le ginocchia tremare e si
aggrappò al suo mantello, mentre le
mani di Scorpius erano scivolate lungo il suo corpo e si erano fermate
sulla
schiena, abbracciandola in un gesto che la fecero sentire al caldo e al
sicuro.
Si sciolse nel suo abbraccio mentre lasciava che la sua lingua
l'invadesse
dolcemente e l'accarezzasse.
Non seppe mai dire chi dei due
fece il gesto di staccarsi perché per lei erano passati
pochi istanti e milioni
di anni, ma a un certo punto tutto finì.
Lily si leccò le labbra e abbassò
lo sguardo, più per lei che per il Serpeverde
perché c'era così buio che non si
potevano vedere bene.
"Mi sono scordata di
provarci…" ammise lei e la risata di Scorpius
riempì il corridoio, le sue
orecchie e il suo petto.
***
"Prefetto
Paciok, la preside
ti vuole nel suo ufficio. Ha detto subito."
Alice spalancò gli occhi e annuì.
"Grazie" disse e il ragazzino corse via.
"Che è successo?" chiese
Lily, guardando l'amica.
"Non lo so. Puoi aspettare
per quella cosa che volevi dirmi?" chiese alla rossa.
"Oh, sì, certo, vai."
Lily
osservò l'amica camminare
lungo il corridoio per dirigersi verso le scale: l'ufficio della
preside era
nella torre più alta del castello. Sospirò.
Voleva raccontarle di quello che
era successo nello spogliatoio dello stadio e stavano andando in
biblioteca per
parlare, prima che quel primino le portasse il messaggio della
McGranitt.
Il bacio con Scorpius non l'aveva
premeditato. Davvero. Ma era rimasta così demoralizzata
quando lui le aveva
spiegato come funzionasse la Legilimanzia che quando aveva tirato fuori
l'argomento dell'intimità, aveva voluto provarci. E ora non
le interessava più
niente della Legilimanzia, ma non riusciva a smettere di pensare a
Scorpius.
Erano tornati indietro in silenzio senza dirsi niente e quando avevano
varcato
la soglia del castello, si erano ritrovati in mezzo agli altri
studenti, così
si erano salutati imbarazzati e si erano divisi.
Sperava che parlarne con Alice
l'avrebbe aiutata a fare un po' di chiarezza, ma lei ora se ne era
andata.
Sospirò ancora, mentre la guardava salire le scale che si
muovevano cambiando
direzione.
Alice avrebbe
imprecato, se
normalmente fosse stata sua abitudine: le scale si stavano spostando e
dalla
parte opposta a quella dove doveva andare lei.
Sbuffò quando l'ultimo gradino si
appoggiò al pianerottolo del quinto piano e, appena fu
stabile, corse lungo il
corridoio per cambiare strada e arrivare in una qualche maniera alla
torre.
Quando si rese conto di aver
sbagliato corridoio, sbuffò ancora e demoralizzata,
tornò indietro e imboccò
delle altre scale, sperando di fare presto. Non era mai stata chiamata
dalla
preside e quel 'subito' le metteva un po' di agitazione in corpo.
Dopo dieci minuti era un po' in
ansia, ma stava camminando frettolosamente lungo il corridoio
dell'ufficio,
notando da lontano la statua del vecchio Gargoyle e quando se lo
trovò di
fronte, Alice tentennò: il primino non le aveva detto la
parola d'ordine per
entrare.
"Ehm…" provò a dire,
quando il Gargoyle la guardò con il suo solito sguardo.
"Sono Alice
Paciock, la preside mi ha…" La statua incantata si
spostò, lasciando
libero il passaggio. "Oh, grazie" disse ancora, a nessuno visto che
il Gargoyle non la stava calcolando, dato che era una statua,
fondamentalmente.
Salì la lunga scala mobile e una
volta in cima, si trovò di fronte alla porta con il
batacchio. Alzò una mano
per bussare, ma questa si aprì da sola prima che lei dovesse
toccarla: la
stavano aspettando. Un po' di panico la prese: cos'era successo?
Quando entrò nel grande ufficio
circolare, notò subito la McGranitt seduta alla scrivania
che parlava con suo
padre. "Papà?" esclamò, sorpresa e un po'
spaventata. "È
successo qualcosa alla mamma? O a Frank?"
La preside alzò una mano e indicò
una delle sedie oltre il tavolo di marmo e Alice si avvicinò
per sedersi.
"No, Alice, a casa stanno
tutti bene."
