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Autore: Ghost Writer TNCS    05/02/2022    2 recensioni
Da sempre le persone hanno vissuto sotto il controllo degli dei. La teocrazia del Clero è sempre stata l’unica forma di governo possibile, l’unica concepibile, eppure qualcosa sta cambiando. Nel continente meridionale, alcuni eretici hanno cominciato a ribellarsi agli dei e a cercare la verità nascosta tra le incongruenze della dottrina.
Nel frattempo, nel continente settentrionale qualcun altro sta pianificando la sua mossa. Qualcuno mosso dalla vendetta, ma anche dalla volontà di costruire un mondo migliore. Un mondo dove le persone sono libere di costruire il proprio destino, senza bisogno di affidarsi ai capricci degli dei.
E chi meglio di lui per guidare i popoli verso un futuro di prosperità e progresso? Chi meglio di Havard, figlio di Hel, e nuovo dio della morte?
Questo racconto è il seguito di AoE - 1 - Eresia e riprende alcuni eventi principali di HoJ - 1 - La frontiera perduta.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '1° arco narrativo'
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7. Lealtà

«Non pagheremo tributi a questi ladri» dichiarò Morzû.

«E noi non rinunceremo alla nostra libertà per servire questa feccia» ribatté l’oni.

Havard sapeva che sarebbe stato inutile arrabbiarsi per la testardaggine dei due orchi, ma non poteva nemmeno starsene a guardare: i due leader non sarebbero mai riusciti ad accordarsi senza il suo intervento.

«Silenzio! Farete come ho deciso, sono stato chiaro? Se non lo farete, troverò qualcun altro che prenda il vostro posto.» Il figlio di Hel era il più basso dei tre, ma sapeva bene come far valere la sua autorità. «Come ho già detto, vi ritengo dei buoni leader, ma sappiate che nessuno è intoccabile nel mio regno: tutti sono importanti, ma nessuno è fondamentale.»

«Nessuno a parte te, immagino» obiettò il capo dei nomadi.

La presenza di Havard divenne, se possibile, ancora più imponente. «Sono il nuovo dio della morte. Sono superiore a tutti voi. Ma nemmeno io posso realizzare il mio sogno da solo. Non posso creare un mondo migliore per tutti, se il mondo non mi segue.»

I due leader rimasero un momento in silenzio.

«Ma come possiamo fidarci di questi predoni?» volle sapere Morzû. «Come possiamo essere sicuri che faranno la loro parte e che non ci tradiranno alla prima occasione?»

«Vale lo stesso per voi» sottolineò il nomade.

Questa volta fu Havard ad aspettare un momento prima di parlare. Annuì.

«Capisco il vostro scetticismo: siete stati nemici dai tempi dei vostri antenati. Ma dovete capire che adesso le cose sono cambiate: non siete più due tribù in competizione; siete tutti parte dello stesso regno. Il mio regno. E vi assicuro che chiunque mi tradisca verrà trattato al pari dei miei nemici, se non peggio. Sono il nuovo dio della morte e presto o tardi tutto il mondo sarò sotto il mio dominio: nessuno sfuggirà al mio giudizio.»

Questa volta i due leader non trovarono alcuna argomentazione per obiettare. Attualmente il dio della morte era Nergal, ma Havard era lì davanti a loro e sembrava davvero in grado di tenere fede alla sua parola.

«D’accordo» annuì Morzû. «Forniremo a questi predoni…»

«Nomadi» lo corresse il pallido.

«A questi nomadi ciò di cui hanno bisogno. Ma solo lo stretto necessario.»

«E noi cavalcheremo per te» affermò l’oni rivolto ad Havard. «Ma per te, non per loro.»

«Bene, siamo riusciti a trovare un accordo» dichiarò il figlio di Hel. «Ora possiamo metterci al lavoro.»

«Endo, siamo pronti?»

Il capo dei nomadi annuì. «Possiamo partire.»

Erano passati appena un paio di giorni dall’entrata della tribù nel regno di Havard, ma il figlio di Hel era impaziente di proseguire.

Il suo prossimo obiettivo era raggiungere il centro abitato di Ganshada, non molto distante da Bakhmiŝ, ma nettamente più grande e fiorente. La sua principale fonte di ricchezza erano le miniere di pietra e ferro: due elementi fondamentali per alimentare ulteriormente lo sviluppo del regno.

Per convincere gli abitanti a fidarsi di lui e iniziare una rotta commerciale, il pallido aveva deciso di portare con sé una dozzina di monoceratopi da usare come merce di scambio. Ovviamente gli allevatori non erano stati entusiasti di cedere il loro prezioso bestiame agli ex predoni – il cui punto di forza erano proprio gli attacchi su monoceratopi – ma il figlio di Hel era riuscito a convincere i più e a mettere a tacere il più testardo di loro. In ogni caso lo stesso Havard avrebbe partecipato alla spedizione, quindi poteva garantire in prima persona che i nomadi non sarebbero fuggiti con gli animali.

Il figlio di Hel salì in groppa al suo drago e ordinò al branco di ordogue di mettersi in marcia insieme alla tribù. Questa volta Nambera non sarebbe venuta con lui: il suo compito era di restare a Bakhmiŝ e assicurarsi che tutto procedesse per il meglio fino al suo ritorno.

Ci vollero pochi giorni di viaggio per raggiungere Ganshada, situato a nord di Bakhmiŝ e in un’area più montuosa. Al contrario di Bakhmiŝ, le miniere di pietra avevano permesso agli abitanti di costruire delle vere e proprie mura, abbastanza alte da proteggerli dalla maggior parte dei banditi.

