Anime & Manga > City Hunter/Angel Heart
Segui la storia  |       
Autore: EleWar    16/01/2022    14 recensioni
Cosa c'è di più bello che essere romanticamente corteggiate? E per Kaori è giunta finalmente l'ora!
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Nuovo personaggio, Ryo Saeba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ed eccoci al secondo ed ultimo capitolo di questa storiella. Grazie per la vostra simpatia, e per l’interesse che sempre mettete nelle recensioni, nella lettura silenziosa di cui però rimane cmq traccia. Insomma GRAZIE di tutto *.*
Spero che vi piaccia anche il finale.
A presto
Eleonora

 
 
 
Cap. 2 - L’appuntamento
 
 
Due giorni prima della data della partenza di Aki, Kaori, tornando stanca morta da una giornata passata con Ryo inseguendo un criminale, con tanto di sparatoria e scazzottata, trovò l’ennesimo bigliettino sul tappetino d’entrata.
In quel preciso momento c’era anche Ryo, al quale non sfuggì l’espressione della socia che, nonostante fosse sfinita, si illuminò all’istante riconoscendo la carta familiare e la grafia precisa e spigolosa del misterioso ammiratore.
Kaori si chinò sullo zerbino e, dopo aver afferrato il cartoncino fra le mani, rialzandosi si lasciò sfuggire un lamento; istintivamente si portò una mano alla parte dolorante.
Anche Ryo fece una smorfia, ma non disse nulla.
Kaori non seppe dire se perché fosse geloso del corteggiatore o perché lei si era fatta male.
Quel giorno, infatti, aveva battuto violentemente la schiena su una ringhiera di ferro per schivare un montante che il malvivente di turno voleva sferrarle e, rinculando all’indietro, si era trovata a scontrarsi contro quell’ostacolo imprevisto, e il socio lo sapeva.
 
Quando la partner esclamò “Addirittura?” Ryo s’incuriosì: evidentemente non era la solita poesiola, o la solita frasetta ricca di complimenti ammirati, ma qualcosa di più; e lui moriva dalla voglia di sapere di cosa si trattasse.
Si morse la lingua, però, pur di non fare domande, visto che per orgoglio non le avrebbe chiesto niente nemmeno sotto tortura; e fu dannatamente fortunato, perché Kaori, interpellandolo, gli disse:
 
“Hai capito? Il mio ammiratore segreto, alla richiesta di sapere chi fosse, ha risposto che se voglio conoscerlo devo andare domani alle quattro al parco Shinjuku Gyoen. Guarda!” e la socia gli porse il bigliettino, con tanto di mappa schizzata a matita su cui era indicato il punto d’incontro.
Quello era notoriamente il parco più grande e più ricco di ciliegi della città ed era facile perdersi senza un punto di riferimento.
Era, inoltre, il luogo perfetto per un incontro romantico, poiché era il periodo di massima fioritura degli alberi, quindi il tipo faceva decisamente sul serio.
 
Ryo si rabbuiò, ma non disse nulla.
Non poteva impedirle di andare, nemmeno adducendo la scusa che fosse un luogo pericoloso.
Erano appena tornati da una missione, per fortuna conclusasi bene a parte qualche ammaccatura, e Kaori era notoriamente più in pericolo accanto a lui che a passeggio come una normale giovane donna quale era, in uno spettacolare parco fiorito, inseguendo un sogno d’amore.
Non la stava già forse troppo sacrificando, tenendola legata a sé, per dissuaderla, o peggio proibirle di andare?
 
Kaori, accorgendosi dell’insolito mutismo del collega, gli andò incontro e, strizzandogli le guance con le mani, gli disse:
 
“Caro il mio gelosone! Dai non preoccuparti, che prima di uscire ti lascio la cena pronta e starò via poche ore. Aki è innocuo, lo sai, e poi non c’è niente di male, no?”
 
Ecco, almeno lei lo aveva detto, e cioè che l’identità del corteggiatore segreto non era poi così tanto segreta come entrambi fingevano che fosse.
D'altronde erano due professionisti e fin da subito avevano capito che era Aki, solo che non se lo dicevano mai, in quella sorta di gioco alla dissimulazione in cui erano, peraltro, molto bravi.
 
“Fai come vuoi” gli rispose cupo e imbronciato il compagno, non appena la ragazza gli lasciò libera la bocca, altrimenti costretta in una smorfia buffa, aggiungendo: “Sei libera, lo sai…”
 
Ma Kaori, ridacchiando, era già scomparsa in cucina, e per quella sera non ne parlarono più.
 
Dopo essersi fatti una doccia ristoratrice, e dopo che Ryo ebbe spalmato una pomata lenitiva sulla parte dolorante della partner, si dedicarono alla cena, seppure quasi troppo stanchi anche per poter mangiare, e si ritirarono per la notte relativamente presto.
 
