Anime & Manga > Lady Oscar
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Autore: Darty    02/02/2022    12 recensioni
“Tutti gli amori felici si somigliano; ogni amore infelice è invece difficile a modo suo. In casa De Jarjayes tutto era sottosopra” (e spero che L.S. non se ne abbia a male)
Oscar ed Andrè e la loro “storia terrena” appartengono a Riyoko Ikeda ed un po’ anche a Tadao Nagahama e Osamu Dezaki. Questa fanfiction non ha scopo di lucro, ma terapeutico sì...
I versi di David Bowie sono solo suoi: dell’immortale Duca Bianco.
Si incomincia con il Cavaliere Nero. Buona lettura!
Genere: Avventura, Fluff, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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They’re so war-torn and resigned
she can’t talk any more
What are they trying to prove?
What would they like to find?
It’s love back to front and no sides
like I say
These pieces are broken – like I say
These pieces are broken
Hope I’m wrong but I know
(...)
A million dreams
A million scars
A million

(David Bowie,   Because you’re young)    
      

https://www.youtube.com/watch?v=HhB_Kgrtd4k
 
 
 
Lo pianto stesso lì pianger non lascia, /e 'l duol che truova in su li occhi rintoppo, / si volge in entro a far crescer l'ambascia; / ché le lagrime prime fanno groppo, / e sì come visiere di cristallo, / rïempion sotto 'l ciglio tutto il coppo
(Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno, XXXIII)

Lorenza era taciturna e fosca. Un profluvio di parole inespresse si agitavano in tempesta nella sua testa, vocali e consonanti, singhiozzi ed urla. Tradimento. Sopra tutte quelle parole, una strillava più acuta nella sua mente. Tradimento.

Gli occhi avevano da piangere tante di quelle lacrime che non poteva piangerne più.

Nessuna speranza. Solo la volontà di finire. Sperando che un’altra vita, dopo la fine, potesse consentirle di iniziare da capo, emendata dagli errori commessi in questa, di vita. In questa vita nella quale non le era possibile riscatto alcuno.

Priva della volontà di proseguire oltre.  Orientata verso un solo traguardo. Un bersaglio da colpire. Una vendetta. E poi la morte. Liberatoria.

Nel frattempo, osservava Oscar e André. Lo faceva di nascosto, Lorenza, mentre nessuno poteva vederla. L’aura nera, che la circondava, si sbiadiva, mentre li spiava. L’espressione restava cupa, ma il dolore appena appena si acquietava. In fondo, proprio in fondo all’anima, osservarli le ricordava che anche lei aveva amato. Ed era stata amata.

Ogni notte li aveva studiati.

Ogni sera aspettava che si ritirassero nella loro cabina. Al crepuscolo, quando il sole scompariva completamente sotto l’orizzonte, o più tardi al chiaro di luna, sbirciava André che abbracciava Oscar e posava un bacio lieve sulla sua testa bionda.

Non mancava mai Oscar di sollevare il volto verso André, per cercarne le labbra. Luccicavano gli occhi degli amanti, ogni volta che si guardavano, tra un bacio e l’altro.

Ogni volta notava che lui l’aiutava a spogliarsi di quegli abiti maschili e delle fasce che le stringevano il seno. Con delicatezza e devozione.

C’era intimità fra i due. Ma anche pudore. Era come se si conoscessero da sempre, ma si scoprissero ogni volta, sorprendendosi a vicenda.

L’amplesso che ne seguiva era condiviso con passione dai due amanti. Solenne come una celebrazione, spirituale come una preghiera, combattuto come un duello.

Li lasciava esausti e felici.  Una carezza sulla guancia di lei, un bacio sul cuore di lui, precedevano sempre il loro sonno.

Lei si accoccolava con il capo sul torace del suo amante, e lui la abbracciava trattenendola a sé con il braccio sinistro, addormentandosi sempre dopo, per vegliare almeno un po’ sul sonno della sua amata.

Poco dopo Lorenza tornava al suo giaciglio, sforzandosi di ricordare le notti in cui anche lei si addormentava al ritmo fatato del cuore dell’uomo che aveva amato.

E se, destandosi presto, spiava quel rituale d’amore, che all’alba si ripeteva, incoraggiava sé stessa, dicendosi che forse, nella sua prossima vita, forse anche per lei, ci sarebbero stati di nuovo risvegli come quelli.

