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Autore: Red_Coat    30/01/2022    1 recensioni
"Per tutto questo tempo ho passato ogni singolo giorno della mia vita cercando un modo per riunirmi alla mia famiglia. Per riavere mia madre e mio padre, e dire loro quanto mi siano mancati. Ho speso tutto quello che avevo ... pur di poterli salutare un'ultima volta.
Se sono arrabbiata?? Si. Decisamente. Mi fa rabbia che anche il più grande potere del mondo non sia in grado di far nulla per aiutarmi!"
Emilie Gold è l'unica figlia femmina del Signore Oscuro e della sua amata Belle. Cresciuta nell'amore, curiosa come sua madre e abile nella magia come suo padre, ben presto si renderà conto di quanto il tempo possa essere paziente medico e al contempo spietato nemico. E nel tentativo di rendere possibile l'impossibile, scoprirà quanto il prezzo della magia possa essere alto, e quanto il Maestro tempo possa realmente cambiare anche il più oscuro dei cuori.
(coppie: SwanFire; RumBelle. Questa storia è una rivisitazione degli eventi della serie, potrebbero esserci spoiler così come potrebbero esserci coppie canon mai nate o fatti importanti della trama mai accaduti. Il punto di partenza dalla fine della terza stagione.)
Genere: Angst, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Baelfire, Belle, Emma Swan, Signor Gold/Tremotino
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Episodio VII - "Abbiamo un accordo?"


Passato,  
Pendici del monte Olimpo. 
 
La sera prima del fatidico scontro contro il drago, Robin Hood ed Ewan non furono gli unici a recarsi dalla giovane e inesperta Emilie Gold. 
Subito dopo di loro, quando le ombre della luna si allungavano tetre sull'accampamento dormiente e la clessidra sul tavolo aveva appena iniziato a tener conto dei minuti della terza ora della notte, si affacciò furtivamente alla sua tenda Will Scarlett, ch'entrò di soppiatto e le si avvicinò tanto da permetterle di vedere, mentre fingeva di dormire, l'espressione contratta sul suo viso. 
Era terrorizzato. Sorrise. 
E aprì di scatto gli occhi fino ad allora socchiusi, guardandolo paralizzarsi e cercare una via di fuga. 
 
«Ciao Will» lo accolse, seria ma con un tono leggermente sarcastico nella voce. 
 
Come un predatore che ha appena puntato la sua preda. 
Il fante tremò, tornando dritto come un soldatino sull'attenti. 
 
«Pensavo dormissi» balbettò, poi però mentre la guardava sogghignare alzando gli occhi al cielo si fece coraggio e aggiunse. 
 
«Meglio così comunque, devo parlarti»
 
Emilie ridacchiò imitando suo padre. 
 
«Ovviamente. Per quale altro motivo ti saresti intrufolato nella mia tenda a quest'ora della notte, altrimenti?» quindi si fece indagatoria «Non per rubare alla figlia del Signore Oscuro, mi auguro» disse facendo apparire sul suo palmo il pugnale senza più nome e puntandoglielo alla gola. 
 
Il fante di Cuori alzò le mani, irrigidendosi e prendendo ad annuire più volte, indietreggiando. 
 
«Non voglio rubare niente, te lo giuro!» esclamò cercando a fatica di mantenere il sangue freddo «Sono venuto qui solo per parlare»
 
La vide assottigliare le palpebre per scrutarlo ancora più minacciosamente con quegli occhi grigi da coccodrillo. Si fece seria per un istante, poi di nuovo una smorfia si dipinse sul suo volto da bambola di porcellana. 
Ritirò il pugnale, se lo rimise dentro lo stivale destro e con un plateale cenno gli accordò il permesso, sedendosi a gambe incrociate e schiena dritta sul giaciglio fatto di casse e un malconcio materasso di sacco. 
 
«Parla, dunque» lo invitò, esibendosi in uno dei suoi più larghi sorrisi. 
 
Ambigua, indagatrice. Si mise in ascolto, braccia incrociate sulle ginocchia.  
Will Scarlett prese fiato, strinse i pugni e annuì più volte, come a farsi coraggio. 
 
«Ti accompagnerò anch'io, domani. Mi sono offerto volontario e Robin Hood ha accettato»
 
Emilie ridacchiò, oscillando il capo. 
 
«Mh, ma che bravo» lo canzonò, una strana luce negli occhi. 
 
Quindi si alzò dal suo giaciglio con leggiadria e avanzò quasi saltellante verso di lui, muovendo armoniosamente le dita delle mani. 
 
«E cosa ti ha convinto a fidarti di me?» mormorò, avvicinandosi talmente tanto a lui da poter udire il suo respiro. 
 
Will Scarlett s'irrigidì mentre quegli occhi lo scrutavano avidi. Cercò di scansarsi, ma quello sguardo lo seguì ovunque nella stanza, mentre la ragazza continuava a stare immobile al suo posto.  
 
«Non mi fido di te» le rispose quindi, gonfiando il petto «Ma era l'unico modo per ottenere ciò che voglio»
 
Nell'ombra, le palpebre della ragazza si assottigliarono. 
 
«E cosa vuoi?» sibilò. 
«L'occhio di Cronos» fu la risposta, fin troppo audace anche per uno come lui.  
 
In un primo momento il sorriso sul volto di Emilie si spense un poco, ma ascoltandolo parlare lentamente un'idea succosa si fece largo nella sua mente  
 
«Tu non sei l'unica a voler cambiare il passato» le disse. 
«Se ti aspetti che io ti consegni l'Occhio senza battere ciglio, puoi risparmiare la fatica» lo minacciò, continuando a ghignare. 
 
Ma il fante di cuori scosse il capo. 
 
«Non me lo aspetto, no» disse «È per questo che sono venuto a parlare»
 
Colta alla sprovvista, Emilie per un breve istante non riuscì a credere alle sue orecchie. 
Ma quando iniziò a farlo, un sogghigno trionfale e impaziente si dipinse di nuovo sul suo viso. I suoi occhi grigi tornarono a brillare e lei avanzò di nuovo verso il suo interlocutore, fino ad essere di nuovo faccia a faccia con lui. 
Lo scrutò attentamente, guardandolo sudare freddo mentre cercava di mantenere un controllo. 
 
«Tu...» mormorò Emilie, incredula, sfiorandogli il petto all'altezza del cuore con un dito «Vuoi fare un accordo con la figlia di Tremotino?» sogghignò, divertita e malefica.  
 
Will Scarlett annuì e deglutì a vuoto, prima di rispondere. 
 
«Io ti aiuterò a portare a compimento la tua missione di recupero, e tu mi concederai di usarlo»
 
Nuovamente, lei rise. 
Ma stavolta lo fece in un modo se possibile ancora più strano di quello del Signore Oscuro, quasi soffiando come un gatto. 
Scosse il capo e mosse le braccia assumendo una posa assai famigliare per tutti coloro che conoscevano suo padre. Il braccio destro piegato all'altezza del ventre, quello sinistro alzato, sfiorandosi il mento con la punta delle dita. 
 
«Oh, William...» replicò divertita «Mio caro, piccolo Will. Credi davvero che per avere l'autorità su un manufatto così potente come l'occhio di Cronos ti basti aiutarmi a sconfiggere un drago?» scosse il capo, tornando ad assottigliare le palpebre «Io ho rischiato di morire, eppure non ho ancora raggiunto il mio obiettivo.» sibilò «Perché per te dovrebbe essere diverso?» chiese, e nel farlo il fante la vide farsi pensosa, muovendo le dita con rapidità, come se stesse seguendo il filo d'un pensiero improvviso. 
 
Sospirò. Ma si disse che la sua missione era troppo importante per rinunciare ora. 
Di nuovo tornò a stringere i pugni e i denti. 
Ciò che stava per dire, avrebbe segnato la sua vita. 
 
«Cosa vuoi che faccia allora?»
 
La sentì ridacchiare di nuovo. 
 
«Oh, ma è semplice.» fu la risposta «I viaggi nel tempo sono complicati, e una buona spalla potrebbe essere ciò che mi occorre per rendere tutto più facile.» lo guardò dritto negli occhi, sogghignando «Non che io mi fidi di te, intendiamoci. Ma mio padre era solito dire che uno scopo comune può rendere alleati anche due nemici giurati, e poi ... quale miglior modo per te d'imparare ad usare un artefatto così delicato se non quello di osservare un'esperta all'opera?» alzò altera il capo, scoccandogli un occhiolino. 
 
Il fante di cuore rabbrividì. 
 
«Vuoi che viaggi con te attraverso il tempo? Sulle orme di Tremotino?» domandò, incredulo. 
 
Emilie ammiccò. 
 
«Dovrai farlo comunque, prima o poi. No? Tanto vale iniziare da qualche parte, meglio ancora se non ti coinvolge direttamente» ribatté con disinvoltura.  
 
Per tutti i diavoli! Perché il suo ragionamento non faceva neanche una maledetta piega? 
Spalle al muro, una pessima sensazione già ben chiara nella mente, Will Scarlett si concesse qualche ultimo istante per pensare bene a quella proposta. 
La figlia di Tremotino aveva decisamente preso da suo padre, non c'erano dubbi, ma per quanto questo potesse rendere il tutto più rischioso il gioco continuava comunque a valere la candela. 
E poi averla dalla sua parte era cento volte meglio che farsela nemica. 
 