Il giorno seguente venne presto l’ora dell’appuntamento.
Kaori si stava giusto facendo bella, ma non troppo, non voleva esagerare nel vestire e nel trucco: del resto il luogo dell’appuntamento era il maestoso parco di ciliegi di Shinjuku e, oltre a passeggiare, al massimo si sarebbero seduti sotto un ciliegio in fiore a fare una sorta di pic-nic o parlare.
Inoltre, conoscendo la timidezza del ragazzo, voleva a tutti i costi metterlo più a suo agio possibile, e la sweeper pensava che presentarsi in pompa magna l’avrebbe in qualche modo inibito.
 
Nonostante la scelta dell’abbigliamento alquanto semplice e affatto pretenzioso, era innegabilmente bellissima.
Indossava dei jeans attillati neri e una vaporosa camicia bianca con stampato un motivo floreale in tema, con tanti microscopici petali di ciliegio, e un corto giacchino rosso amaranto, in tinta con le scarpe basse alla ballerina.
Ryo, vedendola, trattenne il respiro.
Ma non avrebbe comunque fatto nessun commento, combattuto fra l’ammirazione e la gelosia di vederla così abbigliata per un appuntamento con un altro.
 
“Speriamo di trovare parcheggio” disse quasi fra sé la ragazza, afferrando al volo le chiavi della sua Honda, temendo di essere in ritardo; poi, voltandosi verso il socio, aggiunse: “Allora? Non vuoi proprio dirmi nulla?” e gli sorrise divertita.
 
Amava vederlo così geloso, e il fatto che non si esprimesse affatto, anziché prenderla in giro e sfogarsi in quella maniera, la diceva lunga su quanto stesse rosicando.
 
“Mah, che vuoi che ti dica?” strascicò l’uomo “Che visto che non ci sei, me ne andrò per locali” e assunse una fintissima espressione da maniaco porcello.
 
“… alle quattro del pomeriggio?” gli chiese ironicamente lei.
 
“Certo! Guarda che certi locali non chiudono mai, come i love hotel!” spiegò con aria spocchiosa e da uomo di mondo qual era; infatti aggiunse: “...ma tu che ne sai”
 
“Già, che ne so? Non ne so nulla, e mi va bene così!” ribatté la socia.
 
“Bene allora, è deciso. Andrò a divertirmi, e anzi, chiamerò Mick, con cui non esco da una vita” e già faceva per andare verso il telefono, ma ciò che Kaori gli disse lo bloccò a mezzo, con la mano sopra la cornetta.
 
“Non credo che lo troverai in casa. Lui e Kazue sono da stamattina al Fiume Meguro, per l’Hanami[1]
 
Ryo schioccò la lingua per la disdetta.
 
“Allora andrò da solo!” disse deciso “Tanto per quel tipo di compagnia, trovo sempre qualcuno” e la guardò ammiccando, ma lei non lo vide neanche, tutta intenta ad infilarsi il giacchino.
 
Quando volse gli occhi su di lui era così raggiante e così sorridente, che Ryo ebbe una fitta alla stomaco.
 
Non solo in quel momento era l’uomo più geloso della terra, ma il non poterlo e volerlo dimostrare, unitamente al vago senso di abbandono che stava provando, lo faceva sentire uno straccio.
 
“Io vado!” trillò emozionata la ragazza, e fece per correre alla porta.
Poi però sulla soglia si fermò di colpo, come a ripensarci, e girandosi verso il socio, che era rimasto come un ebete al centro della stanza, con le mani sprofondate nelle tasche dei pantaloni, s’intenerì e sorridendogli gli disse:
 
“Non farò tardi… non preoccuparti”.
 
Ma lui, per mascherare la sua aria da cane abbandonato, si limitò ad emettere un “Puah!” di disapprovazione e menefreghismo, e solo quando la ragazza fu fuori dalla sua portata, lasciò andare il respiro rumorosamente, sospirando.
 
Avrebbe dovuto trattenerla?
Avrebbe dovuto fare… cosa?
 
Di sicuro gli sarebbe piaciuto di più andare con lei al parco, piuttosto che saperla con quel bell’esemplare di giovane uomo, per giunta innamoratissimo.
Perché non ci aveva pensato prima lui, d’invitare Kaori alla fioritura, magari con una scusa?
Il caso che avevano risolto giusto il giorno prima, e più ancora la sua pigrizia e indolenza, gli avevano fatto dimenticare totalmente che erano in primavera, nel pieno della fioritura dei ciliegi.
 
