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Autore: 0421_Lacie_Baskerville    04/02/2022    1 recensioni
"Deku si trovò a trattenere il fiato nella stretta navata carica dell’odore di fiori appassiti e cera sciolta. Nella luce danzante della fiammella gli occhi socchiusi di Kacchan erano pieni di ombre e la sua bocca si arricciò in un piccolo sorriso sghembo nel vedere che Izuku non indietreggiava. Sulle sue labbra era rimasta una lieve traccia di quel bacio e aveva il sapore di Kacchan."
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Halloween quest'anno, ha il gusto di una sfida di coraggio fra le ombre di un cimitero antico e la fioca luce dei ceri bruciati su un altare. È il profumo dolciastro dei fiori appassiti e il sapore di un bacio allungo desiderato…
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Ochako Uraraka, Shouto Todoroki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota Lacie : Dopo mesi che l'avevo data per finita questa storia mi è tornata in mente, insieme ai progetti che avevo fatto su di essa.

È vero che è nata principalmente come fiction festiva a tema Bakudeku, ma sarà che sono particolarmente sentimentale di questi giorni o che nel rileggerla il finale non mi soddisfava quanto un tempo ( ho davvero un brutto rapporto con i finali aperti. ), tanto sta che la mia mente ha iniziato a ribollire di nuove scene.

E non c'è stato modo di mandarle via, perciò qualunque sia la ragione mi è venuta voglia di proseguirla e ho buttato giù un nuovo capitolo (a cui ne seguiranno degli altri. Anche se prevedo sarà comunque una storia breve ). Ci saranno altre ship e altri pov tra cui forse uno di Uraraka e uno di Shouto oltre che il proseguo delle vicende di Izuku e Katsuki e non so ancora quanto sarà spinta, ma nel caso vi avviserò a inizio capitolo.

Detto ciò, per la lettura di questo capitolo vi consiglio l'ascolto della canzone citata qui sotto. Mi ha accompagnato e ispirato per tutta la stesura. Anzi, si può dire che è stata lei a influenzare questa ripresa della storia e vi metterà nel mood giusto.

A chi deciderà di leggere, come sempre, va tutta la mia riconoscenza. Non sono mai abbastanza brava a ringraziarvi.

Baci

Lacie.

 

 

 

It just doesn't rhyme, it's not how it should be

It's like dacing , dancing without music

Me whithout you and you whithout me

( Dancing without music, BRDGS )

 

Doveva essere l'idea peggiore che gli fosse mai venuta in mente in tutta la sua breve e monotona vita, si disse Izuku nell'avanzare lungo il corridoio buio del dormitorio con il cuore che batteva rapido in petto e le mani fredde che tremavano appena.

Nel silenzio della notte, ombre scure si rincorrevano sulle pareti rivestite di legno e sulle porte rigorosamente chiuse. D'altronde era passata da un pezzo la mezzanotte e la maggior parte dei suoi compagni dormiva già da ore, era solo lui che non ci riusciva e si aggirava per i corridoi come un'anima in pena. I suoi passi ovattati erano l'unico suono che animava l'immobile silenzio ombroso che avvolgeva l'intero dormitorio e accompagnava il battito rapido del suo cuore verso la sua meta.

Era una pessima idea che non avrebbe portato a nulla di buono, lo sapeva. Perfino peggiore di quella avuta da Ochaco e che aveva avuto come unico risultato di gettarlo in un baratro di insicurezze e confusione da cui non riusciva a riemergere e dentro cui continuava a rivoltarsi, senza tregua.

Si era infilato a letto che le prime luci del nuovo giorno filtravano dalle tende tirate e il cielo plumbeo si affacciava da uno spiraglio rimasto aperto, ma Izuku non era riuscito a prendere sonno perché Kacchan l'aveva baciato, l'aveva stretto contro il suo corpo e rubato il respiro dalle sue labbra umide, ma poi se n'era andato senza dirgli una parola.