«Allora... abbiamo un accordo?» fece a un tratto lei, interrompendo quel silenzio teso e porgendogli una mano. 
 
Tra le sue dita si materializzarono una pergamena e un pennino ricavato da una piuma di un nero brillante. 
Scarlett sospirò pesantemente, guardando i suoi occhi grigi. 
Quindi annuì. 
 
«Al diavolo, si!» mormorò deciso. 
 
Firmando con inchiostro indelebile la sua condanna a vita e iniziando a pentirsene già un attimo dopo.  
 
\\\ 
 
Passato,  
Storybrooke, 
Pochi giorni dopo l'avvento di Zelena. 
 
Quando erano giunti in città, Emilie e Will avevano ben chiaro in mente l'epoca in cui il medaglione li aveva trasportati. 
Era il loro ultimo viaggio, questo gli aveva detto lei prima di partire. Se fossero stati fortunati anche questa volta, avrebbero potuto fermarsi più a lungo e finalmente lui avrebbe potuto riscuotere la sua meritata ricompensa. 
Stavolta però, il problema più grande da affrontare furono prima di tutto i sentimenti contrastanti di Emilie. 
Aveva appena finito di rovinare i piani alla strega perfida salvando Bae per il rotto della cuffia, ma non aveva potuto impedire che suo padre venisse rapito usando il pugnale. 
Baelfire e Belle avevano cercato d'impedirlo, ma anche loro avevano dovuto assistere impotenti mentre il Signore Oscuro appena redivivo l'implorava di rinunciare, per il loro bene. 
Emilie, nascosta nell'ombra, si era morsa la lingua a sangue pur di impedirsi di singhiozzare. 
Subito dopo, il fuoco negli occhi, aveva sfoderato l'occhio di Cronos e aveva giurato la sua più atroce vendetta nei confronti di quella donna. 
In un battito di ciglia si erano ritrovati a Storybrooke, di sera, proprio di fronte a casa sua. 
All'inizio il fante di Cuori non aveva capito cosa stesse accadendo né dove li avesse portati. 
Vide solo Zelena uscire da una botola al centro di quell'immenso giardino brullo, il pugnale dell'Oscuro in mano.  
Fu Emilie a chiarire tutto, il viso una maschera di cera e gli occhi gonfi e lucidi. 
 
«Non perderla d'occhio neanche un singolo istante» aveva ringhiato, in un tono talmente sommesso e tetro da gettare una profonda inquietudine nel cuore di Scarlett. 
«E tu dove vai?» aveva chiesto, preoccupato. 
 
L'aveva vista allungare una mano verso il pugnale che stringeva alla cintola, sotto il mantello nero, e deformare le labbra in un ghigno malevolo e rabbioso. 
 
«A preparare il terreno» aveva concluso torva, prima di sparire in un nuvola di fumo violaceo. 
 
William Scarlett rimase circa un'ora lì davanti, a fare da guardia alla prigione del Signore Oscuro, ma all'improvviso un lampo verdastro alle sue spalle lo fece sobbalzare. Lo vide illuminare il bosco in lontananza, a pochi metri dalla città, e gli parve quasi di sentire un urlo appena percettibile, nel silenzio tetro della notte. 
Sgranò gli occhi, guardando verso le finestre della casa della strega perfida, ma nonostante le luci accese non vide nessuno affacciarsi a guardare. L'esplosione era stata silenziosa e rapida, ma era stata vicina al centro abitato e qualcun altro a Storybrooke avrebbe potuto esserne spaventato. 
 
«Per tutti i diavoli!» aveva esclamato «Milly, ma che cavolo stai combinando?»
 
Rimase indeciso sul da farsi per qualche istante, poi però pensò che per il momento il Signore Oscuro avrebbe potuto essere lasciato al suo destino e corse più in fretta che poteva verso la direzione in cui aveva visto il bagliore. 
Arrivò circa dieci minuti dopo, il fiato corto e le gambe dolenti, in una zona simile a quella che aveva lasciato, fatta per lo più di ampi spazi verdi e grandi ville disabitate. 
Ne superò una dalla quale vide, affacciato alla finestra del piano superiore, il cappellaio. Si guardarono entrambi straniti ma non ebbe tempo per fermarsi a parlare. Continuò a correre fino a che, dopo un breve tratto di strada male illuminato, vide ergersi di fronte a sé un piccola villetta a un piano fatta di assi di legno dipinte di verde e di tegole rosse per il tetto spiovente. 
La porta e le finestre erano spalancate su un interno spoglio, il giardino era un disastro. 
Piante sradicate e vasi rotti sul vialetto d'ingresso, luci traballanti. 
Capì subito di averla trovata quando la sentì nuovamente urlare a squarciagola all'interno, e si precipitò a soccorrerla col cuore in gola udendo rumore di vetri rotti e mobili che veniva giù. 
 
«Milly! Emilie! Fermati!» urlò fiondandosi in quello che sembrava il soggiorno. 
 
Sembrava essere passato un uragano il divano era ricoperto da libri sventrati, il pavimento era disseminato da cocci d'ogni tipo e da un liquido appiccicoso dall'odore fortemente alcolico. 
Lei era al centro della stanza, in preda ad una paurosa crisi di nervi. 
Aveva appena finito di scaraventare contro una parete il tavolo di truciolato e la vide afferrare una sedia con l'intento di schiantarla sul pavimento, ma riuscì a fermarla seguendo l'istinto sviluppato in battaglia. 
 
«Emilie, smettila!» urlò, quindi le si scagliò contro, beccandosi un pugno in piena faccia. 
 
Il dolore lo stordì ma s'impose di non cedere. Si rialzò e prima che lei potesse sferrargli un incantesimo respingente le afferrò il braccio e lo contorse fino a farle male, immobilizzandolo dietro la schiena. 
La ragazza urlò di nuovo, ma stavolta meno rabbiosamente. La sentì cedere, e prima ancora che potesse bloccarle anche l'altro braccio la sentì scoppiare a piangere, cadendo in ginocchio. 
 
«Lasciami!!» lo supplicò. 
 
E non appena lo fece, si portò le mani al viso nascondendo la sua espressione addolorata. 
La tempesta era passata. 
Will Scarlett avrebbe dovuto essere infuriato con lei, ma dopo ciò che le aveva visto fare per suo padre in tutto il tempo speso a viaggiare insieme, le uniche cose che riuscì a provare furono compassione e dolore. 
Era stata una decisione ponderata quella di arrivare proprio durante la prigionia di Tremotino. 
Emilie avrebbe potuto lasciare quel periodo invariato e giungere direttamente al momento in cui avrebbe potuto porvi fine, invece aveva scelto consapevolmente di stargli accanto durante tutto il tempo necessario. 
 
«Ce la faccio.» gli aveva detto quando aveva cercato di dissuaderla «Devo farcela. Per papa. Lui ha bisogno di me»
 
Si era lasciato convincere, e questi erano i risultati. 
La guardò singhiozzare come una bambina, quasi fino a restare senza fiato. A un certo punto la vide trascinarsi verso una parete e raggomitolarsi su sé stessa, abbracciandosi le gambe al petto e nascondendosi dietro le ginocchia. 
Sospirò, cercando nel frigo qualcosa che andasse bene per calmarla. 
Era vuoto. Completamente. Così come lo erano la dispensa e tutti gli altri mobili.  
Bene, almeno avevano devastato una casa disabitata. 
Prese la sua bisaccia e gliela porse.  
 
«Tieni» la incoraggiò. 
 
Ma lei continuava a piangere talmente forte da strozzarsi con il suo stesso fiato. 
Tremava, non aveva neanche più la forza di muoversi da lì.  
Rinchiuse la bisaccia e l'aiutò ad alzarsi, lasciando poi che lei lo abbracciasse, nascondendo il viso nel suo petto. 
 
«Hey, Milly. Milly, guardami...» la riscosse, quando si accorse della sua reale difficoltà nel fermarsi. 
 
Era diventata paonazza, gli occhi erano fuori dalle orbite. 
 
«Tieni, bevi. Bevi! Se continui così soffocherai!»
 
La costrinse quasi, ficcandole il beccuccio della borraccia in bocca. 
L'espediente funzionò. La giovane riprese fiato tutto d'un colpo, tirando giù quanta più aria possibile e riuscendo finalmente a smettere di singhiozzare. 
Il respiro era spaventosamente corto però, e lei tremava così tanto ancora da non riuscire a reggersi in piedi. 
La fece accomodare sul divano e le si sedette di fronte. 
 
«Milly, ora calmati!» le disse deciso «Vuoi morire adesso che tuo padre ha più bisogno di te?»
 
La vide scuotere il capo, una smorfia di dolore sulle labbra sottili.  
 
«Bene. Allora devi respirare. Respira, ricordati come si fa» le consigliò, iniziando poi a mostrarglielo prendendo lentamente grandi bloccate di aria e poi ricacciandole, mentre ne seguiva il flusso con le mani. 
 
Sorrise e lo fece anche la ragazza, riuscendo pian piano a riavere controllo di sé. 
 
