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Autore: Nina Ninetta    31/01/2022    4 recensioni
[Prima classificata e vincitrice del premio "Scontro Entusiasmante" al contest “La Dama del vento” indetto da Spettro94 sul forum di EFP”]
Dama del vento, presagio di morte, braccia ansiose di afferrare un’anima innocente e strapparla alla vita, è una maledizione che infesta ogni reame del Continente Abitato. La regina Deme ha convocato un potente mago dell’accademia affinché epuri questa minaccia una volta per tutte, assieme a una guarnigione scelta di guerrieri provenienti da ogni angolo del mondo. L'Arcimago Volkàn ha scelto il suo prediletto, ma qualcosa va storto e un altro mago prenderà il comando della missione, perlomeno all'inizio di questa avventura...
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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V.

 
 

Vanesia

Giunsero nella Città della Pioggia a notte inoltrata.
Un leggero piovasco li accolse già qualche chilometro prima, aumentando d’intensità a mano a mano che si avvicinavano al centro.
Vanesia era l’ultimo baluardo del Continente Abitato, l’ultimo porto del mondo conosciuto, oltre il Mare Muto c’era solo il Continente Nebbioso: un’isola selvaggia e ignota, avvolta da una densa nebbia bianca, da cui nessuno aveva mai fatto ritorno. Quella era la loro meta: la donna protetta dalla Dama viveva nascosta nella foresta. 
Vanesia era quindi una città portuale, dove una pioggerella veniva giù dal cielo praticamente sempre. Le case erano di mattoni grigi e umidi, le strade battute da carrozze e topi grossi quanto gatti. Il puzzo di pesce permeava l’aria, tuttavia dopo un po’ anche l’olfatto si abituava.
Attraversarono le vie desolate che costeggiavano il mare calmo, si udiva solo l’infrangersi dell’acqua contro le pareti del porto, dove oramai il muschio si arrampicava forte e vischioso.
Edgemas era a capo della fila. Da quando erano entrati in città era disceso da cavallo e adesso lo tirava per le redini, mentre la sua compagna di viaggio, Beanka, dormiva abbracciata al collo dell’animale. Becky e Drew erano subito dietro di lui, seguiti a ruota da Seth, i gemelli e Rhia, la quale chiudeva la fila con Da’miàn.
«Beanka non ha mai avuto una grande resistenza al sacrificio fisico» disse Becky osservando la ragazza. Si teneva all’addome del corazziere sebbene ormai l’andamento del cavallo fosse rallentato e non ce ne fosse bisogno.
«L’ho imparato a mie spese» scherzò Edgemas, ricordando la disavventura nel bosco.
«Grazie per esserti preso cura di lei». Gli disse il generale amazzone e il mago la guardò, non aspettandosi quelle parole. Semplicemente annuì con il capo, senza aggiungere nulla. Forse, se fossero stati da soli, le avrebbe risposto che non c’era nulla per cui ringraziarlo. Beanka si era rivelata un’abile combattente e un’ottima compagna di avventure. Era scaltra e forte e sapeva benissimo badare a sé. Ma in quel caso preferì tacere: lo sguardo indagatore di Seth lo turbava già abbastanza.
Si fermarono davanti all’ingresso di una locanda, sembrava l’unica abbastanza grande da avere un alto numero di stanze per ospitarli e una piccola stalla per i cavalli. L’indomani non avrebbero portato gli equini in viaggio verso la foresta, ma al ritorno avrebbero comunque avuto bisogno di un mezzo con cui tornare indietro. Semmai fossero riusciti a tornare, ovvio.
