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Autore: ONLYKORINE    15/01/2022    1 recensioni
Lisa torna a Springfield dopo la laurea in veterinaria, non è contentissima, perché non le piace tanto la sua città. Avrebbe preferito passare l'estate, come tutte le altre, a Cambridge, dove ha frequentato il college.
Tornando a casa incontra vecchie conoscenti, nuovi amici, ex fidanzati e si rende conto di non aver un gran rapporto con i suoi fratelli. Per fortuna sarà solo un'estate.
(LisaxNelson)
Prometto di cambiare la trama con una migliore. Prometto prometto.
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bart Simpson, Lisa Simpson, Nelson Muntz, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Incomprensioni

Incomprensioni

“Certo che Calvin è veloce.”
Lisa osservava i movimenti dell’escavatore e dovette ammettere che quel tipo odioso era veramente bravo nel suo lavoro. Nelson la raggiunse sotto al portico, bevendo un sorso dalla sua tazza di caffè. “Ho chiamato lui anche per questo. È un amico di Trevor”.
Lisa annuì e abbassò lo sguardo sulla sua tazza. “Mi dispiace di essere arrivata qui e aver pensato che…”
“Volevo liberarmi di tutto questo da un po’, ma ho dovuto aspettare. Le autorizzazioni, il denaro… Dava fastidio anche a me. Non è che volessi allevare ratti…” la interruppe lui e Lisa apprezzò che non le avesse fatto finire la frase.
Il ragno meccanico accartocciò una carcassa, la fece sparire nel cassone di un camion e, quando la lasciò cadere, il terreno tremò. Lisa sobbalzò e pensò al suo sax, al sicuro nella custodia sopra il letto di Nelson. Si era sentita molto in imbarazzo quando gli aveva chiesto se poteva metterla sul materasso, ma lui non si era fatto problemi e aveva alzato le spalle, indicandole una stanza.
Così Lisa era entrata nella camera da letto di un ragazzo che non era suo fratello e che non frequentava il suo dormitorio, per la prima volta. Si era guardata intorno affamata di particolari e aveva guardato quel letto, più grande di quello che lei aveva in camera, chiedendosi un sacco di cose. Aveva notato che il letto non era stato rifatto, ma che era ancora in ordine per metà e questo voleva dire che Nelson aveva dormito da solo. Si era pentita subito per averlo pensato e aveva tirato la coperta a coprire tutto, materasso e pensieri scottanti e ci aveva appoggiato sopra la custodia del sax.
Nelson era venuto a cercarla quando si era persa a guardare fuori dalla finestra aperta che dava sul giardino posteriore e lei si era, di nuovo, sentita una ficcanaso.
Il suo caffè, ormai freddo, non le era mai sembrato così interessante come in quel momento. Quando Batman le venne vicino, allungò meccanicamente la mano e accarezzò il cane come se fosse suo e lo conoscesse da una vita.

 

Nelson osservava la ragazza con la coda dell’occhio. Era una situazione strana. Lei era arrivata lì e sembrava aver messo radici. Quando aveva capito che non sarebbe potuta andare via finché Calvin e gli altri non avessero fatto la pausa per il pranzo non aveva detto niente, ma aveva messo il sax in camera sua e aveva girato per casa come un gatto che controllava un nuovo territorio. E ora, come un gatto, si arruffianava il cane. E la cosa più strana era che a Nelson non dava per niente fastidio.
Non desiderava che andasse via, ma non riusciva a capire come mai si fosse presentata lì, tentando di fermare l’escavatore come la leader di qualche gruppo green che impediva il disboscamento. Era una cosa che Nelson si immaginava tranquillamente: Lisa avrebbe potuto farlo benissimo, soltanto, non avrebbe mai pensato che avrebbe difeso lui. Visto che non ce n’era bisogno.
Avevano chiacchierato un po’ e, anche se all’inizio era stato un po’ forzato, la loro conversazione era poi diventata naturale, come se non avessero smesso mai di frequentarsi e fossero sempre stati amici. A Nelson non era dispiaciuto per niente, ma che lei fosse una persona interessante, lui lo sapeva già.
“Cosa ci farai quando sarà tutto vuoto?” La voce della ragazza lo distolse dai suoi pensieri e Nelson si girò verso di lei alzando le spalle.
“Ancora non lo so. Trevor dice che una volta ripulito il terreno si potrebbe coltivare. Ma non sono convinto. Faccio fatica anche a seguire l’orto…”
“Hai un orto?” esclamò Lisa, subito incuriosita.
Nelson rise e si grattò il retro della nuca.