«G-gr-graz-zie...» bofonchiò in un soffio lei, il petto scosso dal singhiozzo. 
 
Il fante di Cuori annuì. 
 
«Dovere di scudiero.» replicò lui con un sorriso, scuotendo le spalle «Ora però dobbiamo andare. Di chiunque sia questa casa, l'abbiamo fatta davvero grossa.» replicò tornando a farsi preoccupato. 
 
Ma Emilie Gold scosse il capo, asciugandosi il viso con il pizzo bianco delle maniche a sbuffo della camicia. 
 
«N-non... è necessario...» mormorò, cercando con tutte le forze rimaste di darsi un contegno «Q-questa casa... avrebbe d-dovuto essere la tua.»
 
Sorpreso, Scarlett si guardò intorno con più attenzione. 
 
«Oh...» replicò «Carina...» concludendo poi, riuscendo finalmente a strapparle un nuovo sorriso «Beh, grazie per avermi devastato casa, allora.»
 
La sentì tornare a ridacchiare. Le bastò un cenno della mano, mentre ancora cercava di riaversi del tutto, per riportare tutto alla normalità. Incluso il suo naso dolorante.  
 
«Contento?» domandò, scacciando le ultime lacrime con un movimento del capo e tornando a guardarlo altera. 
 
Il fante tornò a scrutarla. 
 
«Non ancora» sorrise «Il frigo è vuoto» disse indicandolo. 
 
La giovane si sforzò di ridere, ma aveva ancora una pessima cera. Si stese sul divano e si raggomitolò nel mantello. 
 
«Per quello dovrai fare da te. Non sono ancora così brava, il mio addestramento è incompleto» rivelò chiudendo gli occhi «E poi ... sono troppo stanca ora»
 
Crollò, subito dopo aver detto quella frase. 
E al fante di Cuori, per l'ennesima volta, non restò che arrangiarsi. Ormai ci aveva fatto l'abitudine. 
 
\\\ 
 
I giorni che seguirono non furono meno tesi di quello appena trascorso. 
Mentre Will Scarlett si dava da fare per rendere vivibile la sua nuova dimora e rendersi riconoscibile ai diffidenti abitanti di Storybrooke, già allertati dalla presenza di Zelena, Emilie combatteva i costanti sbalzi di umore e le notti insonni passati a sorvegliare la prigione di suo padre, fino a che una sera non decise ch'era stufa di aspettare. 
Non poteva farsi riconoscere, ma ciò non significava che non avrebbe ugualmente potuto trovare un modo per fargli sapere che non era da solo. 
Così calò il cappuccio sul volto, attese che la strega spegnesse le luci e si materializzò all'interno. 
Era buio, e il silenzio era rotto solo dal cigolio della ruota dell'arcolaio al quale suo padre, chiudo nella sua misera gabbia, stava ancora lavorando. 
Smise all'istante non appena si accorse della sua presenza, e la guardò restare immobile nella luce fioca del palmo infuocato che lei stessa aveva acceso. 
Quando lui la guardò, gli occhi scavati da profonde occhiaie nere sgranati e fissi su di lei, Emilie rabbrividì. 
Era irriconoscibile, ancor più di quando l'oscurità deformava la sua pelle. 
Smunto, sporco, la barba lunga, i capelli arruffati, gli eleganti abiti ridotti a un mucchio di stracci. 
Era diventato la vaga ombra di sé stesso, la cosa più lontana dal ricordo che aveva di lui.  
E lei per un attimo temette davvero di non farcela. Ricominciò a tremare, il cuore che batteva forte in petto. Una corda invisibile le si legò stretta attorno alla gola, impedendole il respiro. La vista si appannò per qualche istante, mentre le lacrime offuscarono la vista. 
La mente iniziò a vagare alla ricerca di qualche pensiero felice che la aiutasse a superare quel momento senza crollare. 
Nonostante ciò, riuscì comunque a sentire la voce profonda e pungente di Tremotino chiederle, con autorità. 
 
«Chi sei tu?»
 
Tremò di nuovo. 
E aprì la bocca per parlare, ma subito si riebbe, bloccandosi appena in tempo e tornando a mordersi la lingua. 
Spense il globo di fuoco e usò quella mano per lasciare che, dopo un aggraziato gesto, un piccolo pezzetto di pergamena si materializzasse sulle gambe di suo padre. 
Il Signore Oscuro lo prese tra le dita, lo lesse e tornò a guardarla confuso. 
 
«Emilie?» ripeté, inconsapevole di averle provocato con quel semplice atto un dolore insopportabile al cuore «Non conosco nessuno con questo nome. Cosa vuoi da me?» la incalzò, mostrandole i denti.  
 
Minaccioso, stufo. 
Provato fino allo stremo. 
Emilie si sforzò di sorridere appena, il cappuccio calato sul volto per nascondere le sue sembianze.  
Con un altro elegante gesto della mano, cambiò il testo della missiva. 
 
"Non preoccuparti, presto sarai libero. E capirai.
PS. Brucia questo biglietto, Zelena non sospetta che la sto spiando."
 
Fu l'ultima cosa che riuscì a fare, prima che lo sgomento prendesse il sopravvento. 
 
«Perché?» ripeté Tremotino, alzandosi dal suo arcolaio e aggrappandosi alle sbarre «Chi sei? Cosa vuoi da me?!»
 
Fuori di sé. 
Il tempo delle parole era finito. Emilie si riprese la pergamena, quindi scomparve in una nuvola di fumo, per riapparire al centro della foresta, lì dove sarebbe sorto il suo rifugio. 
Crollò in ginocchio e pianse, ancora una volta, tutte le lacrime che riuscì a versare.  
Poi si alzò in piedi, tremante, e provò a compiere qualche passo. 
Si sentì... persa. Debole. 
Scorata, capì di aver bisogno di un istante per riposare e schiarirsi le idee.  
Guardò in alto, verso il cielo nero oltre le chiome dei pini. 
Le stelle brillavano vivaci, come piccole fiammelle di speranza. 
Cercò un ramo adatto su cui appollaiarsi, vi si materializzò e lì, sdraiata con la schiena a ridosso del tronco robusto, rimase per tutto il resto della notte e fino alle prime ore del mattino, quando Will Scarlett la ritrovò addormentata. 
Lì per lì neanche la vide, nascosta com'era tra le fronde verde scuro, ancora avvolta in toto dal suo mantello.  
Giunse lì dopo aver setacciato tutta la foresta, palmo per palmo, preoccupato nel non vederla tornare, e si accorse di lei solo nel momento in cui, gridando nel chiamarla, la sentì rispondere con un mugugno impastato. 
Sollevò la testa e finalmente la vide: fissava il cielo terso con aria trasognata, assente. 
Sospirò. 
 
«Milly! Ti ho cercato tutta la mattina!» la rimproverò. 
 
Ma lei non rispose. 
 
«Si può sapere cos’è successo?» ribadì «Non ne avrai combinata un'altra delle tue? È stato un miracolo che gli abitanti di Storybrooke non abbiano fatto storie!»
 
La giovane sorrise amara, chiudendo gli occhi per un momento. 
 
«L'ho visto...» mormorò, scuotendo piano la testa. 
 
Il fante di cuori assottigliò le palpebre, sperando di non aver capito bene. 
 
«Tu cosa?» ripeté. 
 
La figlia di Tremotino ridacchiò, disperatamente, passandosi le dita sugli occhi stanchi. 
 
«Papa... quella strega lo ha ridotto a una larva...»
 
Nel mormorare quell'ultima frase la disperazione lasciò il posto ad una rabbia cupa. 
 
«La pagherà fino all'ultimo, misero, centesimo» soggiunse torva, stringendo a pugno la mano con la fede nuziale di suo padre, e portandosela sul cuore. 
 
Will Scarlett attese in silenzio che quel momento passasse, pensando fosse meglio non disturbarla mentre era in vena di tagliare la gola a qualcuno. 
Ma col passare dei minuti la sua espressione si faceva sempre più rabbiosa e il suo silenzio sempre più cupo. 
Meditava vendetta, ma il tempo continuava a scorrere. Entrambi sapevano che la storia di Tremotino non poteva essere cambiata e che quel che doveva accadere non poteva essere evitato. 
Però... 
 
«Oh, per tutti i diavoli! Emilie, riprenditi!» sbottò «Non puoi cambiare la storia, ma puoi almeno fare in modo che questa follia finisca il prima possibile, no?»
 
D'improvviso la vide tornare a illuminarsi. Lo guardò, e le sue labbra s'incresparono in un sogghigno malevolo. 
 
«Hai ragione, sai?» replicò, materializzando sul palmo aperto della mano destra una freccia dall'aspetto antico. 
 
Un rapido bagliore la percorse. 
 
«Non garantisco di riuscire a resistere alla tentazione di ficcargliela dritta nel cuore.»
 
\\\ 
 
Il giorno dopo... 
 
Il piano era semplice. Seguire Zelena fino a un suo passo falso e agire quando avrebbe deciso di usare il pugnale per scagliare suo padre contro gli abitanti della città. 
Questo, con enorme sollievo di Emilie, avvenne anche prima del previsto. 
Era il tramonto quando Will Scarlett la raggiunse di corsa alla piccola casetta sull'albero che si era costruita. 
 
