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Autore: Nina Ninetta    27/01/2022    4 recensioni
[Prima classificata e vincitrice del premio "Scontro Entusiasmante" al contest “La Dama del vento” indetto da Spettro94 sul forum di EFP”]
Dama del vento, presagio di morte, braccia ansiose di afferrare un’anima innocente e strapparla alla vita, è una maledizione che infesta ogni reame del Continente Abitato. La regina Deme ha convocato un potente mago dell’accademia affinché epuri questa minaccia una volta per tutte, assieme a una guarnigione scelta di guerrieri provenienti da ogni angolo del mondo. L'Arcimago Volkàn ha scelto il suo prediletto, ma qualcosa va storto e un altro mago prenderà il comando della missione, perlomeno all'inizio di questa avventura...
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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IV.
(seconda parte)
 
 

Da qualche parte nel Continente Abitato ₪

Edgemas e Beanka avevano lasciato la capitale Kratøos da qualche ora al groppo di splendidi esemplari equini che gentilmente il sovrano Namor aveva offerto loro. Nelle bisacce annodate alle selle c’erano viveri per un’intera settimana e cibo in abbondanza per i due cavalli.
L’alba aveva rischiarato il cielo, sebbene a nord, oltre le Montagne Ululanti, il Mago Vikingo aveva scorto un addensamento di nuvole scure che non avevano l’aria di essere naturali. C’era qualcosa di magico in loro, e di sinistro. Immaginò che la compagnia fosse giunta in prossimità della cima e che la Dama del Vento stesse cercando di rallentarli. Se così fosse stato, si chiese perché i guerrieri scelti non avessero intrapreso la via della galleria, invece di esporsi non solo ai pericoli della montagna, ma anche alla furia della Morte di Bianco Vestita.
Cavalcarono diretti all’entrata della galleria, lui non avrebbe mai rischiato si inerpicarsi lungo il sentiero dissestato che avvolgeva la catena montuosa. Eppure, avvicinandosi alla radura ai piedi della montagna, Edgemas arrestò il cavallo tirando le redini. Beanka, qualche metro più indietro, si accostò a lui, chiedendo spiegazioni su quella frenata improvvisa. Il mago si guardò attorno, scrutando l’ambiente muto, fermo. Ai loro piedi, l’acqua arrivava alle caviglie dei cavalli, i quali non sembravano tranquilli.
«Non lo so ancora», ammise, «perciò avanziamo con prudenza».
Così fecero. Proseguirono uno di fianco all’altro, silenziosi, con i sensi attivi. La cascata veniva giù come sempre, eppure c’era qualcosa di diverso. Il suo corso era cambiato, il letto del fiume sembrava essersi ingrandito, l’acqua pareva essere esondata per poi ritirarsi, lasciando devastazione e morte sul terreno, dove giacevano inanimati i cadaveri dei bambini di Kratøos. I cavalli nitrirono e si alzarono sulle gambe posteriori, Beanka carezzò la testa del suo sussurrandogli di stare buono, senza smettere di guardare con occhi terrorizzati i corpi inanimati e le loro membra (testa, braccia, gambe) sparpagliate tutt’intorno.
«Co-cosa sono?»
«Bambini».
L’amazzone scese da cavallo con un salto e vomitò aggrappata al tronco più vicino, uno dei pochi alberi sopravvissuti all’impatto con lo tsunami che la Dama aveva causato. Poi tornò in groppa al suo destriero.
«È stata lei?» chiese, mentre avanzavano a passo d’uomo.
«Il Regno di Metallo ha l’usanza di gettare nelle Cascate Genitrici i bambini che hanno compiuto il decimo anno d’età. Chi sopravvive sarà degno di diventare un guerriero, gli altri…»
«È terribile».
«Una pratica abominevole, sono d’accordo. Ma questa è magia nera, i morti non resuscitano.» Il mago osservò i cadaveri tagliuzzati in più punti. «Hanno combattuto contro di loro. Hanno già incontrato la Dama…».
Beanka tacque, pregando in cuor suo che le sue compagne stessero bene.
Guadarono il fiume nel punto più basso e si soffermarono dinnanzi all’entrata bloccata della galleria. Massi enormi ne negavano l’accesso, allora Edgemas comprese il motivo per cui la squadra aveva intrapreso la via più ardua, probabilmente si erano anche dovuti mettere in salvo dal fiume esondato.
Il mago afferrò il proprio bastone dalle spalle, il Rubino sulla sommità si illuminò, Beanka lo fissò di soppiatto, la magia la metteva sempre un po’ a disagio; lui abbassò le palpebre e la ragazza quasi urlò quando una folata di vento improvvisa l’avvolse prima di sollevare le rocce che ostruivano il passaggio, adagiandole poi con garbo sul terreno fangoso. Edgemas riaprì gli occhi e il vento cessò, la pietra incastonata nel bastone si spense, quindi le rivolse un sorriso divertito, riuscendo a stemperare il nervosismo.