Il locale era vuoto, le sedie erano già state alzate sopra i tavoli e una donnona grossa quanto un tavolo stava lavando il pavimento. Quando sentì la porta aprirsi urlò che erano chiusi e di tornare al mattino, ma nessuno della compagnia si mosse.
«Questa topaia si permette pure il lusso di chiudere» rise Seth, scatenando l’ira della donna.
«Cosa siete? Trapezisti? Pagliacci? Gestite un circo?» Chiese quest’ultima soffermandosi sull’abito dell’occultista, il quale fece per replicare ma venne anticipato da Edgemas.
«Mia signora, abbiamo bisogno di cibo caldo e un posto in cui dormire. Siamo viandanti in cerca di ristoro.»
«Siete strani» ribatté la donna, osservandoli uno alla volta. «Maghi. Guerrieri. Amazzoni. Cosa ci fate tutti insieme? Io vi riconosco, sapete. Vivo in questo schifo di città da quando sono nata, ho imparato a distinguervi. Tutti quanti. E i peggiori sono proprio i maghetti da strapazzo come te!» Continuò la donna puntando contro Seth il manico di scopa. «Vi credete migliori di altri solo perché sapete usare due trucchetti magici.»
«Trucchetti magici? Donna, se voglio posso trasformati in un rospo per sempre. E saresti più aggraziata comunque!»
«Come ti permetti?»
«Chiedo perdono, mia signora, per la lingua biforcuta di mio fratello. Sa, da piccolo ha battuto la testa.» Era stato di nuovo a Edgemas a parlare. «Davvero, vi chiedo ospitalità. Ha ragione, siamo una compagnia alquanto curiosa. Ma… non so se posso fidarmi di voi, madama…».
La donna fiutò odore di mistero e si incuriosì.
«Certo che puoi, figliolo.»
«Vede, stiamo difendendo una vita…»
«Una vita?»
Anche gli altri adesso sembravano curiosi di sapere dove sarebbe andato a parare il Mago Vikingo.
«Lei è Becky, una giovane amazzone fuggita da Scizia prima che la uccidessero, poiché è…»
«Oh, per tutti i maghi! Uccidere, e perché mai?»
«Perché aspetta un bambino!»
«Un bambino? Un’amazzone? Ma non può, è vietato!» La donna si portò entrambe le mani sulla bocca, la scopa cadde lunga distesa sul pavimento.
«Esatto, perciò la stiamo proteggendo.»
«Ehy, non è-» Becky tentò di replicare, ma il mago la tenne per le spalle.
«E chi è il padre?»
I presenti fissarono la donna, poi Edgemas in attesa che rispondesse. Il mago posò una mano sul bicipite di Drew, colpendolo un paio di volte.
«Il loro amore è divampato così potente e improvviso che non sono riusciti a placarlo.»
Beanka e Rhia sghignazzarono, beccandosi un’occhiataccia da parte del loro generale. Anche i gemelli risero di sottecchi, notando il rossore che si andava espandendo sul volto del loro compagno d’armi. Solo Becky sembrava infastidita e a disagio per quella farsa. Lei e Seth, stanco e affamato.
«Certo che capisco. Povera piccola. Anche io mi innamorai di un uomo grande e grosso, ma il mattino dopo scomparve, lasciandomi da sola a crescere il nostro bambino. Mi ricapitò con un marinaio di passaggio. Non ho saputo più niente neanche da lui e ho allevato un figlio, completamente da sola, per la seconda volta. La terza volta nacque una bambina, orfana di padre anche lei. Era un guerriero di Kratøos, santi maghi, passai tutta la notte a-».
«Bene, mia signora, ci aiuterai?» La interruppe Edgemaas, tenendo ancora una mano sulla spalla di Becky e l’altra sul braccio di Drew.
La donna li aiutò.
 