Si mise a passeggiare nervosamente su e giù per la stanza: Aki era sì, più piccolo di Kaori, ma non di tantissimo; quanti anni aveva… venti?
Be’ di sicuro ce n’erano meno di differenza fra lei e Aki, che fra Kaori e lui, ammesso che sapesse veramente quanti anni aveva; ma era chiaro che Ryo era un uomo e lei una giovane donna, alla faccia che si spacciasse ancora per un ventenne!
Aki, invece, lo era.
Innegabilmente.
Davvero.
E poi Aki e Kaori erano molto simili: entrambi timidi, gentili, due anime pure, e lui era laborioso e studioso, proveniva da una famiglia rispettabile, con alle spalle una tradizione radicata nel commercio del pesce.
 
Si fermò di colpo e si scompigliò i capelli vigorosamente.
Cercò di allontanare questi pensieri angoscianti.
Eppure il terrore sempre in agguato che Kaori si stancasse di lui, e che non lo amasse più come un tempo, era un tarlo che ogni tanto tornava a farsi sentire.
Lei aveva scelto di rimanere accanto a lui, nonostante conoscesse il suo cupo passato e condividessero quello stile di vita sempre al limite del pericolo e della violenza, ma se avesse trovato di meglio?
Aki non poteva essere quel meglio che, in fondo, Ryo voleva per lei?
 
Basta!
Non doveva indulgere in certi ragionamenti e non doveva più pensare all’appuntamento di Kaori con Aki, altrimenti era finita, occorreva distrarsi alla sua maniera!
 
 
Nel frattempo, alle quattro in punto, il giovane Aki Sakana sostava davanti al chiosco delle bibite, nel punto scelto per l’incontro.
Era sull’orlo di una crisi apoplettica, con il cuore che batteva all’impazzata.
Prima di uscire di casa si era ingollato una bella sorsata di sakè, più che altro per darsi coraggio, e comunque sapeva già che all’interno del parco gli alcolici erano banditi, e se voleva avere una sferzata di energia suppletiva, poteva farlo solo in quel modo.
 
Lui si era finalmente scoperto, dopo quel lungo e discreto corteggiamento, e già questo lo aveva gettato nel limbo dei tentennamenti.
Aveva dato un appuntamento alla signorina Kaori, ma non sapeva ancora se lei sarebbe venuta o meno, e il fatto che fossero le quattro e un minuto e lei ancora non si vedesse, poteva voler dire che non aveva accettato, che non era poi così curiosa di sapere chi lui fosse, o che l’avesse capito in qualche modo e non ne volesse sapere nulla di lui.
 
In preda a questi angosciosi tormenti, quasi gli prese un infarto quando se la vide venir incontro correndo.
 
“Scu-scusa il ritardo” riuscì a dire ansimando la ragazza, piegata in due dopo la lunga corsa.
 
Anche se era allenata, aveva dovuto fare una volata alla massima velocità per arrivare in tempo, perché, a causa della folla oceanica che invadeva il parco, i parcheggi circostanti erano tutti occupati e aveva trovato un posticino di fortuna nello spiazzo più distante di tutti.
Per non parlare della lunga fila di persone incolonnate pazientemente al botteghino, per pagare l’ingresso. E quando ebbe fiato a sufficienza, diede la stura ad un fiume di buffe spiegazioni, su come avesse guidato fra il traffico cittadino, i vecchietti incontrati per strada che andavano a cinque chilometri all’ora, i parcheggi invasi da gitanti e famigliole rumorose, e la gente, la gente, la gente… insomma ascoltarla era davvero uno spasso.
 
Questo arrivo travolgente ebbe almeno il pregio di spezzare subito la tensione che stava consumando dal di dentro il povero Aki, il quale, d’improvviso, vide Kaori più per la ragazza che era, piuttosto che la dea irraggiungibile che lui aveva messo su un piedistallo.
 Al termine di quella lunga spiegazione, scoppiarono a ridere entrambi: una risata liberatoria che li mise subito a loro agio, specialmente Aki che, per la prima volta, non si sentì più così timido e impacciato in sua presenza come un tempo.
 
Kaori, sorridendogli, fece il passo successivo, e per toglierlo dall’imbarazzo propose:
 
“Vogliamo fare una passeggiata?”
 
E stranamente Aki, anziché annuire, muto come i pesci del bancone del Sakana Market,riuscì a rispondere:
 
“Mo-molto volentieri”.
 
Ma prima che un silenzio opprimente calasse su di loro, sempre Kaori si fece avanti, dando il via alle mosse:
 
“Allora Aki… mi diceva tua madre che presto andrai a studiare all’estero…”
 
Il rampollo di casa Sakana, felice di trovarsi su un terreno a lui favorevole, iniziò a parlarle con entusiasmo dei suoi studi, della borsa di studio che aveva vinto, delle sue speranze, e solo al termine di quell’appassionata spiegazione, si accorse di una cosa importante che gli era sfuggita e le chiese:
 
“Signorina Makimura ma…”
 
“Chiamami Kaori…”
 
“Va-va bene… dicevo, signorina Kaori…”
 
“Ma no!” e le venne da ridacchiare “Solo Kaori. Diamoci del tu!”
 