«L’hai fatto di proposito!» Si lamentò la ragazza, sorridendo poi a sua volta.
Insieme s’inoltrarono nel buio della galleria, lungo le pareti c’erano torce spente che prontamente il mago accese con un semplice movimento della sua arma. Dinnanzi a loro si srotolò un percorso angusto, dalle cui profondità saliva un’aria gelida e permeata di un miasma, un misto di putrescenza ed escrementi non umani.
Il mago scese dalla sella e Beanka lo imitò, avrebbero dovuto proseguire in fila indiana, tenendo ben salde le redini dei cavalli che non sembravano particolarmente contenti di intraprendere quel cammino.
«Potremmo incontrare dei nemici», disse lui avanzando. «Tieniti pronta e occhi aperti».
L’amazzone annuì, il cuore le pulsava fin nelle tempie, ma non era paura quella che provava, piuttosto eccitazione.
 
Le fiamme delle fiaccole disseminante lungo le pareti di roccia viva tremolarono ma non si spensero, creando spesso giochi d’ombra inquietanti e allucinazioni. Di tanto in tanto si udivano rumori sordi, bassi, in lontananza. L’amazzone si guardava in giro, talvolta scattava voltando il collo indietro, sicura che un essere stesse per colpirla alle spalle.
«Sei nervosa, ragazza?» Le chiese Edgemas sorridendo di soppiatto.
«Non mi piacciono i luoghi chiusi e bui, tutto qui.»
«Non piacciono a nessuno, credimi.»
«Sarà, ma tu sembri più rilassato di me».
Il mago non rispose, e lei continuò con le domande, parlare la distraeva dai meandri angusti di quel posto macabro.
«Sei già stato qui?»
«Sì, una volta» ammise lui. «Alcuni mercanti di Eos erano disperati, la galleria si era trasformata nel nido di una famiglia di goblin che rendeva quasi impossibile il passaggio. Eos e Kratøos sono in buoni rapporti commerciali da secoli e la situazione era diventata insostenibile.»
«Cosa commerciano?»
«Pietre preziose. I minatori di Kratøos le estraggono dalle miniere, gli artigiani di Eos le lavorano allo stato grezzo, fino a trasformarle in gioielli veri e propri, poi le vendono agli armaioli del Regno di Metallo, i quali ne ricavano armi come queste, comprate dall’Accademia dei Maghi.» Edgemas mostrò il suo bastone, il Rubino incastonato non brillava.
«Un bel giro di compravendita. Gli abitanti di Kratøos non farebbero prima a lavorare le pietre per conto proprio? Che senso ha venderle agli artigiani elfici e poi ricomprarle?»
«La tua risposta è nella domanda: artigiani elfici, gli unici in grado di donare potenza magica a una pietra bella quanto inutile.»
«Già, gli unici esseri che nascono magici. C’è un arciere nella compagnia, anche lui sa usare la magia?»
«Non tutti i discendenti degli Elfi hanno poteri magici, le razze si sono mischiate, oggi è raro trovare un abitante di Eos con sangue puro, per questo non tutti hanno poteri magici».
Beanka annuì, restando pensierosa, poi il mago davanti a lei allungò un braccio per farle segno di fermarsi. Il sentiero che stavano percorrendo si apriva in un arco, oltre il quale c’era il vuoto e ombre di fiamme altissime, danzanti sui muri della galleria. Qualcuno parlava, ridacchiava, ma era una lingua incomprensibile. Troll.
Edgemas si chinò sulle ginocchia e avanzò di qualche passo, affacciandosi oltre lo strapiombo. Non erano molti, forse cinque o sei, ma erano grossi quanto un elefante e armati di mazza chiodata. Un paio si stavano già azzuffando tra loro. La strada che avevano percorso fino a quel momento proseguiva a vortice, portando dritto nella tana di quelle bestie mostruose, ma conducendo anche l’uscita della galleria, da cui si poteva scorgere la luce del giorno.
Per tutti i maghi, pensò, che voglia di respirare aria fresca e pulita.
Tornò indietro e si accostò all’amazzone, anche lei piegata sulle ginocchia. Le sussurrò che avrebbero dovuto abbandonare lì i cavalli, se fossero stati esseri intelligenti avrebbero sicuramente trovato la strada di casa; aggiunse che molto probabilmente avrebbero dovuto combattere, le chiese se fosse pronta e se avesse mai avuto un incontro ravvicinato con un troll.
«No» rispose lei.