«Emilie! Ci siamo! Tuo padre e Zelena stanno andando verso il centro della città!»
 
La ragazza sogghignò. 
 
«Era ora...» mormorò. 
 
Poi imbracciò l'arco e la sua freccia incantata e si materializzò al limitare della foresta, lì dove avrebbe potuto avere tutto sotto controllo. 
Non prima di avergli lasciato un singolo, perentorio ordine  
 
«Va' a casa e restaci»
 
\\\ 
 
C'erano tutti. 
Baelfire, Emma, Belle, Cora e Regina.  
Zelena alzò il pugnale al cielo e da lontano Emilie guardò suo padre, fermo dietro di lei. 
Era il momento giusto. 
Prese la mira, puntò al pugnale, rilassò i muscoli e scoccò la freccia più importante di tutta la sua vita, mormorando vendicativa. 
 
«È giunto il momento, stronza. Il tuo controllo su mio padre finisce ora»
 
***
 
Presente,  
Storybrooke, casa del fante di cuori. 
 
La porta d'ingresso si aprì dopo un breve scatto della serratura. Lentamente, l'uscio si dischiuse e la punta arcuata degli stivali in pelle di coccodrillo di Emilie ne preannunciò l'ingresso al padrone di casa, che se ne stava tranquillamente spaparanzato a godersi una serata di birra e tv. 
La ragazza entrò con passo lento e fare trasognato. 
Un piede dopo l'altro, chiuse la porta dietro di sé dandole una leggera spinta e sorrise, con un lungo sospiro. 
Scarlett la guardò e sorrise a sua volta, disattivò l'audio della tv e domandò, davvero felice per lei 
 
«È andata bene, immagino...»
 
La sentì ridere. Emilie aprì le braccia, buttò indietro la testa e prese a girare su sé stessa leggiadramente, quasi danzando sulle note d'un immaginario valzer. 
 
«Li ho visti, Will!» gli raccontò quindi, intenerendosi «Mamma e papa. Li ho visti e ho detto loro tutto. Ogni cosa...»
 
Sinceramente felice per lei, William Scarlett ridacchiò a sua volta, si alzò in piedi e la abbracciò, stringendola fraternamente. 
 
«Che ti dicevo?» le rispose contento «E loro... Come l'hanno presa?»
 
Gli occhi grigi della figlia di Tremotino si riempirono di luccicanti lacrime di gioia. 
 
«Vogliono che vada a stare da loro, stasera» disse, mordendosi le labbra «Sono venuta a prendere qualcosa di adatto»
 
Si abbracciarono di nuovo, ma stavolta fu lei a stringerlo. 
 
«Grazie Will. Non ci sarei mai riuscita senza di te» aggiunse sincera, subito dopo. 
 
Lo vide scuotere le spalle con noncuranza. 
 
«Non è stato facile neanche per me, ma ci siamo divertiti in fondo. E ora... goditi la tua famiglia» le disse con affetto, lasciandola andare. 
 
Emilie Gold sorrise, quindi materializzò l'occhio di Cronos sul palmo di una mano e glielo porse, scoccandogli un occhiolino. 
 
«E tu goditi la tua ricompensa» ribatté con il medesimo affetto, guardandolo sgranare gli occhi, sorpreso e senza fiato. 
 
Non lo prese. Piuttosto tornò a guardarla, pensando fosse uno scherzo o un sogno. 
Non lo era. E a quel punto non gli restò che allungare un braccio per ritrovarselo al collo. 
Era pesante, ma forse era solo una sua impressione. 
Lo sfiorò con le dita, sentendosi potente e sentendo l'adrenalina crescere dentro di sé. 
Emilie gli schioccò un occhiolino. 
 
«Un patto è un patto, te l’avevo detto» disse, continuando a notare incredulità nel suo sguardo «Ora vai. Va a riprenderti il tuo passato» lo incoraggiò infine «Solo ricordati di evitare te stesso e il Signore Oscuro per quanto ti è possibile» sorrise, scuotendo le spalle «Non vorrai vanificare tutta la fatica fatta?»
 
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Una camicetta giallo in seta color oro con collo jabot, giacca in finto cuoio senza maniche con chiusura a cerniera fin sotto al collo, pantaloni in pelle nera e gli stivali del coccodrillo. 
Questo era l'outfit scelto per mostrarsi al mondo come "figlia di Tremotino", e con questi abiti si presentò alla sua porta, venendo accolta dal sorriso radioso di sua madre. 
 
«Benvenuta» le disse, abbracciandola forte.  
«Ho fatto il prima possibile» si scusò, stringendola a sua volta. 
 
Sulla soglia del soggiorno apparve la figura slanciata di suo padre. 
 
«Hai fatto anche prima di quanto pensassimo»
 
Si scambiarono un sorriso complice, mentre Belle richiudeva la porta. 
Come fosse ancora una bambina, Emilie si perse a guardare incantata gli ambienti attorno a lei. 
Era una casa che sapeva di antico. Tutto, dalle vetrate colorate ai mobili imponenti fino ai suppellettili pregiati, era scelto con cura. Ed era tutto merito di quell'uomo che se ne stava distante a osservarla con attenzione, una luce fiera negli occhi, indossando il suo miglior completo e una cravatta viola, stringendo nel palmo della mano sinistra il suo inseparabile bastone da passeggio col manico in oro.  
 
«Che eleganza» commentò sua madre, svegliandola dalla meraviglia e squadrandola da capo a piedi. 
 
Arrossì, compiendo un giro su sé stessa. 
 
«Oh, non è niente di che» si schermì. 
 
Un sogghigno divertito colorò le labbra di suo padre, che avanzò verso di lei e indicò con un cenno gli stivali. 
 
«Permettimi di dissentire, soprattutto su quelli» soggiunse, lanciandole un occhiolino. 
 
Milly ridacchiò, mordendosi le labbra. 
 
«Te ne sei accorto» mormorò. 
 
Tremotino scosse le spalle e annuì scherzoso. 
 
«Naturalmente» replicò, per poi abbracciarla e lasciare che lei facesse lo stesso «Ti donano molto» sussurrò, facendola felice «Saranno il dettaglio importante nella tua favola» suggerì, e la vide annuire fiera.  
«È per questo che li ho indossati» gli rispose lei facendo l'occhiolino. 
 
Quindi Rumplestiltskin lasciò che sua moglie lo aiutasse a indossare il lungo cappotto nero e infine le prese entrambe sotto braccio. 
 
«Allora, Signore. Pronte per le presentazioni ufficiali?» domandò altero. 
 
Belle sorrise annuendo e stampandogli un bacio sulle labbra, Emilie si strinse più forte a lui, il cuore che ribolliva di emozione e gioia. 
 
«Non aspetto altro, papa» rispose, compiendo finalmente insieme a loro il primo passo verso il suo nuovo futuro.  
 
La sua vita ricominciava da qui, così, e in tutta onestà non avrebbe saputo chiedere di meglio.  
 
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Granny quella sera era indaffarata a servire una moltitudine di clienti. C'erano tutti, dai sette nani alla regina cattiva, seduta a conversare amabilmente con il piccolo Henry ad uno dei tavoli meno in vista. Emma e Baelfire invece sorseggiavano un drink scambiandosi dolci sorrisi, un po' come facevano Biancaneve e il suo Principe azzurro. 
Le uniche grandi assenti erano le fate, troppo impegnate nella loro nuova austera vita da suore. Perfino Uncino aveva deciso di unirsi alla baldoria in quel locale, invitato da Ruby. Era il compleanno del giovane Henry, e lui aveva voluto che tutti fossero presenti. 
Si era stupito, ma alla fine aveva accettato, venendo accolto dagli sguardi diffidenti degli altri commensali, che per ora si limitavano ad ignorare la sua presenza. 
Seduto a un tavolo in disparte, sorseggiava il suo boccale di birra guardando Emma e il suo fidanzato farsi tante belle smancerie e sentendo la rabbia ribollire nello stomaco assieme all'alcool.  
Quello che ancora non sapeva era che non era stata di Henry l'idea d'invitarlo ad unirsi alla festa, bensì di sua zia. 
Subito dopo aver parlato con i suoi genitori, Emilie non era corsa da Will ma si era recata da suo fratello proprio per condividere con lui la notizia e mettere in atto la tappa successiva del piano. 
 
«È fatta!» aveva esclamato entrando in casa e abbracciandolo forte «Papa mi ha trovato! Finalmente non dovrò nascondermi.»
 
Emma ed Henry avevano sorriso, sinceramente felici per lei.  
Bae invece aveva aspettato prima di farlo, preoccupandosi un po'.  
 
«Quindi adesso... Cosa vuoi fare?» aveva chiesto.  
 
Emilie gli aveva sorriso, accarezzandogli teneramente la folta barbetta che ricopriva la sua guancia destra.  
 
«Solo stare con la mia famiglia» lo aveva rassicurato, aggiungendo poi dolcemente «Prima di tutto, ti racconterò ciò che vuoi sapere» quindi guardò Henry e aggiunse, con un sorriso «E poi stasera saremo dei vostri alla festa. Ma devo chiederti un piccolissimo favore. Voglio che tutti sappiano chi sono davvero. In particolare... Uncino»
 
Emma si era allertata, e Neal aveva sbuffato scuotendo il capo. 
 