Mangiarono pollo e carne essiccata, bevvero anche di più.
Discussero sul viaggio che avrebbero intrapreso il giorno successivo. Sulla nebbia che avrebbero dovuto attraversare e contro la quale sembrava non ci fossero difese. Era una nebbia magica, invocata dalla Dama in persona per celare la cara nonnina, o chiunque stesse proteggendo. Si diceva risvegliasse gli incubi più intimi di una persona, facendogli confondere la realtà con il sogno. Nessuno era mai riuscito a oltrepassarla, ammesso che qualcuno ci avesse provato. Solo le menti più forti, quelle con una volontà di ferro, in grado di riconoscere il vero dalla menzogna, erano capaci di fronteggiarla e issare un muro di difesa nella propria testa. Gli altri, perivano.
Da’miàn di Delundel disse che il suo regno aveva un’area del porto riservata, lì avrebbero trovato almeno un paio di navi pronte per trasportarli dall’altra parte della riva. Questi erano stati i patti che suo padre il re aveva preso con i Regni alleati. Quindi, per quanto riguardava la traversata, non avevano di che preoccuparsi.
«Come sconfiggeremo la Dama?» Chiese Rhia, strappando un pezzo di carne dall’osso con le dita.
«Lo capiremo quando ce la troveremo dinnanzi» rispose Edgemas.
«È una maga potente» intervenne Seth, incredibilmente serio. «Usa la magia nera» concluse, fissando il Mago Vikingo.
Quest’ultimo lo guardò a sua volta. Sapeva cosa voleva significare, era ciò che esisteva più vicino a un dio. Aveva visto con i suoi occhi i corpicini martoriati dei bambini lungo le rive delle Cascate Genitrici, quando nell’aria aleggiava ancora la potenza di quella magia maligna, oscura e spaventosa.
«Ho paura» disse Beanka, adagiando il capo sulla spalla di Edgemas. «Non della Dama, ho paura della nebbia, di ciò che potrei vedere».
Il mago le passò un braccio intorno alle spalle.
«Io non ho paura di niente» aggiunse Jey, bevendo un lungo sorso di birra, poi ruttò urtando con il gomito il fratello. Risero entrambi, Becky arricciò il naso in una smorfia di disgusto. Odiava gli uomini così, rozzi e cafoni, e nel regno in cui era nata ce ne erano tanti.
«Non temi le tue ansie? Il tuo inconscio?» Era stato Edgemas a chiedere.
«E perché dovrei?» Jey era molto sicuro di sé.
«E tu, Joy? Hai paura?»
«Ovviamente no! Siamo i nipoti del sovrano di Kratøos, siamo sopravvissuti alle Cascate Genitrici, destinati al trono del Regno di Metallo. Di cosa dovremmo avere paura?»
«Di voi stessi» rispose Becky sottovoce, se i gemelli la sentirono fecero finta di nulla. Drew invece la guardò da sopra il bicchiere da cui stava bevendo.
«Io penso che tutti noi abbiamo una paura recondita in fondo al cuore, spero solo che la nebbia non scavi troppo a fondo nelle coscienze». Concluse Da’miàn, il quale fu il primo ad alzarsi dal tavolo, aggiungendo che lui preferiva andare a riposare. La notte era lunga, ma il giorno seguente lo sarebbe stato di più.
Beanka intanto si era appisolata sulla spalla di Edgemas, quest’ultimo la prese in braccio e si avviò su per le scale, seguito da Becky e da Rhia. Adagiò la giovane sul letto nella stanza che le amazzoni avrebbero condiviso e uscì chiudendosi la porta alle spalle. Seth era sull’uscio della sua camera, le braccia incrociate e un sorriso di scherno dipinto sul volto, i gemelli erano già mezzo addormentati alle sue spalle. Sapere di non dover dormire con l’occultista donò un senso di sollievo al Mago Vikingo.
«Questa vena paterna potrebbe portarti alla rovina, Edge.»
«Sei preoccupato per me, Seth?»
«No, mi divertirò quando sarà il momento.»
Edgemas lo fissò a lungo, poi Drew lo oltrepassò posandogli una manona sulla spalla.
«Lascialo perdere, non sprecare energie».
 