«Bene, sono esseri enormi, con una forza fisica smisurata, ma completamente stupidi. L’importante è non farsi colpire dalla loro mazza chiodata».
Beanka gli lanciò uno sguardo di rimprovero, se la sua intenzione fosse stata quella di incoraggiarla, non ci era riuscito; quindi liberò i cavalli e salutò il suo adagiandovi contro la fronte. Intanto Edgemas afferrò una sella e la lanciò nel vuoto, richiamando l’attenzione dei troll.
«Ehi, bambinoni, vi va di giocare un po' con zio Edge?»
Beanka spalancò gli occhi, quello era tutto matto!
I troll grugnirono simili a cinghiali, qualcuno batté l’enorme testa contro la parete rocciosa, ferendosi, i due che si stavano picchiando, dopo un momento di interesse comune, continuarono nella lotta personale; altri due si mossero in direzione del mago, scalando la strada in salita.
Il Rubino sul bastone di Edgemas si illuminò, lui socchiuse gli occhi per un attimo e quando li riaprì un enorme masso rotolò lungo il sentiero, facendo perdere l’equilibrio al primo troll, il quale travolse anche quello dietro. Entrambi capitolarono giù, rotolando sul pentolone di acqua bollente, dove probabilmente stavano preparando il proprio pasto. Rimasero tramortiti a lungo.
L’amazzone tirò fuori le due daghe, tenendole ben salde nelle mani, poi con un urlo si lanciò nel vuoto, infilzando il cranio del troll che si era ferito con una testata contro la parete. Il troll era alto quasi tre metri, zoppicò, girò su se stesso, mentre Beanka gli era ancora incollata sulla testa, infine cadde con un tonfo tremendo, e Edgemas vide la ragazza volteggiare nell’aria prima di toccare terra con entrambi i piedi, simile a un gatto selvatico. L’amazzone ricambiò lo sguardo, fiera, con le mani sui fianchi, dimentica però degli altri due troll che adesso avevano smesso di litigare fra loro, caricando contro la ragazza, la quale riuscì a evitare il primo colpo con un balzo laterale, ma venne scaraventata contro il muro da una seconda manata violenta.
«Beanka!» Urlò il mago, battendo il bastone un paio di volte sul pavimento e appena prima che il secondo troll potesse afferrare la ragazza nella sua enorme mano, un muro di fuoco si eresse a difesa di quest’ultima. La bestia ringhiò infastidita in direzione del mago, poi si mosse verso di questo, risalendo la stradina che improvvisamente si trasformò in una lastra ghiacciata. Il troll scivolò, andando a sbattere contro il muro della montagna e trascinando con sé anche l’altro essere. Ritrovandosi uno addosso all’altro, i due ripresero a combattere.
Edgemas raggiunse Beanka, aiutandola a rimettersi in piedi, per fortuna la ragazza non aveva nulla di rotto, e insieme lasciarono la galleria delle Montagne Ululanti.
Fuori i raggi del sole erano ancora timidi, le alte cime della catena montuosa tardavano sempre il loro arrivo da quella parte di mondo conosciuto, ma non importava: l’aria era fresca e pulita e il loro obiettivo si faceva sempre più vicino.
 

 
Eos – capitale del Regno del Vento

Quando la medicea era giunta nella casetta che Da’miàn aveva indicato loro, era calato il silenzio più assoluto e reverenziale.
La somiglianza con l’arciere era palese: stessa pelle olivastra, stessi capelli scuri, stesse orecchie a punta, stessa espressione seria e imperscrutabile. Indossava una lunga veste di un verde brillante con ricami dorati, tra i capelli teneva un diadema intarsiato di pietre preziose e diversi disegni astratti le correvano lungo le braccia sottili e nude: era la regina.
Drew fu l’unico a chinarsi su un ginocchio al suo cospetto, gli altri la fissarono senza batter ciglio.
«Noto che la garbatezza è una virtù di pochi» disse lei, raggiungendo la persona da curare.
Rhia era distesa sopra un letto di emergenza, fatto di vecchie casse capovolte, paglia e una coperta logora, probabilmente utilizzata per coprire il bestiame. Becky, che fino a quel momento era stata accanto alla compagna, si mise in piedi e quasi ordinò alla donna di aiutarla.
«Amazzoni» sospirò quest’ultima rivolta a Da’miàn. «Amazzoni?» ripeté. «Qui, nella capitale? Se non fossi mio figlio ti avrei già denunciato alla guardia reale e fatto decapitare in pubblica piazza».
Gli occhi dei presenti si spostarono sull’arciere, il quale era rimasto sulla porta, senza entrare né spiccicare parola alcuna.
«Puoi salvarla?» Il generale di Scizia aveva le lacrime agli occhi, la sua voce era una preghiera disperata.