Dietro le palpebre chiuse vedeva il bagliore caldo delle candele riflettersi nel rosso delle sue iridi. Il suo sguardo basso e la mano che schermava la fiamma danzante dall'aria gelida della notte. Vedeva il suo viso aprirsi in quel sorriso impudente che gli aveva curvato per un istante le labbra prima che la sua bocca si fondesse con quella di Izuku. Risentiva il misto del suo odore mescolato a quello dolciastro dei fiori morti e della cera sciolta riempiergli il petto come se fosse di nuovo lì e procurargli un dolore sordo al cuore.

Pareva così tangibile da poterlo toccare con la punta delle dita, lo sentiva sulle labbra che si schiudevano a inseguire un sogno, ma ogni volta lo risvegliava il ricordo di come dopo Kacchan non l'avesse degnato di una sola parola e se ne fosse andato con i suoi amici senza nemmeno voltarsi a guardarlo.

Non una parola, un gesto o anche solo uno sguardo gli aveva concesso Kacchan da quella sera e Izuku aveva preso a fingersi impegnato ogni volta che le loro strade si incrociavano, perché era più facile fingere che non facesse male se si comportava come se non fosse successo nulla d'importante.

Era più facile fingere che non passasse ogni notte e ogni risveglio a pensare al sapore delle sue labbra, a rabbrividire al suono della sua voce rauca e a ricordare il modo in cui gli aveva parlato davanti a quell'altare mentre si guardavano negli occhi.

Sembrava più facile, ma in realtà, nulla di tutto ciò lo era.

Non era facile ignorarlo come faceva lui, sforzarsi di ridere alle chiacchiere leggere degli amici e comportarsi come suo solito, mentre cercava di convincersi che non faceva così tanto male da non riuscire a smettere di pensarci.

Nel fermarsi davanti alla sua porta chiusa e bussare con mano tremante, Izuku sentì il cuore battere a un ritmo irregolare e rendere il suo respiro rapido e incerto. Era una pessima idea, ma non poteva più sopportare il pensiero che fosse successo proprio quello che aveva temuto e quel bacio finisse per scivolare in un nulla di fatto di cui non erano in grado di parlare.

Il silenzio risuonò del rintocco delle sue nocche contro il legno come un pendolo che batteva l'ora e dilatava il tempo nell'attesa che lui gli aprisse. Il cuore nel suo petto aveva preso a pompare ansia e inquietudine nelle vene, diffondendole per tutto il corpo e accentuando la tensione che gli irrigidiva i muscoli.

Era venuto così com'era, con la t-shirt e i pantaloncini sportivi con cui era solito dormire e un brivido gli corse lungo la pelle scoperta su cui il gelo della notte premeva. Le sopracciglia sottili si corrugarono sotto le onde disordinate dei suoi capelli e gli occhi verdi rimasero fissi su una porta che pareva intenzionata a tenerlo chiuso fuori ad aspettare una risposta che tardava ad arrivare.

Forse, Kacchan dormiva così profondamente da non averlo sentito, si disse mandando giù un groppo di tensione e imbarazzo e risollevando la mano per bussare con più forza. Ritentò con il cuore che batteva tanto forte da fare male e il rimbombo dei suoi colpi sul legno gli parve assordante quanto una sequenza di spari, tanto da fargli temere di svegliare chiunque in quel corridoio tranne l'unica persona che voleva vedere.

Un'imprecazione gli sfuggì dalle labbra nel non ricevere alcuna risposta che non fosse il silenzio pieno della notte. Si era preparato tutto un discorso nella sua camera da poter snocciolare quando se lo sarebbe trovato davanti, ma sussultò quando la porta si aprì di scatto e la voce rauca di Kacchan, velata di sonno e irritazione risuonò nell'aria, cogliendolo di sorpresa.

≪ Chi cazzo rompe le palle a quest'ora?! ≫ sbottò, affacciandosi sulla soglia con il viso imbronciato stropicciato per il sonno e i biondi capelli spettinati. Gli occhi rossi sotto le spesse sopracciglia aggrottate si posarono su di Izuku, facendo scaturire un brivido inquieto lungo la schiena tesa di quest'ultimo.

