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Autore: IndianaJones25    20/01/2022    1 recensioni
Di ritorno da una disavventura in Australia, Indiana Jones scopre che il suo vecchio amico Sallah si è volatilizzato, senza lasciare tracce.
Indy decide allora di partire verso l’Egitto meridionale, dove è in corso una delle più grandi imprese archeologiche del Novecento, per poter rintracciare il suo amico scomparso. Ancora non sa che questo lo condurrà nell’ennesima sfida contro il tempo per sventare un complotto che, se andasse a buon fine, potrebbe portare nelle mani dei sovietici un’antica e pericolosa arma, risalente all’epoca degli dèi e dei faraoni…
Genere: Avventura, Azione, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Henry Walton Jones Jr., Nuovo personaggio, Sallah el-Kahir
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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    2 - RICHIESTA DI SOCCORSO

    Assuan, Egitto

      Affannato, i capelli scompigliati, la barba scura intrisa di sudore e il fez finito sulle ventitré per la gran corsa, Sallah si allontanò il più in fretta che gli fu possibile dall’edificio di mattoni in cui era stato allestito il quartier generale degli ingegneri sovietici che si stavano occupando della costruzione della diga; sperava di aver guadagnato sufficiente vantaggio per poter riuscire a far perdere le sue tracce nel dedalo di viuzze che si aprivano tra le case che costeggiavano il fiume.
   Era sconvolto e il suo ampio ventre si sollevava in fretta per la velocità con cui si era dato alla fuga e per la reazione di panico che gli aveva procurato non solo il fatto di essere stato scoperto a origliare, ma anche ciò che lui stesso aveva udito delle frasi scambiate tra i russi.
   Osservò il cielo tingersi dei primi colori dell’aurora. Una nuova alba sorgeva sul Nilo che, da millenni, scorreva placido, regolando la vita degli uomini e delle donne che avevano vissuto sulle sue sponde. Una vita che, da adesso, con la costruzione della grande diga di Assuan, sarebbe mutata per sempre. Naturalmente gli dispiaceva essere sul punto di assistere alla scomparsa di quel peculiare e tradizionale rapporto con la natura che, fin dai suoi albori, aveva caratterizzato la civiltà del Nilo. Ma a questo avrebbe potuto anche farci l’abitudine, e in fondo era anche per tale motivo che si trovava lì: per contribuire a fare sì che, ciò che aveva contraddistinto il grande stato faraonico, continuasse a vivere nei secoli futuri, nonostante tutto, malgrado l’avanzamento del progresso.
   Non era certo questo a sconvolgerlo. Era, semmai, il resto. Era ciò che aveva scoperto per puro caso. Se soltanto, in quei giorni, fosse rimasto ad Abu Simbel, anziché recarsi ad Assuan per sbrigare quegli affari burocratici… e se non fosse stato tanto mattiniero e non avesse deciso proprio quel giorno di fare una passeggiata per osservare da vicino il cantiere della diga… se non avesse notato il gruppo di uomini che sembravano complottare… se non avesse udito proprio quelle poche ma scioccanti frasi…
   «Ma che cosa dico?» borbottò.
   Era tanto di guadagnato, che avesse scoperto quel segreto. Se così non fosse stato, sarebbe potuto essere un disastro. Ora, però, non poteva certo tenerselo per sé. Era necessario dare l’allarme, al più presto, per impedire che le cose peggiorassero ancora. Ma a chi rivolgersi? Non certo alla polizia o all’esercito! Non era tanto sciocco da non sapere che, chi aveva chiamato i russi in Egitto, era proprio il governo di Nasser! Di certo, da quel lato, non avrebbe potuto aspettarsi nessun tipo di collaborazione, anzi si sarebbe forse cacciato in guai ancora più grossi, perché si sarebbe messo contro i militari. Sebbene avesse ricevuto numerosi e importanti incarichi, e il suo nome fosse tenuto di buon conto per i tanti servigi resi all’Egitto, non ci sarebbe voluto molto perché la sua fama precipitasse e qualcuno decidesse che, di quel vecchio scavatore sovrappeso, si poteva anche fare a meno.