 

 
 
Da’miàn si portò l’armonica alle labbra e iniziò a intonare quella dolce melodia. Sempre la stessa, l’unica in realtà che sapesse suonare. Gliel’aveva insegnata sua madre, era la ninna nanna che gli canticchiava prima di addormentarlo, quando gli ululati del vento lo spaventavano a morte e non riusciva a prendere sonno. La regina era solita dirgli che un animo sensibile come il suo si sarebbe bruciato presto, consumato come il ceppo di un tronco in fiamme. Ne sarebbe rimasto solo lo scheletro, poche ceneri grigie e inodore. E così era stato. L’indole di Da’miàn aveva dovuto adattarsi a un mondo senza amici, dove prevaleva il più forte sul più debole, privo di amore per il prossimo, in cui contava solo la propria sopravvivenza.
Rhia si sedette al suo fianco, sul tetto scosceso della locanda. Aveva dormito poco, poi la musica aveva attirato la sua attenzione, quasi come se l’avesse richiamata. L’arciere continuò a suonare, finché le ultime note furono portate via dalla brezza marina.
«Dovresti riposare, sei stata ferita.»
«Sto bene. Ho dormito quasi per ventiquattro ore.» Rhia tirò indietro i capelli chiari, corti sopra la nuca. «Non sapevo che tua madre fosse una medicea. È molto potente.»
«Mia madre è una medicea molto potente», ripeté il principe. «Adesso lo sai.»
Risero appena.
«Tuo padre sarà arrabbiato con te.»
«Mio padre è sempre arrabbiato con qualcuno, mai con se stesso».
Rhia notò come il tono di voce di Da’miàn si inasprisse quando parlava del re di Eos.
«Hai portato delle amazzoni nel regno, sarai punito per questo? Se dovessi avere bisogno di una mano, fammi un fischio e correrò in tuo aiuto.»
«Non ce ne sarà bisogno, non tornerò più a Eos. E non ho portato delle amazzoni qualunque nel regno. Una mia amica era in pericolo, ho solo agito di conseguenza».
Rhia lo guardò. L’aveva definita amica. Pensò alle ragazze di Scizia, le quali potevano essere considerate compagne – come Beanka – ma non aveva mai pensato a loro come a delle amiche. Un amico poi… non aveva mai neanche preso in considerazione la possibilità di averne uno.
Un amico… gli piaceva.
«Shayna è…»
«Sì», rispose il principe di Eos, socchiudendo gli occhi e riprendendo a suonare la nenia di prima.
Rhia adagiò il mento sulle ginocchia tirate al petto. Davanti a lei si estendeva a perdita d’occhio una massa incolore e informe: il Mare Muto. L’orizzonte non riusciva a distinguersi, il cielo era scuro, attraversato da nuvole dense. La pioggia aveva smesso di venire giù, ma l’aria era pesante e umida.
Sentì la porta della locanda aprirsi, si affacciò leggermente in avanti e notò Drew uscire nella notte, lo spadone rinfoderato lungo la schiena, si muoveva con circospezione. Si volse a destra prima di incamminarsi lungo il margine sinistro, tenendosi sotto le mura delle case.
Da’miàn aveva smesso di suonare, anche lui attirato dal cavaliere gentiluomo. Si lanciarono un’occhiata interrogativa, lei scosse il capo come a dire “non chiedere a me”, poi la porta della taverna si aprì di nuovo e Becky ne fece capolino. Aveva indossato il mantello di Beanka e, tiratosi su il cappuccio, pedinò il combattente di Kratøos. I suoi piedi di muovevano come zampe feline, svelte e silenziose.
«Quei due…» cominciò Da’miàn.
«Si metteranno nei guai» concluse Rhia, passandosi una mano sul viso.
 
 

 
 
