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Autore: Flofly    21/01/2022    0 recensioni
*COMPLETA*SEGUITO DE IL CALICE DELLA VITA. Dopo gli eventi del quarto anno Draco, Hermione, Ron, Pansy ed Harry sono costretti a tornare al passato per recuperare uno degli Horcrux di Voldemort e poter finalmente dire addio ad un incubo. Catapultati nell'Hogwarts ai tempi delle sorelle Black e della famiglia Malfoy, si troveranno ad affrontare non solo la pazzia dei neonati Mangiamorte ma anche oscuri segreti di famiglia. Dramione, Lucissa, OOCC. . Attenzione: tematiche delicate, violenza, linguaggio volgare,accenni a maltrattamenti di minori.Cronologia alterata rispetto al CANON: I malandrini frequentano Hogwarts negli stessi anni di Lucius, Narcissa, Andromeda e Bellatrix
Genere: Dark, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Black, Famiglia Malfoy, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Sorelle Black | Coppie: Draco/Hermione, Lucius/Narcissa, Ted/Andromeda
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra, Da V libro alternativo
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- Questa storia fa parte della serie 'Potentia Par Vis'
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“Chissà perché ma me l’aspettavo diversa. Insomma niente toni lugubri, niente attrezzi di tortura, niente libri maledetti. Sei sicuro che sia una residenza dei Malfoy?”- chiese Ron buttandosi sul grande divano di pelle di una sfumatura di nocciola chiarissima, decisamente più morbidodi quello che pensava visti i proprietari. In realtà quell’ambiente era luminoso e accogliente. Niente di più lontano da quella famiglia di mangiamorte.

“E’ più grande di una scatola da scarpe quindi di certo non è una dei Weasley.. oh scusa Lenticchia, dimenticavo che tu  è già tanto che ne hai una di casa”- sbuffò Draco lanciandosi a sua volta su una poltrona e reclinando la testa all’indietro chiudendo gli occhi, cercando di cancellare dalla mente le ultime ore.

Grazie ai suoi mentalmente disturbati genitori adolescenti la maggior parte del viaggio di ritorno era stato un incubo. E aveva sentito commenti e battute che decisamente nessuno avrebbe voluto sentire uscire da chi ti ha messo al mondo. Neanche il fatto che suo nonno avesse mandato Krippy ad attendere i gemelli e suo padre era riuscito a sollevargli l’umore, anche se era ben grato di non averlo dovuto rivedere.

Pansy sbuffò sdraiandosi per lungo sul divano, la testa sul bracciolo vicino a dove era seduto il suo compagno di casa e le gambe affusolate sull’altro, bloccando il grifondoro in un angolo.

“Non c’è niente da mangiare in questo posto? Ma dove sono finiti gli elfi?”-chiese allungandosi pigramente, facendo ben in modo di occupare anche quel poco di spazio che aveva lasciato libero e di piantare il calcagno nel petto del rosso.

“Elfi?”- la voce di Hermione era calma, ma nessuno si faceva illusioni su cosa celasse quella parvenza di noncurante normalità.

“Si, Granger, elfi. Dobbiamo stare qui qualche giorno, va bene che possiamo andare a mangiare fuori ma come facciamo se ci viene voglia di qualcosa di sfizioso? E per il tè? E le cose da lavare? Pretendi che mettiamo gli stessi vestiti per giorni?”- elencò la mora  parlando piano, come si fa con i bambini piccoli o con qualcuno che non comprende la tua lingua.

“Ah se solo avessimo delle appendici alla fine delle braccia dotate di pollici opponibili. E che addirittura possono usare una bacchetta”- ringhiò la grifondoro. Draco si costrinse ad aprire gli occhi, lanciandole un’occhiata di sfuggita e non potendo fare a meno di notare con apprensione e anche un filo di eccitazione che gli occhi iniziavano a perdere la sfumatura mielata per iniziare a virare verso una preoccupante nuance da fiamme dell’inferno che solitamente non presagiva nulla di buono.

“Granger, senti, queste cose vanno bene per i poveri. Lo vuoi capire? Io non uso la mia magia per una cosa banale come prepararmi da mangiare. E poi bisogna comunque andare a comprare il cibo. Tu sul serio pensi che io possa anche solo pensare di entrare in un negozio di alimentari?”- rimbeccò la serpeverde sgranando gli occhi come se le avessero appena chiesto di buttarsi dall’attico senza bacchetta.

Harry, appoggiato contro lo stipite della finestra ridacchiò godendosi la scena. Già la sceneggiata del treno, con Malfoy sull’orlo di una crisi di nervi era stata divertente, Ma se Hermione fosse dovuta vivere anche solo per pochi giorni con un elfo domestico la si che ci sarebbe stato da ridere.

E poi ci fu un plop.

Lunghe orecchie e dita puntute. Occhi dolci grandi e globulosi.E un grande fiocco scozzese sulla testa. 

“Cockey!”- urlò Ron con un gran sorriso alzandosi in piedi di scatto, dimentico delle gambe della serpeverde appoggiate sul suo grembo, nonostante fino a poco prima fosse intento a disegnare cerchi con la punta delle dita sulla pelle sensibile dell’interno coscia lasciato scoperto dalle calze che arrivavano poco sopra il ginocchio, provocando non solo la caduta della suddetta serpeverde sul soffice tappeto d’angora ma anche una pioggia di imprecazioni non proprio signorili.

“Signorino Ron! La padrona ha detto che in questi giorni dovevo venire ad accudire il padroncino. Non si fida di nessun altro, signorino Ron. E il professor Silente ha detto che Cockey poteva andare, che era una cosa importante. Cockey è molto fiera che la padrona si fidi di lei. Molto fiera, davvero”

“Il padroncino ha un'età per la quale può accudirsi da solo, non credi ?” - sibilò Hermione lanciando uno sguardo furioso a Draco che nel frattempo era riuscito a mettere su la sua migliore faccia da cucciolo innocente.

Subito le orecchie dell’elfo si afflosciarono, mentre gli occhi sporgenti dell’elfa si riempivano di lacrime.

“Ma  miss… non vuole Cockey? Cockey ha fatto qualcosa di male, miss? “--chiese con voce rotta.

A parte farci quasi morire divorati da spiriti degli alberi piuttosto incazzati,niente, pensò il bambino sopravvissuto. 

“No Cockey, figurati. E’ che Hermione vorrebbe che tu non facessi le cose perchè ti vengono ordinate… ma ecco ….perché lo vuoi”- si limitò invece a dire, riuscendo a far almeno smettere le piccole spalle ossute di tremare.

“Ed essere pagata per farlo”- mormorò a voce bassa la giovane strega, non riuscendo a tacere.

Gli occhi dell’elfa si sgranarono fino a raggiungere delle dimensioni preoccupanti.

“ E la famiglia Miss? Cockey sarebbe un elfo senza famiglia”- balbettò

“Saresti un elfo libero, Cockey, non vuoi essere un elfo libero?”- provò in tono più dolce la giovane strega accovacciandosi alla sua altezza e cercando di prenderla per le spalle per calmarla,

Per tutta risposta però Cockey lanciò un urlo straziante iniziando a sbattere la testa contro il divano, mentre Hermione la guardava tra il terrorizzato e lo sconsolato.

Draco sbuffò alzandosi a sua volta : “Oh andiamo Granger, ma che cazzo. Ma ti sembra il modo di dire le cose?”

“Scusami? Le ho solo prospettato di lasciare una vita di servilismo, insulti e soprusi a favore di una degna e libera…”- provò a ribattere ma fu interrotta da una serie di strilli sempre più acuti che provenivano dall’esserino tremolante.

“E piantala con queste cazzate che sennò dobbiamo preoccuparci di togliere cervello di elfo dal divano. E spiegare a mia nonna perchè le abbiamo accoppato l’elfo. Oltre al fatto che io non crescerò più con l’ottima cucina di Cockey … dove la troviamo un’altra elfa che sa curare e cucinare come lei, genio?”

A sentire quelle che alle sue povere orecchie e sicuramente non nella mente di chi le aveva pronunciate erano dei complimenti l’elfa per un momento si fermò guardando Draco con occhi lacrimosi.

“Al padroncino piace la mia cucina, padroncino?”

Draco annuì “ Ovvio. Anche se apprezzo ancora di più le tue doti di guaritrice. E ora, visto che di queste non ce n’è bisogno, perchè non ci prepari una bella cena?”

Cockey si risollevò, stringendosi le orecchie eccitata. Prima però di dirigersi verso la cucina si girò a guardare Hermione titubante .

La grifondoro sospirò alzando le mani : “Si Cockey, mi piacerebbe molto se ci cucinassi la cena”.

L’elfa finalmente sollevata se ne andò saltellando, iniziando ad elencare tutto quello che avrebbe cucinato nel dettaglio, partendo da ogni singolo ingrediente.

Harry la guardò allontanarsi perplesso, poi si rivolse verso l’amica ghignando : “Che c’è… fai le prove per comandare gli elfi domestici?”

Per fortuna che anni di allenamento come cercatore gli avevano garantito riflessi fulminei e molto allenati, altrimenti il vaso di cristallo che un momento prima era poggiato sul tavolino accanto alla sua migliore amica e quello dopo viaggiava nella direzione della sua testa lo avrebbe centrato in pieno.

“Bel tiro  Granger”- non potè fare a meno di commentare Pansy con uno sguardo di ammirazione, maggiassandosi il fianco che aveva battuto poco prima e interrompendo la sua litania su tutti i modi in cui avrebbe ucciso Ron appena ne fosse stata in grado.

Mentre stava per ripetere il secondo lancio sulla serpeverde  Draco la prese per mano e la trascinò fuori dalla porta, prendendo al volo i cappotti che Cockey gli stava porgendo.

“Noi andiamo a farci un giro, non aspettateci alzati”- disse a mo’ di saluto neanche troppo educato “Scusa Cockey,sarà per un’altra volta”.