   Alcuni latrati alle sue spalle e delle grida in russo lo informarono che, come temeva, i sovietici si erano accorti di lui e lo stavano inseguendo, cercandolo addirittura con i cani. Non gli rimaneva molto tempo a sua disposizione, eppure sapeva di dover fare qualcosa. Non poteva permettersi di arrendersi proprio in quel momento. Dopo aver combattuto tanto a lungo, doveva rischiare il tutto per tutto.
   Era consapevole, però, di non potercela fare da solo. E neppure poteva sperare di chiedere aiuto tra gli altri membri della missione dell’ONU. C’era soltanto un uomo, in tutto il mondo, che potesse aiutarlo e su cui potesse fare completo affidamento. E, quell’uomo, per sua fortuna, era il suo migliore amico, che non si sarebbe mai tirato indietro dinnanzi a una sua richiesta di aiuto.
   Pur essendo un uomo di grossa stazza, sapeva muoversi con una certa agilità, e questo gli permise di inoltrarsi in fretta in un vicolo, evitando appena per una frazione di secondo di essere intercettato da alcuni energumeni dalla pelle piuttosto pallida, inadatta al clima rovente di quelle latitudini, che lo superarono rapidamente. Notò che proseguivano in direzione del fiume e, per questo, fece dietrofront, inoltrandosi tra le basse e polverose casette che digradavano in direzione del Nilo e incamminandosi alla svelta verso il centro della città.
   Bene, per il momento poteva dirsi fuori pericolo, ma non si faceva illusioni che, prima o poi, sarebbe stato raggiunto di nuovo. Non poteva neppure sperare di fare ritorno ad Abu Simbel come se niente fosse, perché era certo di aver riconosciuto uno degli uomini che aveva sentito parlare.
   Sasha Volkov, un colonnello sovietico inviato in Egitto con lo scopo di occuparsi della sicurezza degli ingegneri della diga. Ora Sallah sapeva che, come in fondo aveva sempre sospettato, la presenza dei militari russi era dovuta a ben altri motivi, decisamente più preoccupanti. Fin dall’inizio, infatti, gli era parso strano quello spiegamento di forze, ma lui era soltanto una pedina e, non avendo voce in capitolo, aveva preferito rimanere in silenzio. Visto quello che un caso fortuito gli aveva fatto scoprire, adesso si pentiva: forse avrebbe fatto meglio a fare casino, ad attirare sospetti; magari avrebbe corso dei rischi ma, almeno, ci sarebbero stati molti più occhi puntati contri i sovietici, e avrebbero faticato di più a muoversi da quelle parti come se niente fosse.
   Adesso, comunque, non serviva a niente rammaricarsi su ciò che avrebbe potuto fare o dire. Adesso il problema vero era un altro. Il problema era che, così come lui aveva riconosciuto Volkov, era sicuro che anche Volkov avesse riconosciuto lui: il suo, purtroppo, era un volto molto noto al cantiere, sarebbe stato da irresponsabile pensare che quel colonnello non se lo ricordasse. No, Abu Simbel, per il momento, era fuori discussione; e, comunque, era troppo distante da raggiungere, e non poteva sprecare un solo secondo.
   Ansante per la corsa, Sallah proseguì sul marciapiede finché notò ciò che stava cercando. Un ufficio postale che, vista l’ora, aveva ancora le saracinesche abbassate. Come sperava, però, sul retro trovò un vecchio e polveroso furgone su cui due svogliati funzionari stavano caricando i sacchi della posta da spedire.
   «Salve, amici» borbottò Sallah, piegandosi in due con le manone appoggiate sulle ginocchia, cercando di riprendere fiato.
   I due uomini gli fecero un cenno con il capo e continuarono a lavorare. Avevano gli occhi arrossati dal sonno. Decisamente, in quel momento, avrebbero preferito trovarsi entrambi ancora nei propri letti, anziché lì a caricare posta sul vecchio e malmesso furgone.
   «Vorrei domandarvi una cortesia, se fosse possibile» andò avanti Sallah, rimettendosi dritto e sistemandosi meglio il cappello rovesciato.