“Come preferisc…i” quasi s’impuntò, ma poi tanta era la curiosità per la domanda che voleva farle che riprese subito il filo del discorso: “Dicevo, come mai non ti sei stupita di trovarmi qui? Come facevi a sapere che ero io? Non mi hai detto niente quando sei arrivata”.
 
Lei si voltò a guardarlo, sorridendo.
Non avevano mai smesso di camminare, e il viale che avevano scelto era abbastanza defilato rispetto agli altri, pertanto, malgrado il continuo via vai della gente, c’era sempre stato abbastanza spazio per passeggiare appaiati: mai una volta si erano dovuti scansare per far passare comitive o famigliole.
 
Aki in quel momento aveva il viso vistosamente imporporato, ma era adorabile; Kaori si rivedeva tantissimo in lui, e il fatto che avesse avuto il coraggio di esporsi, di farsi avanti, e addirittura essere lì con lei, glielo facevano apparire come un giovane deciso e affatto insignificante.
Era alto, ben formato, atletico, il suo aspetto era piacevole; nonostante la giovane età, si vedeva già la bellezza che avrebbe raggiunto in età matura, e pensò che senz’altro tante sue compagne sospiravano e spasimavano per lui nascostamente.
Ma lui evidentemente si era preso una bella cotta per la donna che gli camminava accanto, e di sicuro non si era mai accorto di nulla.
 
In ogni caso la domanda che le aveva rivolto era logica e inevitabile, e Kaori se l’era aspettata.
Però, al contrario, non voleva essere altrettanto diretta nella risposta e si chiese quanto lui sapesse di lei.
La prese alla lontana, rispondendo, quindi, con un’altra domanda:
 
“Aki, tu sai che lavoro faccio io?”
 
“Emm, sì… cioè, no” ammise sinceramente.
 
Con i genitori qualche volta ne avevano discusso, ma loro erano sempre rimasti sul vago, ed ora si chiese se ciò fosse dovuto al fatto che sapessero esattamente che tipo di lavoro svolgeva la signorina Kaori – e quel mostro del Saeba – e fosse così disdicevole tanto da non volerne parlare con lui, oppure, al contrario, non lo conoscessero affatto.
Ripensandoci, era un bel mistero.
 
“Io e Ryo facciamo un mestiere un po’ particolare…” cercò di spiegare la sweeper “Diciamo che aiutiamo la gente a risolvere tutti quei problemi che… come dire, la polizia non potrebbe risolvere”.
 
“In che senso?” domandò il giovane, ormai dimentico della sua proverbiale timidezza paralizzante.
 
“Nel senso che vengono da noi persone che hanno bisogno di ritrovare cari spariti o rapiti, per esempio; o che devono difendersi da strozzini e criminali in genere, che si sentono minacciati da qualcuno, che sanno di essere in pericolo. Io e Ryo, inoltre, ci occupiamo di smascherare dei truffatori, dei trafficanti di merce rubata o illecita. Diciamo che facciamo le cose che farebbe anche la polizia, ma… a modo nostro” concluse la ragazza con un’alzata di spalle.
 
“Vuoi dire che siete degli investigatori privati?” chiese ammirato il giovane.
 
“Sì, diciamo che siamo anche quello” ammise sorridendo affabilmente Kaori.
 
Non voleva addentrarsi ancora di più nelle peculiarità del loro mestiere di spazzini del crimine, altrimenti avrebbe anche dovuto spiegargli che, almeno in passato, Ryo aveva, per come dire, eliminato anche fisicamente i malviventi, che la violenza la faceva da padrone, e spesso e volentieri erano dovuti ricorrere alle armi più disparate per risolvere i casi e assicurare alla giustizia i delinquenti.
Non voleva raccontargli della morte di suo fratello per mano della Union Teope, di Kaibara e di tutto quello che lei e Ryo avevano sofferto.
Sperò in cuor suo che Aki non dovesse conoscere mai il lato oscuro del loro mestiere, e che lui e la sua famiglia non avessero mai bisogno del loro aiuto.
 
A quel punto Aki ebbe un sussulto, ed esclamò schioccando le dita:
 
“Ma certo! È per questo che hai capito subito che ero io!”
 
“Esatto!” confermò bonariamente la ragazza.
 
Subito però, Aki si rabbuiò e chiese:
 
“Quindi, anche il signor Saeba lo sapeva?”
 
Essere scoperto da quel buzzurro non gli andava affatto giù, soprattutto perché sicuramente anche lui aveva visto i fiori e i bigliettini, magari li aveva anche letti e ci aveva riso su come lo stupido che era. D’improvviso un’ondata di rabbia e vergogna s’impossessò di lui.
 
Kaori, che se ne accorse, gli rispose così:
 
“Sì, anche Ryo l’aveva capito, come l’avevo capito subito io, ma ti assicuro che non ha mai detto niente di te”.
 