L’elfa annui senza dare stranamente di matto, battendo le mani, Prima o poi avrebbe cucinato una fantastica cena per la signorina Granger direttamente al Maniero..

“Ehi aspetta dove pensi di andare”- cercò di fermarlo senza che però il biondo la stesse a sentire.

“Seratina romantica, Granger. Direi che ne abbiamo un gran bisogno”- le disse prendendole il viso tra le mani e baciandola appena.

Hermione lo strinse a sè, sorridendo sotto le sue labbra.

Si quello poteva essere un buon modo per farle dimenticare che avrebbe dovuto fare la negreria per qualche giorno.

E meglio per lui se si fosse dato da fare.






 

Quando erano tornati a casa era già notte inoltrata e la casa era immersa in un silenzio surreale,l’unico rumore che si sentiva era il russare dell’elfa sdraiata sotto il tavolo della cucina, immersa in un sonno profondo e con un gran sorriso stampato sulla faccia. 

Non sapeva bene come fosse accaduto  ma il fatto che avessero lasciato loro la camera d’angolo con la vista sull’intera Diagon Alley illuminata dalle luci dorate del Natale era stata probabilmente opera di Cockey, nonostante la smaccata fascinazione che aveva per Ron.

Anche il disegno di loro due fatto con petali di rosa magicamente animati sopra il copriletto candido era decisamente indice dello zampino ossuto dell'elfo domestico.  A meno che Pansy non fosse definitivamente uscita di senno.

Terzo indizio: il cestino da pic nic ricolmo di ogni tipo di leccornia scampata alle fauci di quei tre mostri divoratori che in quel momento stavano dormendo della grossa, e che era stato lasciato accanto alla finestra, con delle candele fluttuanti  ad illuminare la mise en place in puro argento e porcellana decorata a mano.

Anche se avevano rischiato che Draco buttasse dalla ricca vetrata decorata non solo quello che in effetti era un attacco d’arte un po’ troppo vivido, ma anche il letto e da ultimo il dolcissimo essere dalle orecchie puntute che così amorevolmente aveva lavorato per loro, il resto della serata era stato decisamente piacevole. 

E come promesso il serpeverde si era dato decisamente da fare.

Era per questo  che quando fu svegliata da una meravigliosa melodia proveniente da una delle stanze che la sera prima non avevano fatto in tempo  a visitare, Hermione ne fu decisamente meravigliata.

Si girò stiracchiandosi nel letto e rotolando nel posto ancora caldo lasciato da Draco. Diede un’occhiata all’orologio. Erano a malapena le otto. Nonostante nessuno potesse davvero trovare irritante un’ esibizione così perfetta, era decisamente un po’ troppo presto per gli standard degli altri abitanti della casa.

Si alzò di malavoglia, cercando di capire dove fossero andati a finire i vestiti di cui si era sbarazzata il più velocemente possibile la sera prima. Nonostante l’idea di sorprendere Draco con solo una tazza di caffè nero in mano, l’idea di incrociare Ron e Harry completamente svestita la convinse ad infilarsi una delle vestaglie di seta dipinta che trovò nella cabina armadio. La mise lentamente, assaporando la carezza del tessuto morbido e prezioso contro la pelle nuda, piacevole quasi quanto quello delle lenzuola che l’avevano avvolta durante le poche ore di sonno.

Ravvivandosi i ricci spettinati cercò di seguire il suono della musica. Era così familiare, così intima. Eppure c’era qualcosa di diverso rispetto a tutte le volte che Draco aveva suonato per lei, come un’ombra oscura che si sprigionava con forza dai tasti.

Aprì piano la porta imbottita che girò sui cardini senza fare alcun rumore, così come lei mentre camminava scalza sullo spesso tappeto persiano, avvicinandosi piano alla figura di spalle china sul pianoforte. Suonava con la naturalezza di chi lo fa da anni, la testa chiarissima china sui tasti, leggermente piegata di lato, come a poter seguire meglio la melodia, il profilo affilato che si intravedeva appena.

Si chinò su di lui, il seno appena coperto dalla stoffa sottile contro la sua schiena mentre si chinava a dargli un bacio sul collo,facendogli scivolare le mani lungo il torace sino alla linea sensibile dell’addome.

“Non ti sembra un po’ presto per suonare?”- gli chiese mordicchiandogli la pelle morbida e bianca.

La musica cessò, ma non nel modo in cui si era aspettata. Invece di girarsi a catturare le labbra in un bacio appassionato lo sentì irrigidirsi.

Hermione aprì gli occhi.

Si era sempre sentita dire quanto fosse intelligente.

La strega più intelligente della sua generazione, dicevano in molti.

Eppure non ci aveva pensato.

Quello non era Draco.

QUELLO

NON

ERA 

DRACO.

Aveva appena fatto un succhiotto  a Lucius Malfoy.

Il padre del suo fidanzato

Quello che odiava i babbani

Lo stesso che aveva messo un diario maledetto nel calderone di Ginny Weasley perché liberasse un mostro divora babbani.

Gli aveva praticamente spalmato le tette addosso

L’ex mangiamorte.

Che ora si massaggiava il collo dove già stava facendo la sua comparsa un bel segno rosso dell’esatta misura della sua bocca.

Che era il padre del suo fidanzato, era già stato detto?

“Ehm Granger, grazie ma no grazie. Apprezzo il gesto eh, solo che di solito non sono abituato a saluti così  espansivi. Ed è esattamente in questo modo che è iniziata con la Lodge, che Salazar serpeverde la fulmini.E Narcissa ancora sta meditando di uccidermi. Ti rendi conto? Io le dico che la amo e lei che mi vuole buttare dalla torre di astronomia. Sono pazzi i Black, lo sai si?”

Perchè invece i Malfoy. …avrebbe voluto rispondergli.

Ma non ci riuscì. L’unica cosa che fu in grado di fare fu lanciare un urlo che avrebbero sentito anche a Villa Black, dovunque diavolo fosse.

L’abitudine la portò a stringere le nocche, come se avesse in mano la bacchetta. Merlino, come un’idiota l’aveva lasciata in camera. Neanche fu cosciente di aver stretto sempre di più la mano, fino a che divenne un pugno.

E ancora meno fu quando la vide alzarsi e caricare all’indietro, quasi staccata dalla sua volontà.

Ma quando il suo pugno impattò contro l’aristocratico zigomo di Lucius Malfoy ne fu estremamente soddisfatta.

E al diavolo la magia.

Le lezioni di kick boxing che aveva preso con Luna e Ginny avevano decisamente dato i suoi frutti.

Sospirò di sollievo, scuotendo la mano indolenzita, mentre gli occhi grigi del futuro Lord Malfoy si spalancavano di indignazione e sorpresa. E anche un velo di ammirazione.

Ma non ebbe in tempo di fare nulla perché richiamati dal suo grido Pansy e Ron, decisamente poco vestiti, si precipitarono nella sala, le bacchette alla mano.

Ma quei due non furono di grande aiuto

Alla vista di Hermione Granger mezza nuda, la vestaglia aperta che mostrava molto di più di quello che avrebbe voluto, e di un Lucius Malfoy con un occhio nero li nel salotto della casa dove stavano abitando da meno di dodici ore, la reazione dei due fu molto diversa ma in entrambi i casi molto poco utile.

Ron avvampò di rabbia, la faccia che assumeva la stessa sfumatura dei suoi capelli e uno sguardo omicida negli occhi tale che la grifondoro gli si buttò davanti per evitare che davvero la possibilità di avere una progenie biondo platino nel futuro venisse seriamente compromessa.

Pansy invece iniziò a ridere di gusto, come da tempo non le accadeva, a tal punto da doversi buttare sulla poltrona in preda ad un attacco di convulsioni quando anche Draco fece il suo frettoloso ingresso, ancora mezzo insaponato e con un asciugamano a malapena tenuto sui fianchi.

“Granger ma cosa hai da urlare…”- iniziò a bofonchiare, gettando uno sguardo a Pansy in bralette e culotte incapace di contenere le risate che aumentavano di intensità ogni volta che lo guardava. E poi c’era la donnola, in quelli che secondo lui erano boxer ma che probabilmente erano fatti di peli di cane riciclato, visto il tessuto. Donnola in mutande davanti ad Hermione, la sua Hermione, a malapena coperta da un ridicolmente corta vestaglia da camera dalla quale occhieggiava un seno morbido ed invitante più di quanto fosse necessario. Ma cos’era una cazzo di orgia? Con Weasley poi? Ma erano seri?

E poi capì il perché dell’ilarità di Pansy. E della rabbia di Weasley. E dell’imbarazzo furioso di Hermione.

Sbattè un paio di volte gli occhi, incapace che stesse succedendo sul serio.

Per fortuna o per sfortuna l’unica che ebbe la prontezza di reagire prima che lo vedesse con il suo vero aspetto fu Cockey. Peccato che per farlo gli rovesciò addosso un secchio di quella che sembrava viscido slime di vomito di unicorno ubriaco di glitter.

“Che caratterino…mi ricordi quella squinternata di Andromeda.”- tubò Lucius sbattendo con fare innocente l’unico occhio che riusciva ad aprire ancora decentemente -” E ora che ci siamo tutti, sarebbe ora di andare a fare colazione. Sempre che vogliate avere il buon gusto di vestirvi, per Merlino..cos’è siete una comune di nudisti?”

E quello che spiccava sul collo di suo padre era decisamente un succhiotto.

Neanche provò a chiedersi di chi.

Era tutta colpa di Potter.

Se non fosse stato per lo sfregiato sopravvissuto lui a quell’ora se ne sarebbe stato nel suo tempo a passare il pomeriggio a baciare ogni centimetro della pelle profumata della Granger.

E a  proposito dello sfregiato.

Dove cazzo era andato a finire?

.

 

Tutto era finalmente perfetto. Aveva impiegato quasi tutta la notte affinché ogni angolo di Villa Black fosse esattamente come doveva essere. 

