Anime & Manga > Lupin III
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Autore: jarmione    01/02/2022    3 recensioni
Dopo anni di inattività, Lupin torna in azione ed il suo obbiettivo è la Bilancia della morte.
Questa bilancia sconvolgerà il gruppo di Lupin e persino Anika, la quale vedrà il suo mondo sgretolarsi.
Riusciranno a risolvere questo nuovo enigma?
O tutti crolleranno nel tentativo?
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ed ecco a voi il 4° capitolo.

Vi auguro buona lettura

 

 

Anika si stava muovendo ad inerzia.

Non sapeva realmente il motivo per cui stava fuggendo dalla polizia e nemmeno il perché avesse deciso di dare retta a Lupin e andargli dietro.

Stava di fatto che il ladro la stava tenendo per il braccio, come a volerla aiutare nella corsa.

Lupin non sapeva che lei non era davvero intenzionata a scappare, che non voleva più vederlo e nemmeno averci nulla a che fare.

Ma, per dare il buon esempio a Yuki, si era comunque fermata e lo aveva salutato presentandogli suo figlio.

Lei voleva solo fare buon viso al cattivo gioco, voleva solo mostrarsi superiore e questo nonostante covasse del rancore nei confronti di tutta la sua famiglia, soprattutto Jigen,

Se c’era Lupin c’era anche lui.

Ciò di cui si stava pentendo, in quel momento, era quella di essersi mostrata accondiscendente e di aver presentato Yuki a Lupin.

Lupin aveva un enorme potere sulle persone, chiunque lo incrociava si sarebbe ricordato di lui e viceversa.

Anika, mostrando Yuki come suo figlio, aveva dato a Lupin un potere così grande che non avrebbe mai potuto togliere.

Quando raggiunsero l’auto, Lupin la fece entrare.

“Ma quanto ci hai messo?” sbottò Jigen “Lo sai che ora...”si bloccò di colpo, non aveva notato che Lupin non era solo.

Quando si accorse di Anika, quasi gli andava la sigaretta in gola.

Aveva sperato con tutto se stesso di non vederla e si era aggrappato al pensiero che, probabilmente, si trovava in qualche paesino distante dalla città.

Non riuscì a spiccicare parola e nemmeno a muoversi, specie dopo aver visto che Anika non era da sola.

Quest’ultima non parlò, i suoi occhi iniziarono a luccicare e si ritrovò costretta a volgere lo sguardo altrove per non darlo a vedere.

“Muoviti, Jigen!” esclamò Lupin “Ne parliamo dopo!”

Jigen fu come ridestato e, senza troppi convenevoli, mise in moto e sgommò partendo a gran velocità.

Alle loro spalle, i poliziotti iniziarono l’inseguimento e, come in passato, Zenigata era il primo.

“Accidenti, paparino si è agguerrito in questi anni” commentò Lupin, mentre Jigen scalò la marcia e si infilò in derapata in una via, che conduceva verso i confini della città.

Vista la situazione, Anika si affrettò ad allacciare la cintura a Yuki che, non essendo abituato a cose simili, da una parte ne era spaventato mentre dall’altra era quasi divertito.

Con la velocità raggiunta, raggiunsero l’esterno della città molto velocemente e, cosa alquanto strana, Zenigata non li aveva seguiti oltre.

Purtroppo per lui, aveva ricevuto ordine di restare entro i confini della città.

Questo fu un colpo per Zenigata, che tutto aveva tranne che la voglia di obbedire ad un ordine di quella portata.

Ma che scelta aveva?

Quando la macchina inchiodò, Zenigata si sporse dal finestrino.

Tutto ciò che riuscì a vedere, prima che l’auto fosse lontana, fu Anika che lo guardava implorante dal lunotto posteriore.

Strinse i pugni “LUPIIIIIIIN!”

 

*****

 

Al primo spiazzo che trovarono appena fuori dalla città, Jigen accostò e tutti poterono riprender fiato e smaltire l’adrenalina del momento.

Lupin, dopo essere sceso dalla macchina, si sgranchì le gambe e le braccia.