«Tu, mago, accendi un fuoco» ordinò la regina rivolta a Seth, il quale si mosse verso il vecchio camino controvoglia, non amava essere comandato, ma eseguì senza ribattere. «Voi, spostate la ferita vicino al calore, ne avrà bisogno» continuò la donna, questa volta indicando i due gemelli Jey e Joy. Anche loro eseguirono l’ordine in silenzio. La regina studiò la ferita di Rhia, ormai in coma da diverso tempo, quindi sospirò. «Intraprendere un viaggio senza una medicea, vi hanno mandato al macello, poveri sciocchi.» Nessuno replicò. «Uscite e rimaneteci fin quando non vi richiamo».
Infine la sovrana guardò Becky dritto negli occhi: «Anche tu, adesso devi lasciarci sole».
 
La natura circostante era ancora addormentata, le foglie dei prati brillavano di rugiada che si era posata durante la notte. L’amazzone si issò a sedere sopra lo steccato che circondava la zona, oltre si estendeva uno spiazzo verde a perdita d’occhio, suddiviso per colture.
Drew le si accostò.
«Stai bene? Dovresti riposare un po’.»
«Sto bene.»
Becky ripensò a Shayna, il suo sguardo terrorizzato non lo avrebbe dimenticato tanto facilmente, sapeva sarebbe tornato a farle visita ogni notte, abbassando le palpebre. La frase che le aveva sussurrato prima di cadere nel vuoto – il cuore, portalo alla regina – non aveva alcun significato per lei.
Il cuore?
Quale cuore?
E quale regina?
Charlotte?
Probabile.
Seth sbadigliò rumorosamente, il suo abito rosa si era strappato in più punti, rendendolo ancora più ridicolo allo sguardo altrui, semmai fosse stato possibile.
«E così hai chiamato direttamente mammina» affermò, rivolgendosi a Da’miàn, il quale se ne stava a occhi socchiusi con le spalle contro la porticina di legno della casupola. «Che mossa stupida. Portare due amazzoni nel regno e chiedere aiuto alla regina in persona.»
«Rhia aveva bisogno di cure.»
«Lo sai vero che un elfo e un’amazzone non possono stare insieme?»
Da’miàn di Delundel sollevò le palpebre e fulminò il mago con un’occhiata truce.
«Rhia è una compagna di viaggio, potevo aiutarla e l’ho fatto, tutto qui.»
«Tutto qui» gli fece eco l’occultista, scoppiando nella sua risata infima e da presa in giro.
Drew diede le spalle a entrambi, puntellandosi contro lo steccato e osservando la pianura che si estendeva davanti a sé. Vanesia era ormai vicina, a solo un giorno di cammino; se il sovrano di Eos avesse dato loro dei cavalli, ci sarebbero potuti arrivare in poche ore, ma dubitava che Da’miàn avesse intenzione di fargli sapere della loro presenza lì.
«Se quel mago non fosse tanto indispensabile per la missione, l’avrei già sgozzato nel sonno» disse Becky. Drew sorrise, aveva ragione.
«Non è cattivo, gli piace solo mettersi in mostra» rispose il corazziere. «Rhia ce la farà. La regina di Eos è forse la medicea più potente attualmente in vita.»
«Ci denuncerà al re?»
«No, non lo farà. Vuole bene a suo figlio e il suo compito è guarire, non uccidere».
Becky osservò Drew di nascosto, mentre quest’ultimo teneva gli occhi puntati davanti a sé. Era un bell’uomo, con le fattezze tipiche degli abitanti del Regno di Metallo: capelli lunghi e scuri, barba, fisico imponente, sicuro di sé e un abile guerriero. Ma non c’era solo forza fisica in lui, più di una volta aveva dimostrato uno spiccato acume, un’intelligenza pratica e meticolosità per i dettagli. Il sovrano di Kratøos lo aveva presentato come il “cavaliere gentiluomo” e, in più di un’occasione, aveva dato dimostrazione di quel nomignolo. Anche pocanzi, quando si era chinato al cospetto della regina.
Lui spostò le pupille nella direzione dell’amazzone, la quale prontamente abbassò lo sguardo.
«Io mi ricordo di te» disse all’improvviso e Becky scosse il capo, non capiva. «Mi ricordo di una bambina dai capelli rossi, a cui piaceva fare a botte con i maschi sebbene fossero più grossi di lei. Aveva coraggio, quella bambina, così tanto coraggio che un giorno sparì.»
L’amazzone rimase di stucco.
«Gli adulti la cercarono per settimane, alla fine si arresero, convinti che la Dama avesse mietuto un’altra vittima. I suoi genitori morirono di crepacuore: avevano perso un figlio e dopo poco anche la loro unica figlia. Il dolore fu troppo grande, li uccise».