"Si sieda, signorina
Paciock."
La voce della McGranitt era più
seria di quella di suo padre, che era serio, ma le lanciò un
sorriso
rassicurante. Alice annuì e si sedette.
Passò qualche minuto, ma nessuno
parlò. "Scusate… ma perché sono qui?
Cosa sta succedendo?"
Minerva
guardò l'orologio e
calcolò quanto tempo era passato da quando i ragazzi erano
stati avvisati.
Aveva apprezzato tantissimo la puntualità della signorina
Paciock, mentre
invece l'altra persona avvisata stava iniziando ad ammucchiare ritardo:
non le
piaceva per niente. Lanciò uno sguardo a Neville, che
annuì.
Neville
notò le occhiate che
Minerva lanciava all'orologio e sperò che il ragazzo non lo
stesse facendo
apposta. Sorrise ad Alice. "Stiamo aspettando anche un'altra persona,
Alice, appena arriverà, la preside McGranitt ci
spiegherà tutto". Sua
figlia annuì alle sue parole, ma poi chiese: "E chi altri
stiamo
aspettando?"
"Porti pazienza, signorina
Paciock, per cortesia" disse Minerva e Alice sussurrò un 'va
bene' a mezza
bocca. Neville capiva che era pensierosa, ma sapeva che
finché non fosse
arrivato Albus, la preside non avrebbe detto niente.
Alice si
sistemò meglio, un po'
maledicendosi per aver corso. Tanto valeva prendersela con calma.
Aspettarono
ancora cinque minuti e poi la porta si aprì ancora e la
ragazza si girò verso
l'uscio, troppo curiosa di sapere chi si fosse fatto attendere
così tanto dalla
preside. Trasalì e spalancò la bocca quando lo
riconobbe. "Al?"
Albus
entrò con passo lento e
strascicato nell'ufficio della McGranitt. Pensava di essere stato
chiamato
perché quell'idiota di Brown aveva fatto la spia e invece
non fu lui che si
trovò davanti nella piccola stanza circolare.
"Alice!?" esclamò,
stupito, guardando subito la preside e il professore di erbologia. Cosa
era
successo?
"Si sieda, signor
Potter" gli disse la McGranitt, indicando la sedia vuota accanto alla
ragazza. "Ha avuto problemi a trovare la strada per l'ufficio?" gli
chiese ancora e Al, senza accorgersene, fece una smorfia
così simile a un
sorriso che sembrò quasi dispiaciuto.
"Mi scusi, preside, ho
avuto… un contrattempo…" La sua voce suonava
falsa anche alle sue
orecchie, ma non sapeva cosa dire: quando il ragazzino lo aveva
chiamato,
dicendo che doveva presentarsi subito nell'ufficio della McGranitt,
aveva
pensato che Brown avesse fatto la spia e si era un po' inalberato,
così, su
consiglio di Ethan, aveva cercato di farsi passare il nervoso prima di
presentarsi nella torre. In quel momento, invece, pensava di aver fatto
un
errore.
Si sedette, mentre lanciava
un'occhiata ad Alice, ma lei scosse impercettibilmente le spalle, in un
gesto
che gli fece capire che neanche lei sapeva perché fossero
lì.
"Vi ho fatto
chiamare per la
questione 'tutor' delle lezioni di erbologia. È arrivata
voce, a me e al
professor Paciock, di un fatto un po' increscioso" iniziò
Minerva,
lanciando un'occhiata a Neville e lasciando a lui la parola.
Neville si
schiarì la voce, un
po' imbarazzato. "Sembra che, dopo che ho assegnato il compito di
seguirti
alla signorina Paciock, voi abbiate organizzato di appropriarvi di
nascosto di
una copia del compito in classe, per far passare la verifica al signor
Potter…" Guardò i due ragazzi che ricambiarono il
suo sguardo un po'
confusi. Si fidava di Alice e, anche se ultimamente era un po'
cambiato, anche
del figlio di Harry, ma loro dovevano verificare la
veridicità della voce prima
di portare avanti quel… progetto.
"Ma non
è vero!" Al
quasi scattò in piedi, spalancando gli occhi nervoso. Forse
l'ira per Brown
aveva solo cambiato strada.
"Si sieda, signor
Potter" gli intimò la McGranitt, con un'occhiata. Albus si
girò verso
Alice, ma lei non lo guardò, il suo sguardo era fisso, un
po' contratto, sui
due adulti.