   Uno dei due lo osservò, appoggiando in terra il sacco che aveva tra le braccia. Non disse nulla, ma lo scavatore comprese di avere la sua attenzione.
   «Dovrei spedire una lettera con una certa urgenza, ma temo di non avere con me un francobollo, e quindi mi chiedevo se…» cominciò, ma l’uomo scosse la testa, ricominciando a passare i sacchi di posta al collega che si trovava nel cassone.
   «Niente da fare» bofonchiò. «Bisogna affrancarla e imbucarla. Poi la lettera sarà timbrata e soltanto a quel punto potrà partire.»
   «Sono il sovrintendente del governo al cantiere di Abu Simbel, mi chiamo Sallah Faisel el-Kahir» si qualificò finalmente lo scavatore, cercando di assumere un tono autoritario. Tono che cambiò immediatamente, facendosi cospiratorio. «E, se voi mi faceste questo enorme favore, potrei ricompensarvi…»
   Magicamente, nella mano di Sallah comparvero due banconote di grosso taglio. Banconote che, altrettanto magicamente, scomparvero nelle tasche dei due uomini, subito fattisi più vicini e attenti.
   «E la lettera?» chiese uno dei due.
   Annuendo, Sallah si tastò le tasche della giacca, in cerca di carta e penna. Per fortuna, essendo dovuto venire ad Assuan per affari di tipo amministrativo, aveva con sé tutte le scartoffie occorrenti per scrivere una lettera e per imbustarla.
   Trovato un biglietto abbastanza grande, rifletté un istante su che cosa scriverci. Si immaginava che, per posta, fosse molto meglio non rivelare nulla di compromettente. Così, decise di scrivere quella piccola lettera da spedire a casa: avrebbero poi pensato i suoi ragazzi a fare il resto.
   Svitato il tappo alla stilografica dal pennino d’oro che portava nel taschino della camicia, vergò in fretta le seguenti parole: «C’è urgente bisogno dello zio Indy. Fate in maniera che mi raggiunga al più presto. Gli spiegherò io ogni cosa appena ci saremo incontrati. Voi sapete come contattarmi: portatelo da me il prima che riusciate. È una faccenda molto delicata, ma non posso aggiungere altro. Un bacio a tutti. Papà
   «Ecco fatto» disse, infilando il biglietto nella busta e scrivendoci sopra il suo indirizzo del Cairo. «Pensate che sia possibile recapitarla entro questo stesso pomeriggio?»
   Uno dei due uomini soppesò la lettera con lo sguardo, mentre l’altro, grattandosi la nuca, borbottò: «Be’…»
   Un altro paio di grosse banconote cambiarono alla svelta padrone e, a quel punto, l’uomo che aveva borbottato assicurò, parlando in tono limpido e chiaro: «La consideri praticamente già consegnata, signor el-Kahir.»
   Non appena il furgone con a bordo la sua lettera fu partito, Sallah si sentì un po’ più sollevato. Era certo che Indy, appena avesse avuto sentore della sua urgenza, lo avrebbe raggiunto al più presto, e così avrebbero potuto concordare insieme un piano per evitare che i sovietici trovassero il carro di cui volevano impadronirsi. Nonostante il caldo e l’affanno, lo scavatore rabbrividì vistosamente al pensiero di quello che sarebbe potuto accadere se le cose fossero andate come volevano i russi.
   Però, lo sapeva, era ancora in pericolo. Doveva trovare un posto per nascondersi e, soprattutto, fare in maniera che i sovietici non lo scovassero. E, inoltre, doveva riuscire a fare ritorno ad Abu Simbel, perché era lì che Indy lo avrebbe cercato. Purtroppo, non avrebbe più potuto fare affidamento sulla macchina che il governo gli aveva messo a disposizione: il rischio che venisse riconosciuta e bloccata lungo la strada era troppo elevato.
   In breve, doveva rendersi irreperibile per qualche tempo. Poteva soltanto sperare di riuscire a inventarsi un accorgimento sufficiente a tenerlo al sicuro fino a quando non fosse arrivato Indiana Jones.
   Per fortuna, aveva già una mezza idea su come riuscirci.
   
 
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