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Autore: NPC_Stories    22/01/2022    1 recensioni
O come Dora e Rupert Honeycomb sono sopravvissuti alla propria infanzia.
Grossomodo.
Genere: Commedia, Fantasy, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash, FemSlash
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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Autore: Dira_
Genere: avventura, angst
TW: bullismo, violenza, accenno a maltrattamento di animali




Viaggi e decisioni



Una fattoria vicino a Secomber, Anno 1364. Primavera.


Rupert era scappato di casa.
Una mattina qualunque di primavera si era vestito, era scivolato via dal pagliericcio che condivideva con Bruce, era uscito nell’aia e aveva cominciato a camminare.
Direzione? Waterdeep. Obiettivo? Cercare Dora e il suo stupido tempio luccicante ed andarci ad abitare anche lui.
Alla fattoria non sarebbe tornato mai più.

Rupert era scappato di casa ma non aveva valutato una cosa piuttosto importante: non aveva idea della direzione da prendere.
Aveva vagato per un po’ in mezzo ai campi, per far perdere le sue tracce, casomai suo padre si fosse accorto della sua sparizione e avesse deciso di sguinzagliare Randall e Stedd. Lui era veloce ma quei due, specialmente Randall, avevano il fiuto di un segugio e lo trovavano sempre.
Sputò a terra, mentre il labbro spaccato dall’ennesima scarica di botte gli bruciava da morire.
Una volta che Dora se n’era andata le cose erano peggiorate; a sua madre non importava di difenderlo. Si accorgeva a malapena della sua esistenza, presa dai bisogni di Bruce e i guai che combinavano Thom e Theo. Ed era pure di nuovo incinta.
Suo padre, quando lo vedeva tornare dai campi dietro ai fratelli, faceva una smorfia ai suoi lividi e al sangue che gli si seccava addosso, come se fosse l’ennesima delusione il fatto che non riuscisse a restituire le botte.
Non che non ci provasse, ma due contro uno era una roba da stronzi. E non c’era più Dora a gridare giustizia e mettersi in mezzo. Non c’era più sua sorella a servire a tavola. C’era sua madre, che non controllava se Randall si sporgeva a sputargli nel piatto o gli tirava un cazzotto nelle costole lasciandolo senza fiato e rubandogli le uniche cose che poteva mangiare senza correre al cesso.
Era una settimana che si cagava addosso perché tutto quello che gli veniva lasciato era formaggio. E come se non bastasse, era arrivata la Primavera, e con essa il suo carico di starnuti e naso gonfio.
Rupert tirò su con il naso, arrampicandosi su una staccionata e facendosi scivolare dall’altro lato. Da lontano gli sembrò di scorgere una strada.
Non una gran strada, ma una strada da percorrere. Magari avrebbe incontrato qualcuno a cui chiedere indicazioni. Ormai era sufficientemente lontano da Secomber per non essere riconosciuto.
Lanciò un’occhiata alle sue spalle, alle colline e alle torri del paese. Erano puntini lontani nella luce sfavillante del mattino e sotto, in mezzo a tutte quelle ondulature d’erba e fiori, c’era casa sua.
Rupert sputò di nuovo, strinse meglio il fagotto di stracci che erano i suoi pochi possedimenti, e continuò a camminare.
In qualche modo, annunciò a sé stesso, sarebbe arrivato a Waterdeep.

