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Autore: mugsy    04/09/2009    2 recensioni
"se ne dicono di stronzate da bambini. Stronzate in cui noi crediamo. Stronzate che abbiamo l’illusione che si avverino. Stronzate che chiamiamo sogni"
In un'anonima periferia di un'anonima città, si incrociano le strane vite di un omicida per hobby, una "sfigata" con un terribile segreto e una lesbica che vuol cambiare pagina. A far da contorno, le turbe mentali e le strane angoscie di Virginia, condite da sogni altrettanto bizzarri. Perchè quando perdi la tua strada, recuperarla richiede un prezzo elevato.
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fischiava, fischiava Salerni. Ma ne aveva ben donde: il suo turno in fabbrica era finalmente finito, e poteva tornarsene a casa dalla sua amatissima moglie e dai suoi bellissimi ed altrettanto amati figli. Non poteva davvero chiedere di meglio alla vita. Fin da piccolo lui non aveva mai avuto grosse ambizioni. L’unica pretesa che aveva era quella di trovarsi una brava moglie e avere dei figli, del resto non gli sarebbe importato. E Salerni, con impegno e dedizione era riuscito a realizzare la sua unica ambizione, il suo unico desiderio. Non voleva davvero avere nulla di più, ne lo pretendeva, anche perché fin da ragazzo si era reso conto di non poter aspirare a chissà quale vita ambiziosa, e, a differenza di Vasco, lui voleva una vita tranquilla e senza grandi scosse. Solo realizzare questo desiderio l’avrebbe reso felice. E infatti, chi era più felice di lui?



Rumoreggiava, rumoreggiava Robert. Rumoreggiava perché era in attesa della sua tanto agognata preda. Preda che non vedeva l’ora di uccidere, per soddisfare la sua immensa sete di sangue. Sangue di cui lui si nutriva, di cui si cibava, di cui aveva un gran bisogno.
Lui viveva per il sangue, viveva per uccidere la gente. Era l’unica cosa che lo teneva in vita, che lo faceva stare bene, che lo teneva a galla. Perché lui era un fallito, un reietto, uno che non aveva sogni da realizzare e non aveva scopi nella vita. Non viveva, si limitava ad esistere per inerzia, facendosi trascinare dagli eventi e dal mondo. Lui non aveva la forza, o forse la voglia, di perder tempo a cercare di contare qualcosa, a cercare di essere una persona migliore. Probabilmente non l’aveva mai avuta in vita sua. E solo uccidere lo teneva in vita, lo faceva sentire importante. Lui era Robert Paulo, il serial killer più temuto della città, il terrore della Ciociaria, ed era orgoglioso di esserlo, perché così aveva l’illusione di contare qualcosa.



“Erika, la vuoi smettere con questo cazzo di baccano? Non riesco a sentire la radio, porca troia”.
“A parte che questo non è baccano, ma musica. Tutto il contrario di quello che senti tu”.
“Perché tu vorresti dire che sta roba è musica? Ma non farmi ridere. Si vede che non conosci la vera musica, ovvero quella che ascolto io”. “Cioè Carta Igienica e Lady Merda? Wow che gusti!”. “Brutta stronza, ma come ti permetti? Mo ti faccio vedere io. Posa quella chitarra!”. “Basso, non chitarra. Hai mai sentito parlare di basso? Eppure non dovrebbe risultarti nuovo come termine, considerando la tua statura e la tua scarsa morale”. “Brutta bastarda. Ringrazia che ora stanno trasmettendo la mia canzone preferita, se no ti avrei già punita come meriti”. “Wow che paura!”.
Dopo questa calma e tranquilla conversazione, Zia Desdy uscì sbattendo la porta come non aveva mai fatto in vita sua. Era più forte di lei, con Erika non riusciva davvero a trattenersi. Non sapeva più come prendere quella ragazza, con cui litigava un giorno si e l’altro… pure. Le due non riuscivano proprio a capirsi, a comprendersi, e correvano su due binari paralleli. All’inizio lei aveva cercato di instaurare un dialogo, di farsi accettare da quella ragazza dal carattere così difficile. Purtroppo ogni suo sforzo risultò inutile, ed Erika le sembrava una persona così lontana, distante da lei, e di questo non si dava pace.

Un sorso, due sorsi, ancora uno e poi smetto, ma se smetto poi mi ritorna in mente, quella faccia di bronzo di riace, vestita versace, voglio che taci, occhi di vuoto, occhi cattivi, occhi che esprimono la sua indole perversa, occhi freddi e pericolosi, come pericolosa è la sua forma, pericolose le sue mani, pericolose le sue parole, taglienti come lame, velenose, ingannatrici. Vuoi togliermi tutto, ladra. Vuoi soffocare la mia volontà, i miei pensieri, le mie parole, vuoi che io mi faccia da parte, vuoi che ceda, vuoi che faccia harakiri come i samurai. Ma io non sono come mio padre. Mio padre è buono, troppo buono, troppo debole nei tuoi confronti, ma io non mi farò crocifiggere da te. Non riuscirai a farmi desistere, non ci riuscirai. Io resisterò, io riuscirò a cacciarti dalla mia casa, dalla mia vita e da quella di mio padre. Ce la farò. Questo non mi riporterà indietro mia madre, ma almeno avrò estirpato una gramigna dal mio prato.
Devo calmarmi ora però, se no faccio qualche cazzata.
Grappa, aiutami tu. Aiutami a calmarmi, almeno per ora. Non devo commettere sciocchezze.
Non è il momento, non è ora. Aiutami, aiutami, aiutami. Calmami calmami calmami.
  
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