Alice stava
pensando. Loro non
avevano parlato di copiare. Anzi, lei aveva detto chiaramente ad Albus
che
avrebbe dovuto studiare e che lei non gli avrebbe passato aiuti, ma gli
avrebbe
dato una mano con la comprensione. Sì, era stato l'unico
momento in cui avevano
parlato di una cosa del genere. O lui si era dato delle arie con i suoi
amici,
dicendo che non avrebbe dovuto fare niente e che lei gli avrebbe
passato tutti
i compiti, pensò, lanciandogli un'occhiata di sbieco, oppure
qualcuno lo aveva
detto in giro o alla preside per creare loro dei problemi.
Gli unici momenti in cui avevano
parlato delle lezioni, beh, che avevano parlato e basta, alla fine, non
si
erano visti per altro, era stato nella sala dei prefetti, per la ronda,
la sera
prima, dove poi si erano divisi perché lei aveva fatto il
giro di ispezione con
Towlor e quando fuori dalla biblioteca lui le aveva proposto quella
cosa
assurda del premio. Cercò di non fermarsi a pensare al
premio che lui aveva
proposto e di continuare a pensare chi poteva sapere della cosa a parte
loro e
suo padre.
Il nome della Montague le venne
in mente quando si ricordò perché avesse
rifiutato la proposta di uscire
insieme. Lei doveva essere lì ad ascoltare e qualcosa
suggeriva ad Alice che
non le piacesse molto il fatto che Albus l'avesse lasciata per correrle
dietro.
Un sorrisetto comparve sulle sue labbra allo stesso pensiero, ma poi
cercò di
pensare a qualcosa per salvare gli studi dell'amico. E, a giudicare da
quello
che stavano dicendo lui e gli insegnanti, non se la stava cavando bene.
Albus non
riusciva a crederci!
Loro non gli credevano! "Chi è stato a dire una cosa del
genere? È una
bugia! Noi non abbiamo mai pensato di farlo!" Anzi, pensò,
Alice era stata
chiara, non gli avrebbe dato cose da copiare: lui avrebbe dovuto
studiare. E ad
Albus andava bene.
Mentre tentava di scoprire chi
fosse stato, sbuffò all'ennesimo "Non si preoccupi di
questo, Potter"
della McGranitt e si voltò verso la ragazza per capire
perché non avesse ancora
detto niente: a lei non interessava che li accusassero così?
Ma Alice effettivamente sembrava
da un'altra parte: continuava a guardarli senza dire niente e a
lasciare a lui
tutto il lavoro. Si innervosì e si mosse sulla sedia facendo
stridere le gambe
sul pavimento.
"Non ci interessa sapere chi
è stato" disse improvvisamente la ragazza. Non
alzò la voce, ma arrivò
chiarissima a tutti e tre. Cosa? Cosa stava dicendo? Un po' agitato,
Albus si
mosse ancora. Certo che a lui interessava sapere chi era stato! Lei gli
lanciò
un'occhiata strana, ma poi si girò ancora verso la preside.
"Se ci avete chiamato è
perché avrete preso una decisione, immagino. È
abbastanza scontato che noi
negassimo le accuse, siano esse vere o false, quindi non è
per sapere la nostra
opinione in merito che siamo qui, giusto?"
Come?
"Ma dobbiamo sapere chi l'ha
detto!" sussurrò lui, girando il viso, solo per lei. Per
fortuna quel
tavolo era così grande che riuscì a non farsi
sentire da Neville e dalla
McGranitt.
"È stata la Montague di
sicuro, ma non dirlo ad alta voce, non ci aiuterebbe"
mormorò Alice,
tirandosi su e appoggiandosi dritta sullo schienale. Improvvisamente
più sicura
di sé, sorrise e anche Albus rimase colpito.
"Effettivamente
siete qui
perché ci sembra il caso di annullare questa cooperazione.
In fin dei conti il
signor Potter è all'ultimo anno, mentre lei, signorina
Paciock…"
"Come mio padre sa già,
altrimenti non mi avrebbe proposto come tutor, preside McGranitt,
conosco
perfettamente il programma del settimo anno e sono in grado di aiutare
chiunque
nel preparare un compito in classe senza copiare niente."
"Sì, questo lo sappiamo,
ma…"
Alice fece una smorfia e, prima
che suo padre continuasse chiese: "Quindi il fatto che abbiamo
già fatto
un piano di studi, per cui abbiamo perso tempo e che dimostra la nostra
buona
fede, cadrà sotto la bacchetta di una voce di corridoio non
dimostrabile?"