 
* * *

Dopo undici giorni di navigazione, all’alba del 28 aprile, la Santo Stefano aveva fatto àncora al porto di Candia.

La fortezza eretta dai veneziani incombeva sulle navi ormeggiate.

Il segnavento sbatteva impazzito per i forti venti meridionali provenienti dai deserti egiziani, che riscaldavano l’aria già più che tiepida di metà primavera.

I lasciapassare, procacciati dal Duca d’Orleans, consentivano un breve scalo.

La nave salpa al tramonto. Giusto il tempo di rifornirci”, li aveva ammoniti il Capitano Zane. “Non vi attenderemo oltre.”

Qui i veneziani non sono ben visti. Ed io non amo gli ottomani”, aveva pensato Zane, nelle cui vene scorreva sangue veneziano vecchio di generazioni.

I veneziani avevano perso i loro possedimenti cretesi oltre un secolo prima, dopo che l’assedio di Candia da parte degli ottomani si era protratto per più di vent’anni.  La resa aveva permesso ai coloni veneziani di tornare a Venezia. Tornarono, i profughi, particolarmente provati: Ti xe seco incandìo, si diceva ancora in quel di Venezia.

Temendo che la sua chioma bionda attirasse troppi sguardi, Oscar l’aveva legata e nascosta sotto un tricorno. Un abbondante giustacuore contribuiva a celarne la vera identità.

Varcate le imponenti mura erette dai veneziani a protezione della città, si incamminarono attraverso la Porta del Molo verso la loro prossima destinazione.

A La Vallette, alla concattedrale di San Giovanni, Oscar aveva ritirato dal segretario del Vescovo, Cappellano dell’Ordine di Malta, una lettera sigillata da consegnare al successivo contatto a Creta. Era sola quel giorno. Disperatamente sola. Ed ignorava se l’avrebbe mai più rivisto il suo André, rapito dai pirati barbareschi.

A quel ricordo, un moto di immensa tristezza velò il suo sguardo, trasformandosi in angoscia al pensiero che André potesse morire.

André, che camminava al suo fianco, aveva voltato e chinato il capo per guardarla. Qualcosa la intristiva. Era evidente. Desiderava abbracciarla e stringerla forte, per confortarla. Ma anche sfiorarle una mano sarebbe stato compromettente, circondati com’erano da una folla di turchi ottomani che sciamavano tra le vie della città di Candia, scrutandoli con diffidenza.

A cosa stai pensando, Oscar?”

Quando ho ritirato questa lettera a Malta, tu non eri con me André. Non sapevo se ti avrei più rivisto.”

“Ora sono qui Oscar, accanto a te.”

“Prometti che non mi lascerai mai più sola André, nemmeno per salvarmi, come hai fatto quella notte sulla Misticque.”

Scosse la testa André: “Questo non posso promettertelo Oscar. Il mio posto sarà al tuo fianco sempre, ma per salvarti farei qualunque cosa, anche allontanarti da me, se fosse necessario.”

Si fermò di colpo, abbassando pensierosa il capo: “Quel giorno promisi a me stessa che ti avrei ritrovato e salvato e, maledizione a te, ti avrei punito per la sua insolente insubordinazione e forse poi ...”

Sfuggì un sorriso ad André, che sollevò e piegò il braccio destro portando la mano alla nuca per massaggiarsi appena il collo: “Sono qui Oscar, pronto a ricevere la tua punizione ...”

Ma forse poi .... avrei confessato di amarti André ...”

“Oscar... vorrei tanto baciarti adesso.”

“Ma non puoi ...”

Sospirò André “No, non posso, credo che puniscano la sodomia con la morte e ...”

Si avvide che Oscar stava trattenendo una risata.

Oscar, tu, tu ... ora mi stai punendo vero?” ...  continuò, sorridendo sornione.

Forse André, ma sto punendo anche me ... a non poterti nemmeno stringere la mano. Sai ...” continuò Oscar, mentre entrambe riprendevano a camminare lesti: “una volta Fersen mi chiese se non mi sentivo mai sola. Gli avevo praticamente ordinato di lasciare la Francia e di tornare in Svezia, ti ricordi André?”