Tutte le cose che voleva dirgli, il discorso che si era accuratamente preparato e perfino la sua determinazione, svanirono dalla sua mente di colpo. La voce di Kacchan era bassa e strascicata nell'insinuarsi nel silenzio denso di ombre che era calato ad avvolgergli. ≪ Tu. ≫ disse come se quella parola contenesse tutto un discorso da cui lui fosse rimasto inevitabilmente chiuso fuori. ≪ Cosa ci fai qui? ≫ gli chiese, battendo due volte le palpebre come a metterlo a fuoco nella semioscurità.

Le labbra di Izuku si schiusero a vuoto nel tentativo di dargli una risposta coerente, ma nessuna parola gli venne in aiuto. Nell'incrociare quegli occhi velati di ombre scoprì che non era pronto ad affrontarlo, che tutte le cose che aveva pensato di dirgli sembravano una più sciocca dell'altra e che forse, la ragione per cui Kacchan non gli aveva detto niente era che non c'era proprio nulla di cui parlare.

Il silenzio che calò su entrambi gli parve avere lo spessore di un muro invalicabile. La luce soffusa di una lampada che filtrava dall'interno della camera di Katsuki, disegnava ombre scure sulla sua t-shirt nera, mettendo in risalto i muscoli delle braccia e delle spalle ampie. Bionde ciocche gli ombreggiavano il viso spigoloso, accentuandone l'espressione cupa e il candore della pelle su cui il rosso delle iridi risaltava.

Izuku restò a guardarlo senza riuscire a dire nulla, gli occhi verdi ombreggiati dalle lunghe ciglia scure e la bocca che tradiva qualcosa dell'amarezza che si sentiva dentro. Kacchan fu il primo a rompere quel silenzio imbarazzante con il graffiare ovattato della sua voce. ≪ Vuoi entrare? ≫

La domanda fece sussultare il cuore di Izuku in modo del tutto inaspettato, rinvigorendo la scintilla delle sue speranze. Si sentì fremere dentro nel vederlo farsi da parte per lasciarlo passare, la mano grande e ruvida che stringeva il legno della porta e qualcosa d'inafferrabile nel fondo dei suoi occhi scuri, intenti ad osservarlo.

Non era mai stato nella sua stanza prima e nel varcarne la soglia, la prima cosa che realizzò fu che era completamente diversa da quella che aveva avuto da bambino. Era arredata con un certo gusto e una prevalenza di colori chiari che ben poco aveva in comune con la camera dei suoi ricordi e di cui l'unico filo conduttore con il passato era un poster a edizione limitata di All Might, appeso alla parete.

Una batteria era stata incastrata in un angolo della stanza, così ben curata da riflettere la luce soffusa della lampada accanto al letto disfatto, e una libreria conteneva la collezione di manga di cui Kacchan non parlava mai con gli altri più qualche rivista di moto che lo sorprese, perché non avrebbe mai potuto immaginare potessero piacergli. C'era anche una poltrona dall'aria comoda che accoglieva un vecchio volume di Full Metal Alchemist che doveva aver riletto di recente.

Nell'osservare quel ambiente nuovo e famigliare allo stesso tempo, Izuku divorò i dettagli che lo componevano e che facevano parte del mondo da giovane adulto di Kacchan a cui lui aveva così scarso accesso.

Si concesse però solo pochi istanti per farlo, così da non insospettire il ragazzo alle sue spalle e fare la figura di un inquietante stalker. Prese un rapido respiro per cercare di calmare il battito accelerato del cuore e riprendere il controllo sui propri pensieri. ≪ M-mi dispiace averti svegliato. ≫ disse, posando lo sguardo sulle coperte gettate di lato e deglutendo a vuoto nel voltarsi a guardare Kacchan chiudere la porta con una spinta. ≪ È solo che h-ho davvero bisogno di parlare con te di una cosa e non potevo più aspettare. ≫

La sua figura alta e muscolosa si tese appena a quelle parole. Gli diede una stretta allo stomaco senza che riuscisse a capire perché. A volte era difficile perfino per lui capire cosa di quel ragazzo gli piacesse così tanto e perché fosse così difficile liberarsi dalle sensazioni che gli suscitava la sua presenza o la sua assenza. Altre, era fin troppo facile riuscirci e innamorarsene pareva la cosa più naturale del mondo.