Drew, il cavaliere gentiluomo, camminava a grandi falcate. Non aveva fretta, sapeva di essere in perfetto orario perché era quella l’ora in cui i pescatori uscivano di casa per iniziare a tirare gli armeggi, sistemare le reti e bere un cicchetto di sidro caldo prima di mettersi in mare.
Lo sapeva, perché lo aveva fatto per anni.
Fin da subito, si era anche accorto dell’amazzone che lo pedinava. Lei non poteva saperlo, ma lui teneva un sorrisino divertito stampato sulle labbra. Stava solo cercando il momento ideale per farle prendere un colpo e – perché no – mettere alla prova il tanto famigerato coraggio guerriero delle amazzoni di Scizia.
Contò i passi, fra meno di duecento metri ci sarebbe stata una svolta sulla sinistra e subito dopo una sulla destra, se invece avesse continuato dritto sarebbe arrivato al porto, ma non c’era fretta. Aveva ancora un po’ di tempo prima che lui si mettesse in mare sulla sua vecchia bagnarola.
Svoltò a sinistra, proseguendo si sarebbe inoltrato nel centro cittadino, quindi virò nel vicolo cieco a destra. L’oscurità lo avvolse completamente, sarebbe stato difficile da notare anche per occhi felini.
Becky lo vide da lontano girare a sinistra e ne rimase stranita. Ovviamente, non conosceva la città e non sapeva dove l’avesse condotta quella stradina. Restare sul percorso principale sarebbe stato l’ideale, era una via larga, e avrebbe anche saputo come tornare indietro. I vicoli stretti invece non le erano mai piaciuti. Tastò la spada che teneva contro il fianco, sentendosi meglio.
Era sveglia quando aveva udito la porta della camera di Drew aprirsi e d’istinto si era affacciata alla finestra, per vedere chi fosse uscito. Anche Rhia era andata via poco prima, ma sapeva che stava semplicemente raggiungendo Da’miàn sul tetto. Ne aveva riconosciuto la melodia, la stessa che aveva sentito alla Fortezza Inespugnabile, quando avevano incontrato la Dama per la prima volta.
Temeva che fra quei due potesse nascere qualcosa? No, la loro era solo amicizia, lo aveva capito dai gesti e dagli sguardi che si scambiavano, come quelli di due complici che stanno per effettuare un furto insieme. Inoltre, girava voce che a Rhia piacessero le donne…
Affacciatasi alla finestra, aveva intravisto Drew incamminarsi lungo il fianco sinistro del porto. Senza pensarci due volte, aveva afferrato al volo il mantello di Beanka – profondamente addormentata – ed era uscita. Fin da quando avevano iniziato quella missione, aveva sempre temuto che ci potesse essere una spia nella squadra. Le parole di Shayna poi – il cuore, portalo alla regina – avevano aumentato quel timore. Non pensava che fosse Drew, ma aveva imparato a sue spese che non poteva fidarsi di nessuno nella vita, che l’apparenza inganna.
Così si era tenuta a qualche metro da lui, con il cappuccio calato sul capo, sperando di nascondere invano i suoi capelli scarlatti. Poi, il corazziere era scomparso oltre il muro di sinistra.
L’amazzone rimase qualche minuto interdetta, immobile all’incrocio. La strada che l’uomo aveva intrapreso era poco illuminata e angusta, non c’erano case lì, solo pareti grigie e umide da entrambi i lati che sembravano condurre nel cuore della notte più buia. Becky sfilò lo stocco e lo tenne vicino a sé, muovendosi piano, un piede davanti all’altro, non notò neanche la rientranza sulla destra tanto era scuro. 
Drew l’afferrò per il collo e la minacciò di tagliarle la gola con un coltello più piccolo che teneva sempre nascosto sotto la cinta, mentre le torceva il polso della mano, con cui lei teneva la spada, dietro la schiena.
«Da una guerriera come te mi sarei aspettato molto di più» disse, lasciandola andare.
Becky sentì il cuore salirle in gola, le pulsavano le tempie e il fiato era troppo corto per pensare. Drew le posò una manona sulla schiena, mentre lei era china in avanti, sforzandosi di respirare.
«Ehi, non volevo spaventarti in questo modo» cercò di tranquillizzarla, ma l’amazzone si avventò contro di lui che finì con le spalle contro il muro. Il piccolo coltello gli scivolò via mentre gli passava la propria spada a fior di guancia.
«Da un guerriero di Kratøos mi sarei aspettata molto di più».
I loro volti erano vicini, quasi si sfioravano. Drew alzò le dita per posargliele sui capelli, carezzandole la testa, la sua espressione si addolcì, quella di Becky invece parve spaurirsi ancor più di prima. Si allontanò con un salto all’indietro, togliendosi la mano dai capelli con un gesto di stizza.
Cosa gli era saltato in mente?
«Vieni» le disse, tornando sulla strada del porto.
«Dove?»