“Aah!” disse “Dopo anni di inattività, direi che non è stato poi così male, vero Jigen?” si voltò verso il suo compare, ma si accorse che non era stato minimamente ascoltato.

Jigen era troppo intento ad osservare Anika, a notare i suoi cambiamenti e...persino a fare i conti su Yuki.

Nonostante si vedesse che era un bambino molto piccolo, per un attimo Jigen aveva creduto che fosse frutto di quell’unica notte passata con lei.

Una volta eliminato quel pensiero, la sua mente venne occupata da lei...da Anika.

Si era pentito e sperava di non dover provare nessun sentimento peggiore del senso di colpa, invece il destino aveva ben altro in mente per lui.

Il rimorso era ancora più superiore del peggio che si aspettava.

Anika teneva sempre lo sguardo basso, non voleva vederlo e nemmeno averci nulla a che fare.

Per quanto, da una parte, desiderasse vederlo, dall’altra voleva solo tornare alla sua vita e fingere che nulla di tutto quello fosse mai accaduto.

Jigen era stato praticamente cancellato dalla sua mente per tutto quel tempo ed ora, senza preavviso, aveva deciso di tornare a galla e tutto perché Lupin voleva fare un colpo.

Perchè proprio ora? Perché proprio lì?

E Zenigata? Che cosa stava pensando di lei?

Era sicuro che la stesse categorizzando come traditrice, fuggitiva, ladra.

Era sicuramente furioso e lei non poteva fare nulla per dimostrare la sua innocenza, che non sapeva nulla di quanto era successo.

E se avesse pensato che Anika era coinvolta?

Doveva fare qualcosa.

Tutto ciò che riuscì a pensare fu di frugare nella borsa alla ricerca del cellulare, ma nel cercare si accorse che il cellulare non c’era.

Volse subito lo sguardo verso Lupin e lo vide che lo agitava lentamente nella mano.

“Ridammelo!” esclamò, cercando di recuperarlo e dando sfogo alle sue abilità di combattimento.

Stava agendo con rabbia, ma era comunque ovvio che Lupin avesse la meglio.

“Mi spiace, Anika” disse lui, quando la ragazza si fermò “Ma non posso rischiare” se lo mise in tasca.

“Mi stai dando della spia!?” domandò scandalizzata Anika.

“E’ solo per precauzione” disse.

Anika non sapeva cosa dire, a parte un sacco di parole irripetibili.

Fece dei respiri profondi, mettendosi ad osservare il cielo.

Era il tramonto, a breve sarebbe stato buio.

“Riportami in città” disse “Fingerò di non averti visto e che nulla sia mai successo, ma ti prego riportami indietro”

Jigen guardò Lupin, come per dirgli fallo, fidati ma il ladro non sembrava intenzionato a sentire ragione.

Lupin era giunto a Tokyo solo per la bilancia, ma dopo aver visto Anika aveva avuto solo un pensiero: riaverla in famiglia.

Rivoleva Anika nella banda, perché non aveva mai smesso di pensare a lei.

Era sua nipote, anche se acquisita e poi ben sapeva che nessuno di loro si era mai scordato del legame che li univa.

I bei tempi passati, le risate e persino i problemi di cuore che erano sorti durante la loro ultima avventura insieme.

Lupin non aveva mai avuto una famiglia normale e quando Anika era entrata nelle loro vite era felice di potersi finalmente prendere cura di qualcuno come se fosse sangue del suo sangue.

Si stava comportando da egoista, questo lo riconosceva, ma non voleva perdere di nuovo Anika ora che l’aveva trovata.

Non poteva tornare in città.

“Sali in macchina” disse “Ti porto altrove”

“Che cosa!?” fu la domanda in coro di Jigen ed Anika.

“Al momento non possiamo tornare in città, o Zazà tenterà di arrestarci tutti” disse Lupin “Sarò anche un ladro, ma non voglio che accada qualcosa alle persone che sono con me, specie se c’è di mezzo un bambino” aggiunse riferito a Yuki, che era ancora seduto in macchina che osservava in silenzio quello che stava succedendo fra i tre.

“Ne riparleremo domattina”

“Lupin, ma che ti salta in mente?” domandò Jigen.