Ovviamente omise di dire che, al contrario, il socio aveva sminuito i doni del suo corteggiatore misterioso e le sue esplosioni di gioia romantica, perché le beffe erano più che altro indirizzate a lei, piuttosto che all’ammiratore.
Dal canto suo, che Ryo esprimesse in quel modo la sua gelosia corrosiva, la ripagava di tutte le stupidaggini che le diceva.
E comunque, tecnicamente, il nome di Aki non lo aveva mai fatto, quindi era una mezza verità e non una bugia.
A quell’escamotage mentale, Kaori sorrise fra sé.
 
A forza di camminare erano arrivati ad una bancarella di dolciumi, e il profumo dello zucchero e del miele invadeva l’aria.
Aki comprò degli Hanami-Dango e dei Sakura-Mochi[2] e poiché tutti gli alberi all’intorno erano occupati, si accontentarono di sedersi ad un tavolo di legno lì vicino.
 
La ricorrenza dell’Hanami, che portava migliaia di migliaia di giapponesi ad ammirare la fioritura dei ciliegi, era un rito irrinunciabile per ogni abitante del Paese del Sol Levante, un vero e proprio evento celebrato fino a notte inoltrata, e Kaori avrebbe tanto voluto trovarsi lì con il suo Ryo, ma lui non glielo aveva proposto.
Figurarsi se il socio s’interessava di un aspetto così romantico e sentimentale della vita, aveva pensato con una punta di sarcasmo.
Elei…lei non gli aveva detto niente.
Però essere lì con Aki aveva il suo fascino, e almeno per lui sarebbe stata un’esperienza indimenticabile.
Del resto, il cuore della ragazza apparteneva a Ryo Saeba, e anche se aveva accettato di uscire con un altro, non gli avrebbe dato false speranze.
Però, in qualche modo, doveva entrare in argomento; che Aki non pensasse che ci potesse essere un seguito per loro due.
 
Stava cercando il modo per affrontare l’argomento spinoso, quando inaspettatamente fu proprio il ragazzo che iniziò dicendo:
 
“Kaori, ti ringrazio di aver accettato di uscire con me”.
 
“Aki, senti, io…” a quel punto provò a dire lei.
 
“No, aspetta, lasciami finire, ti prego” e la guardò con occhi imploranti.
Non gli sembrava vero di poter essere arrivato fino a tanto: la sua timidezza minacciava sempre di prendere il sopravvento, e se lei lo avesse messo in difficoltà, non sarebbe più riuscito a dirle nient’altro.
 
E prima che il suo coraggio venisse meno, riprese:
 
“Come sai, fra pochi giorni io dovrò partire per l’estero, i miei studi sono molto importanti per me, ma non potevo partire senza… senza prima, averci provato… capisci?” ed arrossì violentemente.
 
In realtà quel volerci provare poteva significare tutto e niente, ma Kaori trattenne il respiro e non lo interruppe.
In fondo finora si era comportato benissimo e non aveva tentato approcci di sorta, quindi lo lasciò parlare.
 
“Intendo… di invitarti ad uscire, di passare un po’ di tempo con te” si spiegò il ragazzo “Mio padre mi ha convinto perché, dice, non dovremmo mai vivere, un giorno, di rimpianti, e se fossi partito senza neanche averti detto qualcosa su… sui miei sentimenti, avrei sofferto per tutta la mia vita” riuscì a dire quasi tutto d’un fiato.
 
“Aki…” mormorò la ragazza, seduta di fronte a lui.
 
Lo guardava, e le sembrava cresciuto tutto ad un tratto: non era più il ragazzotto di bottega, tutto studio e lavoro, o colui che l’ammirava da lontano e le inviava poesie e fiori anonimi.
Era un uomo, un giovane uomo, certo, ma deciso e anche coraggioso, che voleva fare chiarezza nei suoi sentimenti e con lei.
Era mai stato così, Ryo? si chiese all’improvviso Kaori, e questo pensiero la scosse profondamente.
 
Il Aki continuò:
 
“Tu non mi conosci, non sai nulla di me, però io… io sono innamorato di te, praticamente da sempre”.
 
Kaori quasi singhiozzò: non si aspettava una tale confessione, perché non le era mai capitato di essere oggetto di innamoramenti altrui; e Mick non faceva testo.
Cercò di rimanere il più possibile con un’espressione neutra, di non dimostrare le sue emozioni, anche e soprattutto inavvertitamente, perché, si era detta, voleva continuare a farlo sentire a suo agio, e temeva di poterlo deludere o far soffrire.
 