Una lacrima scivolò lungo la guancia di Becky, dopo esser scappata non aveva saputo più nulla dei suoi genitori, li immaginava vecchi e soli davanti al camino, ma mai avrebbe detto che fossero morti di solitudine.
«Mi piaceva quella bambina, sai? Era diversa dalle altre, era una tosta, che non si arrendeva mai, ma sapeva riconoscere il valore di un avversario e gli portava rispetto. Pensavo che sarebbe diventata una guerriera fortissima e non mi sono sbagliato.» Drew finalmente si voltò verso di lei, notando il viso bagnato dalle lacrime, ma non vi diede peso. Anche piangere serviva a esorcizzare le paure e il dolore.
«Ti ho riconosciuto subito nella sala del trono a Osihria, mi sono stupito di vederti in vita, ma non della combattente che sei diventata.»
«Dopo la morte di Leo non avevo motivo di restare, il mio sogno era quello di combattere e dovevo trovare il modo per realizzarlo. Se fossi rimasta a Kratøos il mio destino sarebbe stato scontato. Matrimonio, figli, vecchiaia davanti a un focolare… Mio padre aveva già deciso a quale famiglia sarei appartenuta. Mi rifiutai di accettare, poi una sera lo sentii mentre raccontava a mia madre del rapimento che stava architettando con il padre dell’uomo a cui sarei andata in sposa. Se non avessi accettato attraverso le pratiche consensuali, sarebbero passati al rapimento».
Drew non disse nulla. Conosceva benissimo gli usi matrimoniali del suo regno, dove una donna poteva andare in sposa attraverso due metodi: il contratto legale firmato da entrambe le famiglie e gli sposi; oppure il rapimento della sposa, la quale sarebbe stata costretta a giacere con il futuro marito in modo che sarebbe diventata di sua proprietà.
«Sono fuggita quella notte stessa. Ho vagato per villaggi e campagne per un tempo indefinito, un anno forse, o solo un mese. Poi incrociai per caso delle amazzoni che cavalcavano di ritorno da una missione. Mi presero con loro, senza fare troppe domande.»
«Se fossi io il re del Regno di Metallo, permetterei anche alle donne di entrare a far parte dell’esercito, consentendo loro di sposare chi vorrebbero.»
«E le getteresti dal dirupo a dieci anni?»
Di nuovo si fissarono, senza dire nulla, il tono dell’amazzone si era indurito, incattivito quasi.
«Becky, io…». Lui aprì bocca, pronto a pronunciare chissà quali parole, poi la regina di Eos comparve sulla soglia della casetta, chiamando l’attenzione proprio del generale amazzone, la quale toccò terra con un balzo, correndo incontro alla sovrana. Questa richiuse la porta alle loro spalle.
Seth si mosse in direzione di Drew, un sorriso ebete e canzonatorio gli attraversava il volto, gli puntò l’indice contro, muovendolo su e giù.
«Ah, l’amore! Una forza che metterebbe in ginocchio persino un corazziere grande e grosso come il nostro Drew!»
All’improvviso una palla infuocata attraversò la zona antistante la casa, diretta verso l’occultista, il quale con prontezza di riflessi si difese invocando uno scudo, tuttavia troppo debole, che si frantumò in mille pezzi.
Immediatamente gli altri si destarono, impugnando le armi. Verso di loro avanzava un uomo dal lungo mantello grigio e logoro, con il cappuccio calato sul capo, seguito da una giovane donna con una lunga treccia che quasi sfiorava il terreno. Edgemas tirò via il cappuccio, rivelando la sua identità a Seth, il quale sgranò gli occhi.
«Finalmente ci incontriamo, cane!» Esclamò il Mago Vikingo, lanciando contro l’occultista un’altra sfera di fuoco. Ancora una volta Seth si difese bene, senza che il suo scudo andasse in frantumi.  
«Edge, che fai? Sono loro la…» Beanka tentò di parlare con il mago, mentre Seth disegnava nell’aria un cerchio e puntellava il suo interno con decine di punti, poi batté il bastone sul terreno e l’Ametista brillò. I puntini si trasformarono in chiodi che saettarono in direzione dei nuovi arrivati.
Edgemas si posizionò davanti alla ragazza, issando un muro di ghiaccio per proteggere entrambi.
«Che fate lì impalati, idioti! Attaccateli, no?» L’occultista afferrò Jey per una spalla e lo spinse in avanti. Il nipote di Namor sfoderò la scure e si lanciò contro i nemici con poca convinzione, seguito a ruota dal fratello. Anche Da’miàn si posizionò al meglio, pronto a scagliare la sua prima freccia.
Solo Drew era rimasto al canto di Seth, sebbene con lo spadone sguainato.
«Chi sono, Seth?»
«Nemici, non lo vedi?»