“Sali in macchina” ordinò di nuovo Lupin e, alla fine, entrambi si ritrovarono costretti ad obbedire.

 

*****

 

“Ispettore, sono state bloccate tutte le strade che permettono l’accesso o l’uscita dalla città” disse Yata “Se Lupin dovesse tornare lo prenderemo”

Zenigata annuì appena e lasciò che Yata desse gli ultimi ordini al resto dei poliziotti, sui turni di guardia e di postazione.

Nella sua mente riviveva la scena di Anika che veniva trascinata via da Lupin insieme a suo figlio.

Perché? Perché seguirlo?

E perché non si era ancora fatta viva?

Forse non lo voleva più, forse voleva andarsene ed aveva approfittato che Lupin era in zona.

Oppure…

Sgranò gli occhi.

Anika gli aveva portato a casa una carta da gioco di Lupin in cui egli dichiarava di voler commettere un furto, poi aveva cercato di dissuaderlo dal riprendere il comando della squadra speciale ed il caso Lupin III ed infine era fuggita con lui proprio dopo il colpo al centro congressi.

Sentì gli occhi inumidirsi, ma cercò di ricacciare indietro tutto quanto e scosse la testa.

No, non poteva essere vero, non poteva averlo tradito in quel modo.

Dopo tutto quello che avevano passato e che lui aveva fatto per lei, come poteva tradirlo?

E Yuki? Perché aveva coinvolto anche il loro bambino?

Che cosa aveva sbagliato con lei?

Quante domande affollavano la sua mente, mentre il suo sguardo era volto verso il cielo il cui tramonto era ormai in dirittura di arrivo.

Sarebbe rimasto tutta la notte a sorvegliare le strade, mentre il suo corpo stanco si rassegnava al fatto che non avrebbe più rivisto Anika e suo figlio.

 

*****

 

L’unica soluzione trovata per ripararsi dal freddo della notte, era una vecchia cascina abbandonata nel mezzo della campagna.

Anika non aveva problemi ad adattarsi, ma aveva paura per Yuki.

Il piccolo, a discapito di ogni sua previsione, sembrava essersi adattato alla perfezione e si lasciava guidare da Lupin e le sue storie.

Gli avevano dato da mangiare e cercavano di far finta di nulla sulle tensioni create.

Quella sera, sul presto, Yuki era crollato dal sonno.

Dopo tutte quelle emozioni era quasi scontato che succedesse.

Una volta sicura che non si svegliasse, Anika uscì dalla casa e si assicurò che Yuki fosse ben visibile dalla finestra.

Lupin era dentro e, anche se era arrabbiata pure con lui, si fidava a lasciare il piccolo alle sue cure.

Fece un profondo respiro e cercò di calmare l’adrenalina ancora in circolo e che la faceva tremare.

“E’ meglio se rientri” disse Jigen alle sue spalle, facendola sobbalzare.

“Sto bene qui” rispose lei tagliente.

Jigen rimase impassibile e fece un tiro della sigaretta per poi buttare fuori il fumo.

“Quanti anni ha” domandò lui, cercando una scusa per provare a parlare.

Si era reso conto che il silenzio non era la giusta arma e che più sarebbero andati avanti e peggio sarebbe stato.

Sarebbero finiti con l’esplodere e dirsi parole che non avrebbero potuto ritirare una volta emesse.

Sapeva anche che Anika avrebbe comunque fatto muro e non c’erano esperienze da papà che tenevano in quel caso.

E, di fatti, la risposta fu la seguente.
“Che ti importa?”

Jigen fece un altro tiro e poi la gettò.

“Cercavo di essere gentile” disse Jigen “Domandare è lecito, rispondere è cortesia, mi pare di avertelo insegnato”

Anika sbuffò “Tre anni” rispose.

Era più piccolo di quello che aveva pensato, lo fregava l’altezza.

“Spero che il padre sia un uomo a posto” commentò il pistolero.

“Lo è molto più di te” sentenziò Anika e quando Jigen fece per parlare lei lo bloccò subito, sfogando su di lui tutta la rabbia repressa in sei anni “Con quale coraggio mi hai abbandonata!?” sbottò “Io mi fidavo di te e tu invece mi hai abbandonata!”