Anche l’albero principale era finalmente esattamente come se l’era immaginato nella sua testa. Appena entrata, la Villa ancora immersa nel silenzio, non aveva potuto fare a meno di notare come decisamente gli efi  avessero fatto un caos con le decorazioni naalizie.

Come ogni anno.

E come ogni anno aveva dovuto provvedere lei a sistemarle nuovamente.

Non che le fosse dispiaciuto, anzi era qualcosa che le permetteva di svuotare la mente.

Non a caso quando occludeva immaginava di rinchiudere tutti i suoi ricordi in palline di vetro splendenti e finimente decorate che appendeva con splendida simmetria nel suo perfetto e opulento albero mentale.

Un giorno, quando avrebbe avuto una casa tutta sua, era certa che avrebbe reso quell’albero realtà. E ai suoi rami avrebbe appeso tutti i suoi ricordi felici.

“Sai che in realtà l’albero è un sigillo magico? Quei bei festoni che ti piacciono tanto sono la rappresentazione sfavillante degli intestini dei nemici.”- chiosò una voce dietro di lei, apparendo dal nulla con un plop fin troppo sonoro per i suoi gusti.

“Bella, hai addirittura letto il libro che ti ho regalato lo scorso anno? Mi commuovi”- rimbeccò subito Andromeda, apparsa poco dopo la sorella.

“Non sai fare regali Drom, è ora che qualcuno te lo dica”- rispose pronta Bellatrix scuotendo la chioma di ricci corvini e buttandosi sul divano per contemplare il lavoro della loro sorellina.

“Volevo regalarti un vibratore ma Cissy me l’ha vietato”- Andromeda si sedette accanto a lei, strappandole una risata. La  guardò di sottecchi, cercando di valutare quanto sua sorella maggiore fosse definitivamente persa. 

“Lo avrei apprezzato invece… a volte una strega deve fare da sé per essere soddisfatta. E poi a volte Rodolphus fa così in fretta che neanche mi accorgo che ha finito… Per Merlino, giuro che lo strangolerei proprio a volte”- rispose stiracchiandosi la maggiore delle Black mentre Narcissa si lasciava sfuggire uno sospirò di esasperazione.

“Avresti voluto davvero aprirlo davanti a tutti i parenti? A zia WIlburga?”- chiese sedendosi accanto ad Andromeda, che l’abbracciò protettiva  prima di aggiungere.

“Guarda che zia Wilburga ne avrebbe davvero bisogno”.

Le sorelle maggiori ridacchiarono, facendo apparire dal nulla tre bicchieri e una caraffa di eggnogg speciale dei Black. Panna, spezie,uova, zucchero e tanto alcol che sarebbe  bastato ad ubriacare l’intera casata di tassorosso.

“Siete impossibili… a volte mi chiedo come facciamo ad essere sorelle”- si limitò a commentare prendendo il primo sorso della bevanda. Era calda e assurdamente alcolica. Eppure sapeva di casa. Loro tre, sul divano, a guardare l’albero e a fare discorsi assurdi.

Lo scorso anno di quei tempi Bellatrix aveva annunciato di essere entrata nel circolo privato di Lord Voldemort e ne era derivata un’enorme litigata con Andromeda che si era protratta per tutte le vacanze di Natale. Le due sorelle maggiori erano scese ad una tregua solo quando loro padre aveva provato a dire di aver raggiunto un accordo vantaggioso per il matrimonio di Narcissa, avendo già Bellatrix comunicato la sua relazione con Lestrange e avendo ben chiarito Andromeda che piuttosto che accettare un matrimonio combinato si sarebbe chiusa le ovaie. E quindi avevano ripiegato sulla bellissima, dolce e secondo il loro contorno pensiero remissiva terzogenita. Ovviamente non avevano avuto grandi difficoltà a trovare un pretendente, visto che era riconosciuta ormai pressochè universalmente come la più bella e educata debuttante degli ultimi decenni.

Ma non avevano fatto i conti con la testardaggine delle loro figlie, in perfetto stile Black. In primo luogo Narcissa, la loro bambolina senza cervello, che si era rifiutata categoricamente di sposare qualcuno che non amava. E poi di Andromeda e Bellatrix che quando avevano saputo degli stupidi piani dei loro genitori avevano messo in atto una vera e propria guerra, neanche troppo fredda. L’ala ovest ancora ne mostrava i segni, nonostante la ristrutturazione che avevano dovuto fare nei mesi successivi.

E alla fine l’avevano spuntata, almeno per il momento.

Si rannicchiò contro Andromeda, posandole la testa sulla spalla, lasciandosi cullare da quel tepore famigliare mentre il liquido caldo le scendeva nella gola, lasciandole un piacevole senso di torpore.

“Forse dovremmo regalarlo a te Cissy, di sicuro ti eviteresti un sacco di problemi con gli uomini. Anche se poi avresti decisamente delle aspettative irreali”- rise Bellatrix facendo volare un altro ciocco nel camino di marmo bianco e guardando le fiamme che si alzavano.

“A volte Rodolphus mi fa pena sai? Poi mi ricordo che razza di persona orribile sia e mi rimangio tutto”- sentì Andromeda rimbeccare. Sapeva bene che non stava scherzando. Lei e Rodolphus non si erano mai piaciuti,

“Però devo dire che si da un gran daffare. E tu Drom, vuoi dirci qualcosa del tuo misterioso amante?”

La sorella non rispose subito, prendendo un grosso sorso di liquido cremoso, senza fretta.

“Diciamo che non mi posso lamentare”- si limitò a commentare, mentre con le dita le pettinava i piano i capelli dorati che le ricadevano sulle spalle.

“ E se ci vado a letto e poi lui si stufa di me? Se non sono abbastanza brava? Se non gli piaccio”- si trovò a mormorare, le parole che le uscivano di bocca senza che riuscisse a fermarle.

Non c’era bisogno che dicesse a chi si stava riferendo.

“Credimi Cissy, nonostante tu abbia un pessimo gusto in fatto di uomini, ti posso assicurare che Lucius Malfoy non vede l’ora di passare la sua vita con te. Dentro e fuori da un letto”- le bisbigliare sua sorella sfiorandole la tempia con un bacio.

“Male che va avrai perso la tua verginità con uno che si è passato mezza scuola. A quanto si dice almeno dovrebbe sapere quello che fa…”- commentò invece Bellatrix, prosaica come sempre.

“Bella!”- Andromeda le rivolse uno sguardo di fuoco che però non fece più di tanto presa sulla maggiore delle Black.

“Vabbè ma se si comporta male lo possiamo sempre torturare, no? Almeno Cissy si toglierà la soddisfazione di farlo urlare in un modo o nell’altro…”

“Bella…”

La strega posò il bicchiere ormai vuoto sbuffando e alzando le mani in segno di resa.

“Stai diventando noiosa, Drom. Capisco che siete amici, ma non mi sembra di aver detto nulla di che. Vuoi la verità nuda e cruda, Cissy?La prima volta non è un gran che. Soprattutto se lui è un imbranato, ma in teoria questo problema dovresti averlo superato. Ma visto che sono tua sorella maggiore ti darò dei consigli. Uno, fregatene di quello che vuole lui. Pensa solo a te. A te va di farlo? Bene. A te non va? Caccialo a calci. Due, sempre e dico sempre, pozione anticoncezionale. Non ti fidare dei suoi incantesimi, i maschi sono già stupidi di loro figurati quando ragionano con il loro pene. Terzo. E’ sempre una questione di potere, ricordatelo. Potrai anche trovarci dell’amore, da sciocchina romantica che sei, ma prima di tutto è una questione di potere. Non fargli capire che è il primo, se lo sarà. Lascialo nel dubbio”

Andromeda alzò gli occhi al cielo. “Va bene i primi due consigli.. ma il terzo… sei seria? Ha quattordici anni per la misera.”
“I maschi sono stupidi. Lucius ancora di più.Non dico che deve mentire ma solo di non spiattellarglielo. E poi può sempre provare prima con qualcuno di cui non le importa niente, no? Tanto per vedere come va..”- replicò la mora sbattendo gli occhi con fare innocente-” O torniamo all’ipotesi vibratore. Le streghe sono elastiche, sai?”.

“Sei impossibile.”- si limitò a commentare Andormeda, constatando l’impossibilità di spuntarla quando Bellatrix faceva quei ragionamenti.

Narcissa chiuse gli occhi. In fondo Bellatrix non aveva tutti i torti. Era sempre un gioco di potere. Come quello che stava portando avanti in quei giorni.

Ed era per quello che aveva chiesto una modifica al suo abito per il galà di Natale dei Malfoy.

Ed era per quello che aveva in mente di portare con sé qualcosa di speciale per quella sera.

Qualcosa che le avrebbe finalmente svelato quello che Lucius Malfoy provava per lei.

Sorrise ripensando allo sguardo orripilato di Severus quando gli aveva spiegato il suo piano

E poi avrebbe pensato al futuro, se mai ce ne fosse stato uno per loro.


Quando era sgattaiolato fuori dalla casa mentre la via era ancora immersa in un soporoso tardo risveglio, l’aria ancora umida e fredda gli si appiccava addosso come un novello mantello dell’invisibilità. E a proposito di quello, non esisteva al mondo che sarebbe tornato nel suo tempo senza esserselo ripreso, avesse dovuto dare fuoco a tutto il Wiltishire per riprenderselo. Dannati geni Malfoy e la loro mania di mettere le mani su quello che decisamente non era roba loro. 

Si incamminò velocemente, la testa bassa per tagliare il vento sferzante che si era alzato da poco, le mani in tasca per non disperdere il piacevole calore che aveva appena lasciato.

Camminava a passo svelto, scansando i pochissimi passanti, eppure non poté fare a meno di scorgere di sfuggita il suo riflesso in una delle vetrine. Si fermò a guardarsi alla luce morbida del lampione magico. I capelli di suo padre, neri e ribelli, incuranti di qualsiasi tentativo di metterli in ordine. Ci aveva rinunciato da tempo a dire il vero, da quando non aveva più paura di essere quello strano, quello diverso. Da quando era stato ammesso ad Hogwarts, insomma.