«È una pessima idea» aveva risposto la salvatrice, appoggiando le mani sulle spalle di suo figlio prima ancora che questi potesse dire la sua. 
«Mi pareva strano» aveva replicato Neal, amaro «Vuoi che finisca in rissa? Non ce la fai proprio a non provocare conflitti, tu»
 
Emilie però non si era lasciata scoraggiare. 
Aveva scosso il capo e con un sorriso sicuro aveva replicato. 
 
«Ti sbagli Neal. Stasera io rivelerò a tutti perché sono giunta a Storybrooke. Per proteggere papa. Dirò a tutti che sono stata io a impedire che le cose degenerassero con Zelena, e che sono pronta a rifarlo se sarà necessario. Non sarà una rissa, ma se Uncino ha abbastanza sale in zucca da starmi a sentire servirà ad evitare che lui e papa si scontrino di nuovo» quindi alzò gli occhi al cielo e scosse le spalle con aria disinvolta «Viceversa, se non dovesse averne...»
«Cosa? Gli lancerai contro un incantesimo? Darai spettacolo per dimostrare a papa che sei degna di lui?» la incalzò rabbioso Bae. 
 
Senza lasciarsi prendere dall'ora, Milly gli rivolse un largo sogghigno. 
 
«Siamo gelosi, adesso?» lo schernì, poi però seguitò, impedendogli di rispondere Se il pirata ubriacone dovesse essere così incosciente da cercare rissa lascerò che la mia magia lo riporti sulla sua nave. Un semplice incantesimo di trasporto, e tutto tornerà nei ranghi.»
 
Poi tornò a parlare con Henry, inginocchiandosi di fronte a lui e prendendogli le mani. 
 
«Credimi, non lascerò che niente rovini la tua festa» guardò infine Emma, implorante -Fidatevi di me.- 
 
Così, dopo aver giurato anche alla salvatrice che avrebbe saputo tenere a bada gli imprevisti, aveva ottenuto ciò che voleva e si era attardata qualche istante in più per spiegare a Baelfire tutto ciò che doveva sapere. 
C'era una bella atmosfera quella sera. 
Il locale era addobbato con ghirlande e striscioni fatti apposta per l'occasione dai compagni di scuola del ragazzo, il jukebox suonava le hit di quell'anno. 
Al momento del loro ingresso la situazione si fece davvero tesa; il brusio dei commensali si spense, tutti fissarono con preoccupazione il Signore Oscuro nel suo completo gessato e le sue due accompagnatrici. 
Belle fu accolta volentieri da Ruby e Biancaneve, lo stesso non si poté dire di Tremotino e sua figlia. 
 
«Nonno, zia!» li accolse Henry, fiondandosi a salutarli con uno dei suoi calorosi abbracci. 
«Zia?» bofonchiò Brontolo rivolto ad uno dei suoi fratelli. 
 
Emilie guardò suo padre ed entrambi sorrisero. 
Quindi rivolse un cordiale saluto a Will Scarlett, seduto al bancone del bar accanto ad un incredulo Robin Hood. 
 
«Ciao cuginetto»
 
Il fante di cuori annuì, sorridendo e alzando il proprio boccale. 
 
«Ciao Alex!» la salutò gioviale, poi però si paralizzò di fronte ad un'occhiata di Tremotino «Signor Gold...» lo salutò impettito, abbassando lo sguardo e accennando un inchino. 
 
Padre e figlia tornarono a concentrarsi sulla folla, appena in tempo per accogliere i primi insulti. 
 
«Tu!» sbottò Leroy, puntandole contro un dito e alzandosi in piedi «Tu sei la straniera del paese delle meraviglie! Era tutta una montatura, allora! Il realtà sei sua figlia!» l'accusò puntando contro Rumplestiltskin il proprio indice. 
 
Il Signore Oscuro alzò gli occhi al cielo. 
 
«Si, lo è» sorrise. 
«È nostra figlia» aggiunse Belle, tornando a stringerla «Ed è grazie a lei se la situazione con Zelena non è precipitata. Quella copertura gli serviva per restare nascosta ai suoi occhi e potersi muovere liberamente»
 
Lo stupore si dipinse sul volto di tutti gli astanti. 
E, com'era prevedibile, finalmente Killian Jones poté reclamare il proprio posto in quella disputa. 
 
«Ma davvero?» esordì, con tutte le peggiori intenzioni «E dove la tenevi nascosta questa figlia, Signore Oscuro? Mi sembra un po' troppo cresciuta»
 
Si alzò in piedi e lo raggiunse, sfidandolo occhi negli occhi. 
 
«Che genere d'incantesimo le hai inflitto? Di sicuro uno che la rendesse una pedina nelle tue mani»
 
Tremotino ghignò, mentre Emilie strinse i pugni e s'impose di restare calma, concentrandosi sugli sguardi di Baelfire, Emma ed Henry. Neal scosse piano il capo, muovendo appena le labbra in una muta esortazione a non reagire. 
Non fu necessario comunque, perché il Signore Oscuro dimostrò ancora una volta di saper tenere a bada il suo arcinemico. 
 
«Non ho bisogno di un incantesimo per farmi amare dai miei figli» replicò «Torna al tuo rum, pirata. Lascia la magia a chi sa comprenderla»
 
Uncino ghignò, e fece per ribattere ma Granny impose a tutti il silenzio battendo un pugno sul bancone. 
 
«Va bene, ora basta. Questa è la festa di Henry, stasera niente sangue nel mio locale»
 
Emilie sorrise, tornando a stringere il braccio di suo padre e guardando negli occhi con aria di sfida il Pirata. 
 
«L'hai sentita?» lo schernì, sibilante «Ritorna al tuo angolino buio in fondo alla sala se vuoi stare qui, oppure prendi il tuo rum e continua a fare quello che sai fare meglio: l'ubriacone»
 
Questo fu davvero troppo per la pazienza di Killian Jones, già notevolmente provato dai litri di alcool che aveva ingurgitato. 
Fece per afferrarle la gola, ma con un rapido gesto lei fece ciò che aveva promesso di fare, facendolo scomparire in una nuvola di fumo violaceo e rivolgendo poi un lungo, soddisfatto sorriso a suo padre mentre dagli astanti si levava un vocio impaurito.  
 
«Non temete» spiegò quindi «L'ho solo rispedito sulla sua nave, e sono pronta a rifarlo se dovesse essere necessario»
 
Baelfire sospirò, passandosi una mano sugli occhi. 
Il peggio era passato, ma non il tempo delle domande. 
 
«Quindi è vero?» domandò Biancaneve, guardando sia il padre che la figlia con aria sconcertata «Sei stata tu a lanciare quella freccia?»
 
La giovane tornò a guardare suo padre, vedendolo addolcire il suo sguardo. 
Gli strinse la mano, poi prese anche quella di sua madre e annuì. 
 
«L'ho fatto per la mia famiglia» replicò «Ed è per questo che sono qui»
 
Biancaneve sorrise, annuendo comprensiva, e un'espressione simile apparve anche sul volto di Ruby ed Emma; Henry sorrise contento assieme a suo padre, che gli appoggiò le mani sulle spalle, gli occhi lucidi di una commozione velata, mentre i restanti ci misero ancora qualche istante per decidere se fidarsi. 
Ma a lei non importava altro che mettere in chiaro sin da subito il suo posto in quella cittadina in cui gli eroi e i cattivi non facevano che combattersi ancora, come se una legge non scritta li obbligasse a farlo. 
Le cose avevano iniziato a cambiare, e lei sarebbe stata molto contenta di aiutare quella spinta. 
 
«  
Inaspettatamente, il silenzio fu rotto dalla voce di Robin Hood che si alzò in piedi e alzò il boccale mezzo pieno verso di lei, guardando i suoi amici. 
 
«Dice la verità, ve lo assicuro» la sostenne, guardando poi con ammirazione lo sguardo interessato di Tremotino e quello emozionato di Belle «Ho visto questa ragazza affrontare molte avversità nel nome della sua famiglia. So di cosa è capace, e se è vero che i figli sono come frecce nelle nostre mani, l'uomo che l'ha cresciuta non può essere tanto diverso da quello che adesso ho davanti» fece una pausa, osservando le espressioni fiere sui volti degli interessati. 
 
Emilie aveva gli occhi lucidi, Belle si stringeva a suo marito sorridendogli fiera e lui a sua volta ascoltava quasi incredulo quelle parole, le mani in tasca e una strana sensazione in petto. 
Guardò sua figlia, e per la prima volta da che l'aveva incontrata si chiese sul serio quale fosse stata la strada che l'aveva condotta a lui. 
Conosceva la magia, ma alcuni di quegli incantesimi erano troppo complicati per essere praticati da un allievo inesperto. Inoltre, sebbene non l'avesse mai vista compiere azioni disoneste con i suoi poteri, era bastata una rapida occhiata per capire che alla base c'era la magia nera. 
Aveva un talento innato, ma quella non era la sola cosa che lo incuriosì. 
Di cosa parlava Robin Hood? Cosa aveva spinto Ewan a pronunciare quella frase sul vero amore che entrambi conoscevano? C'era così tanto da scoprire! E lei sembrava avere tutta l'intenzione di svelarsi, sarebbe bastata una semplice domanda. 
Sorrise. All'inizio l'aveva considerata solo un'ottima opportunità, ora però... il suo istinto di padre tornò a fare breccia nel suo cuore. 
Strinse la mano di Belle e mormorò, innamorato  
 
«Ti assomiglia»
 
Facendola arrossire. 
 