Non sarebbe mai arrivato a Waterdeep.
Anche se le prime ore del suo viaggio non erano andate tanto male. Era riuscito ad arrivare alla strada principale e da lì aveva chiesto indicazioni… era sicuro di aver imbroccato la direzione giusta. Si era quasi rilassato, pregustando l’odore pulito del mare e l’abbraccio stritola-reni della gemella.
Lo avrebbe sicuramente rimpinzato di roba buona da mangiare. E, dato che avevano quasi quattordici anni, forse ci sarebbe scappato pure un boccale di birra?
Poi, però, era andato tutto storto; aveva sentito dei cani latrare e si era spaventato. Randall aveva preso un paio di cuccioli da un vicino, e li aveva tirati su a botte e fame, tanto che erano aggressivi come cazzo di lupi. Glieli aveva sguinzagliati addosso un paio di volte ed erano così pericolosi che persino Stedd, che di solito osservava, lo teneva fermo o rideva, aveva urlato al fratello di richiamarli prima che lo sbranassero.
Sudando freddo si era tuffato in un campo contiguo ed aveva cominciato a correre con tutto il fiato che aveva in corpo.
Aveva mancato un intero giorno di lavoro: Randall l’avrebbe ammazzato. Era diventato matto dalla notte della fuga del maiale. Quella notte si erano intesi.
Se non mi ammazzi prima tu, lo faccio io. Fammi trovare solo una scusa.
Rupert non voleva ammazzarlo: come aveva promesso a Darren, il gemello di Kry, non avrebbe mai levato una lama contro i suoi fratelli. Qualche pugno sì, per forza, ma la morte no.
Non voleva ammazzare Randall, ora che Dora era al sicuro al Tempio. Però Randall voleva ammazzare lui.
Rupert ansimò e si guardò freneticamente indietro: i latrati dei cani erano lontani. Attorno a lui solo campi infiniti di grano verdissimo.
Aveva perso la strada.
Starnutì e si ficcò un dito in bocca. Alla Locanda dell’Orso Tek’ryn aveva insegnato loro a cercare il Nord nel muschio degli alberi e la direzione del vento sentendolo soffiare su un dito umido di saliva.
Il vento andava sempre al mare, no? O era il fiume? Comunque, Waterdeep era sul mare.
Rupert si accorse che nella fuga aveva perso il fagotto delle sue cose ed imprecò: non poteva tornare indietro e cercarlo, c’erano i cani.
Si incamminò seguendo la direzione del vento.

Quella notte decise di accamparsi in un boschetto di querce perché sulla strada avrebbero potuto vederlo. Era primavera ma la temperatura la sera scendeva ancora molto e si trovò a battere i denti.
Nonostante il freddo, la fame e la stanchezza non sarebbe tornato a casa. Waterdeep e Dora erano l’unica possibilità.
E se Dora non ti volesse?
Glielo sussurrò una vocina che lo fece voltare a destra e a manca: non c’era nessuno. Era tipo la sua coscienza, forse? Però non pareva proprio la sua voce. Aveva un tono malevolo e strascicato. Assomigliava un po’ alla voce di Stedd, e quella del vecchiaccio… e quella di Randall, tutte mischiate assieme.
Se n’è andata perché non ti sopportava più.
Rupert si abbracciò le ginocchia e ci seppellì la testa.
Sei solo adesso. Devi badare a te stesso. Devi diventare più forte.
È la legge della natura, Rupert. Mangia o vieni mangiato. Uccidi o sarai ucciso.
Se Randall ti trovasse, sai cosa devi fare? Devi essere il più forte.
Uccidere o essere ucciso.

Rupert si tappò le orecchie e gridò. Lanciò un grido che sovrastò la voce.
“STA’ ZITTO! IO SONO FORTE! SONO IL PIU’ FORTE DI TUTTI!”
La voce si quietò e da lontano un cane lanciò un ululato. Rupert scattò in piedi e iniziò a correre.
La fame, la paura e la stanchezza erano più forti e più veloci. Gli cedettero le gambe e crollò a terra. Svenne.