Sirius lo scambiava spesso per suo padre e ora che l’aveva conosciuto non poteva dargli torto. Anzi, in fondo era per il suo padrino la massima espressione di affetto e stima.Sirius era pronto a morire per lui, su quello non c’era dubbio. Sperò solo che fosse pronto anche a vivere.

Sapeva che aveva ripreso da James lo spirito d’avventura, la lealtà, la passione per il volo e per il mettersi nei guai.

Ma gli occhi, gli occhi verdi brillanti che neanche gli occhiali dalla montatura tonda riuscivano a nascondere. quelli erano gli occhi di sua madre.

E da Lily, cos’altro aveva preso da lei? Ci aveva pensato a lungo, a come dovesse essere stata la sua vita. Se James era stato cresciuto dai maghi, e dopo averli conosciuti, si rendeva conto di quanto l’educazione attenta e amorevole dei suoi nonni avesse contribuito a formare il vero carattere del suo futuro padre. Forse era sul serio un bullo, di certo iperattivo, incurante di ogni pericolo… ma era solo un ragazzino. Sarebbe diventato un giovane uomo in grado di sfidare Voldemort e i suoi seguaci pur di non cedere all’odio e al terrore. Un amico leale. Un marito fedele. Un padre che si era sacrificato nell’estremo tentativo di proteggere la sua famiglia, pur nella consapevolezza che fosse un gesto disperato.

Ma lei? Sua madre era come lui, catapultata in un mondo in cui finalmente si riusciva a trovare un proprio posto, un proprio ruolo nel mondo. Dove non si era mostri. Ma al contrario suo che era stato ben felice di dire addio a Privet Drive numero 4 senza neanche voltarsi indietro, Lily aveva sofferto nel lasciare una famiglia che non la capiva? Nell’allontanarsi da quella sorella che la faceva sempre sentire sbagliata per correre incontro ad un nuovo mondo, ad un nuovo amore, ad una nuova famiglia, aveva mai provato rimorso?

E tutto era finito in una notte di Halloween, tra grida e dolore. E allo stesso tempo grazie al suo sacrificio tutto era iniziato di nuovo. Non era stata la forza, l’audacia o la saggezza a salvarlo quella notte.

No, era diventato il bambino sopravvissuto solo per amore di sua madre.

Si spostò un ciuffo nero sulla fronte e riprese il cammino.

Doveva arrivare nella Londra Babbana prima che Ron ed Hermione si svegliassero e iniziassero a rivoltare Diagon Alley per ritrovarlo. Era certo che Hermione avrebbe tirato fuori qualche ragionevole ed intelligente ma al contempo assolutamente inutile  spiegazione sul perchè non dovesse assolutamente incontrare sua madre, visto che ancora non aveva neanche ricevuto la sua lettera di ammissione.

Tutte cazzate, loro non potevano capire.

Quella notte di Halloween era  diventato leggenda.

Ma tutto quello che voleva in quel momento era poterla incontrare , almeno una volta,

Sua zia una volta si era lasciata sfuggire che prima di rifugiarsi in quelle rassicuranti villette a schiera aveva trascorso la sua infanzia in un popoloso quartiere della periferia di Londra. Se aveva fatto bene i conti da li a poco Lily sarebbe uscita per andare a scuola, uno degli ultimi giorni prima delle vacanze natalizie. Le ultime che avrebbe trascorso non sapendo di essere una maga.Ancora per poco, poco più di un mese e la sua vita sarebbe cambiata per sempre.

Nel corso degli anni aveva racimolato ogni minimo indizio sui suoi genitori, scavando e mettendo insieme i pezzi, come in un puzzle di migliaia di pezzi da fare senza alcun immagine di riferimento. Accenni, foto, frammenti di conversazione, racconti da chiunque fosse disposto a regalargli uno spiraglio sulla vita di Lily e James, Li aveva raccolti pazientemente e tenuti insieme in un quaderno con qualche pagina strappata che Dudley aveva buttato via perché infastidito dalla copertina monocolore. Era diventato il suo pensatoio, ben prima che sapesse cosa fosse. E l’aveva consumato a furia di sfogliarlo, imprimendosi ben bene ogni dettaglio nella mente. Così come l’album regalatogli da Hagrid che sembrava il perfetto compendio di voci e volti.

Per questo ebbe ben poche difficoltà nel trovare la casa, un edificio in mattoni rossi con davanti al portone un grosso olmo. Richiamò alla mente una foto che aveva trovato nascosta in un libro che ritraeva sua madre poco più che bambina che leggeva un libro arrampicata sull’albero, come se non fosse nel pieno di una città di milioni di abitanti. E un libro troppo grande per lei, che teneva tra le mani con fin troppa facilità. Magia, senza dubbio. Occultata pressoché alla perfezione. A quanto pareva prima che diventasse paranoico il Ministero non prestava molta attenzione alla magia dei minorenni fuori da Hogwarts.

Era immerso nei suoi pensieri quando notò la porta del palazzo aprirsi piano e una figurina dai lucidi e folti capelli rossi e una grossa cartella sulla schiena scendere le scale saltando da un gradino all'altro e canticchiando a mezza voce.

Quella voce.A volte l’aveva risentita nei suoi sogni. Sicuramente più adulta eppure anche in quella canzoncina infantile riusciva a ritrovare il timbro che l’aveva cullato e calmato ancora prima che fosse in grado di capire.

Harry rimase paralizzato a guardarla. Erano mesi che pensava a quel momento,ma non era riuscito a prepararsi nulla da dire.Come iniziare una conversazione con qualcuno che ti ha dato la vita ma che neanche può immaginare la tua esistenza?

Pensò di avvicinarla per caso, passarle vicino facendo finta di far cadere qualcosa, giusto per avere la scusa di parlarle.

E invece, come ormai doveva aver imparato dopo tanto tempo passato con Hermione, Ginny e Molly, non ebbe bisogno di fare niente.

Lily si era fermata sull’ultimo gradino, lo sguardo fisso nella sua direzione.

Harry pensò che lo avesse scambiato per un maniaco. O un ragazzetto balordo in cerca di guai. Ebbe il timore che si sarebbe messa ad urlare.

Invece  i grandi occhi verdi si spalancarono di una luce dolce, mentre le labbra si schiusero in un sorriso sincero,come quello che vedeva sempre nello specchio delle brame.

Harry imbarazzato sollevo la mano per salutare, e quando il sorriso della ragazzina si fece ancora più splendente,iniziò a sentirsi nervoso. Seguì il suo sguardo e si diede dell’idiota.

La bacchetta. Dal nervosismo senza rendersene conto aveva preso in mano la bacchetta. E ora l’agitava nel pieno di una strada babbana.

Davanti alla sua ancora ignara del mondo magico futura madre.

Magnifico.

“Ehm… posso spiegare…”- borbottò ricacciandosela velocemente nella giacca, mentre la Lily gli si era avvicinata trotterellando e senza mai perdere l’espressione di felicità sul suo voto.

“Sei un mago vero? Lo sapevo. Ti ho osservato prima dalla mia finestra…vedi è quella li su..”- chiese indicando con il dito una delle vetrate dalla quale si poteva intravedere una bella ghirlanda fiorita. Troppo fiorita, per essere esposta al freddo delle notti di inverno londinesi, a dire il vero- “Cercavi me?”

Harry annuì incapace di parlare.

E ora come se la sarebbe cavata.

Forse poteva trasformarsi in cane e scappare via.

Ma non poteva girarsi di fronte a quegli occhi che brillavano come smeraldi.

“Si.. io posso spiegare”- mentì passandosi nervosamente una mano tra i capelli scarmigliati.

La futura strega lo prese sottobraccio come se lo conoscesse da una vita e non da pochi minuti, iniziando ad incamminarsi sul lungo viale innevato .

“Ti ha mandato Severus vero? Mi ha scritto che non sarebbe tornato per le vacanze, ero così triste. E dimmi siete molto amici? Come sta? Mi ha detto che ci sono dei ragazzini impossibili a scuola…”- iniziò a tempestarlo di domande senza mai prendere fiato. Ed era un bene, perchè lui non avrebbe saputo cosa rispondere.

“Severus?”- chiese appena con un filo di voce.

Lei si fermò di colpo, squadrandolo sospettosa per la prima volta. “Si, Severus Piton. Ci siamo conosciuti la scorsa estate al fiume… ma da allora ci scriviamo tutte le settimane. E’ lui che ti ha mandato vero?”

Harry deglutì a fatica, la gola riarsa. Severus Piton e sua madre erano amici. Molto amici.

“E’ lui che ti ha parlato di Hogwarts?”

Lilly annuì : “Si, ero molto triste perchè nessuno capiva cosa  fossi. Ma lui mi ha detto che non era un problema di cosa ma di chi. Una maga. Anche se ufficialmente non avrei ancora dovuto scoprirlo… in realtà ho sempre saputo di essere….”

“Diversa?”

“Speciale. E’ questo l’aggettivo che ha usato. E io mi sono sentita davvero così. Unica. E anche Severus lo è sai?”

Ah speciale di sicuro lo era. Specialmente disturbato a dirla tutta.

Harry prese la palla al balzo. Al diavolo Piton, se per una volta in vita sua poteva essere di qualche aiuto fare il suo nome, non avrebbe certo esitato.

“Ehm, si certo. Sicuramente un grande pozionista. Un filo instabile mentalmente, se proprio devo dire”- non riuscì ad impedirsi di aggiungere.

Lily annuì soddisfatta della risposta. Sin da quando l’aveva intravisto accanto all’albero aveva sentito che quel ragazzo non era un pericolo. Anzi, aveva provato l’impulso irrefrenabile di infilarsi la divisa e scendere il più velocemente possibile in strada. Doveva conoscerlo, doveva parlargli. Non sapeva bene come, ma sapeva di doverlo fare.