Annui André. Non potevano dimenticarlo quel giorno: al ritorno avevano assistito impotenti all’assassinio a sangue freddo di un bambino, del povero Pierre, ad opera di quel depravato del Duca di Germain. Al solo pensiero del crimine nefando di quel giorno e di quanto quel vigliacco aveva osato fare alla sua Oscar la sera del ballo, gli ribollì il sangue. Strinse i pugni e giurò di nuovo a sé stesso che l’avrebbe ucciso, quel maledetto.

“Io non esitai a rispondergli. La risposta era no. Non so se si stupì di quella mia celere risposta. Ma io lo sapevo, di non essermi mai sentita sola, nonostante la mia educazione, nonostante fossi destinata ad una carriera militare, ad una vita senza amore e senza figli ...”

“Lo so Oscar, non c’era giorno che ...”

“E sbagliavi André, se ti angustiavi per me, sai ... perché io non potevo sentirmi sola, c’eri sempre tu, accanto a me. Anche quando non ti vedevo, perché eri un passo indietro. Io lo sapevo che tu eri lì, appena un passo dietro a me ...”

Non fece in tempo a risponderle André, che quel passo indietro per lui era un confine. “Ecco, direi che siamo arrivati, André.”

Davanti a loro, a man sinistra della loggia veneziana dall’eleganti arcate, in una piazza dominata da una fontana sormontata da quattro leoni a fauci spalancate, sorgeva un palazzo di un bianco abbacinante, come il resto della città. Fastosa residenza del destinatario della loro lettera, Monsieur Fabre, ricco mercante francese.

Si erano fatti annunciare ed il loro ospite aveva dato ordine di farli accomodare. Nell’ampio salone, decorato con piastrelle in cotto smaltato a disegnare cerchi e losanghe, in blu, oro, verde e nero, un servitore aveva loro offerto un liquore alla mastika.

Una icona, nonostante le piccole dimensioni, dominava la scena, elemento dissonante rispetto al resto degli arredi: una adorazione dei magi, dai toni scuri malgrado l’utilizzo della foglia d’oro. “"Χείρ Δομήνιχου – Mano di Domenico ...”, sussurrò Oscar decifrandone la firma.

Dopo una breve attesa, un uomo imponente, completamente calvo, vestito alla turca, con un lungo caffettano di cotone, ma indubbiamente europeo, aveva fatto ingresso nella sala. Senza proferire parola, aveva rotto il sigillo della lettera a lui indirizzata. L’aveva letta velocemente, senza tradire alcunché. Solo al termine della lettura, un sorriso ironico ne aveva piegato le labbra.

Il Duca tesse tele intricate. E’ un abile ragno. Bene. Ecco questi sono gli ultimi documenti utili a garantirvi di completare indenni il viaggio fino a Istanbul”, aveva esordito, avvicinandosi ad un secretaire di legno intarsiato dal quale aveva tratto un plico già sigillato.

Conte de Saint, giusto?” aveva chiesto rivolto ad Oscar, porgendo il plico.

“Badate bene.... Istanbul, non più Costantinopoli d’ora in poi. Dovrete farci l’abitudine. Da qui fino a Istanbul, la Sublime Porta domina su tutto.
Da oltre un secolo, dopo la resa di Candia nel 1669, i Cristiani sono stati ridotti al rango di reietti. Il peso dei tributi, imposti ai territori conquistati, del Kharāj, la severità dei turchi nell’amministrare la giustizia, raramente favorevole ai cristiani,  hanno indotto molti cristiani a convertirsi. L’adesione all'Islam, che comporta la recita della confessione e l'assunzione di un nome musulmano ha permesso invece ai convertiti di conservare le loro terre che altrimenti sarebbero state confiscate e assegnate agli Agha. Per non parlare delle donne. I Turchi, arrivati a Creta senza donne, hanno sposato donne cristiane, che necessariamente si sono convertite all’Islam.
La presenza militare ottomana qui è incombente. Si contano cinque battaglioni, ciascuno forte di cinquemila uomini e ventotto caserme di giannizzeri turco cretesi reclutati in gran parte tra la popolazione cretese convertita all’Islam.
Ma non è niente in confronto a quello che vi aspetta nel prosieguo del vostro viaggio.
Da qui a Istanbul gli ottomani comandano. La loro presenza militare, il loro apparato amministrativo, la loro religione, soggiogano questi mari e queste terre.”