«Ma quella è l’amazzone esclusa dalla sua regina…»
«Perciò vuole ucciderci, è invidiosa. Ammazzala!»
I gemelli saltarono con le asce sopra le teste, avventandosi contro Edgemas e Beanka, ancora rannicchiata dietro di lui. Il Rubino brillò intensamente, due braccia di pietra sbucarono dal terreno e afferrarono alla gola entrambi i fratelli, trattenendoli per qualche secondo a mezz’aria, prima si scagliarli lontano. Jey e Joy rotolarono per qualche metro, perdendo le loro armi nell’impatto.
«Non attaccateci, non vogliamo combattere!» Urlò Beanka, alzandosi e mettendosi a braccia aperte davanti al mago, ma fu tutto inutile. Seth intanto aveva creato una nuova runa direttamente sulla terra, lo stesso identico disegno apparve ai piedi di Edgemas e della ragazza, illuminandosi di un rosso aranciato. Edgemas imprecò, poi afferrò l’amazzone per la vita e insieme ruzzolarono sul terreno, mentre la runa esplodeva, espandendo nell’aria un fumo denso e nero. Beanka tossì, sforzandosi di ripetere di non attaccarli, non erano nemici.
Il Mago Vikingo impugnò meglio il proprio bastone per rimettersi in piedi, lo roteò nell’aria spazzando via la nube scura, appena in tempo per parare il colpo di spada di Drew. Lo scudo di ghiaccio che aveva creato però si ruppe e i due si trovarono faccia a faccia, solo le armi – una contro l’altra – li divideva.
«Chi sei? Che cosa vuoi? Ti manda la Dama?»
«No, siamo venuti per voi, non ti ricordi di me? Dov’è il generale Becky? E Rhia? E Shayna?» Beanka letteralmente si aggrappò al bicipite del guerriero di Kratøos, il quale la ascoltò cominciando ad allentare la presa, poi una freccia scagliata da Da’miàn separò tutti e tre.
Seth batté per tre volte la punta del bastone e spuntoni di roccia alti due metri spuntarono dal terreno, pronti a infilzare chicchessia. Edgemas lanciò in tutta risposta tre palle infuocate nella sua direzione, l’occultista riuscì a ripararsi dietro un muro di roccia, ma il Mago Vikingo era già pronto a lanciare frecce di ghiaccio.
La porta della casa si spalancò e la regina si mostrò a gran falcate, issando un muro di cristallo fra i due contendenti.
«C’è una persona ferita che ha bisogno di riposo! Sembrate bambini senza educazione!». Poi si soffermò in particolare sugli ultimi due arrivati. «Voi siete nuovi, non mi ricordo di avervi visto prima», squadrò Beanka da capo a piedi, un’amazzone – pensò – e chiamò a sé Becky. Quando le due ragazze si videro, si corsero incontro, abbracciandosi. Il generale la portò dentro con sé, tenendole un braccio intorno alle spalle.
Seth si accostò al muro invocato dalla regina, sfiorandolo con il bastone. La donna ritirò l’incantesimo, invitando tutti ad entrare, Rhia era fuori pericolo.
 
 
 
L’amazzone bionda dormiva sul giaciglio di paglia accanto al fuoco. Adesso il suo respiro era regolare, l’espressione del volto rilassato. Beanka era al suo canto, le ginocchia piegate, mentre una mano carezzava i capelli dell’amica, le guance erano rigate di lacrime e il labbro inferiore tremava ancora visibilmente. Edgemas avrebbe voluto avvicinarsi, posarle una mano sulla spalla per darle conforto, ma ora aveva un impegno più urgente da finire: strangolare Seth.
L’occultista si nascondeva dietro lo scudo umano costituito dalle spalle di Drew. Quando Edgemas provò ad afferrarlo per il collo, il guerriero di Kratøos infatti lo tenne fermo, dicendogli di calmarsi e di presentarsi.
«Sono Gareth Edgemas Anders, il mago scelto da Volkàn per guidarvi in questa missione», prese una pausa. «Quello vero
«È un bugiardo! Un impostore!» Seth gli punto il bastone contro, l’Ametista si illuminò.
«Sei tu l’impostore!» Beanka si mise in piedi e parlò senza fretta, senza alcuna urgenza, tenendo gli occhi scuri puntati in quelli di Seth. «Hai messo in pericolo tutti loro, la riuscita della missione stessa. Shayna potrebbe essere morta per colpa tua!» La voce si alzò ad ogni espressione, diventando quasi stridula sul finire, le lacrime avevano ripreso a scendere.
«Tu sei l’inutile amazzone che la regina Charlotte ha tenuto fuori da questa storia. Quanti anni hai? 15? Non dovresti neanche essere qui, quindi per piacere taci!»