In quel momento, pur non trovando le parole, sapeva che il suo cuore non avrebbe preso a battere a quel ritmo irregolare e le sue mani non gli avrebbero trasmesso quel pizzicore languido, se a guardarlo e parlargli fosse stato qualcun altro. Non gli avrebbe dato lo stesso brivido che avvertì correre lungo la spina dorsale ed esplodere alla base della nuca che gli dava lui, con la sua sola presenza.

≪ No, va bene. ≫ mormorò Katsuki, voltandosi a guardarlo con gli occhi rossi sfiorati dalla luce soffusa della lampada che dipingeva di oro bianco le ciocche bionde dei suoi capelli e conferiva qualcosa di mite all'espressione del suo viso. ≪ In realtà, anche io ho delle cose da dirti. Meglio farlo così che in un altro modo. ≫

Il suo cuore ebbe un piccolo sussulto nel sentirlo dire che voleva parlargli e una parte di lui iniziò a fremere, accesa dalla speranza che volesse dirgli le stesse cose che voleva dire anche lui. Gli occhi verdi si sollevarono a cercare d'incrociare i suoi, scintillando speranzosi. Immaginò come sarebbe stato coprire la distanza che gli divideva e allungare le mani per prendere le sue. Vedere quella bocca schiudersi per baciarlo e dirgli che aveva passato i giorni a fingere che non gli importava nell'illusione che facesse meno male.

Se si fosse avvicinato abbastanza da dover reclinare la testa per continuare a guardarlo, avrebbe provato imbarazzo o sarebbe stato naturale come lo era stato la prima volta?

La bocca gli si schiuse a liberare un sospiro teso, le mani abbandonate lungo i fianchi si strinsero a pugno nel tentativo di racimolare un po' della determinazione che l'aveva invaso davanti a quell'altare e aveva reso possibile baciarlo. ≪ K-Kacchan, dobbiamo parlare di quello che è successo durante la sfida. ≫ sussurrò e la voce gli tremò un poco nel ricordare il bagliore caldo delle fiammelle delle candele e l'odore dolciastro dei fiori morti e della cera sciolta.

Se chiudeva gli occhi poteva risentire il tocco rude delle labbra di lui sulle proprie. Il modo in cui aveva sorriso, con il rosso delle iridi accese di riflessi dorati e di ombre scure. Il respiro gli si ruppe sulle labbra in un verso strozzato e le guance presero a scottargli, velandosi di un tenue rossore. Era più difficile concentrarsi su ciò che voleva dire, se permetteva ai ricordi di distrarlo. ≪ Davanti a quell'altare, tu... io... dobbiamo parlare di cosa ha significato. ≫

La voce gli morì sulle labbra umide, gli occhi verdi si sollevarono a guardare il ragazzo che indugiava accanto alla porta con entrambe le mani sprofondate nelle tasche dei pantaloni del pigiama e un'espressione seriosa sul viso spigoloso. ≪ Deku... ≫ lo chiamò piano e il suo soprannome sulle sue labbra aveva un suono strano che gli fece stringere un nodo alla bocca dello stomaco. ≪ Non ha significato proprio niente quello che è successo. ≫

In un istante, Izuku avvertì il respiro morirgli sulle labbra e il cuore sprofondargli nel petto insieme a tutte le sue speranze e gran parte dei suoi dubbi. ≪ N-niente? ≫ ripeté con un filo di voce, così piano che lui stesso faticò a sentirsi. Katsuki annuì, le mani sprofondate nelle tasche dei pantaloni grigi e un'espressione indecifrabile sul bel volto che gli impediva di comprendere i suoi pensieri. ≪ È stato solo un momento nel mezzo di una stupida sfida in una stupida notte. Non c'era bisogno di rimuginarci tanto sopra, non credi? ≫