 

“Sì, ma ho poco tempo, quindi non è molto grande. È sul retro” spiegò, indicando con il pollice l’abitazione dietro di lui.
Lisa si voltò verso la porta aperta e guardò oltre al corridoio che portava alla camera da letto. “Il giardino che si vede dalla tua camera? Posso vederlo?” Per un attimo Nelson pensò cose sbagliate. Troppo sbagliate.
Quando Lisa inclinò la testa, in attesa, si rese conto di non aver risposto. “Sì, sì.  Ma come dicevo non è un…” si interruppe e mosse il braccio per invitare la ragazza a entrare in casa. Una volta si poteva passare anche girando intorno all’abitazione, ma Nelson aveva chiuso il giardino con una rete quando si era trovato i ratti sul prato. Sperava di poter togliere tutto una volta vuotato il cimitero delle macchine.

 

Quando Lisa si avvicinò alla porta, Batman, che si era accucciato ai suoi piedi, si alzò di corsa e le passò vicino per superarla ed entrare in casa prima di lei. La ragazza vacillò e, se non fosse stato per la mano di Nelson che l’aveva afferrata per un braccio, sicuramente sarebbe caduta.
“Stavolta ho fatto in tempo” disse, lasciandola andare così velocemente che Lisa pensò si fosse scottato.
“Mi faccio sempre fregare. Non è carino che una veterinaria si faccia mettere le zampe in testa dai suoi pazienti, eh?” cercò di scherzare lei quando vide che il ragazzo si era fatto serio.
“È che pensa che stiamo andando in cucina. Guarda…” Il viso di Nelson si distese e si girò verso l’abitazione, dove il cane attendeva in corridoio, aspettandoli. “Batman, lo vuoi un biscotto?” A quelle parole Batman scodinzolò e tornò indietro qualche passo verso la cucina, fermandosi davanti all’entrata e abbagliando verso di loro.
Lisa sorrise alle feste che il cane stava facendo per un biscotto e, insieme, entrarono in casa. In cucina Nelson prese un contenitore di metallo, sfilò un biscotto e lo fece vedere al cane, che si sedette, in attesa. Quando il ragazzo glielo lanciò, Batman lo prese al volo.
“Vuoi?” le chiese, porgendole il contenitore, mentre con l’altra mano ne aveva preso uno anche lui.
“Biscotti per cani?”
“No, biscotti per tutti” rispose, mangiando il suo biscotto.
“Non dovresti dare a Batman i biscotti che mangi tu. Sono pieni di zucchero e conservanti e…”
Nelson ritirò il braccio e fece un sorriso strano, alzando un sopracciglio.
“Non hanno conservanti. E non ci metto tanto zucchero. Batman ha sempre mangiato i biscotti, basta non esagerare.”
Lisa lo sentì chiaramente dire a bassa voce ‘saputella’, ma il suo tono la fece sorridere invece di farla arrabbiare. “Fai tu i biscotti?”

 

Nelson alzò le spalle. Pensò che la sua domanda avesse un altro scopo in quanto gliela aveva fatta subito dopo la sua frecciatina. “Perché?”
“Non pensavo cucinassi” fu la risposta della ragazza, che continuava a guardarlo in un modo strano.
“Mangio, quindi cucino”. Nelson alzò le spalle, non capendo dove lei volesse arrivare.
“Giusto. Giusto. Immagino che funzioni così.”
Nelson la guardò incuriosito. “Tu non cucini?”
Lei scosse le spalle. “Non mi fa impazzire”.
“Ecco perché sei così. Mangia un biscotto che ti fa bene.”

 

Lisa allungò la mano verso la scatola di metallo che lui le porgeva senza neanche accorgersene. Cosa intendeva? “Così come?” chiese, guardando il biscotto che aveva in mano.
Uno degli operai gridò il nome di Nelson per chiamarlo fuori e lui uscì dalla cucina, seguito da Batman che abbaiava, lasciandola lì da sola, con un biscotto, una tazza di caffè freddo e una domanda senza risposta in testa.
Quando sentì le voci del ragazzo e degli altri operai, si rassegnò e mangiò il biscotto, facendo due passi per uscire dalla cucina. Ma, dopo il primo morso, tornò indietro e prese un altro biscotto dalla scatola prima di uscire.