Guardò negli occhi la preside e
questa alzò un sopracciglio. "Avete organizzato
già gli studi?"
"Beh, se avessimo voluto
copiare, effettivamente, non ci sarebbe servito, no? Ho anche
consigliato
a…" si voltò verso Albus, indecisa su come
chiamarlo, "al signor
Potter di prendere dei libri dalla biblioteca per approfondire la parte
sulle
malattie delle piante, che è uno dei temi del compito in
classe, ma che è noto
a tutti. Mostra il biglietto che ti ho dato alla preside, per favore."
Albus
iniziò a capire e sorrise.
"Ho il libro proprio qui, l'ho preso poco fa, ero in biblioteca quando
sono stato convocato qui, preside…" Tirò fuori
dalla borsa il libro in
questione, che aveva preso prima di pranzo e lo appoggiò sul
piano per
mostrarlo. Magari il fatto di aver detto che era in biblioteca, lo
avrebbe
esonerato da un rimprovero successivo.
"Lo hai già preso?" gli
chiese lei, stupita e, per un attimo, Albus pensò che lo
fosse davvero, perché
il suo atteggiamento era leggermente diverso da prima.
"Sì. Ti ho detto che avrei
preso la cosa sul serio. Ci tengo a prendere 'eccezionale', sai?" le
spiegò, ammiccando e abbassando la voce sulla seconda parte.
Sorrise quando
vide il rossore salirle al viso.
Alice si
voltò quasi di nascosto dopo
le sue parole e notò che suo padre aveva preso in mano il
libro, mostrandolo
alla McGranitt.
Quando l'uomo tese il libro ad
Albus, lanciò un sorriso nella sua direzione. Stranamente,
Alice pensò che
fosse una sorta di premio, qualcosa per cui lui le stesse dicendo che
era stata
brava e si era comportata bene.
"Magari potremmo leggerlo
insieme" le disse e Alice alzò tutte e due le sopracciglia,
mentre un'idea
le veniva in mente.
"Effettivamente perché
dovremmo cancellare le lezioni da tutor quando noi potremmo comunque
studiare
insieme? Ci vieterete anche quello?"
"Alice!" La voce di suo
padre e la ragazza sorrise, quasi ghignò.
"Preside McGranitt, questa è
la bozza del piano di studi a cui avevo pensato. Logicamente non
pensavo di
doverne fare una bella copia…"
Albus
osservò Alice che, ignorando
il padre, prese dalla borsa dei libri una pergamena piegata e la
aprì,
consegnandola alla preside che la lesse e poi gliela ridiede.
"Ma se volete comunque
annullare lo studio, possiamo capire. È più
facile sostenere qualcosa in cui
credono tutti che dimostrare che non è così.
Penso che tuo padre abbia detto
una cosa del genere una volta che sono venuta a cena, Al, giusto?"
chiese
alla fine, girandosi verso di lui.
Albus non sapeva se ridere o
essere preoccupato. Lei si stava riferendo a più di
vent'anni prima, quando suo
padre, Harry Potter, aveva detto che Voldemort era tornato e siccome
nessuno
gli credeva, si tendeva ad additarlo come bugiardo invece che ammettere
che
potesse avere ragione.
"Alice, adesso…" Albus
pensò che Neville potesse avere un infarto lì, a
Hogwarts, nell'ufficio della preside:
il suo viso era tutto rosso e goccioline di sudore gli contornavano la
fronte.
"Non si preoccupi, professor
Paciock, ho capito cosa intende la signorina. Propongo di lasciare che
i
ragazzi portino avanti il progetto" iniziò a dire la
McGranitt, il suo
viso era molto strano, come se fosse disteso, tranquillo e non la
solita
maschera rigida con cui dava ordini e punizioni. Ad Albus venne quasi
il dubbio
che stesse sorridendo.
"Grazie, preside McGranitt"
disse Alice, con un cenno del capo, ma poi lanciò a suo
padre uno sguardo
vittorioso e Albus vide la preside cambiare espressione.
"In questo caso però, vedrò
di essere presente al compito in classe, così da assicurarmi
che non ci siano
infrazioni alle regole."
Come? Albus strabuzzò gli occhi:
la preside sarebbe stata presente al suo compito in classe? Per tutti i
Gargoyle!