“Ho dovuto farlo”

“E con quale motivo!?” domandò di nuovo lei “E non dirmi che era perché avevi paura a spingerti troppo oltre, perché con me non attacca”

“Che futuro ti potevo dare?” domandò Jigen, con tono piatto come se non gli stesse importando di quella conversazione.

Una conversazione che, invece, lo stava distruggendo.

Ad ogni parola di Anika corrispondeva una crepa nel suo vecchio e stanco cuore.

“Che razza di scusa è!?” Anika non sapeva più cosa dire “Sei riuscito a crescermi e darmi una vita normale e poi ti fermi quando i tuoi sentimenti mutano!?” deglutì “Io ti amavo, Jigen!...io ti amavo e tu mi hai tradita”

“Quello che tu chiami tradimento, era il mio modo per aiutarti ad avere un futuro migliore” disse Jigen, voltandosi finalmente a guardarla negli occhi “Ti ho lasciata nelle mani dell’unica persona che ti avrebbe guidata fino alla maggiore età e devo dire che è riuscito nel suo compito” la guardò da cima a fondo “Sei diventata una donna e sei persino riuscita a trovare qualcuno che ti ama e ti ha dato un figlio, direi che Zenigata ha fatto quanto gli ho chiesto”

Anika strabuzzò gli occhi, Jigen non aveva capito che Yuki era figlio di Zenigata.

Questo era un bene, almeno così aveva campo libero.

“Hai mai pensato a quello che volevo io?” domandò lei “Hai mai pensato alle conseguenze delle tue azioni?”

“Sì e le conseguenze sono più belle di quanto pensassi” fu la risposta che spiazzò Anika.

Lei non aveva mai dimenticato Jigen, ma ci aveva messo una pietra sopra.

Se ami davvero una persona non la abbandoni in quel modo con una scusa simile.

Era come dire ti lascio perché ti amo troppo e lei non riusciva ad accettarlo.

Come aveva fatto, allora, Zenigata?

Con tutte le differenze che correvano fra i due, tutto si aspettava meno che amarlo.

E invece era successo.

Si sono voluti bene sin da subito e Yuki ne era la dimostrazione.

“Io non volevo nulla da te, Jigen” disse Anika “Volevo solo stare con te, ma tu hai preso questa decisione” si portò le mani alla testa “Ed io ti ho odiato..ti odiato con tutta me stessa e ti odio ancora per questo”

Jigen restò in silenzio, non poteva biasimarla.

“Ti prego, Jigen…” implorò Anika “Di’ qualcosa”

Jigen sospirò “Che nonostante tutto, io non ho smesso di amarti”

Anika sentì di nuovo le lacrime salire e tentare di sgorgare.

Se solo avesse potuto tornare indietro e cancellare quell’evento e quelle emozioni.

Così facendo non avrebbe avuto lo stomaco perennemente in subbuglio, non avrebbe odiato Jigen e...non avrebbe avuto Yuki e non avrebbe trovato qualcuno che la amava nonostante le sue origini.

Per quanto le mancasse la sua famiglia, non aveva intenzione di rinunciare alla stabilità che era riuscita a crearsi.

“Mi dispiace…” Anika fece un profondo respiro per provare a calmarsi “Mi dispiace, Jigen, ma io non riesco più a farlo” confessò “Non smetterò di volerti bene, ma amarti...non credo di riuscirci più”

Jigen annuì e, reagendo quasi istintivamente, fece un passo verso Anika e allungò la mano verso di lei.

Seppur titubante, Anika allungò la sua e strinse quella di Jigen.

Un piccolo sorriso solcò le labbra del pistolero, ma Anika fece molta fatica a ricambiarlo.

“Tuo figlio è splendido” disse “Ti assomiglia molto”

Anika annuì, grata che Yuki avesse molta somiglianza con lei invece che con Zenigata.

“L’uomo che ti ha trovata è fortunato” proseguì lui “Ma se osa farti del male, dovrà vedersela con noi”

“Grazie” mormorò Anika “Ma sono sicura che non lo farà...non intenzionalmente”

Questa era l’ennesima frecciatina che Anika lanciava a Jigen che, sempre in silenzio, incassò il colpo e lo accettò velocemente.