 

Nelson tornò in casa e attraversò l’abitazione fino ad arrivare sul retro. Lisa era lì sotto il portico e guardava verso il recinto dell’orto.
“Sono buonissimi” disse lei, alzando una mano e mostrando un pezzo di pasta frolla. Il ragazzo non rispose, ma si avvicinò. “E qui è bellissimo. Non lo avrei mai detto…”
Nelson sbuffò. “Già, non lo direbbe nessuno”.
“Non intendevo offenderti.”
Stavolta il ragazzo rise. “Questa volta no?”
“No. Lo farò la prossima!” Sorrise, camminò nel prato, si guardò intorno e poi si avvicinò al piccolo orto. Lui la raggiunse e rimasero a parlare un po’. Nelson si sentiva così bene che si dimenticò anche di Calvin e gli altri. Batman correva dietro agli uccelli e portava la sua pallina a Lisa che lei gli lanciava lontano rendendolo un cane felice.
Quando gli sembrò che il tempo non sarebbe potuto essere più bello di così, Lisa sospirò. “Dici che andranno in pausa, adesso? Dovrei proprio andare…”
E Nelson si sentì un po’ perso.

 

“Sì, sì, penso che ormai sia ora.”
Lisa si era sentita una guastafeste a rovinare così quel momento. Sarebbe rimasta lì per sempre, ma aveva detto la verità, si era fatto tardi e doveva proprio andare.
Tornarono dentro casa e Lisa passò a prendere il sax.
Aprì la custodia, staccò tutte le protezioni e lo guardò: sembrava tornato a posto. Guardò fuori dalla finestra, dove Batman correva ancora dietro ai passerotti che gli tendevano trappole senza mai farsi prendere e, senza neanche pensarci, chiuse gli occhi, infilò il bocchino e lo avvicinò alle labbra.

 

Lisa non era più uscita, proprio come quando aveva portato il sax in camera. Nelson tornò in casa per dirle che Calvin aveva deciso di fare la pausa e si bloccò quando sentì la musica.
Camminò lentamente verso la sua camera, come se il fatto di arrivarci velocemente potesse cambiare la sensazione del suono che sentiva e si avvicinò senza fare rumore alla porta della stanza da cui proveniva la musica.
Lisa aveva gli occhi chiusi e il suo corpo dondolava seguendo lo strumento, cullato dalla melodia. Nelson non riusciva a staccare lo sguardo. Lei era ipnotica. E dannatamente bella.
Rimase lì a guardarla per qualche giorno o mesi d’estate, con il calore del sole sulle spalle e consapevolezza di non voler mai andarsene da quella sensazione. Ma in verità furono una manciata di minuti. Una decina, forse, in cui il tempo si era fermato e il cuore aveva iniziato a rimbombare ritmicamente come le onde di un mare agitato sugli scogli.
Nelson toccò senza volere la maniglia della porta, questa cigolò e lei si fermò, interrotta da quel rumore, girandosi verso di lui.

 

“Scusa… Io…” cercò di scusarsi lei, avvicinandosi al letto e rimettendo il sax nella custodia. Non doveva mettersi a suonare lì. Si accorse di non aver smontato il bocchino ma, imbarazzata, pensò di farlo una volta rimasta sola. Doveva andarsene. Non avrebbe dovuto farlo.
“È stato…” disse invece lui, come se fosse incredulo, scuotendo la testa.
“Devo andare.”
Nelson non disse niente, per fortuna, mentre lei gli passava accanto con la custodia e raggiungeva il corridoio. Non riusciva a suonare da tanto tempo e l’unico posto dove era riuscita a mettere insieme qualcosa era la stanza di Nelson Mutz? Lisa pensò di avere qualcosa che non andasse. Qualcosa che non funzionava a dovere. Non poteva esserci un’altra spiegazione. Non poteva essere diversamente.

 

Nelson vide Lisa scappare via e la raggiunse prima che uscisse dalla porta. Se ne stava andando perché l’aveva interrotta? Doveva scusarsi?
“Lisa…” la chiamò, mentre uscivano insieme dall’abitazione.
“Scusami davvero. Non so cosa mi sia preso.”
“Non…”
La ragazza mise la custodia del sax in macchina e ci girò intorno per raggiungere il lato guida. “Devo andare”.
Nelson rimase a guardarla mentre cercava le chiavi della macchina e poi, non sapendo bene che dire per non lasciarla andare, propose: “La settimana prossima è il compleanno di Ellie. Facciamo un barbeque. Magari potresti venire anche…”
Lisa lo interruppe quando mise in moto. “Non mangio carne, Nelson, sono vegetariana”. Lui la guardò andare via, lungo lo stradello che portava al cancello, pensando che finché erano rimasti in giardino era andato tutto bene e invece ora lei era proprio scappata, e si sentì un idiota. Un idiota a cui avevano appena dato picche.