«Neanche noi vogliamo problemi»
 
La voce di David Nolan lo riscosse. Il Principe avanzò portandosi al centro della stanza, di fronte alla ragazza che lo accolse con un sorriso sicuro. 
 
«Bene» concluse «S'è così credo che potremo andare d'accordo»
 
Negli occhi del principe brillò la luce d'un sorriso sollevato. 
Le porse una mano per suggellare quella tregua, ma Tremotino intervenne nuovamente. 
 
«Non stai dimenticando qualcosa, Principe?» domandò, accostandosi a sua figlia e spegnendo quell'entusiasmo. 
 
Emilie ricambiò l'occhiolino che le aveva fatto, e con un sorriso soggiunse. 
 
«Non preoccuparti, papa. So come funziona questa città, la gratitudine non è propria dei suoi abitanti» disse, tornando poi a guardare Azzurro e stringendo finalmente quella mano «Ma visto che per il momento non voglio guai lo prenderò come un implicito 'grazie per averci salvato da Zelena.'»
 
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La forchetta affondò senza problemi nella pasta gialla ricoperta di sugo fumante. 
Emilie tirò su e s'infilò la piccola porzione di lasagna in bocca, sotto gli sguardi attenti della sua famiglia e di Ruby. 
La ragazza lupo li aveva fatti accomodare sciogliendo ogni riserbo su di lei, e aveva sfoderato il suo sorriso più cordiale mentre prendeva i loro ordini e li serviva. 
Non poteva non ammettere di esser stata contenta di questo, e avrebbe voluto dimostrarle la sua gratitudine. 
 
«Mh...» disse, mandando giù e pulendosi delicatamente il muso con il tovagliolo «Servizio ottimo, Ruby» le disse facendole un sorriso. 
 
La ragazza accennò un inchino, sorridendo luminosa. 
 
«Ma papa me lo aveva detto che le lasagne qui non sono mai state un granché» concluse guardandolo. 
 
Tremotino, seduto di fronte a lei, si lasciò sfuggire un sogghigno divertito mentre Belle scuoteva il capo prendendo il suo bicchiere d'acqua e bevendo un sorso per maschere il divertimento. 
Anche Ruby volle unirsi a quel momento d'ilarità, ma lo fece cercando di non sembrare troppo divertita. 
Per fortuna sua nonna era in cucina al momento. 
 
«Farò finta di non aver sentito» le rispose facendole un occhiolino e tornandosene al suo dovere di cameriera. 
 
I Gold si guardarono negli occhi e si lasciarono andare ad una risatina divertita. 
 
«Meno male che mi avevi promesso che avresti evitato un’entrata ad effetto» esordì Baelfire, avvicinandosi al loro tavolo. 
 
Emilie alzò le sopracciglia assumendo un'aria ingenua. 
 
«Infatti non lo è stata» replicò, poi chiese a suo padre «Lo è stata?»
 
Tremotino scosse le spalle. 
 
«Non mi pare. No» rispose semplicemente, reggendole il gioco.  
 
Neal scosse il capo, sorridendo appena. Inutile discutere con quei due.  
 
«Sono contento che siate venuti» s'intromise il festeggiato, abbracciando sua zia, che ricambiò volentieri stringendolo forte. 
«Oh, prima che me ne dimentichi» aggiunse, prendendo la sua borsa e traendone fuori un pacchettino ben confezionato, carta color oro e nastro nero «Buon compleanno, Henry»
 
Il ragazzino sgranò gli occhi, sorpreso. Padre e figlia si guardarono, poi tornarono a concentrarsi su di lui, che nel frattempo aveva preso il pacchettino e aveva iniziato a scartarlo. 
Il regalo si rivelò essere un taccuino in cuoio e un antico calamaio incluso di pennino. 
Qualcosa che lasciò di stucco sia il giovane che i suoi genitori, inclusa Regina, che non aveva mai smesso di osservarli dal suo posto al bancone. 
Quando vide suo figlio stringere tra le mani quella piuma nera, tutto gli fu più chiaro.  
 
«So che ti piacciono molto le favole» gli disse nel frattempo Emilie, sorridendo divertita «Con questi strumenti potrai crearne una che ti veda protagonista. È un passo importante, pensa bene a ciò che scriverai»
 
Henry Mills tornò a stringerla forte, ringraziandola più volte. Mentre glielo permetteva, Emilie scambiò un rapido cenno d'assenso con suo padre, facendosi seria per un secondo. 
 
«Posso includerti nella storia?» replicò alla fine il giovane. 
 
E negli occhi dei Gold scintillò la stessa luce. 
 
«Oh, Henry...» disse melliflua Emilie, accarezzandogli una guancia mentre con l'altra mano si allungava a stringere forte quella di suo padre «Ne sarei onorata»
 
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Il resto della serata trascorse senza ulteriori problemi, riempiendo finalmente di nuovi ricordi felici il cuore di Emilie Gold. 
Subito dopo la festa, tornando a casa con i suoi genitori, suo padre l'aveva presa sottobraccio e aveva esordito  
 
«Quindi adesso cos'hai in mente di fare?»
 
Lei aveva sorriso, abbassando gli occhi sulle mani strette attorno al suo braccio. 
 
«A parte stare con voi, dici?» aveva replicato, avvicinando la fronte a quella dell'uomo. 
 
Rumplestiltskin le aveva regalato uno sguardo amorevole, lei aveva buttato all'indietro la testa e scosso le spalle. 
 
«Ho in mente qualcosa» aveva rivelato, guardandolo negli occhi «C'è una casa fuori città... è molto carina, si vede il mare da ogni finestra»
 
Esattamente come aveva sperato, sia Belle che suo marito avevano capito al volo a cosa si stesse riferendo. 
 
«È la casa dove abbiamo trascorso il nostro viaggio di nozze!» aveva esclamato la donna, illuminandosi. 
 
Sua figlia aveva sorriso, annuendo. 
 
«Vorresti comprarla?» le aveva domandato allora Rumplestiltskin, toccato da quella confessione.  
 
Aveva annuito di nuovo. 
 
«Quando ero piccola mi hai insegnato a trasformare la paglia in oro» aveva spiegato «Mi sono esercitata tanto mentre aspettavo...» si era intristita, stringendogli la mano, ma quel calore le aveva dato di nuovo la forza di sorridere «Perciò i soldi non saranno un problema»
«Tuttavia...» aveva ribadito il Signore Oscuro tornando a prendere quelle mani tra le sue «Hai detto che il tuo addestramento non è completo. E mi farebbe comodo un aiuto in più al negozio. Sempre se ti va...» le aveva suggerito. 
 
Il volto della sua giovane figlia si era illuminato come mai prima, e l'aveva avvertita tremare a causa dell'emozione. 
 
«I-io...Si! Oh, si papà!» aveva esclamato, gettandoglisi al collo quasi in lacrime.  
 
Tremotino l'aveva stretta forte e lei aveva immerso il naso nella stoffa della sua giacca, inspirando a grandi sorsi l'intenso profumo della sua acqua di colonia. Anche se era più giovane, se il suo cuore era ancora annerito dall'Oscurità e i suoi capelli non erano ancora del tutto grigi, quel profumo era esattamente come lo ricordava. Lacrime di gioia avevano inondato i suoi occhi. 
 
«Ne sarei onorata e felice!» aveva mormorato, lasciandolo andare. 
 
Tremotino le aveva stretto di nuovo la mano, lanciandole un occhiolino. 
 
«Allora domani voglio che tu sia puntuale» le aveva detto, mentre Belle li osservava con un sorriso luminoso.  
 
Tornati a casa, Emilie si strinse forte a quei nuovi ricordi, aggrappandosi ad essi come al suo tesoro più prezioso. Dopo tutto quel buio, quella solitudine e quel silenzio...  
La sensazione di essere finalmente tornata a casa fu come una dolce ninna nanna per lei, una culla calda in cui crogiolarsi, e in quel confortante calore si addormentò, stesa sul letto della stanza degli ospiti, mentre loro si attardavano a parlare al piano di sotto e lei li ascoltava senza capire, solo gioendo del fatto che finalmente le loro voci non fossero più solo il frutto di una visione, un sogno o un ricordo. 
Con quella gioia in cuore si addormentò, stringendosi al cuscino, con ancora addosso i vestiti di quella serata che non avrebbe mai voluto finisse. 
Pochi minuti dopo, Tremotino e Belle salirono a darle la buona notte e la trovarono così, un sorriso sereno sul volto di bambina e una lacrima ancora incastonata tra le ciglia. 
Senza far rumore, Rumplestiltskin si avvicinò e le sistemò una coperta sulle spalle, stampandole poi un tenero bacio sulla fronte mentre sua moglie lo attendeva sull'uscio. 
Chiuse la luce e la raggiunse, restando con lei a osservare quella figlia ritrovata ancora per qualche istante mentre si stringevano a vicenda. 
 