Lo svegliò qualcosa che gli leccava la faccia.
Rupert spalancò gli occhi sul mattino e sul muso di un cane. Lanciò uno strillò e provò a tirargli un pugno ma la bestia scattò indietro, abbaiando e scodinzolando. Rupert si tirò indietro strisciando di culo e solo dopo si accorse che il cane non era grosso e scuro come quelli di Randall. Era a macchie bianche e nere ed era super peloso.
“Ehi, ehi, lascia stare Joomba,” disse una voce. Rupert si voltò e si trovò di fianco un mezzelfo. Era facile riconoscerli: erano come gli umani ma avevano le orecchie a punta. Questo qui era più giallino del consueto e aveva gli occhi stretti come se gli desse fastidio il sole, ma sicuro, era un mezzelfo.
Era anche mezzonudo e Rupert fu pronto a difendere la sua virtù quando si accorse che i pantaloni il tipo li aveva, anche se di una foggia tutta strana, più larghi in fondo e color giallo piscio. E poi aveva una specie di fascia, sempre gialla, che gli attraversava il torso abbronzato. Sembrava un grosso limone stronzo.
Però era anche tutto un muscolo. Persino il collo era muscoloso e la testa era liscia come un uovo. Era vestito come un coglione, ed era un mezzelfo, quindi un po’ fighetta… ma quei muscoli e quel cane lo classificarono ai suoi occhi come tipo pericoloso.
“Chi cazzo sei?” domandò mostrandogli i pugni. “Non ho soldi! E richiama quel sacco pulcioso!”
“Il sacco pulcioso ha un nome, sii gentile. Si chiama Joomba.”
“Sì, vabbeh… tienimelo lontano, i cani non mi piacciono e io non piaccio a loro!” disse mentre il cane si avvicinava annusandolo qua e là. Rupert, fingendo di non essere terrorizzato, gli spostò il testone e la lingua penzolante piena di bava, di nuovo in dirittura della sua faccia.
“Peccato perché tu piaci a lui,” ribatté. “Mi chiamo Oktai, e non ho intenzioni cattive, come non le ha Joomba. Ti abbiamo trovato svenuto sul ciglio della strada. Eri messo male, così ti ho portato al mio campo…” e indicò tutto attorno. Rupert vide una tenda e, di fronte a sé, un focolare. Subito dopo notò la cosa più importante: era acceso e aveva una pentola fumigante sopra.
Lo stomaco gli si contorse in un borbottio entusiasta e l’uomo rise.
“Immaginavo avessi fame. Ho preparato un po’ di brodo di quaglia e radici. Appena è pronto lo mangeremo assieme.”
Rupert avrebbe voluto gettarsi sulla gavetta ma il cane gli stava davanti scodinzolante e Testa d’Uovo era davvero grosso. E lui era molto debole.
Si abbracciò le ginocchia limitandosi a guardarli in cagnesco.
“Come ti chiami piccolo viandante?”
Rupert fece per rispondere con un insulto, ma si trattenne. Doveva giocare d’astuzia, il tipo aveva da mangiare e lui moriva di fame. “Mi chiamo Ru… Ru-u-she,” balbettò perché doveva dare un nome finto, casomai Pelatone fosse in combutta coi suoi fratelli.
Dubitava, dato che Randall odiava chiunque non era umano o, genericamente, sé stesso, ma era meglio andare sul sicuro.
“Ti sei perso, vero? Dove ti ho trovato non saresti andato da nessuna parte,” commentò il mezzelfo. “Eri in viaggio con qualcuno… la tua famiglia forse?”
Rupert si morse un labbro indeciso su cosa raccontare. Magari una storia epica, dove la sua famiglia era stata trucidata da un drago e lui lo aveva ucciso rimanendo però l’unico superstite?
O che era alla ricerca di vendetta, dopo che i suoi genitori erano stati rapiti da dei malvagissimi sacerdoti malvagi?
“Capisco, sei un orfano,” sospirò Oktai richiamando il cane che gli si accucciò ai piedi. Lo guardò con aperta pena. “Viaggi da molto?”
“Un botto…” rispose perché era passato solo un giorno e si era già rotto le palle. “Dei… briganti armati di sciabole e coi denti a sciabola mi hanno attaccato e mi hanno rubato tutto! Io mi sono difeso e ne ho sconfitti un sacco, ma poi sono dovuto scappare perché erano tipo duecento!”
Oktai gli scoccò un’occhiata perplessa. “Sembri aver avuto una vita difficile.”
“Altroché! Mi menavano tutti i giorni!”
“I briganti?”
“Chi? Ah… sì! Erano malvagissimi, dei veri stronzi!” afferrò la ciotola piena di zuppa che gli porgeva e se la scolò con gusto, ruttando contento. Tanto non c’era Dora a scappellottarlo intimandogli di non fare il buzzurro.
Ah… Dora!