 

***

“Tutto bene, Lisa?” le chiese Marge quando tornò a casa.
Lisa era nervosa perché aveva preso due volte il marciapiede venendo via da casa di Nelson e le tremavano ancora le mani per ciò che aveva fatto.
Nervosa per ciò che era successo e per quello che lei aveva risposto al ragazzo quando l’aveva invitata al compleanno di Ellie, si rivolse alla madre con più durezza di quanto meritasse.
“Se non mi avessi prosciugato il sax, andrebbe molto meglio!” esclamò, salendo le scale con rabbia, reggendo il peso della custodia dello strumento.

 

“Come?” chiese Marge alla schiena di Lisa, che non le rispose, e si voltò verso Homer, in cucina davanti alla porta del frigorifero aperta.
Lui alzò le spalle e la moglie sospirò. Poi guardò di nuovo le scale e poi la cucina. Si tolse il grembiule che le copriva il vestito e lo appoggiò sul primo pomolo del corrimano e iniziò a salire i gradini, per raggiungere la figlia.
“Lisa…” Marge bussò allo stipite della porta e la socchiuse per mettere la testa dentro la camera della figlia. “Lisa…”
La donna vide la ragazza seduta alla scrivania, davanti al pc ancora chiuso; il sax riposava nella sua custodia appoggiata sul letto.

 

Lisa si voltò verso la madre e sospirò. “Mamma… Volevo videochiamare Kristen, ti dispiace?” disse, aprendo il coperchio del pc e schiacciando il tasto di accensione.
La donna entrò nella stanza e si avvicinò a lei. “Lisa, mi dispiace tantissimo per il sax, mi sono dimenticata. Si è… rotto definitivamente?”
Lei sbuffò e girò sulla sedia con le rotelle: sapeva che sua madre non lo aveva fatto apposta. “No, mamma, non preoccuparti. Ora il sax funziona bene”. Il pensiero che fosse riuscita a suonare solo a casa di Nelson, ancora, la fece vibrare di vergogna. Ma perché, poi? Non era stata colpa sua. Ma il fatto che fosse successo, che lui avesse dovuto andare in camera a cercarla perché lei aveva perso il senso del tempo, la faceva fremere di imbarazzo.
“Sono contenta, allora”. Marge sorrise e si sedette in fondo al letto, girata verso di lei. “Allora cos’è che ti rende così… inquieta?”
Lisa scosse le spalle. Non lo sapeva neanche lei, come poteva spiegarlo a qualcun altro?

 

Marge allungò una mano alla testa della figlia. “Oh, tesoro, sono questioni d’amore?”
Ma Lisa si scrollò dal suo contatto. “Mamma, non c’è solo quello, sai? Ci sono anche altre cose…”
“Ma non hai altri problemi, Lisa. Ti sei laureata, non ti manca il lavoro e andrai a fare il mestiere che desideri, stai bene di salute, cosa vorresti di più? È solo l’amore che ti manca. Forse pensi ancora a Richard?”

 

Lisa sbuffò forte. Aveva raccontato di Richard alla madre solo perché continuava a farle domande pressanti sui ragazzi. E lei con Richard non c’era neanche stata, erano soltanto usciti insieme tre volte. “Mamma, non mi interessano i ragazzi adesso, ho intenzione di puntare su di me. Voglio fare un percorso ben studiato e riuscire a prendere il master in…”
“Ma non starai esagerando, Lisa? La perfezione non esiste… E poi non è che il tempo si fermi, lo sai, vero? Fra un po’ ti ritroverai a rimpiangere…”
“Mamma! Basta con queste cazzate! Si può essere felici anche senza sposarsi e avere figli, sai?”
Sua madre fece un verso strano con la bocca e poi si alzò, probabilmente quando capì che lei era molto arrabbiata.
“Ma si può essere felici da soli?”
Lisa si voltò quando sul pc apparve il desktop e disse alla madre che aveva bisogno di rimanere da sola.

 

Marge uscì dalla stanza e sua figlia non si girò a salutarla.
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