«Immagino tu mi abbia seguito perché eri curiosa di sapere dove stessi andando. Allora vieni».
Becky rinfoderò lo stocco e lo seguì, tenendosi a debita distanza da lui. Provava una sorta di paura a guardarlo, adesso, un timore diverso, non come quello che a volte sentiva prima di una battaglia, o il terrore di trovarsi dinnanzi alla Dama del Vento. Era un altro tipo di paura, la preoccupava che lui potesse rifare quello che aveva fatto pocanzi, nel vicolo, e anche di più.
Quasi… lo sperava.
E se non lo avesse fermato, fin dove si sarebbe spinto?
Lei era un’amazzone, accidenti, aveva giurato fedeltà alla dea Scizia, la sua esistenza era stata promessa alla guerra e alla lotta. Era scappata da Kratøos per sfuggire alla vita del Regno di Metallo, e ora? Drew? Davvero?
Il guerriero alzò entrambe le braccia e richiamò l’attenzione di un uomo che stava smanettando con alcune reti. Quest’ultimo aveva la barba lunga e bianca, i capelli erano folti e senza colore. Sembrava vecchio, ma osservandolo meglio si notava che la pelle non era raggrinzita per via dell’età, ma per mezzo della salsedine. Drew lo abbracciò trovandoselo davanti, erano quasi alti uguali, forse il guerriero lo superava di una spanna o poco più.
«Papà, lei è Becky. Becky, lui è mio padre».
L’amazzone rimase a bocca aperta. Suo padre. Drew era uscito in piena notte per andare a salutare suo padre? Si chiese il motivo per cui un abitante di Kratøos si trovasse lì, su un peschereccio, così lontano da casa.
L’uomo, di nome Rey, li invitò a seguirlo nella taverna a pochi passi. Non aveva molto tempo, fra poco sarebbe dovuto uscire in mare per la pesca, o gli altri bastardi avrebbero preso per sé il meglio.
«Scusami cara», disse poi rivolgendosi a Becky. «Questo luogo non è adatto a una donna e io non so più come ci si rivolge a una signora. È passato troppo tempo…» concluse con occhi lucidi. Drew gli batté un palmo sulla schiena:
«Non ti preoccupare papà, Becky non è tipo da scandalizzarsi facilmente. Dico bene?».
«Benissimo, sì» rispose l’amazzone.
Si accomodarono a un tavolo rotondo per quattro persone, sedendo su vecchie botti. Gli altri pochi tavoli disponibili era occupati a loro volta da pescatori e donne di cattivi costumi, le quali indossavano lunghi abiti di stoffa con una profonda scollatura sul seno straripante.
«Sapevo che il mio Drew non avrebbe scelto una di quelle donnine fragili e impressionabili».
Né l’amazzone, né il corazziere spiegarono a Rey che in realtà non erano una coppia, semplicemente glielo lasciarono credere. Quest’ultimo ordinò due bicchieri di sidro alcolico, Becky rifiutò con gentilezza, chiudendosi in un rigoroso silenzio per lasciare che padre e figlio si parlassero, aggiornandosi sulle ultime novità del mondo conosciuto. Insieme lo riaccompagnarono alla barca e lo videro mettersi in mare, salutandolo con un braccio alzato fin quando l’oscurità lo consentì.
Poi ripresero la strada del ritorno, uno di fianco all’altro, passeggiando senza alcuna fretta di rientrare. La pioggia aveva ripreso a scendere, fitta fitta, leggera come uno sbuffo. Si ripararono sotto i balconi bassi delle case, proseguendo in fila indiana, lui davanti e lei subito dietro.
«Chiedi pure, se vuoi» cominciò Drew.
«Tuo padre è un pescatore.»
«Sì.»
«Ma è anche originario di Kratøos.»
«Sì.»
«Ha lasciato la capitale?»
«È stato esiliato», Drew si arrestò voltandosi indietro per guardarla, lei alzò gli occhi su di lui, pronta ad ascoltare ciò che aveva da dire. «Si rifiutò di farmi gettare giù, nelle cascate, così lui, mia madre e io venimmo esiliati».
Becky sgranò gli occhi, ecco, quella era la stessa decisione che avrebbe dovuto prendere suo padre ai tempi che furono. Distolse lo sguardo.
«Allora esiste qualcuno di buon senso». Tornò a guardarlo. «Tu come hai fatto a diventare guerriero di Kratøos?»
«Io sono un mercenario, vado dove mi pagano bene. Il sovrano Namor mi ha ingaggiato per questa missione, mi ha offerto un compenso e ho accettato.»
«Un mercenario?»
«Becky», lui fece per sfiorarle le mani, ma lei indietreggiò d’istinto.
«Quindi non ti interessa nulla della riuscita della missione, chi vive, chi muore…»
«Mi interessa di te», di nuovo tentò di afferrarla per le mani, e di nuovo lei fu lesta a svignarsela. Uscì dal riparo, i capelli bagnati dalla pioggia le si incollarono subito al viso.
«Forse tuo padre avrebbe fatto meglio a lasciarti cadere dalle cascate, forse saresti morto o quanto meno ne saresti uscito un uomo migliore». L’amazzone non attese la riposta del guerriero, si mosse velocemente, diretta alla locanda in cui alloggiavano.