Dopo una brevissima pausa, Aki riprese:
 
“… e so anche che tu, che noi… voglio dire, se anche non c’entrasse l’età, cosa te ne faresti di un giovane che non è nemmeno laureato, che non ha un lavoro suo? Vorrei poterti corteggiare come meriti, ma non posso farlo adesso perché non ho niente da offrirti, però volevo che tu sapessi che, insomma, provo dei sentimenti per te, e che resterai per sempre nel mio cuore”.
 
Sembrava un corteggiatore d’altri tempi, e molto più grande della sua età, e alla giovane faceva tanta tenerezza; tentò di spiegargli:
 
“Aki, non è tanto questione di ciò che hai da offrirmi o meno, piuttosto che io… non posso accettare la tua corte perché… sentimentalmente sono legata ad un altro, il mio cuore è legato ad un altro, e anche io sono innamorata di lui, praticamente da sempre!” E facendo spallucce le sfuggì una risatina sconsolata, come di chi è nella condizione di dover ammettere una cosa ovvia e inevitabile “Non posso farci niente…” aggiunse, forse più per sé stessa che a beneficio del ragazzo.
 
Il giovane Sakana fece tanto di occhi, ma incassò il colpo.
Del resto c’era da aspettarselo, una ragazza carina come Kaori aveva sicuramente frotte di ammiratori al seguito, e anche lei, che era nel fiore degli anni, chiaramente era innamorata di uno di loro…
Doveva essere così, per forza.
 
“Non-non devi giustificarti” tentò di dire Aki “Anzi, scusami se io…”
 
“Niente scuse, ti prego” l’interruppe dolcemente lei, allungando una mano a prendere le sue che già da un po’ stavano tormentando lo scontrino dei dolcetti acquistati “Non possiamo scegliere chi amare, ma io sono felice che tu provi questi sentimenti per me, anzi te ne sono immensamente grata” e gli sorrise come solo lei sapeva fare; ad Aki parve di morire, ma era una morte dolce che faceva meno male “Ho accettato di vederti perché volevo ringraziarti per i fiori e le belle parole che mi hai scritto, perché i tuoi regalini mi hanno riempito il cuore di gioia. Fa sempre piacere ad una donna, ricevere tali attenzioni; e a me molto di più”.
 
Al giovane sembrò esserci una nota di tristezza di troppo in questa ultima frase, ma era così tanto sconvolto di suo, che non volle approfondire.
Inghiottendo a fatica il nodo in gola che rischiava di farlo soffocare, Aki le chiese:
 
“Ma… ma almeno potremo essere amici?”
 
Con questa domanda, a Kaori parve che Aki fosse ritornato il ragazzotto che era, un adolescente in lotta con sé stesso e con il mondo, ansioso di trovare un posto ed un’identità, e con tutta la vita davanti.
Lo era stata anche lei un tempo, si disse, ma poi alla sua stessa età aveva dovuto crescere in fretta: la tragedia della perdita del suo amato fratello e l’inizio della sua vita accanto a Ryo, le avevano tolto anche gli ultimi veli d’innocenza dagli occhi, forse.
Aki le faceva un’immensa tenerezza, quindi gli rispose di getto:
 
“Certamente! Noi saremo amici per sempre!” e gli strinse più forte le mani.
 
Rincuorato, e con un sapore dolce amaro in bocca, si alzò in piedi e le disse:
 
“Allora potremo ancora passeggiare come due amici, all’ombra di questa fantastica fioritura?”
 
“Non chiedo di meglio!” e alzandosi a sua volta lo raggiunse.
 
Ormai più leggeri nell’animo – anche se Aki doveva ancora completamente digerire quella sorta di educato rifiuto, a cui tutto sommato dentro di sé era preparato – tornarono indietro lungo il medesimo viale dell’andata, e stavolta discussero più speditamente di loro stessi, delle speranze per il futuro, della scuola, di ciò che più gli piaceva o di ciò che proprio non sopportavano.
Non parlarono più di sentimenti e dintorni, come fosse ormai un argomento concluso, bandito, e finirono anche per ridere di tante, tantissime cose, e il pomeriggio passò velocemente.
 
Si ritrovarono, senza accorgersene, allo stesso punto in cui si erano dati appuntamento, davanti allo stesso chiosco delle bibite.
Non si erano dati un orario, Kaori aveva detto a Ryo che sarebbe tornata presto ma non ci fu bisogno di dire ad Aki che per lei si era fatto tardi perché lui, a quel punto, sentiva che non poteva più restare con lei; indugiare sarebbe stato solo più doloroso, forse.
 
Capirono entrambi che era arrivato il momento dei saluti, e tornare a casa insieme non era contemplato.
Lì si erano incontrati e lì si sarebbero lasciati.
 
“Kaori io… si è fatto tardi, devo andare…” iniziò Aki.
 
“Sì, è ora anche per me”.
 
“Grazie per la passeggiata, la chiacchierata… era un appuntamento questo, vero?” chiese quasi infantilmente il ragazzo.
 