Era intervenuto André: “Abbiamo osservato le genti, recandoci qua. Sembrano ostili nei confronti degli stranieri e soprattutto dei cristiani. Le vostre parole, Monsieur Fabre, lo confermano. Non comprendiamo come potremmo introdurci alla Corte del Sultano Abdül Hamid I.”

 “Per nostra fortuna le fondamenta dell’alleanza franco ottomana sottoscritta dal nostro re Francesco I, sono ancora salde. L’unione sacrilega del Giglio e della Mezzaluna ai nostri commerci garantisce sicurezza, se tralasciamo la Barberia.
I passaporti francesi che il Duca vi ha fornito e le mie lettere di raccomandazione vi consentiranno di arrivare indenni fino ad Istanbul. Per introdurvi a Corte userete l’ultima delle lettere di raccomandazione, la troverete nel plico contraddistinta con il sigillo di ceralacca nera. Con quella non dovreste avere difficoltà a farvi ammettere direttamente alla corte di Rabi'a Semi Sultana. La madre del sultano. Colei che nell’ombra tesse la trama delle politiche del figlio. Tesse e disfa. Incessantemente. Non diversamente dal nostro comune amico, direi.”

A quell’affermazione Oscar aveva trattenuto a stento un muto di disappunto: “E’ evidente il rapporto di fiducia che vi lega al Duca. Perché non affidare a Voi, la nostra missione”, domandò perentoria Oscar.

“Già ... avrei dovuto immaginarlo. Siete complici o vittime? Comunque, non ha importanza. Vi risponderò: l’economia qui a Creta è fiorente. La coltivazione principale è il frumento. Ma poi c’è un’abbondante produzione di olio d'oliva che viene esportato a Marsiglia, per la fabbricazione del sapone. E questo commercio ha fatto di me un facoltoso mercante. Non lo metterei a repentaglio per un capriccio dei fratelli massoni.”

“Dunque, non avete altro da dirci? Non esiste un altro contatto, prima di Cost ... prima di Istanbul?

“Monsieur Preux, giusto? .... imparate in fretta, no, nessun altro contatto”, rispose ad André il suo interlocutore. “Io sono l’ultimo volto amico in terra straniera.

Poi rivolgendosi ad Oscar aveva aggiunto: “Conte de Saint, permettetemi di darvi un consiglio.

Gli occhi di Oscar, ora di un gelido azzurro, si erano ridotti a due strette fessure.

“Vestitevi alla turca. Sono abiti comodi, più adatti a questo clima. Sono vesti ampie, che molto possono celare...”

Aveva fatto un passo avanti André, avvicinandosi di più ad Oscar, quasi a nasconderla, dallo sguardo indagatore del mercante, che si era fatto più intenso.

E per Dio, nascondete meglio quei capelli biondi.  Qui le donne bionde sono una merce ambita, non lo sapete?”

“Monsieur Fabre ... voi vi ingannate e comunque non sarebbe affar vostro”, aveva replicato algida Oscar.

Vi sbagliate. La buona riuscita della vostra missione è affar mio, perché il Duca non mi perdonerebbe un fallimento, dovreste saperlo ...”

Si era poi rivolto ad André: “Ascoltatemi, non ho motivo di mentirvi. Il Duca non mi ha rivelato le vostre vere identità, ma basta uno sguardo un poco più attento per svelare l’arcano .... e comunque se anche avessi avuto solo un sospetto, il vostro passo avanti, Monsieur Preux, è stato tanto eloquente da fugare ogni dubbio.”

Senza attendere risposta, aveva battuto le mani e convocato un servitore, impartendogli in turco ordini precisi e secchi.

“Ho dato istruzioni affinché vi siano recapitati al porto vesti ed accessori adeguati”, aveva spiegato Monsieur Fabre, non appena congedato il servitore.

Non affannatevi per noi, siamo perfettamente in grado di provvedere a noi stessi”, aveva replicato risoluta Oscar.

“Conte de Saint, non conosco le ragioni che vi hanno mosso ad affrontare una così ardua impresa. Siete sicuramente una persona coraggiosa, ma siate prudente.”