 
Vanesia, Porto

Due navi battenti bandiera di Eos attendevano la compagnia nell’ala ovest del porto. Da lì era possibile scorgere la cima degli alberi che popolavano l’isola, celata alla vista dalla nebbia che la Dama del Vento aveva invocato.
Da’miàn fu il primo a salire lungo il ponte che conduceva a una delle due imbarcazioni, lo videro parlare con il capitano, poi con un cenno invitò i suoi compagni a raggiungerlo.
«E così finisce il nostro viaggio» sospirò Rhia, studiando l’imponenza del veliero che si innalzava davanti ai suoi occhi. Anche a Scizia c’era il mare, ma le imbarcazioni che le amazzoni utilizzavano erano perlopiù piccole barche che servivano per sposarsi di pochi metri. Osservò le vele quadre, il simbolo del Regno del Vento svettava orgoglioso, ricordava una specie di goccia aperta sul lato superiore. L’arciere, suo amico, continuava a dare ordini ai marinai, i quali sembravano indaffarati come non mai. Qualcuno le adagiò una mano sulla spalla, l’amazzone alzò gli occhi e sorrise di rimando a Drew:
«Non è la fine» disse.
«Ma neanche l’inizio» sghignazzò Seth. «Oh, andiamo! Che sono queste facce da funerale! Annienteremo la Morte di Bianco Vestita, diventeremo ricchi e famosi! Saremo venerati come divinità!» Si prese una pausa. «O almeno io lo sarò…». Rise sguaiato risalendo il pontile della nave.
Qualche metro più in là la voce di Beanka arrivò chiara e forte. Stava urlando conto Edgemas, il quale teneva il capo chino, i capelli lunghi e castani sembravano più scuri a causa della pioggia. La ragazza era alle lacrime, Becky li raggiunse.
«Qual è il problema?» chiese.
«Edgemas non vuole che venga con voi». Spiegò la giovane amazzone.
«Mi serve che resti qui a badare ai cavalli», cercò di giustificarsi il mago, alzando finalmente lo sguardo.
«Io non resterò a fare da balia ai cavalli! Sono un’amazzone, una guerriera, decido io per me!».
Edgemas spostò l’attenzione su Becky, i due si fissarono per qualche minuto e quando neanche il generale parlò in difesa della compagna, questa comprese che davvero sarebbe rimasta sulla terraferma. Ancora una volta, gli altri le davano dimostrazione di quanto fosse inutile e inetta.
«Morite tutti!» Esclamò alla fine, allontanandosi.
Becky la chiamò, era dispiaciuta, ma il Mago Vikingo la invitò a salire a bordo, avevano già perso troppo tempo.
Drew aspettò l’amazzone rossa, provò a sussurrarle parole di conforto, ma lei lo scansò platealmente, come se la sola vicinanza potesse nuocerle.
«Questo è proprio l’atteggiamento giusto per affrontare la battaglia del secolo. Tutti uniti, mi piace!» Seth mosse il proprio bastone a mezz’aria, l’Ametista si illuminò e fuochi d’artificio irruppero nel silenzio del porto di Vanesia. I pescatori applaudirono, qualcuno fischiò, Beanka era già scomparsa.
 
Il veliero salpò, muovendosi lentamente.
Il mare era calmo, ma l’acqua così torbida che era impossibile vedere chi o cosa abitasse i fondali. Secondo una leggenda, quella era la dimora di una piovra grossa quanto una montagna, con tentacoli lunghi come una prateria. Per anni era stata il tormento dei pescatori che uscivano in mare, poi era arrivata la Dama del Vento e le priorità erano cambiate.
Da’miàn di Delundel stava spiegando ai suoi compagni di squadra che la nave non avrebbe attraccato alla riva opposta, ma si sarebbe tenuta a debita distanza dalla nebbia.
«E noi come ci arriviamo? A nuoto?» Chiese Seth, sarcastico.
«Con quelle». L’arciere indicò le barche a remi appese ai due fianchi del veliero di Eos. Disse loro di mettersi comodi, ci sarebbe voluta qualche ora per giungere a destinazione, quella era una nave mercantile, non era stata costruita per coprire lunghe distanze in breve tempo. Era lenta. Quindi raggiunse Rhia, la quale si era ricavata un piccolo spazio per allenarsi con la sua arma, il falcione. Non smise, neanche quando Da’miàn le si accostò, accomodandosi in un angolo per acconciare al meglio il suo arco.
«Sbaglio o non vedo Beanka.»
«Edgemas ha ritenuto opportuno che restasse giù… a badare ai cavalli» menò un fendente nell’aria, incanalando quanta più rabbia teneva in corpo.
«Edgemas non è uno sprovveduto, avrà fatto la scelta che riteneva più opportuna per la tua amica.»
«Siamo addestrate a combattere fin da piccole, non temiamo la morte, il dolore. Queste battaglie sono il nostro sogno nascosto, il nostro desiderio più grande.»
«Quindi pensi sia giusto lasciarci la vita?».
I due si guardarono, fermi, Rhia non rispose, rinfoderò l’armi e si allontanò.
 