Beanka sfilò le daghe dai foderi che teneva dietro la schiena, pronta a colpire il mago, il quale a sua volta le punto contro il bastone, l’Ametista scintillò.
Becky si posizionò tra la pietra violacea e le armi della sua compagna, con il viso minaccioso rivolto verso l’occultista:
«Prova anche solo a smuoverle i capelli con una folata di vento e – giuro – neanche tua madre ti riconoscerà più!».
Lo sguardo di Seth si indurì, il colore della pietra magica s’intensificò, poi Drew lo sovrastò con la sua stazza schermendo le ragazze. Edgemas colpì il mago all’addome con un pugno, il quale si chinò in due, tossì, l’Ametista si spense e i gemelli lo afferrarono per le spalle, costringendolo a sedersi sul pavimento. Lo tennero così per tutto il tempo della chiacchierata.
Seth ammise di aver preso il posto di Edgemas ritenendosi il mago più potente, l’unico in grado di poter affrontare e fermare la Dama del Vento. Non aveva nessuna intenzione di metterli in pericolo, né di far fallire la missione.
Becky gli mollò un pugno sul naso, facendoglielo sanguinare. Seth ululò dal dolore, dibattendosi come un animale in gabbia, fin quando Jey e Joy lo liberarono dalla presa e lui poté tamponarsi.
«Mi hai rotto il naso, strega! Mi hai rotto il naso!»
La regina di Eos, la quale era rimasta ad assistere alla scena, si chinò davanti al mago ferito, tenendo il proprio bastone di avorio con entrambe le mani. La pietra azzurrina si illuminò di una fievole luce, pronunciò un paio di frasi sommesse, poi il sangue smise di fuoriuscire dal naso di Seth e il livido bluastro, che si andava già espandendo sugli zigomi e sotto agli occhi, rientrò, fino a scomparire del tutto. La donna tornò in posizione eretta, attese qualche secondo prima di parlare:
«Avete bisogno di ogni aiuto possibile per affrontare la Dama. Vincerla? Non credo ci riuscirete… Nessun mago vivente, per quanto potente, ha speranza contro di lei. Ma voi siete in tanti, forti, e uniti». La regina li guardò uno a uno. «Ci sono legami intensi tra alcuni di voi, e saranno questi a salvarvi. Forse.» Poi si rivolse a suo figlio, con le braccia conserte a fissare il fuoco vivo del camino, Rhia alle sue spalle cominciava a svegliarsi. «Sei partito dalla sera alla mattina. Non eri tu il prescelto di tuo padre per questa missione, ma hai voluto disobbedirgli andando contro i suoi ordini e – come se non bastasse – hai violato la legge del Regno portando qui, a Eos, delle amazzoni. Dovete andarvene prima che qualcuno vi scopra. Andate a ovest, Vanesia dista solo un giorno di viaggio. Con dei cavalli sareste arrivati in mezza giornata, ma non posso aiutarvi, sebbene io sia la regina non posso mettermi contro il volere del re. E il re, tuo padre, è molto adirato con te».
Da’miàn non disse una parola, si limitò a guardare sua madre andare via, dandogli le spalle. Becky la raggiunse fuori, socchiudendo la porta alle sue spalle.
«Mia regina» la chiamò e questa si voltò annuendo, sebbene l’amazzone non riuscisse a ringraziarla a dovere. Donne orgogliose, queste guerriere.
«Ti chiami Becky, giusto?» Le domandò la donna. «Pondera bene le tue scelte, ne dipenderà il futuro del Regno.»
«Quale Regno?»
«Il tuo».
 
  
 
 
Quando si rimisero in viaggio era mattino inoltrato. I contadini avevano ormai cominciato a lavorare la terra, qualcuno li salutò alzando un palmo. Edgemas si raccomandò di non corrispondere, in particolare consigliò al principe di Eos di nascondere il viso, non avrebbero dovuto riconoscerlo.
Le terre coltivate erano ormai alle spalle, la pianura verdeggiante si espandeva intorno a loro, alcune querce secolari proiettavano ombra sul terreno. Avrebbero potuto accamparsi sotto una di quelle per trascorrere la notte, soprattutto avrebbero dovuto cacciare selvaggina per mangiare qualcosa. A Vanesia non avrebbero avuto problemi, era una città di confine, un porto franco che non faceva capo alle leggi di un regno a cui sottostare, c’era l’imbarazzo della scelta per taverne e locande in cui rifocillarsi e riposare, prima dell’ultima tappa. La più difficile, probabilmente.