Aveva distolto lo sguardo Oscar. Sconfitta, si sentiva nuovamente sconfitta ed umiliata. Si era illusa che la sua rigida educazione militare bastasse a fare di lei un uomo. Ma ultimamente i fatti continuavano a smentirla. Per allentare la tensione e placare la rabbia volse le spalle ad ammirare l’icona dell’adorazione dei magi.

Monsieur Fabre si era allontanato: “Vi lascio soli signori, io non ho altro da aggiungere. Che Dio vi assista ...”

Grazie”, aveva risposto quasi atono André, stupito che Oscar non avesse replicato. Poi l’aveva raggiunta ed aveva preso la mano destra di Oscar, stringendola fra le sue.

Guarda André ...”, aveva sussurrato Oscar, senza distogliere lo sguardo dal dipinto. “La Vergine Maria mostra ai Magi suo figlio Gesù. Dietro di lei San Giuseppe veglia su di loro. Si vedono le colline, sullo sfondo, un paesaggio ignoto sotto un cielo cupo, le rovine di un tempio sono il loro unico riparo, ma la sacra famiglia è tutta raccolta qui, sulla sinistra del dipinto, uniti, vicini ...”

“Oscar...se ti succedesse qualcosa io...”

Si era voltata di scatto verso di lui. Gli occhi lucidi di lacrime.

“André, tu promettimi che non mi lascerai mai più, nemmeno per salvarmi!”.
 
* * *
 
Erano tornati in fretta alla nave, arrivando in tempo, un’ora prima del tramonto. Ma la Santo Stefano era in subbuglio.

Domenico Sestini era corso loro incontro appena li aveva visti.

“Eccovi di ritorno, meno male che siete tornati!”

Cosa succede, Monsieur Domenico?”, aveva domandato Oscar.

Il Capitano e l’abate Spallanzani sono spariti, cioè prima è sparita quella fanciulla, Lorenza, poi è tornato Lazzaro, cercando del Capitano Zane, poi sono spariti anche loro, da oltre tre ore ormai...” aveva risposto sempre più agitato Domenico Sestini.

Spiegate tutto dal principio, con calma, Domenico ...” aveva insistito André.

Va bene, va bene ...ecco. Il Capitano aveva ordinato alla ragazza di restare sulla nave, che non s’azzardasse a sbarcare, ma quella ha fatto di testa sua. Lazzaro ed io l’abbiamo vista, mentre si stava allontanando sul molo, correndo a testa china, riparandosi fra barili ed imballi per non farsi scorgere. L’abate ha voluto pedinarla. Dopo un’oretta è tornato trafelato, che era nei guai e si doveva salvarla...insomma ha convinto Zane a seguirlo con un paio di marinai...ma...ma non sono più tornati!”

Nel mentre zoppicando impacciato si era avvicinato Goerso.

Goerso ...cosa potrebbe essere successo?” aveva domandato André.

Non ne ho idea, ma se conosco Zane non tornerà a mani vuote, questo è sicuro. Teniamoci pronti a levar l’ancora e salpare a vele spiegate...”

Ma nel frattempo dobbiamo andare a cercarli .... André, prendi un paio di uomini armati e vieni con me”, era intervenuta determinata Oscar: “Goerso, a te il comando. Domenico, voi tenete tranquillo il resto della ciurma!”

La ricerca affannosa si era conclusa davanti alla moschea Visir Tzami.

Lì avevano trovato Zane che correndo portava in braccio Lorenza, priva di sensi, mentre l’abate Spallanzani procedeva più lento, claudicante e sorretto da un marinaio. Chiudeva la fila l’ultimo marinaio, una pistola in pugno a guardar le spalle.

Due uomini, che brandivano pesanti scimitarre, li stavano incalzando. Aveva sparato il marinaio. Ma la pistola si era inceppata.

Sguainate le spade Oscar e André ingaggiarono battaglia.

Portate tutti in salvo sulla nave”, urlò Oscar. “Qui, ci pensiamo noi!”

Ad André lei rivolse l’ultima occhiata.

Ad Oscar lui rivolse l’ultimo cenno d’assenso.
 
Tenevamo gli occhi fissi nel cielo, e mi pareva che le anime nostre si parlassero attraverso l'epidermide delle nostre mani e si abbracciassero nei nostri sguardi che s'incontravano nelle stelle. (*)

(*) (Giovanni Verga, Storia di una capinera)

 
  
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