Izuku non rispose. Gli sembrò di essere stato spinto all'interno di un oceano gelido e venir travolto da onde spumeggianti che lo spingevano sempre più affondo, riempiendogli le orecchie e la bocca di acqua amara che rendeva i suoi sensi inutili. ≪ Niente. ≫ ripeté e per un attimo, si chiese se non avesse sentito male o se il nervosismo non stesse giocando qualche brutto scherzo alla sua mente, ma la voce rauca di Kacchan risuonava nella stanza bassa e nitida, appena meno graffiante del solito, e impossibile da fraintendere.

≪ Eppure, me lo sentivo che ti stavi ad angosciare per questa cosa. Conoscendoti era prevedibile. ≫ commentò, scuotendo appena la testa bionda con gli occhi rossi fissi in un punto nel vuoto e la bocca arricciata in una smorfia. Ogni traccia di sonno era svanita dal suo viso mentre diceva. ≪ Puoi smettere di pensarci. Non è successo niente. Ti sei spaventato per quella stupida sfida e... ≫

≪ Non è così ≫

La voce di Izuku risuonò all'interno della stanza forte e chiara, più acuta di quanto non volesse. Katsuki sussultò leggermente, sorpreso dalla foga con cui pronunciò quelle parole.

Le mani che aveva stretto lungo i fianchi risaldarono la presa fino a far guizzare una scintilla di dolore lungo gli arti tesi, ma stavolta non si trattava solo di racimolare il coraggio per farsi avanti. Aveva il terrore di ciò che lui stava dicendo e che Izuku non voleva ascoltare. ≪ Non c'è bisogno di rimuginarci sopra? ≫ ripeté con un tremito sulle labbra umide e gli occhi verdi che cercavano disperatamente di incrociare quelli di lui. ≪ Stai scherzando, vero? Io... io... ci ho pensato per tutto questo tempo. ≫

Ogni notte da quando era successo aveva chiuso gli occhi e rivissuto quel momento e lui gli veniva a dire che non aveva significato niente? Impossibile. Il trasporto con cui l'aveva baciato non poteva essere simulato e tanto meno lo sguardo nei suoi occhi quando gli aveva sorriso.

Izuku era certo di non essersi immaginato nulla di quella sera, nemmeno l'imbarazzo che era calato su di loro mentre vagavano fra le tombe e che aveva reso difficile iniziare un qualsiasi discorso. Ma Kacchan era una figura statuaria avvolta in un gioco di bagliori dorati e ombre scure che lo guardava con un'iride sfiorata dalla luce della lampada e l'altra inghiottita dalle ombre, senza lasciar trasparire nulla dei suoi pensieri.

Izuku dovette aggrapparsi alle sue convinzioni con tutto sé stesso per non cedere a quello sguardo impenetrabile.

≪ Non ho fatto altro che pensarci. ≫ ammise, muovendo un passo verso di lui e accorciando la distanza che gli divideva, con il respiro che sfuggiva rapido dalle labbra tremanti e gli occhi verdi fissi nel rosso di quelle iridi impenetrabili. ≪ Non hai idea di quanto ci abbia sperato. Di quanto l'abbia desiderato... N-non puoi dirmi che non ha significato niente. So che non è così. ≫

I pugni lungo i fianchi tremarono nello stringersi fino a conficcare le corte unghie nei palmi freddi mentre la sua voce si spegneva nel silenzio ovattato della notte. L'aria era fredda e una lama di luce lunare filtrava dalle tende lasciate scostate per riversarsi sul parquet lucido fino a sfiorare i piedi di Izuku.