Ognuno era immerso nei propri pensieri, si udivano solo le risate argentine di Rhia e Beanka che di tanto in tanto smuovevano il silenzio, quando un contingente di guardie di Eos li circondò. Erano circa una ventina, forse qualcuno in più. Tenevano gli archi tesi e la punta delle frecce pronte a scoccare. Il loro capitano si fece avanti: il cavallo biancò nitrì, lui lo tenne fermo per le redini. Indossava un’armatura candida e scintillante, il simbolo della casata veleggiava al centro dello stendardo. L’uomo tirò via l’elmo, aveva un viso comune, non più giovane.
«Principe Da’miàn» tuonò guardando l’arciere dall’alto in basso. «Suo padre, il re, ha chiesto di lei e… dei suo amici. Le amazzoni…» il comandante osservò le donne, un’espressione di disprezzo gli attraversò il volto, come se avesse dinnanzi delle bestie immonde. «Sono condannate a morte. Con effetto immediato».
Le frecce degli arcieri si mossero all’unisono, rivolte alle tre ragazze, poi a un cenno del loro capitano scoccarono. Edgemas impugnò il bastone, lo batté sul terreno una sola volta e uno scudo di ghiaccio si innalzò a protezione delle amazzoni. Quando tornò con l’attenzione sul capitano del reggimento, notò che Da’miàn lo teneva già sotto scacco, con una freccia puntata dritta contro la testa.
«Di’ a mio padre che non abbiamo tempo per fargli visita, ringrazialo per la cortese ospitalità, ma urge una missione da portare a termine. Digli anche che se le mie amiche non sono le benvenute nel suo Regno, allora non lo sarò neanche io. Mai più. Hai capito?» L’uomo non rispose e l’arciere puntò la freccia alla sua gola, sulla carotide. «Hai capito?» Ripeté.
«Sì.»
«Bene, e adesso scendi da cavallo e ordina ai tuoi uomini di fare altrettanto».
Il comandante eseguì, imitato dalle altre guardie, ma una volta a terra queste sguainarono le spade e le lance, attaccando la compagnia. Da’miàn fu allontanato con uno spintone, mentre il capitano dell’esercito urlava ai suoi uomini di ammazzarli tutti, risparmiando solo il principe.
Jey afferrò la sua ascia e anche quella che il fratello gli offriva, le piazzò entrambe nel cranio di un elmo nemico, poi le lanciò al gemello Joy, il quale aveva appena atterrato con un calcione in pieno volto un guerriero di Eos. Questo ruzzolò sul terreno fatto di erba fresca, fece per rimettersi in piedi, ma un colpo d’ascia ben assestato lo lasciò morente e sanguinante.
Rhia corse verso Da’miàn porgendogli la mano per aiutarlo a rimettersi in piedi, poi parò in tempo il fendente del capitano che calava su di lei, accompagnato da vari insulti. L’arciere combatteva alle sue spalle, scoccando frecce che andavano a colpire il resto dei nemici, ora nelle gambe, ora nelle cosce, aiutando chi in quel momento li stava fronteggiando. Uno di loro era pronto a colpire Becky alle spalle, intenta a sua volta a estrarre la punta dello stocco dall’addome di un altro combattente di Eos, quando la freccia di Da’miàn lo azzoppò, fermando il colpo a mezz’aria. Beanka calò dall’alto con le daghe, sgozzandolo.
Seth toccò il suolo con la punta della sua arma, l’Ametista s’illuminò e spuntoni di ghiaccio sbucarono dal terreno, ferendo le guardie, le quali furono raggiunte ben presto da sfere infuocate. I cavalieri di Eos si trasformarono in torce viventi che urlavano e si dimenavano come impazzite, trapassate infine dello spadone di Drew.
Il principe afferrò il comandante per il collo e lo tirò via da Rhia, ormai quasi sopraffatta dal peso dell’armatura bianca. L’amazzone vide gli altri salire in groppa ai pochi cavalli rimasti, molti erano scappati spaventanti.
Vide i gemelli e Seth correre ciascuno sul proprio destriero bianco, richiamando gli altri a fare altrettanto. Drew aveva appena teso la mano a Becky e senza neanche attendere che la donna si fosse sistemata al meglio, era già partito al galoppo, con lei aggrappata alla sua schiena. Beanka stava cavalcando verso Edgemas, ancora impegnato a tenere a bada un paio di guardie, se ne liberò velocemente poi afferrò la mano dell’amazzone e si issò alle sue spalle. Rhia allora balzò sul cavallo del comandante, afferrò Da’miàn per un braccio e lo tirò su. Lo sentì muoversi per sistemarsi con il viso rivolto alla capitale, mentre prendeva la mira e scoccava una freccia:
«Questa è per mio padre! Digli che ti ho mancato di proposito e digli anche di non aspettarmi!»
«Sei sicuro?» Gli chiese l’amazzone cavalcando per raggiungere gli altri.
«Sicurissimo».


 
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