Sentì lo stomaco brontolare. Non aveva fatto colazione per la fretta. Fortuna che all’angolo la caffetteria preparava un english breakfast che attirava mezza Londra.

Prese di nuovo sottobraccio il ragazzo sconosciuto, mentre una scossa le risaliva lungo la schiena .

“Ho fame. Ti va di fare colazione insieme?”- chiese

Il bambino sopravvissuto si sentì scaldare il cuore. Quante volte aveva sognato un momento del genere, pur vergognandosene.

“Con te? Sempre”




 

“Chissà perché ma me l’aspettavo diversa. Insomma niente toni lugubri, niente attrezzi di tortura, niente libri maledetti. Sei sicuro che sia una residenza dei Malfoy?”- chiese Ron buttandosi sul grande divano di pelle di una sfumatura di nocciola chiarissima, decisamente più morbidodi quello che pensava visti i proprietari. In realtà quell’ambiente era luminoso e accogliente. Niente di più lontano da quella famiglia di mangiamorte.

“E’ più grande di una scatola da scarpe quindi di certo non è una dei Weasley.. oh scusa Lenticchia, dimenticavo che tu  è già tanto che ne hai una di casa”- sbuffò Draco lanciandosi a sua volta su una poltrona e reclinando la testa all’indietro chiudendo gli occhi, cercando di cancellare dalla mente le ultime ore.

Grazie ai suoi mentalmente disturbati genitori adolescenti la maggior parte del viaggio di ritorno era stato un incubo. E aveva sentito commenti e battute che decisamente nessuno avrebbe voluto sentire uscire da chi ti ha messo al mondo. Neanche il fatto che suo nonno avesse mandato Krippy ad attendere i gemelli e suo padre era riuscito a sollevargli l’umore, anche se era ben grato di non averlo dovuto rivedere.

Pansy sbuffò sdraiandosi per lungo sul divano, la testa sul bracciolo vicino a dove era seduto il suo compagno di casa e le gambe affusolate sull’altro, bloccando il grifondoro in un angolo.

“Non c’è niente da mangiare in questo posto? Ma dove sono finiti gli elfi?”-chiese allungandosi pigramente, facendo ben in modo di occupare anche quel poco di spazio che aveva lasciato libero e di piantare il calcagno nel petto del rosso.

“Elfi?”- la voce di Hermione era calma, ma nessuno si faceva illusioni su cosa celasse quella parvenza di noncurante normalità.

“Si, Granger, elfi. Dobbiamo stare qui qualche giorno, va bene che possiamo andare a mangiare fuori ma come facciamo se ci viene voglia di qualcosa di sfizioso? E per il tè? E le cose da lavare? Pretendi che mettiamo gli stessi vestiti per giorni?”- elencò la mora  parlando piano, come si fa con i bambini piccoli o con qualcuno che non comprende la tua lingua.

“Ah se solo avessimo delle appendici alla fine delle braccia dotate di pollici opponibili. E che addirittura possono usare una bacchetta”- ringhiò la grifondoro. Draco si costrinse ad aprire gli occhi, lanciandole un’occhiata di sfuggita e non potendo fare a meno di notare con apprensione e anche un filo di eccitazione che gli occhi iniziavano a perdere la sfumatura mielata per iniziare a virare verso una preoccupante nuance da fiamme dell’inferno che solitamente non presagiva nulla di buono.

“Granger, senti, queste cose vanno bene per i poveri. Lo vuoi capire? Io non uso la mia magia per una cosa banale come prepararmi da mangiare. E poi bisogna comunque andare a comprare il cibo. Tu sul serio pensi che io possa anche solo pensare di entrare in un negozio di alimentari?”- rimbeccò la serpeverde sgranando gli occhi come se le avessero appena chiesto di buttarsi dall’attico senza bacchetta.

Harry, appoggiato contro lo stipite della finestra ridacchiò godendosi la scena. Già la sceneggiata del treno, con Malfoy sull’orlo di una crisi di nervi era stata divertente, Ma se Hermione fosse dovuta vivere anche solo per pochi giorni con un elfo domestico la si che ci sarebbe stato da ridere.

E poi ci fu un plop.

Lunghe orecchie e dita puntute. Occhi dolci grandi e globulosi.E un grande fiocco scozzese sulla testa. 

“Cockey!”- urlò Ron con un gran sorriso alzandosi in piedi di scatto, dimentico delle gambe della serpeverde appoggiate sul suo grembo, nonostante fino a poco prima fosse intento a disegnare cerchi con la punta delle dita sulla pelle sensibile dell’interno coscia lasciato scoperto dalle calze che arrivavano poco sopra il ginocchio, provocando non solo la caduta della suddetta serpeverde sul soffice tappeto d’angora ma anche una pioggia di imprecazioni non proprio signorili.

“Signorino Ron! La padrona ha detto che in questi giorni dovevo venire ad accudire il padroncino. Non si fida di nessun altro, signorino Ron. E il professor Silente ha detto che Cockey poteva andare, che era una cosa importante. Cockey è molto fiera che la padrona si fidi di lei. Molto fiera, davvero”

“Il padroncino ha un'età per la quale può accudirsi da solo, non credi ?” - sibilò Hermione lanciando uno sguardo furioso a Draco che nel frattempo era riuscito a mettere su la sua migliore faccia da cucciolo innocente.

Subito le orecchie dell’elfo si afflosciarono, mentre gli occhi sporgenti dell’elfa si riempivano di lacrime.

“Ma  miss… non vuole Cockey? Cockey ha fatto qualcosa di male, miss? “--chiese con voce rotta.

A parte farci quasi morire divorati da spiriti degli alberi piuttosto incazzati,niente, pensò il bambino sopravvissuto. 

“No Cockey, figurati. E’ che Hermione vorrebbe che tu non facessi le cose perchè ti vengono ordinate… ma ecco ….perché lo vuoi”- si limitò invece a dire, riuscendo a far almeno smettere le piccole spalle ossute di tremare.

“Ed essere pagata per farlo”- mormorò a voce bassa la giovane strega, non riuscendo a tacere.

Gli occhi dell’elfa si sgranarono fino a raggiungere delle dimensioni preoccupanti.

“ E la famiglia Miss? Cockey sarebbe un elfo senza famiglia”- balbettò

“Saresti un elfo libero, Cockey, non vuoi essere un elfo libero?”- provò in tono più dolce la giovane strega accovacciandosi alla sua altezza e cercando di prenderla per le spalle per calmarla,

Per tutta risposta però Cockey lanciò un urlo straziante iniziando a sbattere la testa contro il divano, mentre Hermione la guardava tra il terrorizzato e lo sconsolato.

Draco sbuffò alzandosi a sua volta : “Oh andiamo Granger, ma che cazzo. Ma ti sembra il modo di dire le cose?”

“Scusami? Le ho solo prospettato di lasciare una vita di servilismo, insulti e soprusi a favore di una degna e libera…”- provò a ribattere ma fu interrotta da una serie di strilli sempre più acuti che provenivano dall’esserino tremolante.

“E piantala con queste cazzate che sennò dobbiamo preoccuparci di togliere cervello di elfo dal divano. E spiegare a mia nonna perchè le abbiamo accoppato l’elfo. Oltre al fatto che io non crescerò più con l’ottima cucina di Cockey … dove la troviamo un’altra elfa che sa curare e cucinare come lei, genio?”

A sentire quelle che alle sue povere orecchie e sicuramente non nella mente di chi le aveva pronunciate erano dei complimenti l’elfa per un momento si fermò guardando Draco con occhi lacrimosi.

“Al padroncino piace la mia cucina, padroncino?”

Draco annuì “ Ovvio. Anche se apprezzo ancora di più le tue doti di guaritrice. E ora, visto che di queste non ce n’è bisogno, perchè non ci prepari una bella cena?”

Cockey si risollevò, stringendosi le orecchie eccitata. Prima però di dirigersi verso la cucina si girò a guardare Hermione titubante .

La grifondoro sospirò alzando le mani : “Si Cockey, mi piacerebbe molto se ci cucinassi la cena”.

L’elfa finalmente sollevata se ne andò saltellando, iniziando ad elencare tutto quello che avrebbe cucinato nel dettaglio, partendo da ogni singolo ingrediente.

Harry la guardò allontanarsi perplesso, poi si rivolse verso l’amica ghignando : “Che c’è… fai le prove per comandare gli elfi domestici?”

Per fortuna che anni di allenamento come cercatore gli avevano garantito riflessi fulminei e molto allenati, altrimenti il vaso di cristallo che un momento prima era poggiato sul tavolino accanto alla sua migliore amica e quello dopo viaggiava nella direzione della sua testa lo avrebbe centrato in pieno.

“Bel tiro  Granger”- non potè fare a meno di commentare Pansy con uno sguardo di ammirazione, maggiassandosi il fianco che aveva battuto poco prima e interrompendo la sua litania su tutti i modi in cui avrebbe ucciso Ron appena ne fosse stata in grado.

Mentre stava per ripetere il secondo lancio sulla serpeverde  Draco la prese per mano e la trascinò fuori dalla porta, prendendo al volo i cappotti che Cockey gli stava porgendo.

“Noi andiamo a farci un giro, non aspettateci alzati”- disse a mo’ di saluto neanche troppo educato “Scusa Cockey,sarà per un’altra volta”.

L’elfa annui senza dare stranamente di matto, battendo le mani, Prima o poi avrebbe cucinato una fantastica cena per la signorina Granger direttamente al Maniero..

“Ehi aspetta dove pensi di andare”- cercò di fermarlo senza che però il biondo la stesse a sentire.

“Seratina romantica, Granger. Direi che ne abbiamo un gran bisogno”- le disse prendendole il viso tra le mani e baciandola appena.

Hermione lo strinse a sè, sorridendo sotto le sue labbra.

Si quello poteva essere un buon modo per farle dimenticare che avrebbe dovuto fare la negreria per qualche giorno.