"Grazie mille,
allora,
preside. Possiamo andare adesso?" Alice appoggiò le mani sui
braccioli e
fece il gesto di alzarsi. Lo fece per nascondere il fatto che le mani
avevano
iniziato a tremare e non voleva che nessuno se ne accorgesse. Il cuore
aveva
iniziato a batterle fortissimo appena aveva iniziato a parlare con la
preside e
a sostenere la sua causa. Pensava che non fosse giusto che volessero
far
saltare il programma di tutor, perché avrebbe significato
che l'accusa della
Montague, perché era sicurissima che fosse stata lei, fosse
vera e le dava
tremendamente fastidio.
Albus si
alzò appena la preside
fece un cenno con il capo e prese la ragazza per un braccio, salutando
velocemente e trascinandola fuori.
"È
diventata coraggiosa come
te" disse Minerva, sorridendo e voltando il viso verso Neville, appena
la
porta si chiuse alle spalle dei ragazzi.
"È diventata
maleducata!" esclamò il professore e la preside gli
appoggiò una mano sul
braccio a mo' di carezza, ma senza muoverla.
"Questa generazione è
abituata a difendere i propri principi e le proprie idee. A volte
esagerano, ma
ti assicuro che non ha esagerato, Neville" lo rassicurò.
"Non riesco più a tenerla,
discutiamo tutti i giorni. Lei è così…"
"Sai chi mi ricorda?"
lo interruppe Minerva, guardandolo con uno sguardo a metà
fra il triste e il malinconico.
Neville si
spostò e fece un passo
verso la finestra, guardando fuori. "Non lo dire, Minerva, non lo dire,
per favore! Non sai quante volte me lo ha detto anche mia nonna?"
"Devi essere orgoglioso,
Neville, porta il suo nome e lo fa con onore."
Alice assomigliava a sua madre,
Alice Paciock. E, a quanto pare, aveva il suo stesso temperamento e
riusciva a
mandarlo in tilt. Non c'erano riusciti i Carrow, non c'era riuscito
Piton, né
Voldemort quando gli aveva riso in faccia. Ma sua figlia ci riusciva
alla
perfezione. Sospirò.
"Lasciaglielo fare. È la sua
strada" la difese ancora Minerva.
"No."
"L'avrai sempre contro se
non la lascerai libera."
"Non mi interessa, non farà
l'Auror…"
Minerva si alzò e lo raggiunse.
"Così la perderai, Neville…"
Neville gonfiò il petto, proprio
come davanti a Voldemort, quando aveva decapitato Nagini. "Potrei
perderla
comunque…" disse ancora, infilando una mano in tasca ed
estraendo la carta
violacea e leggermente trasparente di una Bolla Bollente mentre i suoi
occhi si
riempivano di lacrime.
Alice
riuscì a mantenere una
velocità normale fino al Gargoyle, poi non riuscì
più a resistere e, lungo il
corridoio che portava alle scale, scoppiò a ridere mentre
saltellava. "Per
Godric, per Godric!" Ridacchiò ancora, un po' isterica,
forse, con la mano
davanti alla bocca.
"Per le scarpe sporche di
Merlino, Al, hai sentito cosa ho detto nell'ufficio della preside? Non
le avevo
mai parlato così!"
Il suo cuore continuava a battere
fortissimo, ma una strana sensazione, a cui non riusciva a dare un
nome, iniziò
a riempirle il petto. Un misto di gioia, emozione, adrenalina e quella
che
doveva essere un po' di sconsideratezza, iniziarono a farla tremare,
mentre
ancora rideva.
Albus
guardò la ragazza
sorridendo: era forse isterica, forse rideva troppo, forse esaltata, ma
era
bellissima da vedere, uno spettacolo incredibile.
"Mi hai incasinato il
compito di erbologia! Ecco cosa hai fatto! La preside sarà
lì a controllare
ogni mia mossa, pronta a segnarsi ogni mio errore…" Un po'
nervoso anche
lui, ridacchiò inquieto.
"E invece no! Ti preparerò
così bene che non potrà dire niente,
perché non farai neanche un errore!"
Lei era ancora esaltata, mentre gli puntava il dito verso il petto e
rideva: i
suoi occhi brillavano e Albus desiderò soltanto che fosse
tutto vero.
"E mi farai prendere il
massimo dei voti?" osò, vedendola così carica,
alzando un sopracciglio.
"Prenderai 'eccellente'! E
sai perché?" stava dicendo, prima di voltarsi e indicare il
punto dove le
scale erano poco prima posate sul pianerottolo. "No, le scale! Se ne
stanno andando…" No, no, Albus voleva sapere!