L'espressione sul viso di Kacchan sembrava scolpita nel granito tanto era impenetrabile. Troppo tesa e silenziosa, per non nutrire la sua inquietudine. Lo guardò in silenzio, le ampie spalle rigide che tradivano una certa tensione e gli occhi socchiusi fissi in quelli spalancati di Izuku, dentro cui si riflettevano tutta la profondità delle sue emozioni. ≪ Kacchan... ≫ sussurrò con un filo incerto di voce che tradiva il timore che gli stava crescendo dentro davanti al protrarsi dei suoi silenzi. ≪ Ti prego, dimmi che non mi sono immaginato ogni cosa. ≫

Katsuki non rispose subito. Distolse lo sguardo dal suo, gli occhi rossi ammantati di ombre e la bocca voluttuosa atteggiata in un cipiglio cupo che gli induriva i tratti del viso. Pure senza il costume da licantropo, Izuku poteva cogliere qualcosa di lupesco nel modo in cui quelle iridi penetranti scattarono a guardarlo con la coda dell'occhio e le spalle muscolose guizzarono sotto il tessuto scuro della t-shirt.

≪ Io non ho provato niente. ≫ disse con tono brusco e una freddezza tale nella voce rauca che Izuku sentì le sue parole penetrargli nello sterno come lame e sprofondare nella sua carne, aprendo squarci sanguinanti. Gli occhi verdi si fissarono nel rosso di quelle iridi coronate di ciglia pallide e ombre scure, senza riuscire a credere a quello che gli aveva appena sentito dire. ≪ T-tu non hai provato niente? ≫ ripeté con voce soffocata e un senso di gelo ad attanagliargli il petto e salire a gremirgli la gola.

Un verso strozzato sfuggì dalle labbra contratte del ragazzo davanti a lui, le spalle si strinsero sotto il tessuto nero della t-shirt e il biondo dei suoi capelli parve ammantarsi di oro liquido nelle ombre della notte. ≪ Non fraintendermi, Deku, non ti attaccherei mai perché sei attratto dai ragazzi. ≫ gli disse e la sua voce rauca risuonò nella stanza piena di ombre stranamente calma e profonda, un mare quieto che celava un intero mondo sottomarino a cui non c'era accesso. ≪ Ma quel bacio non ha significato niente per me e non cambia le cose fra noi. ≫

Izuku sentì qualcosa nel suo petto rompersi, immaginò che fosse il suono del suo cuore che cadeva in frantumi ai loro piedi nel prendere atto che era stata tutta una sua illusione. Quel bacio non aveva significato niente per Kacchan per questo ignorarlo nel passargli accanto, fingere che lui non fosse presente nella stessa stanza in cui si trovava, non era mai stato difficile per lui. Non gli aveva fatto male quanto ne aveva fatto a lui, perché non aveva mai significato abbastanza per poterlo ferire.

Lo realizzò in un attimo e desiderò non essersi mai alzato dal letto per andare a parlargli. Non voleva piangere davanti a lui, ma non riuscì a frenare le lacrime che salirono a pungergli gli occhi verdi e a sporcargli la voce con il loro sapore amaro. ≪ N-non può essere vero. Tu mi hai baciato, Kacchan! ≫ gridò e la sua voce arrocchita rimbalzò fra le pareti in penombra della stanza mentre le mani si serravano con più forza lungo i fianchi. ≪ Cosa vuol dire che non hai provato niente?! Non prenderti gioco di me su una cosa così seria. Tu mi hai baciato. ≫

≪ Era quello che palesemente volevi fare. ≫ rispose Katsuki e nella calma disinteressata che aveva sfoggiato fino a quel momento s'insinuò un poco della sua solita irascibilità. I tratti del suo viso si indurirono mentre la bocca sprezzante si contraeva in una smorfia. Sotto le spesse sopracciglia aggrottate, gli occhi rossi baluginarono cupi. ≪ Che fosse per ingelosire qualcun altro o per... ≫

≪ Non sto tentando di ingelosire proprio nessuno! ≫ sbottò Izuku, sovrastando la sua voce con la propria e liberando un singhiozzo rotto che si infranse sulle sue labbra tremanti. Gli occhi rossi baluginarono cupi sotto le sopracciglia bionde nel sollevarsi a incrociare quelli lucidi e feriti di Izuku che si morse il labbro per fermarne il tremito.