Seth si accostò cauto a Edgemas, quest’ultimo se ne stava con le mani incrociate dietro la schiena, a fissare l’immensità del Mare Muto che si espandeva tutt’intorno. All’orizzonte cominciava a notarsi la nebbia bianca, densa come nuvole.
L’occultista gli si posizionò al canto, per un po’ nessuno dei due parlò, infine Seth prese la parola.
«Hai un piano?»
«Strano che me lo chieda», lo punzecchiò il Mago Vikingo. «Credevo avessi già pensato a tutto tu.»
«No, seriamente, hai un piano?»
«No, Seth, non ho un piano per sconfiggere la Dama. Non so neppure come sia fatta. Fin quando non ce la troveremo dinnanzi, non saprei come fare per…»
«A volte assume forme umane», lo interruppe l’occultista.
La nebbia si faceva sempre più vicina, era come se avanzasse nella loro direzione, pronta a inghiottirli con l’intera imbarcazione.
«Edge, ho come l’impressione che-»
«La nebbia!» esclamò l’elementalista. Entrambi si voltarono verso l’equipaggio, Edgemas balzò giù dalla prua con un salto e corse verso le scialuppe, Seth urlò agli altri di prepararsi a sbarcare, la nebbia li stava inghiottendo.
Jey e Joy furono i primi a sganciare la piccola imbarcazione a remi, poi vi saltarono a bordo gettandosi direttamente dal ponte. Becky li seguì a ruota, finendo in mare e aiutata poi dai due gemelli ad arrampicarsi sulla scialuppa. Toccò a Seth, anche lui tirato letteralmente a bordo dai gemelli. Dall’altra parte Edgemas e Drew avevano sganciato l’imbarcazione di legno, raggiunti ben presto dall’arciere e da Rhia. Remarono all’unisono, la nebbia fitta e bianca si avvicinava sempre più.
«Non respingetela» urlò Edgemas, affinché anche gli altri potessero sentirlo. «Smettete di remare, ci penserà la corrente a trasportarci a riva. Chiudete gli occhi e concentratevi su pensieri positi-».
All’improvviso le imbarcazioni subirono uno scossone, i combattenti si aggrapparono come meglio potevano. Tentacoli grossi come querce sbucarono dall’acqua, abbattendosi sulla superficie del mare e causando onde alte tre metri e più. Entrambe le scialuppe si capovolsero, il Mare Muto li inghiottì.
Ognuno di loro nuotò per tornare a galla, la temperatura dell’acqua era gelida, i muscoli si irrigidirono, il fiato divenne corto. Edgemas si voltò verso la riva, non era lontana, e nella foschia della nebbia – nella quale oramai ci erano finiti in pieno – gli parve di notare una sagoma, con un mantello lungo la schiena e braccia esili: il Mago Vikingo non poteva sapere che ciò che lui aveva scambiato per un manto, in realtà erano capelli veri.
«Nuotate» la voce di Drew giunse come da una catacomba. «Non vi fermate, nuotate».
Così fece l’elementalista. Nuotò, pensando a Beanka al sicuro a Vanesia e ne fu contento. Semmai fosse morto, avrebbe avuto la certezza di saperla sana e salva. Raggiunse la spiaggia dopo diversi minuti, la riva sembrava più vicina, invece il tragitto si era rivelato lungo e stancante. Si sdraiò supino, respirando a pieni polmoni, sapeva che così facendo la nebbia avrebbe ben presto invaso le sue vie respiratorie, inondandogli il cervello di immagini e sensazioni fasulle, ma non poteva fare altrimenti. Mosse la testa a destra e a manca, cercando di individuare gli altri. Intorno a sé c’era solo denso fumo bianco, nulla più. Non udiva niente, se non il dolce rimestio delle onde. Si chiese se fossero vivi, se qualcuno fosse stato sopraffatto dalle acque scure del Mare Muto. Chiuse gli occhi e si addormentò.



 
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