«Era distrutta» mormorò la bella, inclinando di lato il capo «Povera piccola. Chissà da quanto tempo aspettava questo momento»
 
Il Signore Oscuro annuì, continuando ad osservarla. 
 
«Non lo so con certezza...» replicò «Ma le ho fatto una promessa, e intendo mantenerla»
 
Belle tornò a guardarlo, facendosi pensosa. 
 
«Credi davvero ci sia il modo di aiutarla?»
 
Lo vide scuotere il capo. 
 
«Non ne ho idea...» replicò rammaricato «C'era un motivo se avevo rinchiuso quella mappa e tutto ciò che riguardava l'occhio di Cronos nella stanza senza porte. I suoi effetti sono imprevedibili, così come il suo prezzo»
 
La vide intristirsi. Per contro, nel sogno Emilie allargò il suo sorriso. 
 
«Ma allora... cosa possiamo fare per lei?»
 
Di nuovo il Signore Oscuro sorrise tristemente, scuotendo il capo. 
 
«Semplicemente quello che abbiamo fatto fino a questo giorno: vivere, un giorno alla volta» le rispose, stringendola di più «E sperare che quando arriverà il momento di pagare, la mia magia basti ad arginare i danni senza crearne altri altrettanto irreparabili»
 
***
 
Il giorno dopo... 
 
La nottata era trascorsa senza alcun brutto sogno. Per la prima volta da che quel suo viaggio era iniziato, Emilie Gold aveva dormito un sonno profondo e ristoratore, e al risveglio aveva sentito una grande pace impadronirsi di lei. 
La stanza era inondata di luce, e dalla porta aperta proveniva un intenso profumo di dolci e caffè. 
Si strinse nella coperta che si era ritrovata sulle spalle e si concesse qualche altro istante per godersi quella pace, fissando il soffitto. 
Non le sembrava neanche vero... eppure era così. 
C'era riuscita. Ed era la sensazione più bella che avesse mai avuto modo di sentire. 
Guardò l'orologio sul comodino, segnava le otto. Avrebbe avuto tutto il tempo per rendersi presentabile per il primo giorno di quella sua nuova vita, e così decise di fare con calma. 
Aprì l'armadio, provò qualcuno dei vestiti di sua madre ma alla fine scelse i suoi soliti pantaloni di pelle, gli stivali, una camicetta rossa e una giacca in pelle nera. 
Pettinò accuratamente i capelli e indossò un cerchietto fatto di finta pelle di coccodrillo, di un beige chiaro. 
Infine scese al piano inferiore, dove trovò sua madre intenta a sistemare la cucina.  
Sul tavolo ben apparecchiato troneggiava un mazzo di rose rosse, il loro odore si mescolava con quello dello sciroppo d'acero per i pancake e del caffè. 
Sorrise, avvicinandosi al tavolo. 
 
«Buongiorno...» mormorò, con un sorriso. 
 
Belle si voltò. Era radiosa. I capelli che cadevano morbidi sulle spalle, un vestitino blu addosso. 
Dietro di lei, la luce del sole ch'entrava prepotente dalle imposte aperte faceva sfolgorare il suo profilo. 
 
«Buongiorno, Emilie» l'accolse, invitandola a sedersi al posto che aveva preparato per lei. 
 
Pancake con panna e cioccolato, fragole fresche e una tazza vuota. 
La giovane si accomodò, sua madre le accarezzò la mano con la sua e domandò affabile 
 
«The o caffè?» 
«Oh, the. Non bevo mai caffè» rispose. 
 
Belle annuì, versandole un po' del contenuto di una teiera in porcellana bianca. 
Prese la tazza fumante e se l'avvicinò al viso, inspirando quel fumo denso e l'odore riposante. 
Sorrise.  
 
«Hai dormito bene, stanotte?» tornò a chiederle Belle. 
 
Annuì, mettendosi in bocca un pezzo di pancake. 
Era così buono che si sciolse in bocca. Chiuse gli occhi godendosi il momento, quindi mandò giù un sorso di tè e replicò. 
 
«Non dormivo così bene da tempo»
«Puoi restare qui quanto vuoi» le ricordò sua madre. 
 
Si scambiarono un sorriso. 
 
«Lo so... mamma» mormorò Emilie, sorridendo divertita «È così... strano. E bello... sembra tutto un sogno» rivelò, arrossendo. 
 
Belle le rivolse una lunga occhiata materna, e commossa la strinse forte. 
Il suo profumo... sapeva di casa. E d'amore. 
Emilie si ci perse, e per poco non ricominciò a piangere ripensando a quanto fossero stati bui i giorni successivi alla sua partenza. 
Lei era il cuore della loro famiglia. Lei era... l'amore. 
L'orologio a pendolo nell'ingresso segnò con i suoi battiti le otto e trenta del mattino. 
La giovane Gold si riscosse all'improvviso, asciugandosi velocemente le lacrime e alzandosi in piedi. 
 
«Devo andare, ho promesso a papà che sarei stata puntuale» concluse, prendendole le mani. 
 
Belle le strinse tra le sue. 
 
«E noi sappiamo quanto le promesse siano importanti per lui» le disse, vedendola illuminarsi.  
 
Le prese il viso tra le mani, avvicinò la fronte alla sua e seguitò a sorridere. 
 
«Va'.» la congedò «E sii fiera di te stessa»
 
\\\ 
 
Un bagliore dorato squarciò il verde, e il silenzio della foresta fu per un istante rotto dal frastuono di una rapida folata di vento. 
Quando riaprì gli occhi, Will Scarlett si ritrovò nuovamente nel punto che aveva scelto per partire, l'occhio di Cronos ancora stretto tra le mani e una leggera sensazione di stordimento. 
Si concesse ancora qualche istante, cercando di non crollare sulle sue gambe. E proprio mentre stava per riprendere la via di casa, una voce lo riscosse. 
 
«Allora è vero...»
 
Guardò alla sua sinistra. Dal folto della foresta vide apparire un uomo. Non era più il giovane uomo che lui ed Emilie avevano lasciato, ma sotto quelle rughe e quella barba incolta riconobbe comunque il suo vecchio commilitone. 
 
«Ewan...» provò a replicare. 
 
Dalla sua espressione spaesata e seria gli sembrò che stesse per sbottare, invece si limitò ad aggiungere, con voce tremula. 
 
«Siete tornati...»
 
Scarlett annuì, allargando le braccia in una muta ammissione di colpa. 
Ewan si guardò intorno, guardò di nuovo lui e poi alle sue spalle. 
 
«Dov'è Emilie?» chiese, restando fermo ad aspettare una risposta. 
 
Lì per lì il Fante di Cuori rimase immobile a guardare le lacrime inumidire quegli occhi coraggiosi e stanchi, in bilico tra due scelte. 
Proteggere il segreto della sua compagna di viaggio, o permetterle di andare oltre la paura e vivere finalmente fino in fondo il suo vero amore? 
Alla fine, seppur in buona fede, decise di tacere. 
Scosse le spalle e la testa, con aria costernata. 
 
«Non c'è bisogno che tu mi dica nulla, Will» lo incalzò però il suo interlocutore «Il Signore Oscuro è venuto da me, mi ha detto che sua figlia lo ha salvato. So che Emilie è qui, dovevo solo averne una prova» disse indicandolo. 
 
Al fante perciò non restò che arrendersi. 
 
«Allora perché non vai da lei?» gli suggerì «Lo sai perché non viene da te. Se la rivuoi devi fare tu il primo passo»
 
Ewan annuì, sorridendo. Quindi trasse fuori dalla tasca un piccolo plico e glielo consegnò. 
 
«Dalle questo» chiese «Non dirle nulla. Lo farò io, stasera»
 
 
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Il cielo sopra Storybrooke quella mattina era terso, e incredibilmente azzurro. 
Mentre percorreva a grandi falcate il viale principale di Storybrooke si fermò per un istante ad osservarlo, e a pensare a quanto potesse essere simile e al contempo del tutto differente rispetto a quelli che aveva visto finora, durante quel lungo viaggio verso casa. 
"Chissà se il tramonto sarà uguale a quello del regno dove sono nata?" si chiese, e proprio allora una voce la riscosse. 
Era quella di Will Scarlett. 
 
«Milly!» la chiamò. 
 
Si voltò di colpo, sorpresa. 
 
«Will» lo accolse «Che ci fai qui? Credevo stessi cercando di cambiare il tuo tempo» 
 
Il fante di cuori sorrise, imbarazzato. 
 
«L'ho fatto» spiegò «Ho viaggiato, ma...» trasse fuori dalla tasca del jeans l'occhio di Cronos e glielo porse, scuotendo il capo «Io non ce l'ho fatta. Non sono così bravo...» le sorrise «Mi sono limitato a... salutarli un'ultima volta senza farmi riconoscere»
 
Emilie gli sorrise intenerita, prese tra le mani il prezioso talismano e se lo ricacciò in tasca. 
 
«Quindi adesso... cosa farai?» domandò. 
 
Lo vide annuire, scuotendo le spalle. 
 
«Viaggiando con te ho capito che a volte il passato è necessario al nostro presente» le rivelò, sincero «E il mio presente è questo, quindi... cercherò il mio lieto fine in questo tempo. Il Cappellaio l'ha trovato, ce la farò anch'io» risolse speranzoso. 
 