“Grazie a te e, sì, era un appuntamento” confermò Kaori con un sorriso che gli scaldò il cuore.
 
“Allora potrò dire ai miei amici che ho strappato un appuntamento alla bellissima Kaori Makimura?” domandò baldanzoso Aki.
 
Kaori scoppiò a ridere di cuore, con la sua risata cristallina e contagiosa, e annuendo gli diede il permesso, lusingata e divertita insieme; anche il giovane finì per ridere insieme a lei.
 
Quando le risate e le risatine scemarono, si fecero leggermente più seri e, schiarendosi la voce, Aki le disse:
 
“Kaori, resterai per sempre nel mio cuore” e avvicinandosi, inaspettatamente le depositò un dolcissimo bacio sulla guancia.
 
La ragazza sussultò leggermente, ma non fece in tempo a dire o fare altro che lui si era già allontanato, e mentre Kaori si portava la mano alla guancia, dove ancora sentiva il tepore delle sue labbra, lui era ormai distante parecchi metri.
Prima di svoltare dietro una siepe di bosso, salutandola con un braccio alzato le gridò:
 
“Tornerò, Kaori! Sì, tornerò laureato e con un buon lavoro! E allora t’inviterò ad uscire ancora e ti farò innamorare di me!”
 
Kaori, meravigliata, restò lì in piedi in mezzo al vialetto, incapace di aggiungere altro; alzò a sua volta il braccio e anche lei lo salutò così.
Poi, riabbassandolo lentamente, sospirò.
 
Ripresasi dal leggero turbamento e dall’emozione, alla fine scosse la testa divertita.
In ogni caso, nemmeno lei avrebbe mai dimenticato Aki Sakana, il dolce Aki che le aveva scritto poesie e lasciato fiorellini sulla porta di casa, che aveva osato invitarla ad uscire, e con cui aveva passeggiato sotto i maestosi ciliegi nel tempo nell’hanami.
 
Poi disse ad alta voce:
 
“Puoi farti vedere, ormai”.
 
“Mi hai scoperto! Socia, sei diventata bravissima!” Le rispose Ryo uscendo da dietro un albero, palesandosi e gratificandola così di un bel complimento, riferito alla sua bravura di sweeper nel saper riconoscere le aure altrui, compresa quella del suo partner.
Anche se, va detto, Ryo non aveva fatto niente per nascondere la sua; in un certo senso sperava che lei si accorgesse di essere spiata.
 
“Sì, sì, diciamo di sì” ribatté sarcasticamente la socia in questione.
 
Poi gli andò incontro e, prendendolo a braccetto, lo strinse a sé.
Senza dirsi altro, si misero a passeggiare serenamente come una delle tante coppie lì intorno, in un silenzio carico di parole, fino a quando Ryo le domandò:
 
“Perché non gli hai detto che stiamo insieme?” riferendosi tacitamente ad Aki.
 
“Perché lui non me l’ha chiesto” rispose seraficamente Kaori.
 
“Mmm…” mugugnò l’uomo.
 
“E comunque non credo che tu gli stia così tanto simpatico, quindi non volevo amareggiarlo ulteriormente” ridacchiò la ragazza e finendo per fargli la linguaccia.
 
“Ma-ma… e allora lui?” protestò Ryo muovendosi a disagio.
 
“Sei proprio adorabile quando fai il bambinone geloso” gli disse ridendo Kaori “però direi che potresti prendere qualche spunto da lui”.
 
“Intendi i fiori, le poesiole e i regalini?”
 
“Anche” gli rispose l’altra.
 
E nonostante la ragazza credesse di star passeggiando più o meno senza meta all’interno del parco, Ryo in realtà l’aveva condotta ai piedi di un magnifico ciliegio, leggermente defilato, ma già illuminato da mille lucine; ai suoi piedi era steso un ampio telo azzurro con sopra un bel cesto da picnic e alcune coperte ripiegate.
 
“Ryo! Ma che significa?” gli chiese la compagna, animata da una folle speranza, ma incapace di farsene travolgere paventando una delusione.
 
“Ho pensato che, visto che non sono riuscito ad invitarti per l’Hanami, potevo almeno farlo per la Yozakura[3]” e la guardò con amore.
 
“Oh, Ryo!” e Kaori gli volò fra le braccia, e subito cercò le sue labbra: quanto le erano mancate!
 
Si baciarono teneramente sotto una pioggia di petali rosa, come tanti piccoli cuori danzanti: la leggera brezza li faceva volare a mezz’aria e scompigliava dolcemente i loro capelli, mentre le lucine e i lampioncini di carta oscillavano pigramente nella fresca aria della sera.
I passanti si fermarono incantati a guardare Ryo e Kaori: erano l’essenza stessa della cerimonia, l’incarnazione della bellezza effimera e senza tempo.
 