E meglio per lui se si fosse dato da fare.






 

Quando erano tornati a casa era già notte inoltrata e la casa era immersa in un silenzio surreale,l’unico rumore che si sentiva era il russare dell’elfa sdraiata sotto il tavolo della cucina, immersa in un sonno profondo e con un gran sorriso stampato sulla faccia. 

Non sapeva bene come fosse accaduto  ma il fatto che avessero lasciato loro la camera d’angolo con la vista sull’intera Diagon Alley illuminata dalle luci dorate del Natale era stata probabilmente opera di Cockey, nonostante la smaccata fascinazione che aveva per Ron.

Anche il disegno di loro due fatto con petali di rosa magicamente animati sopra il copriletto candido era decisamente indice dello zampino ossuto dell'elfo domestico.  A meno che Pansy non fosse definitivamente uscita di senno.

Terzo indizio: il cestino da pic nic ricolmo di ogni tipo di leccornia scampata alle fauci di quei tre mostri divoratori che in quel momento stavano dormendo della grossa, e che era stato lasciato accanto alla finestra, con delle candele fluttuanti  ad illuminare la mise en place in puro argento e porcellana decorata a mano.

Anche se avevano rischiato che Draco buttasse dalla ricca vetrata decorata non solo quello che in effetti era un attacco d’arte un po’ troppo vivido, ma anche il letto e da ultimo il dolcissimo essere dalle orecchie puntute che così amorevolmente aveva lavorato per loro, il resto della serata era stato decisamente piacevole. 

E come promesso il serpeverde si era dato decisamente da fare.

Era per questo  che quando fu svegliata da una meravigliosa melodia proveniente da una delle stanze che la sera prima non avevano fatto in tempo  a visitare, Hermione ne fu decisamente meravigliata.

Si girò stiracchiandosi nel letto e rotolando nel posto ancora caldo lasciato da Draco. Diede un’occhiata all’orologio. Erano a malapena le otto. Nonostante nessuno potesse davvero trovare irritante un’ esibizione così perfetta, era decisamente un po’ troppo presto per gli standard degli altri abitanti della casa.

Si alzò di malavoglia, cercando di capire dove fossero andati a finire i vestiti di cui si era sbarazzata il più velocemente possibile la sera prima. Nonostante l’idea di sorprendere Draco con solo una tazza di caffè nero in mano, l’idea di incrociare Ron e Harry completamente svestita la convinse ad infilarsi una delle vestaglie di seta dipinta che trovò nella cabina armadio. La mise lentamente, assaporando la carezza del tessuto morbido e prezioso contro la pelle nuda, piacevole quasi quanto quello delle lenzuola che l’avevano avvolta durante le poche ore di sonno.

Ravvivandosi i ricci spettinati cercò di seguire il suono della musica. Era così familiare, così intima. Eppure c’era qualcosa di diverso rispetto a tutte le volte che Draco aveva suonato per lei, come un’ombra oscura che si sprigionava con forza dai tasti.

Aprì piano la porta imbottita che girò sui cardini senza fare alcun rumore, così come lei mentre camminava scalza sullo spesso tappeto persiano, avvicinandosi piano alla figura di spalle china sul pianoforte. Suonava con la naturalezza di chi lo fa da anni, la testa chiarissima china sui tasti, leggermente piegata di lato, come a poter seguire meglio la melodia, il profilo affilato che si intravedeva appena.

Si chinò su di lui, il seno appena coperto dalla stoffa sottile contro la sua schiena mentre si chinava a dargli un bacio sul collo,facendogli scivolare le mani lungo il torace sino alla linea sensibile dell’addome.

“Non ti sembra un po’ presto per suonare?”- gli chiese mordicchiandogli la pelle morbida e bianca.

La musica cessò, ma non nel modo in cui si era aspettata. Invece di girarsi a catturare le labbra in un bacio appassionato lo sentì irrigidirsi.

Hermione aprì gli occhi.

Si era sempre sentita dire quanto fosse intelligente.

La strega più intelligente della sua generazione, dicevano in molti.

Eppure non ci aveva pensato.

Quello non era Draco.

QUELLO

NON

ERA 

DRACO.

Aveva appena fatto un succhiotto  a Lucius Malfoy.

Il padre del suo fidanzato

Quello che odiava i babbani

Lo stesso che aveva messo un diario maledetto nel calderone di Ginny Weasley perché liberasse un mostro divora babbani.

Gli aveva praticamente spalmato le tette addosso

L’ex mangiamorte.

Che ora si massaggiava il collo dove già stava facendo la sua comparsa un bel segno rosso dell’esatta misura della sua bocca.

Che era il padre del suo fidanzato, era già stato detto?

“Ehm Granger, grazie ma no grazie. Apprezzo il gesto eh, solo che di solito non sono abituato a saluti così  espansivi. Ed è esattamente in questo modo che è iniziata con la Lodge, che Salazar serpeverde la fulmini.E Narcissa ancora sta meditando di uccidermi. Ti rendi conto? Io le dico che la amo e lei che mi vuole buttare dalla torre di astronomia. Sono pazzi i Black, lo sai si?”

Perchè invece i Malfoy. …avrebbe voluto rispondergli.

Ma non ci riuscì. L’unica cosa che fu in grado di fare fu lanciare un urlo che avrebbero sentito anche a Villa Black, dovunque diavolo fosse.

L’abitudine la portò a stringere le nocche, come se avesse in mano la bacchetta. Merlino, come un’idiota l’aveva lasciata in camera. Neanche fu cosciente di aver stretto sempre di più la mano, fino a che divenne un pugno.

E ancora meno fu quando la vide alzarsi e caricare all’indietro, quasi staccata dalla sua volontà.

Ma quando il suo pugno impattò contro l’aristocratico zigomo di Lucius Malfoy ne fu estremamente soddisfatta.

E al diavolo la magia.

Le lezioni di kick boxing che aveva preso con Luna e Ginny avevano decisamente dato i suoi frutti.

Sospirò di sollievo, scuotendo la mano indolenzita, mentre gli occhi grigi del futuro Lord Malfoy si spalancavano di indignazione e sorpresa. E anche un velo di ammirazione.

Ma non ebbe in tempo di fare nulla perché richiamati dal suo grido Pansy e Ron, decisamente poco vestiti, si precipitarono nella sala, le bacchette alla mano.

Ma quei due non furono di grande aiuto

Alla vista di Hermione Granger mezza nuda, la vestaglia aperta che mostrava molto di più di quello che avrebbe voluto, e di un Lucius Malfoy con un occhio nero li nel salotto della casa dove stavano abitando da meno di dodici ore, la reazione dei due fu molto diversa ma in entrambi i casi molto poco utile.

Ron avvampò di rabbia, la faccia che assumeva la stessa sfumatura dei suoi capelli e uno sguardo omicida negli occhi tale che la grifondoro gli si buttò davanti per evitare che davvero la possibilità di avere una progenie biondo platino nel futuro venisse seriamente compromessa.

Pansy invece iniziò a ridere di gusto, come da tempo non le accadeva, a tal punto da doversi buttare sulla poltrona in preda ad un attacco di convulsioni quando anche Draco fece il suo frettoloso ingresso, ancora mezzo insaponato e con un asciugamano a malapena tenuto sui fianchi.

“Granger ma cosa hai da urlare…”- iniziò a bofonchiare, gettando uno sguardo a Pansy in bralette e culotte incapace di contenere le risate che aumentavano di intensità ogni volta che lo guardava. E poi c’era la donnola, in quelli che secondo lui erano boxer ma che probabilmente erano fatti di peli di cane riciclato, visto il tessuto. Donnola in mutande davanti ad Hermione, la sua Hermione, a malapena coperta da un ridicolmente corta vestaglia da camera dalla quale occhieggiava un seno morbido ed invitante più di quanto fosse necessario. Ma cos’era una cazzo di orgia? Con Weasley poi? Ma erano seri?

E poi capì il perché dell’ilarità di Pansy. E della rabbia di Weasley. E dell’imbarazzo furioso di Hermione.

Sbattè un paio di volte gli occhi, incapace che stesse succedendo sul serio.

Per fortuna o per sfortuna l’unica che ebbe la prontezza di reagire prima che lo vedesse con il suo vero aspetto fu Cockey. Peccato che per farlo gli rovesciò addosso un secchio di quella che sembrava viscido slime di vomito di unicorno ubriaco di glitter.

“Che caratterino…mi ricordi quella squinternata di Andromeda.”- tubò Lucius sbattendo con fare innocente l’unico occhio che riusciva ad aprire ancora decentemente -” E ora che ci siamo tutti, sarebbe ora di andare a fare colazione. Sempre che vogliate avere il buon gusto di vestirvi, per Merlino..cos’è siete una comune di nudisti?”

E quello che spiccava sul collo di suo padre era decisamente un succhiotto.

Neanche provò a chiedersi di chi.

Era tutta colpa di Potter.

Se non fosse stato per lo sfregiato sopravvissuto lui a quell’ora se ne sarebbe stato nel suo tempo a passare il pomeriggio a baciare ogni centimetro della pelle profumata della Granger.

E a  proposito dello sfregiato.

Dove cazzo era andato a finire?

.

 

Tutto era finalmente perfetto. Aveva impiegato quasi tutta la notte affinché ogni angolo di Villa Black fosse esattamente come doveva essere. 

Anche l’albero principale era finalmente esattamente come se l’era immaginato nella sua testa. Appena entrata, la Villa ancora immersa nel silenzio, non aveva potuto fare a meno di notare come decisamente gli efi  avessero fatto un caos con le decorazioni naalizie.

Come ogni anno.

E come ogni anno aveva dovuto provvedere lei a sistemarle nuovamente.

Non che le fosse dispiaciuto, anzi era qualcosa che le permetteva di svuotare la mente.

Non a caso quando occludeva immaginava di rinchiudere tutti i suoi ricordi in palline di vetro splendenti e finimente decorate che appendeva con splendida simmetria nel suo perfetto e opulento albero mentale.