“Senti pelatone, io devo andare a Waterdeep! Da che parte devo andare per andare dove voglio andare?”
Oktai accarezzò la testa del cane. “Dalla parte opposta rispetto a dove siamo ora. Siamo vicini al villaggio di Zelbross[1], ma tu dovresti prendere la strada per Daggerford. Sei proprio fuori rotta, piccolo Rushe.”
“Piccolo sarà tua sorella,” sbottò sostenuto. Porse la ciotola all’uomo che gliela riempì di nuovo. “Comunque beh… grazie. Finisco di mangiare e poi vado.”
“Che devi fare a Waterdeep?”
Rupert fece per rispondere, ma di nuovo la vocina melliflua sovrastò i suoi pensieri.
Dora sta diventando qualcuno là. Hai ascoltato le lettere che manda al vecchiaccio. È felice. Vuoi rovinare tutto? Perché rovineresti tutto. Sei ancora troppo debole. Ti vuoi di nuovo attaccare alle sue gonne?
“Boh,” mormorò. “Cioè… mi è venuto in mente così… c’è il mare…”
Oktai annuì come se avesse detto una cosa molto sensata. Era un tipo apposto, quell’Oktai. Grande, grosso e forte. Di sicuro era lui che metteva paura alla gente, con tutti quei muscoli.
“Ohi, come faccio a diventare come te?”
“Come me?”
“Sì, grosso e forzuto!”
Oktai sorrise. “Dovresti prima sapere ciò che sono e ciò in cui credo. Sono un monaco dell’Anima del Sole, Rushe. La mia fede in Lathander e la disciplina mi hanno reso l’uomo e il combattente chi sono.”
“…di nuovo Lathander…” sbuffò incredulo. Quel cavolo di dio prima gli rubava Dora, e ora gli sventolava in faccia quanto si potesse essere grandi e cattivi grazie a lui!
Gli stava proprio sul cazzo.
“Di nuovo?”
“No… niente, è che… con i briganti malvagissimi era tutto un Lathander qui e Lathander là…”
Il monaco si rabbuiò. “Capisco, hai incontrato dei seguaci di Bane. Ne girano fin troppi in queste zone ed è mio compito ripulirle.”
“Vuol dire che li meni fortissimo?”
Il monaco sembrò preso in contropiede dal suo tono enfatico. “Sì, anche…”
“E quelli scappano piangendo e non ti menano più?”
“La gloria di Lathander guida i miei colpi e metto in fuga gli empi, certo.”
“Figata,” ammise. “Non sapevo che Lathander ti insegnasse anche a picchiare. Pensavo ti facesse solo a pregare e cantare canzoncine!”
Oktai continuava a guardarlo strano, però annuì, anche se un po’ più lentamente. “Noi monaci dell’Anima del Sole facciamo anche quello, ma soprattutto celebriamo il Signore del Sole attraverso la disciplina e lo studio delle arti marziali.”
“E siete buoni, giusto?" controllò.
“Naturalmente.”
“Ah, bene… o Dora chi la sentiva… allora posso venire con te? Così mi insegni a prendere a calci i malvagi. So già fare a botte e sono bravissimo ad arrampicarmi… guarda qua!”
E anche se ancora un po’ debole si esibì nel suo repertorio migliore di calci e pugni. Prese la rincorsa e scalò una vicina conformazione di rocce saltando ed atterrando poi di fronte ad un festante Joomba.
“Hai ammirato la potenza, pelatone?” Domandò con il fiato corto. Era un po’ in ansia: quel tipo forse era LA soluzione. Poteva farlo diventare come lui.
Così sarò forte. Anche più forte di lui. Il più forte di tutti.
Oktai lo osservò a lungo. Poi si accarezzò il mento pensieroso. “Alla fine del mese mi riunirò ai miei fratelli, e i giovani di buon cuore e forte tempra sono sempre i benvenuti tra di noi. Ti avverto però, Rushe, l’addestramento sarà duro.”
“Per me sarà una passeggiata!”
Rispetto a Randall di sicuro.
Il monaco sospirò. “Non si può dire che ti manchi la fiducia in te stesso.” Poi sorrise. “È un bene, perché ti servirà.”
“Sta’ sereno pelatone… ne ho in abbondanza!”
Sarò forte. Il più forte di tutti. E Randall non potrà uccidermi. E non sarò un peso per Dora. E quando ci rivedremo non dovrà più curarmi o difendermi e andremo in giro a salvare la gente.
“Rushe il mitico al tuo servizio!”



**********
[1] Considerando che Zelbross è circa a metà strada fra Secomber e Loudwater, e confrontando la mappa della wiki con la mappa della 3e abbiamo stimato con questa mappa interattiva che siano circa 50-60 miglia. Un umano di taglia media (Rupert è ormai alto come un adulto) ce la potrebbe fare in sedici ore di cammino, ma all'arrivo sarebbe sfiancato. Nessuna sorpresa che Rupert sia svenuto per la fame e la stanchezza.
   
 
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