≪ Come ti pare, non fa differenza. ≫ replicò Katsuki brusco e un'ombra calò a oscurargli il viso e indurire la piega della bocca. Sotto lo sguardo di quegli occhi di brace che lo fissavano senza lasciargli alcun appiglio, una lacrima sfuggì e cadde a rigare il viso di Izuku.

Il respiro gli si ruppe sulle labbra senza che trovasse le parole per rispondergli. Infondo, avrebbe dovuto sapere che sarebbe finita così. Essere innamorato di lui era sempre stata una danza solitaria. Era come ballare da solo al centro di una sala da ballo senza alcuna musica a guidarlo con solo la vista della sua immagine distante che non lo fissava mai e non gli veniva mai incontro.

Non era mai stato facile, ma non era nemmeno una cosa su cui avesse un reale controllo. Nel momento in cui le loro bocche si erano scontrate però gli era quasi sembrata tangibile la possibilità di poter ballare insieme, quella melodia senza musica, anche senza una coreografia da seguire o un posto in cui farlo.

Sarebbe andato bene tutto, invece nel vederlo schiudere le labbra e sospirare, le lunghe dita da musicista che s'infilavano nelle ciocche scarmigliate dei suoi biondi capelli spingendoli indietro, capì quanto si fosse sbagliato. Quanto affondo ci avesse sperato, tanto da illudersi che per una volta la realtà l'avrebbe accontentato.

≪ Cazzo, Deku non guardarmi così. ≫ mormorò Katsuki scontento, tirando le bionde ciocche scarmigliate e storcendo la bocca in una smorfia. Gli occhi rossi vagarono per la stanza prima di tornare su di lui. ≪ Non renderlo più difficile di quanto non sia. ≫

Il suono graffiante della sua voce gli ferì le orecchie, facendolo tremare. In tanti anni che lo conosceva, non gli aveva mai procurato un dolore così profondo come quello che si sentiva pulsare nel petto in quel momento, nel realizzare che su quella pista da ballo, Kacchan non si era mai presentato. Era stato lui a continuare a ballare da solo, a ricercarlo e a desiderarlo, mentre Kacchan non aveva mai provato nulla.

La rabbia gli montò dentro come una tempesta improvvisa, rendendo il suo respiro rapido e la voce acuta. ≪ Sei uno stronzo! ≫ sbottò, scagliandosi contro il suo petto e spintonandolo. ≪ Mi stai dicendo che mi sono immaginato tutto?! Che non significava nulla?! ≫

Katsuki barcollò indietro, le labbra strette in una linea sottile e gli occhi rossi celati solo un velo di capelli biondi. Non provò nemmeno a fermarlo, afferrandogli il polso con la mano e chiamandolo per nome. Izuku urlò, onde scure gli caddero sugli occhi verdi bagnati di lacrime e solcarono le guance arrossate. Tirò via il braccio di scatto, come se il contatto con la sua pelle potesse scottarlo e procurargli più dolore di quanto già non ne provasse. ≪ Stai zitto, zitto. Non voglio ascoltarti. ≫ sibilò, cercando di passargli accanto e imboccare la porta chiusa, ma le mani di Katsuki lo spinsero indietro facendolo incespicare sui piedi nudi.

≪ Ti sto dicendo che la tua è solo una fantasia e che faresti meglio a lasciartela alle spalle. ≫ sbottò Katsuki e sul suo viso sfiorato dalla luce soffusa della lampada, gli occhi rossi baluginarono cupi. ≪ Non c'è nulla di male se ti piacciono i ragazzi, Deku, ma non sono io il ragazzo che ti deve piacere. ≫

Il viso di Kacchan tradiva una calma che raramente gli aveva visto esternare, per quanto cupa. I suoi occhi sormontati da ciglia pallide non lasciavano intravedere nemmeno l'ombra dei suoi pensieri. A Izuku non era mai parso più lontano e irraggiungibile di così, totalmente distaccato dal bambino dagli occhi caldi e dal sorriso astuto che gli era cresciuta accanto.