Un giorno, quando avrebbe avuto una casa tutta sua, era certa che avrebbe reso quell’albero realtà. E ai suoi rami avrebbe appeso tutti i suoi ricordi felici.

“Sai che in realtà l’albero è un sigillo magico? Quei bei festoni che ti piacciono tanto sono la rappresentazione sfavillante degli intestini dei nemici.”- chiosò una voce dietro di lei, apparendo dal nulla con un plop fin troppo sonoro per i suoi gusti.

“Bella, hai addirittura letto il libro che ti ho regalato lo scorso anno? Mi commuovi”- rimbeccò subito Andromeda, apparsa poco dopo la sorella.

“Non sai fare regali Drom, è ora che qualcuno te lo dica”- rispose pronta Bellatrix scuotendo la chioma di ricci corvini e buttandosi sul divano per contemplare il lavoro della loro sorellina.

“Volevo regalarti un vibratore ma Cissy me l’ha vietato”- Andromeda si sedette accanto a lei, strappandole una risata. La  guardò di sottecchi, cercando di valutare quanto sua sorella maggiore fosse definitivamente persa. 

“Lo avrei apprezzato invece… a volte una strega deve fare da sé per essere soddisfatta. E poi a volte Rodolphus fa così in fretta che neanche mi accorgo che ha finito… Per Merlino, giuro che lo strangolerei proprio a volte”- rispose stiracchiandosi la maggiore delle Black mentre Narcissa si lasciava sfuggire uno sospirò di esasperazione.

“Avresti voluto davvero aprirlo davanti a tutti i parenti? A zia WIlburga?”- chiese sedendosi accanto ad Andromeda, che l’abbracciò protettiva  prima di aggiungere.

“Guarda che zia Wilburga ne avrebbe davvero bisogno”.

Le sorelle maggiori ridacchiarono, facendo apparire dal nulla tre bicchieri e una caraffa di eggnogg speciale dei Black. Panna, spezie,uova, zucchero e tanto alcol che sarebbe  bastato ad ubriacare l’intera casata di tassorosso.

“Siete impossibili… a volte mi chiedo come facciamo ad essere sorelle”- si limitò a commentare prendendo il primo sorso della bevanda. Era calda e assurdamente alcolica. Eppure sapeva di casa. Loro tre, sul divano, a guardare l’albero e a fare discorsi assurdi.

Lo scorso anno di quei tempi Bellatrix aveva annunciato di essere entrata nel circolo privato di Lord Voldemort e ne era derivata un’enorme litigata con Andromeda che si era protratta per tutte le vacanze di Natale. Le due sorelle maggiori erano scese ad una tregua solo quando loro padre aveva provato a dire di aver raggiunto un accordo vantaggioso per il matrimonio di Narcissa, avendo già Bellatrix comunicato la sua relazione con Lestrange e avendo ben chiarito Andromeda che piuttosto che accettare un matrimonio combinato si sarebbe chiusa le ovaie. E quindi avevano ripiegato sulla bellissima, dolce e secondo il loro contorno pensiero remissiva terzogenita. Ovviamente non avevano avuto grandi difficoltà a trovare un pretendente, visto che era riconosciuta ormai pressochè universalmente come la più bella e educata debuttante degli ultimi decenni.

Ma non avevano fatto i conti con la testardaggine delle loro figlie, in perfetto stile Black. In primo luogo Narcissa, la loro bambolina senza cervello, che si era rifiutata categoricamente di sposare qualcuno che non amava. E poi di Andromeda e Bellatrix che quando avevano saputo degli stupidi piani dei loro genitori avevano messo in atto una vera e propria guerra, neanche troppo fredda. L’ala ovest ancora ne mostrava i segni, nonostante la ristrutturazione che avevano dovuto fare nei mesi successivi.

E alla fine l’avevano spuntata, almeno per il momento.

Si rannicchiò contro Andromeda, posandole la testa sulla spalla, lasciandosi cullare da quel tepore famigliare mentre il liquido caldo le scendeva nella gola, lasciandole un piacevole senso di torpore.

“Forse dovremmo regalarlo a te Cissy, di sicuro ti eviteresti un sacco di problemi con gli uomini. Anche se poi avresti decisamente delle aspettative irreali”- rise Bellatrix facendo volare un altro ciocco nel camino di marmo bianco e guardando le fiamme che si alzavano.

“A volte Rodolphus mi fa pena sai? Poi mi ricordo che razza di persona orribile sia e mi rimangio tutto”- sentì Andromeda rimbeccare. Sapeva bene che non stava scherzando. Lei e Rodolphus non si erano mai piaciuti,

“Però devo dire che si da un gran daffare. E tu Drom, vuoi dirci qualcosa del tuo misterioso amante?”

La sorella non rispose subito, prendendo un grosso sorso di liquido cremoso, senza fretta.

“Diciamo che non mi posso lamentare”- si limitò a commentare, mentre con le dita le pettinava i piano i capelli dorati che le ricadevano sulle spalle.

“ E se ci vado a letto e poi lui si stufa di me? Se non sono abbastanza brava? Se non gli piaccio”- si trovò a mormorare, le parole che le uscivano di bocca senza che riuscisse a fermarle.

Non c’era bisogno che dicesse a chi si stava riferendo.

“Credimi Cissy, nonostante tu abbia un pessimo gusto in fatto di uomini, ti posso assicurare che Lucius Malfoy non vede l’ora di passare la sua vita con te. Dentro e fuori da un letto”- le bisbigliare sua sorella sfiorandole la tempia con un bacio.

“Male che va avrai perso la tua verginità con uno che si è passato mezza scuola. A quanto si dice almeno dovrebbe sapere quello che fa…”- commentò invece Bellatrix, prosaica come sempre.

“Bella!”- Andromeda le rivolse uno sguardo di fuoco che però non fece più di tanto presa sulla maggiore delle Black.

“Vabbè ma se si comporta male lo possiamo sempre torturare, no? Almeno Cissy si toglierà la soddisfazione di farlo urlare in un modo o nell’altro…”

“Bella…”

La strega posò il bicchiere ormai vuoto sbuffando e alzando le mani in segno di resa.

“Stai diventando noiosa, Drom. Capisco che siete amici, ma non mi sembra di aver detto nulla di che. Vuoi la verità nuda e cruda, Cissy?La prima volta non è un gran che. Soprattutto se lui è un imbranato, ma in teoria questo problema dovresti averlo superato. Ma visto che sono tua sorella maggiore ti darò dei consigli. Uno, fregatene di quello che vuole lui. Pensa solo a te. A te va di farlo? Bene. A te non va? Caccialo a calci. Due, sempre e dico sempre, pozione anticoncezionale. Non ti fidare dei suoi incantesimi, i maschi sono già stupidi di loro figurati quando ragionano con il loro pene. Terzo. E’ sempre una questione di potere, ricordatelo. Potrai anche trovarci dell’amore, da sciocchina romantica che sei, ma prima di tutto è una questione di potere. Non fargli capire che è il primo, se lo sarà. Lascialo nel dubbio”

Andromeda alzò gli occhi al cielo. “Va bene i primi due consigli.. ma il terzo… sei seria? Ha quattordici anni per la misera.”
“I maschi sono stupidi. Lucius ancora di più.Non dico che deve mentire ma solo di non spiattellarglielo. E poi può sempre provare prima con qualcuno di cui non le importa niente, no? Tanto per vedere come va..”- replicò la mora sbattendo gli occhi con fare innocente-” O torniamo all’ipotesi vibratore. Le streghe sono elastiche, sai?”.

“Sei impossibile.”- si limitò a commentare Andormeda, constatando l’impossibilità di spuntarla quando Bellatrix faceva quei ragionamenti.

Narcissa chiuse gli occhi. In fondo Bellatrix non aveva tutti i torti. Era sempre un gioco di potere. Come quello che stava portando avanti in quei giorni.

Ed era per quello che aveva chiesto una modifica al suo abito per il galà di Natale dei Malfoy.

Ed era per quello che aveva in mente di portare con sé qualcosa di speciale per quella sera.

Qualcosa che le avrebbe finalmente svelato quello che Lucius Malfoy provava per lei.

Sorrise ripensando allo sguardo orripilato di Severus quando gli aveva spiegato il suo piano

E poi avrebbe pensato al futuro, se mai ce ne fosse stato uno per loro.


Quando era sgattaiolato fuori dalla casa mentre la via era ancora immersa in un soporoso tardo risveglio, l’aria ancora umida e fredda gli si appiccava addosso come un novello mantello dell’invisibilità. E a proposito di quello, non esisteva al mondo che sarebbe tornato nel suo tempo senza esserselo ripreso, avesse dovuto dare fuoco a tutto il Wiltishire per riprenderselo. Dannati geni Malfoy e la loro mania di mettere le mani su quello che decisamente non era roba loro. 

Si incamminò velocemente, la testa bassa per tagliare il vento sferzante che si era alzato da poco, le mani in tasca per non disperdere il piacevole calore che aveva appena lasciato.

Camminava a passo svelto, scansando i pochissimi passanti, eppure non poté fare a meno di scorgere di sfuggita il suo riflesso in una delle vetrine. Si fermò a guardarsi alla luce morbida del lampione magico. I capelli di suo padre, neri e ribelli, incuranti di qualsiasi tentativo di metterli in ordine. Ci aveva rinunciato da tempo a dire il vero, da quando non aveva più paura di essere quello strano, quello diverso. Da quando era stato ammesso ad Hogwarts, insomma.

Sirius lo scambiava spesso per suo padre e ora che l’aveva conosciuto non poteva dargli torto. Anzi, in fondo era per il suo padrino la massima espressione di affetto e stima.Sirius era pronto a morire per lui, su quello non c’era dubbio. Sperò solo che fosse pronto anche a vivere.

Sapeva che aveva ripreso da James lo spirito d’avventura, la lealtà, la passione per il volo e per il mettersi nei guai.