Osservò la ragazza che
guardava desolata le scale, così prese una decisione su due
piedi, le prese la
mano ed esclamò: "Corri!"
Alice
spalancò gli occhi e si
lasciò trascinare in quella che pensò, ma solo
per un momento, fosse una
pazzia. Iniziò a correre verso le scale che si stavano
allontanando sempre di
più, con la mano stretta fra le dita del fratello della sua
migliore amica e
rise.
"Salta!" Quando il
pianerottolo finì, ma prima che si creasse la ringhiera,
Albus saltò, tirandola
per il braccio e incitandola: Alice non ci pensò neanche su
e si lanciò anche
lei.
Albus
atterrò sul primo scalino
della scala e riuscì a piantare bene i piedi per rimanere in
equilibrio, perché
non era la prima volta che lo faceva, ma sapeva che lei non lo aveva
mai fatto
e, per non farle avere problemi, cercò di voltarsi appena in
tempo, prima che
Alice gli finisse addosso.
Il cuore di
Alice stava facendo
gli straordinari e lei pensò per un momento che le fosse
scoppiato e lei stesse
morendo. Ma la morte era così calda... E morbida…
E profumava di menta e fiori
d'arancio! Fiori d'arancio?
Aprì gli occhi e si accorse di
essere fra le braccia di Abus.
"Albus, scusa, io…"
"Sh…" le intimò lui,
stringendola un po' di più, fino a quando con un leggero
tremolio le scale si
agganciarono a un altro pianerottolo.
Lui fece un passo di lato, ma
senza lasciarla e lei dovette seguirlo.
"Stai bene?" le chiese,
appena ebbero posato di nuovo i piedi su un lungo corridoio fermo e non
su uno
stretto gradino che si muoveva nell'aria senza protezione.
"Non lo avevo mai
fatto!" Spalancò di nuovo gli occhi, annuendo e osservando
le scale che
ora, forse troppo stanche, riposavano ferme immobili, come se non si
fossero
mai spostate.
Quando si spostò da lui, sentì
subito la mancanza di quel calore che l'aveva protetta poco prima.
"Deve essere la
giornata
delle prime volte, allora" disse Albus, con un sorriso, continuando a
guardarla.
"È stato… Merlino, è
stato…"
"Fantastico?" tentò di
aiutarla lui.
"Eccitante" rispose
lei, mentre il viso le si colorava di nuovo di rosa.
Alice si sentiva molto accaldata."Penso
che sverrò" gli confidò.
"Per quello che hai detto
alla preside o per il salto?"
Lei rise, mentre iniziavano a
camminare lungo il corridoio, cercando di capire dove fossero. "Per
tutti
e due immagino".
"Così pensi che prenderò
'eccezionale'?" le chiese e Alice sentì di nuovo calore al
viso. Ma era in
quello stato così sconosciuto che decise di fare una pazzia.
"Lo
spero" gli confidò.
"Perché ti sei esposta con
la McGranitt e tuo padre?" insistette lui. Ma Alice non
riuscì a dirgli
che voleva il premio, in quel momento, e per non rovinare tutto, scosse
le
spalle.
Dopo qualche minuto di silenzio, Albus
ruppe il silenzio. "Cosa è successo con tuo padre?" Come?
Cosa?
"Hai discusso con tuo padre già ieri, nella serra. Oggi non
avevate
finito" le disse, probabilmente le aveva letto in faccia che stava
facendo
finta di niente.
Alice decise di non mentire.
"Sì, è vero…"
Albus
capì che lei era un po'
restia a parlare, ma ora voleva sapere. "Ehi, dimmelo! Fra dieci giorni
dovrò sostenere un esame per cui non sono per niente
preparato mentre la
preside mi scruterà in cerca di ogni mossa falsa, puoi
confidarti con me!"
Lei lo guardò e proprio quando Al
pensò che si sarebbe negata, annuì. "Abbiamo
discusso perché gli ho detto
che voglio fare l'Auror…"
"Bello!" esclamò. Suo
padre aveva iniziato come Auror e ora era a capo di quella sezione del
ministero. Ne parlava sempre con orgoglio e anche sua madre aveva molto
rispetto per quella professione.
"Lui non la pensa così. Per
via dei miei… dei suoi…" Merlino! Si era scordato
dei genitori di Neville!
Albus avrebbe voluto battersi una mano sulla fronte.
"Oh…."
"Già." Lei non lo
guardò ancora.
"È un bel casino, eh?"
"Già" ripeté ancora,
sospirando.
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