Non c'era nulla del calore del suo sguardo, della calda forza delle sue mani che considerava così rassicurante quando erano bambini da sciogliergli il cuore. Non c'era nulla del ragazzo rude che poteva sempre trovare al suo fianco quando vacillava e che l'avrebbe preso per mano se si fosse spaventato. Nel gioco di ombre e luci che bordavano la sua figura, Izuku indietreggiò scuotendo la testa.

≪ Chi sei tu per decidere chi può piacermi e chi no? ≫ sussurrò con una punta di risentimento nella voce bassa e un brivido inquieto gli corse lungo la spina dorsale nel percepire l'amaro che quelle parole gli lasciavano sulla lingua. Riccioli scuri caddero a sfiorargli gli occhi pieni di ombre, la voce di Katsuki strisciò nel silenzio della sua camera come un sussurro arrocchito da emozioni che Izuku non comprendeva e a cui non sapeva dare un nome. ≪ Non è nemmeno una cosa che puoi decidere da solo. ≫ disse, stringendo i pugni lungo i fianchi e fissandolo con occhi che la notte dipingeva di nero pece. ≪ Non puoi costringermi a ricambiarti o ad assecondare i tuoi desideri. Sei libero di pensarla come vuoi, ma io sono libero di rifiutarmi. Non sono la persona giusta per te. ≫

La bocca di Izuku tremò nell'arricciarsi in una smorfia amara. C'erano centinaia di cose che avrebbe voluto dirgli, ma sotto quegli occhi rossi che lo guardavano senza vederlo davvero, Izuku scoprì di non avere voce. Non davanti il granitico rifiuto di lui o alle sue parole che non gli lasciavano alcun margine per sperare.

Un verso strozzato sfuggì dalle sue labbra e si infranse nel silenzio della stanza, lacrime salate caddero a rigargli le guance lentigginose nel sentire fiorire dentro di sé un sentimento di sconfitta. Avrebbe dovuto saperlo che sarebbe finita così e si rimproverò da solo per aver osato sperare in qualcosa di diverso. Si diresse a passo rapido verso la porta della camera a capo chino, cercando di impedirgli di vederlo piangere per lui e risparmiare a sé stesso almeno quella umiliazioni.

≪ È la cosa migliore Deku. ≫ La voce di Katsuki, soffocata e rauca, lo raggiunse mentre abbassava la maniglia e apriva uno spiraglio nel corridoio silenzioso. A Izuku parve che le sue parole fossero pugni che gli colpivano il petto, lasciandogli lividi addosso che non sarebbero guariti in breve tempo. ≪ Infondo, lo sai anche tu. Non sono la persona giusta per te. ≫

Izuku non rispose nel chiudersi la porta alle spalle con la gentilezza che lo caratterizzava da sempre e Katsuki rimase immobile ad ascoltarlo allontanarsi. Non riusciva a respirare bene. C'era qualcosa nel suo petto che sembrava voler schiacciare i polmoni fino a soffocarlo. Barcollò verso la poltrona e si lasciò cadere sopra con un sospiro.

Era fatta ed era la cosa migliore per entrambi.

Nello sprofondare fra i cuscini morbidi e rivolgere lo sguardo al soffitto, si chiese come mai si sentisse tanto idiota se quello che aveva appena fatto era la cosa giusta.

≪ Sono un'idiota. ≫ sussurrò alle ombre della notte con un sorriso tirato e interpretò il silenzio che seguì come una conferma del cosmo alla sua affermazione. Sentì il bisogno di riequilibrare subito la cosa per renderla più accettabile con sé stesso. ≪ Un'idiota, si. Ma che ha fatto la cosa giusta. ≫

 

   
 
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