Quando i due lentamente si separarono, non appena si accorsero di essere osservati, si misero a ridacchiare in imbarazzo, Kaori avvampando come un peperone e Ryo grattandosi la testa.
Ma i passanti, discreti, si dispersero silenziosamente, lasciandoli alla loro intimità.
 
“Ryo, vorrei gridare al mondo la mia felicità!” esclamò Kaori, allacciandogli le braccia al collo “Perdonami se non ho detto ad Aki di noi due”.
 
In realtà non c’era nulla da tener nascosto nella loro relazione, ma Ryo era sempre stato restio a manifestare apertamente i suoi sentimenti, e con la stessa compagna ci aveva messo una vita ad ammettere che era innamorato di lei; ed ora, nonostante stessero insieme già da un po’, Kaori non sapeva ancora se poteva parlarne apertamente, meno che meno farsi vedere in pubblico in atteggiamenti affettuosi.
Ma lì sotto quel ciliegio era avvenuto tutto così spontaneo, così naturale, che non ci aveva nemmeno fatto caso.
Il compagno non si era tirato minimamente indietro e quindi, alla fine, aveva fatto piacere anche a lui.
Non le sembrava di aver esagerato.
 
“Sugar, non fa niente, davvero. È solo che non ci sono abituato… Tu mi hai reso l’uomo più felice dell’universo, ma sono geloso di noi due”.
 
Kaori allora, prendendolo per mano, lo indusse a sedersi e gli disse:
 
“Nessuno potrà portarci via il nostro amore, nessuno potrà dividerci… nemmeno cento Aki messi insieme” finì per dire scherzosamente la ragazza.
 
“Sarà meglio, socia!” gli rispose il partner, proseguendo sullo stesso tono dell’altra “Altrimenti dovranno vedersela con il mitico Ryo Saeba!” e fece l’atto di mostrare i muscoli, alla maniera di un body builder; ma Kaori gli lanciò una coperta in faccia e, dopo un attimo brevissimo di smarrimento, lui, afferrata l’altra coperta le restituì il favore, per poi scoppiare a ridere entrambi come due bambini.
 
Certi amori vanno confessati; altri tenuti nascosti, ma solo per un po’; tutti andrebbero vissuti fino in fondo.
Altri andrebbero lasciati andare, perché altrimenti si aggrapperebbero alle pareti del cuore, straziandolo. Certi amori mai nati si idealizzano per l’eternità; altri, dimenticati, si ritrovano quando meno te lo aspetti.
Ma gli amori sofferti, come quello di Ryo e Kaori, e sbocciati come un sakura in fiore, non moriranno mai.
 
 
 
[1]Hanami (花見? "guardare i fiori") è un termine giapponese che si riferisce alla tradizionale usanza giapponese di godere della bellezza della fioritura primaverile degli alberi. Ormai si intende principalmente la fioritura dei ciliegi giapponesi, che in lingua giapponese vengono chiamati sakura, e quindi l'hanami è diventato sinonimo dell'ammirare il fiore di ciliegio. Questa tradizione, antica di più di un millennio, è ancora molto sentita in Giappone, tanto da provocare anche vere e proprie migrazioni di milioni di giapponesi dalle loro città verso le sessanta località più famose del Paese; ci sono inoltre le previsioni per la fioritura, come quelle meteorologiche, per sapere esattamente quando comincia la fioritura e fino a quanto dura. Lo spettacolo dei sakura in fiore occupa gran parte della primavera e in Giappone si può ammirare da inizio aprile (nel sud dell'isola di Honshū) fino a metà maggio (nella settentrionale Hokkaidō).
 
[2]In occasione dell'hanami, in Giappone vengono preparati degli alimenti dedicati alla fioritura dei sakura, come ad esempio gli Hanami-Dango o i Sakura-Mochi, che è possibile trovare già fatti o confezionati nei negozi o nei supermercati, insieme a bevande, dolci, gelati e altri alimenti al gusto dei fiori di sakura e a volte decorati con i fiori di sakura sotto sale, che è possibile trovare in commercio per aromatizzare bevande, tè, dolci e alimenti di vario genere. Il fiore del ciliegio, la sua delicatezza, la brevità della sua esistenza, sono per i giapponesi il simbolo della fragilità, ma anche della rinascita, della bellezza dell'esistenza.
 
[3]Tradizionalmente la festa consiste nell'ammirare la fioritura mentre si consuma un sostanzioso picnic all'ombra dei sakura in fiore. Di solito per il picnic viene usato un ampio telo plastificato, o teli occhiellati, di colore azzurro. Lo hanami si svolge anche di notte, dove prende il nome di Yozakura (夜桜? "ciliegio notturno"), per ammirare i sakura illuminati appositamente con delle luci per esaltarne la bellezza.
 
 
Fonti: Wikipedia
   
 
Leggi le 14 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > City Hunter/Angel Heart / Vai alla pagina dell'autore: EleWar