Emilie sorrise. 
 
«Lo penso anche io» replicò, abbracciandolo «Buona fortuna allora, fante di cuori» lo salutò. 
 
Scarlett le sorrise, portandosi indice e medio uniti verso la fronte e poi accennando ad un inchino. 
 
«Buona fortuna anche a te, figlia di Tremotino»
 
La sentì ridacchiare di nuovo. 
 
«Si, beh...» aggiunse ammiccando «A proposito: vedi di ricordartene durante la tua ricerca» gli lanciò uno sguardo di fuoco. 
 
L'uomo alzò le mani, arretrando di un passo. 
 
«Solo uno stupido si metterebbe contro te e tuo padre» ribatté. 
 
Un'altra risatina. 
 
«Oh, si...» lo fissò con astio «Visto che lo sai, vedi di non essere quello stupido, o potrei anche scordarmi la nostra amicizia»
 
Will Scarlett tornò a sorridere, annuendo. Uomo avvisato, mezzo salvato. 
 
«Lo terrò a mente» risolse, e fece per andarsene ma poi parve ricordarsi di qualcosa. 
 
Estrasse un foglietto ripiegato dalla tasca e glielo consegnò. 
 
«Questo è per te» concluse scoccandole un occhiolino «Nel caso volessi aggiungere la ciliegina sulla torta del tuo lieto fine»
 
Emilie sorrise, infilando il bigliettino nell'unica tasca del giubbotto in pelle, con l'intenzione di leggerlo non appena il tempo fosse stato dalla sua parte. 
Ora c'erano questioni più importanti da risolvere.  
 
\\\ 
 
Mezz'ora prima dell'apertura del negozio di Mr. Gold, nonostante il cartello all'ingresso seguitasse a recitare "chiuso", la campanella all'ingresso suonò avvertendo il proprietario dell'arrivo di una visita. 
Tremotino sollevò lo sguardo verso l'entrata e sogghignò quando vide avanzare la sagoma austera di Regina. 
 
«Vostra altezza...» l'accolse, col solito tono irriverente. 
 
La donna gli lanciò uno sguardo contrariato. 
 
«Cos'è questa storia, Gold?» lo incalzò. 
 
L'uomo fece orecchio da mercante, continuando a trafficare con i preziosi reperti ancora da catalogare. 
 
«Di che storia parli?» domandò. 
 
La vide infervorarsi. 
 
«Lo sai bene. Chi è quella ragazza che dice di essere tua figlia?» 
 
Il Signore Oscuro sogghignò. 
 
«E a te perché importa tanto?» chiese di rimando. 
 
La regina non seppe cosa rispondere, ma all'occhio esperto del suo maestro fu evidente la gelosia divampante nel suo sguardo. 
Non rispose, indirizzandole solo un sorriso divertito, per poi voltarle le spalle e dirigersi verso il retrobottega. 
Regina lo seguì, caparbia.  
 
«Quindi è vero...» mormorò, confusa e quasi offesa «Lei è veramente tua figlia»
 
Ancora una volta il Signore Oscuro sorrise, stavolta fingendosi seccato. 
 
«Ribadisco: a te cosa importa?» le chiese, poi l'affondò con il sarcasmo «Credevo fosse Zelena quella con i problemi d'invidia, non tu. Devo preoccuparmi?»
 
Ovviamente non doveva farlo. Ma non era la gelosia a turbare la sua allieva. 
 
«Quella ragazza ha ucciso mia sorella» mormorò, a pugni stretti «È stata lei, per vendicarti. Io lo so...»
 
Gold sorrise, tornando a guardarla negli occhi. 
 
«E quali prove hai a sostegno di ciò?» sibilò «Hai trovato un corpo? Per quanto ne sappiamo, potrebbe essere fuggita in attesa di... tempo migliori» concluse, scuotendo le spalle. 
 
Regina dipinse sulle sue labbra una smorfia disillusa. 
 
«Spero per te che non sia così» mormorò minacciosa.  
 
Ma non fece altro che provocare l'ennesimo ghignò sul volto del suo maestro. 
 
«Si, beh...» replicò, con una sicurezza del tutto nuova dentro di sé «Ti ringrazio per l’interesse, ma fossi in te inizierei a sperarlo per entrambi. O hai scordato ch'era venuta qui per ucciderti?» le fece notare mellifluo. 
 
La loro conversazione fu interrotta dal trillo della campanella posta sulla porta d'ingresso, e subito dopo dalla voce di Emilie. 
 
«Papa!» lo chiamò «Sono qui!»
 
Gold sorrise, lanciando un ultimo ghigno alla sovrana. 
 
«Scusami Regina. Ho da fare adesso» la congedò. 
«Ma certo, ora hai una nuova allieva» lo provocò con disprezzo «Va da lei. Sappiamo entrambi che non sarà neanche lontanamente potente quanto me e te» aggiunse maligna.  
 
Lo vide rivolgerle un ghigno sardonico. 
 
«Oh, lo vedremo» le rispose fiero «In fondo è pur sempre mia figlia»
 
\\\ 
 
Giunta di fronte alla porta d'ingresso, la giovane Gold attese qualche istante prima di entrare, lanciando un lungo sguardo all'insegna. 
Non era la prima volta che la vedeva. Subito dopo la morte di suo padre, per scuoterla dal torpore Gideon l'aveva condotta a Storybrooke e le aveva dato le chiavi del negozio, proponendole di riavviarlo insieme. 
Una soluzione che, una volta entrata, le aveva stretto un nodo in gola. 
Le luci spente, i preziosi suppellettili impolverati. 
 
«Io non voglio la sua eredità, Gideon» aveva risposto, trattenendo a stento le lacrime «Io rivoglio papà. Vivo. Con me»
 
Sorrise, una luce fiera negli occhi lucidi. Alla fine ci era riuscita. Spinse appena e lo stipite si aprì, rivelandole nuovamente il contenuto di quel prezioso scrigno dei tesori. Adesso però non era più solo un mucchio di oggetti impolverati. 
Le luci soffuse erano accese, facevano brillare ogni cosa come fosse fatta d'oro. C'era vita. C'era speranza. 
Strinse l'occhio di Cronos dentro la tasca dei pantaloni, un nodo in gola che minacciava di nuovo lacrime. 
Si schiarì la voce, e chiamò. 
 
«Papa! Sono qui!»
 
Non dovette attendere molto per ricevere risposta. Lo vide spuntate dal retro bottega, seguito da un'imbronciata Regina che si avviò rapidamente verso l'uscita, non prima di averle lanciato uno sguardo infuocato passandole accanto. 
 
«Problemi?» domandò preoccupata, una volta soli. 
 
Il Signore Oscuro sorrise scuotendo le spalle. 
 
«Non badarci» replicò con nonchalance, invitandola ad avvicinarsi. 
 
Lo raggiunse dietro al bancone e lo abbracciò, venendo accolta con amore. 
 
«Allora... sei pronta a iniziare?» le domandò. 
 
Le guance di Emilie s'imporporarono avvampando. 
 
«Assolutamente si!» affermò, affrettandosi ad aggiungere, tirando fuori dalla tasca il talismano «Prima però ho qualcosa per te...»
 
Glielo mostrò, porgendoglielo. 
Come la prima volta in cui lo aveva visto, Tremotino lo prese delicatamente e ne saggiò il peso, enorme, segno del suo grande potere. 
Sorrise tornando a guardare sua figlia. 
 
«Ho pensato...» spiegò lei «Che non c'è posto migliore dove tenerlo se non nel tuo negozio. Almeno fino a che non avrò traslocato» ridacchiò, strappandogli un sorriso «Non hai... qualcosa di simile a quella stanza senza porte in cui conservavi la magia imprevedibile?»
 
Rumplestiltskin annuì. 
 
«In effetti...» disse, inginocchiandosi «Potrei avere qualcosa di simile»
 
E da una botola nel pavimento trasse lo scrigno di pandora. Il cuore della giovane prese a battere all'impazzata, ricordando tutto ciò che quello scrigno aveva passato. 
Vide suo padre appoggiarlo a terra, aprirlo con un gesto leggero della mano e permettere al ciondolo nella sua mano di venirne risucchiato. 
Si stupì 
 
«Quello scrigno può contenere anche oggetti?» domandò. 
 
Suo padre nascose di nuovo il manufatto, quindi tornò a stringerle le mani. 
 
«In realtà no» rivelò «Ma prima di essere d’oro era attaccato ad un corpo, dunque ...» le scoccò un occhiolino, osservandola con curiosità mordersi le labbra. 
«Giusto» annuì lei, illuminandosi. 
 
Sorrisero complici. 
Quindi il Signore Oscuro la invitò con un cenno della mano a seguirla nel retro bottega, dove si accomodò sul sofà vicino al guardaroba e la spronò. 
 
«A proposito di magia: Fammi vedere cosa sai fare»
 
Gli occhi scintillanti di curiosità. Emilie si morse di nuovo le labbra, annuendo e prendendo posizione. 
Finalmente il suo addestramento poteva ricominciare, e magari anche concludersi.  
 
(Continua...
 
   
 
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