 

*****

 

All’interno della cascina, Lupin stava esaminando la bilancia con una lente di ingrandimento, cercando di capire come funzionava e se vi era un meccanismo particolare.

Aveva provato a scansionarla con uno strumento a raggi X e aveva persino provato a tastarla e aprirla.

Risultato?

Era una semplice bilancia in ottone, con due piattini del medesimo materiale e l’aspetto più che normale.

Decise di fare alcune prove, per verificare la veridicità della leggenda.

Per non rischiare di avere rivelazioni strane sin da subito, provò ad utilizzare nomi di persone già decedute.

Narrava la leggenda, che avrebbe funzionato anche in quel caso.

Doveva solo scrivere su un pezzo di carta, o quello che aveva a portata, il nome della persona di cui si interessa la morte.

Se nel piatto opposto appariva un nome significava che l’interessato sarebbe ucciso, altrimenti significa che le cause della sua morte saranno naturali.

Lupin provò con il nome di un sicario che tempo addietro gli aveva creato non pochi problemi e che, in quel momento, sapeva essere in prigione con la pena dell’ergastolo.

Non sapeva perché avesse scelto quel nome in particolare, probabilmente era solo il primo che gli era venuto in mente.

Scrisse il nome su un pezzo di carta, lo mise sulla bilancia ed il piattino lo assorbì, come faceva la terra di un vaso appena riceveva acqua.

Nel giro di un istante, sul piattino opposto il foglio ricomparve e sotto al nome del sicario, ne apparve un altro.

Non conosceva il nome uscito, ma capì che quell’uomo avrebbe ucciso il sicario scritto da Lupin.

La bilancia funzionava.

Fece altre prove, utilizzando anche nomi di persone che aveva conosciuto durante i suoi travestimenti e solo ad uno era apparso un nome, gli altri erano risultati vuoti e quindi la loro morte sarà per cause naturali o vecchiaia.

Essendo finalmente sicuro che la bilancia funzionava, Lupin venne pervaso dalla curiosità e decise di inserire il suo nome.

Esitò un attimo prima di farlo

Ogni leggenda, seppur con un fondo di verità, aveva sempre qualche falla e, di fatti, Lupin non aveva mai dato tanto peso a quelle storie.

Promettevano tesori e poi si scopriva che le ricchezze erano inesistenti o avevano altri significati.

In quel caso si trattava di una leggenda che aveva a che fare con la morte, un tema delicato e che tutti temevano.

Anche Lupin aveva paura della morte, era solo molto bravo a nasconderlo.

Più volte l’aveva vista in faccia e più volte voleva abbandonarsi ad essa e smettere di vivere come un latitante.

Però aveva troppe cose da fare e alla fine cedeva alla vita.

Scoprire chi sarebbe stato il suo esecutore, sempre se fosse apparso un nome, poteva essere considerato alla pari con la scoperta della data di morte.

Quella era l’unica cosa che mai avrebbe voluto sapere e, per ora, ancora non ne era a conoscenza e questo andava bene così.

Dopo aver valutato tutti i pro e i contro ed aver fatto un bel respiro, Lupin scrisse il suo nome e lo posò sul piattino.

Esso venne assorbito e, come per il sicario, riapparve dall’altra parte.

Si aspettava la riapparizione, dopo tutto un ladro era difficile che morisse per cause naturali.

Conoscere quel nome poteva stravolgere tutto.

Stava a Lupin decidere.

Leggere il nome ed evitare che questa persone riuscisse a farlo fuori...oppure leggere il nome e farlo fuori prima che egli faccia lo stesso con lui.

C’era anche la terza opzione, non leggerlo e fingere di non aver mai usato la bilancia.

Però, allo stesso tempo, la sua curiosità era tale da non farlo resistere.

Allungò la mano e prese il biglietto leggendo il nome.

I suoi occhi si spalancarono e stessa cosa accadde alla sua bocca.

Le sue mani tremarono ed il foglietto finì a terra, mentre lui a momenti cadde dalla sedia.

 

Arsenio Lupin III

Zenigata

  
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