Ma gli occhi, gli occhi verdi brillanti che neanche gli occhiali dalla montatura tonda riuscivano a nascondere. quelli erano gli occhi di sua madre.

E da Lily, cos’altro aveva preso da lei? Ci aveva pensato a lungo, a come dovesse essere stata la sua vita. Se James era stato cresciuto dai maghi, e dopo averli conosciuti, si rendeva conto di quanto l’educazione attenta e amorevole dei suoi nonni avesse contribuito a formare il vero carattere del suo futuro padre. Forse era sul serio un bullo, di certo iperattivo, incurante di ogni pericolo… ma era solo un ragazzino. Sarebbe diventato un giovane uomo in grado di sfidare Voldemort e i suoi seguaci pur di non cedere all’odio e al terrore. Un amico leale. Un marito fedele. Un padre che si era sacrificato nell’estremo tentativo di proteggere la sua famiglia, pur nella consapevolezza che fosse un gesto disperato.

Ma lei? Sua madre era come lui, catapultata in un mondo in cui finalmente si riusciva a trovare un proprio posto, un proprio ruolo nel mondo. Dove non si era mostri. Ma al contrario suo che era stato ben felice di dire addio a Privet Drive numero 4 senza neanche voltarsi indietro, Lily aveva sofferto nel lasciare una famiglia che non la capiva? Nell’allontanarsi da quella sorella che la faceva sempre sentire sbagliata per correre incontro ad un nuovo mondo, ad un nuovo amore, ad una nuova famiglia, aveva mai provato rimorso?

E tutto era finito in una notte di Halloween, tra grida e dolore. E allo stesso tempo grazie al suo sacrificio tutto era iniziato di nuovo. Non era stata la forza, l’audacia o la saggezza a salvarlo quella notte.

No, era diventato il bambino sopravvissuto solo per amore di sua madre.

Si spostò un ciuffo nero sulla fronte e riprese il cammino.

Doveva arrivare nella Londra Babbana prima che Ron ed Hermione si svegliassero e iniziassero a rivoltare Diagon Alley per ritrovarlo. Era certo che Hermione avrebbe tirato fuori qualche ragionevole ed intelligente ma al contempo assolutamente inutile  spiegazione sul perchè non dovesse assolutamente incontrare sua madre, visto che ancora non aveva neanche ricevuto la sua lettera di ammissione.

Tutte cazzate, loro non potevano capire.

Quella notte di Halloween era  diventato leggenda.

Ma tutto quello che voleva in quel momento era poterla incontrare , almeno una volta,

Sua zia una volta si era lasciata sfuggire che prima di rifugiarsi in quelle rassicuranti villette a schiera aveva trascorso la sua infanzia in un popoloso quartiere della periferia di Londra. Se aveva fatto bene i conti da li a poco Lily sarebbe uscita per andare a scuola, uno degli ultimi giorni prima delle vacanze natalizie. Le ultime che avrebbe trascorso non sapendo di essere una maga.Ancora per poco, poco più di un mese e la sua vita sarebbe cambiata per sempre.

Nel corso degli anni aveva racimolato ogni minimo indizio sui suoi genitori, scavando e mettendo insieme i pezzi, come in un puzzle di migliaia di pezzi da fare senza alcun immagine di riferimento. Accenni, foto, frammenti di conversazione, racconti da chiunque fosse disposto a regalargli uno spiraglio sulla vita di Lily e James, Li aveva raccolti pazientemente e tenuti insieme in un quaderno con qualche pagina strappata che Dudley aveva buttato via perché infastidito dalla copertina monocolore. Era diventato il suo pensatoio, ben prima che sapesse cosa fosse. E l’aveva consumato a furia di sfogliarlo, imprimendosi ben bene ogni dettaglio nella mente. Così come l’album regalatogli da Hagrid che sembrava il perfetto compendio di voci e volti.

Per questo ebbe ben poche difficoltà nel trovare la casa, un edificio in mattoni rossi con davanti al portone un grosso olmo. Richiamò alla mente una foto che aveva trovato nascosta in un libro che ritraeva sua madre poco più che bambina che leggeva un libro arrampicata sull’albero, come se non fosse nel pieno di una città di milioni di abitanti. E un libro troppo grande per lei, che teneva tra le mani con fin troppa facilità. Magia, senza dubbio. Occultata pressoché alla perfezione. A quanto pareva prima che diventasse paranoico il Ministero non prestava molta attenzione alla magia dei minorenni fuori da Hogwarts.

Era immerso nei suoi pensieri quando notò la porta del palazzo aprirsi piano e una figurina dai lucidi e folti capelli rossi e una grossa cartella sulla schiena scendere le scale saltando da un gradino all'altro e canticchiando a mezza voce.

Quella voce.A volte l’aveva risentita nei suoi sogni. Sicuramente più adulta eppure anche in quella canzoncina infantile riusciva a ritrovare il timbro che l’aveva cullato e calmato ancora prima che fosse in grado di capire.

Harry rimase paralizzato a guardarla. Erano mesi che pensava a quel momento,ma non era riuscito a prepararsi nulla da dire.Come iniziare una conversazione con qualcuno che ti ha dato la vita ma che neanche può immaginare la tua esistenza?

Pensò di avvicinarla per caso, passarle vicino facendo finta di far cadere qualcosa, giusto per avere la scusa di parlarle.

E invece, come ormai doveva aver imparato dopo tanto tempo passato con Hermione, Ginny e Molly, non ebbe bisogno di fare niente.

Lily si era fermata sull’ultimo gradino, lo sguardo fisso nella sua direzione.

Harry pensò che lo avesse scambiato per un maniaco. O un ragazzetto balordo in cerca di guai. Ebbe il timore che si sarebbe messa ad urlare.

Invece  i grandi occhi verdi si spalancarono di una luce dolce, mentre le labbra si schiusero in un sorriso sincero,come quello che vedeva sempre nello specchio delle brame.

Harry imbarazzato sollevo la mano per salutare, e quando il sorriso della ragazzina si fece ancora più splendente,iniziò a sentirsi nervoso. Seguì il suo sguardo e si diede dell’idiota.

La bacchetta. Dal nervosismo senza rendersene conto aveva preso in mano la bacchetta. E ora l’agitava nel pieno di una strada babbana.

Davanti alla sua ancora ignara del mondo magico futura madre.

Magnifico.

“Ehm… posso spiegare…”- borbottò ricacciandosela velocemente nella giacca, mentre la Lily gli si era avvicinata trotterellando e senza mai perdere l’espressione di felicità sul suo voto.

“Sei un mago vero? Lo sapevo. Ti ho osservato prima dalla mia finestra…vedi è quella li su..”- chiese indicando con il dito una delle vetrate dalla quale si poteva intravedere una bella ghirlanda fiorita. Troppo fiorita, per essere esposta al freddo delle notti di inverno londinesi, a dire il vero- “Cercavi me?”

Harry annuì incapace di parlare.

E ora come se la sarebbe cavata.

Forse poteva trasformarsi in cane e scappare via.

Ma non poteva girarsi di fronte a quegli occhi che brillavano come smeraldi.

“Si.. io posso spiegare”- mentì passandosi nervosamente una mano tra i capelli scarmigliati.

La futura strega lo prese sottobraccio come se lo conoscesse da una vita e non da pochi minuti, iniziando ad incamminarsi sul lungo viale innevato .

“Ti ha mandato Severus vero? Mi ha scritto che non sarebbe tornato per le vacanze, ero così triste. E dimmi siete molto amici? Come sta? Mi ha detto che ci sono dei ragazzini impossibili a scuola…”- iniziò a tempestarlo di domande senza mai prendere fiato. Ed era un bene, perchè lui non avrebbe saputo cosa rispondere.

“Severus?”- chiese appena con un filo di voce.

Lei si fermò di colpo, squadrandolo sospettosa per la prima volta. “Si, Severus Piton. Ci siamo conosciuti la scorsa estate al fiume… ma da allora ci scriviamo tutte le settimane. E’ lui che ti ha mandato vero?”

Harry deglutì a fatica, la gola riarsa. Severus Piton e sua madre erano amici. Molto amici.

“E’ lui che ti ha parlato di Hogwarts?”

Lilly annuì : “Si, ero molto triste perchè nessuno capiva cosa  fossi. Ma lui mi ha detto che non era un problema di cosa ma di chi. Una maga. Anche se ufficialmente non avrei ancora dovuto scoprirlo… in realtà ho sempre saputo di essere….”

“Diversa?”

“Speciale. E’ questo l’aggettivo che ha usato. E io mi sono sentita davvero così. Unica. E anche Severus lo è sai?”

Ah speciale di sicuro lo era. Specialmente disturbato a dirla tutta.

Harry prese la palla al balzo. Al diavolo Piton, se per una volta in vita sua poteva essere di qualche aiuto fare il suo nome, non avrebbe certo esitato.

“Ehm, si certo. Sicuramente un grande pozionista. Un filo instabile mentalmente, se proprio devo dire”- non riuscì ad impedirsi di aggiungere.

Lily annuì soddisfatta della risposta. Sin da quando l’aveva intravisto accanto all’albero aveva sentito che quel ragazzo non era un pericolo. Anzi, aveva provato l’impulso irrefrenabile di infilarsi la divisa e scendere il più velocemente possibile in strada. Doveva conoscerlo, doveva parlargli. Non sapeva bene come, ma sapeva di doverlo fare.

Sentì lo stomaco brontolare. Non aveva fatto colazione per la fretta. Fortuna che all’angolo la caffetteria preparava un english breakfast che attirava mezza Londra.

Prese di nuovo sottobraccio il ragazzo sconosciuto, mentre una scossa le risaliva lungo la schiena .

“Ho fame. Ti va di fare colazione insieme?”- chiese

Il bambino sopravvissuto si sentì scaldare il cuore. Quante volte aveva sognato un momento del genere, pur vergognandosene.

“Con te? Sempre”













 
   
 
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