“Non sarà facile entrare lì con la forza” lo aveva ammonito Endo prima della partenza.

Ma Havard non si era scomposto: “Non ci sarà bisogno di combattere, saranno loro ad aprirci le porte.”

E se anche il figlio di Hel si fosse sbagliato, nessuna muraglia sarebbe stata abbastanza alta da fermare il suo giovane drago.

Gli abitanti di Ganshada li videro arrivare da lontano e le campane d’allarme si sollevarono dalla piccola e industriosa cittadina. Quando i guerrieri nomadi raggiunsero le mura, gli abitanti si erano già barricati dentro.

Il pallido atterrò davanti al portone principale con il suo drago, attirando su di sé l’attenzione dei difensori.

«Sono Havard, figlio di Hel e nuovo dio della morte» si presentò. «Sono venuto per portare prosperità e progresso. Unitevi al mio regno, e diventerete una città ancora più ricca e fiorente!»

«Taci, eretico!» gli gridò qualcuno dalle mura. «Nergal è l’unico vero dio della morte!»

«Nergal è solo un rimpiazzo inadeguato di mia madre!» ribatté il pallido. «Gli altri dei l’hanno messo lì per i loro stupidi giochi di potere!»

«Non accetterò altre bestemmie da te, eretico!» gridò un altro. Al contrario degli altri guerrieri, indossava un’armatura a pezzi di ferro, quindi forse era il loro capo. «Uccidetelo! E uccidete anche quei predoni!»

Il portone cominciò lentamente ad aprirsi ed Endo ne approfittò per affiancarsi al pallido.

«Fai allontanare i guerrieri» gli ordinò il figlio di Hel. «Io mi occupo di loro, voi pensate a difendervi.»

L’oni annuì e tornò dai suoi per riferire gli ordini. Il resto della tribù era a distanza di sicurezza, quindi gli abitanti di Ganshada non sarebbero arrivati fino a loro in ogni caso. Con Havard rimasero solo gli ordogue e il drago, che ringhiarono e ruggirono contro i nemici alla carica.

Gli orchi erano quasi tutti a piedi, ma ce n’era anche una manciata a cavallo di monoceratopi: Havard doveva occuparsi innanzitutto di questi ultimi.

Puntò il suo bastone e scatenò una raffica di incantesimi di ghiaccio. I bersagli colpiti vennero coperti di cristalli diafani e i loro movimenti rallentarono significativamente. Havard avrebbe potuto fare di peggio, ma non intendeva uccidere i suoi futuri guerrieri.

Nel frattempo dal portone principale continuavano a uscire orchi armati, tanto che ormai ce n’erano più di un centinaio. Il figlio di Hel era sicuro dei suoi mezzi, ma non poteva abbassare la guardia.

Scatenò un’onda di magia con cui sbaragliò la prima linea nemica, scaraventandola a terra con violenza. Il suo drago sputò una vampata e gli ordogue si misero in formazione compatta, mostrando le zanne aguzze. Questo bastò a rallentare per un attimo l’assalto e diede ad Havard il tempo di individuare il leader nemico: la sua armatura lo rendeva facilmente riconoscibile, inoltre cavalcava un monoceratopo particolarmente robusto che lo faceva risaltare rispetto a tutti gli altri guerrieri.

Senza pensarci due volte il figlio di Hel saltò in groppa al suo drago e gli diede l’ordine di scattare. L’animale si tuffò in avanti, sbaragliando i nemici grazie alla sua mole e agli incantesimi del suo cavaliere.

Con una spazzata di coda lanciò via una mezza dozzina di orchi e finalmente Havard si trovò faccia a faccia con il capo dei difensori. Lanciò un incantesimo di ghiaccio e l’impatto disarcionò il robusto orco.

Il figlio di Hel scese dal suo drago e avanzò verso il nemico. Gli altri orchi rimasero in attesa: in parte intimoriti dalla forza del pallido, in parte dal drago, e in parte decisi a concedergli il duello con il loro capo.

Il capo dei guerrieri di Ganshada si rialzò e strinse la presa sul suo spadone di ferro. Era grosso almeno quanto Morzû, forse di più, e la sua pelle verde scuro aveva una tonalità che lo avvicinava al blu.

«Mi vuoi sfidare, pallido?»

«Solo se rifiuti di seguirmi.»

«Allora preparati a morire!»

Il verde sollevò lo spadone e abbatté un tondo rapidissimo. Havard, sorpreso dalla rapidità, dovette sbrigarsi a creare una barriera.

Tese la mano verso di lui, deciso ad afferrargli l’anima, ma il guerriero stava già attaccando di nuovo. Il figlio di Hel dovette saltare all’indietro, e solo grazie alla magia riuscì a guadagnare una distanza sufficiente.

«Dicevi di essere un dio» gli rammentò il guerriero. «A me sembri solo un codardo!»

Di nuovo il pallido provò ad afferragli l’anima, ma di nuovo il suo avversario si dimostrò estremamente rapido. Con ogni probabilità era la benedizione di un dio a renderlo così veloce.

Il figlio di Hel indietreggiò ancora, e le urla intorno a lui crebbero di intensità: si stava dimostrando debole. Non poteva permetterlo!

Lanciò un altro incantesimo e il guerriero venne preso in pieno. La sua armatura cominciò a corrodersi e la sua carne a putrefarsi.

Il verde urlò di dolore e sorpresa. «Cosa mi hai fatto?! Cosa stai facendo?!»

Sollevò lo spadone, ma Havard colpì anch’esso con la sua magia. L’arma, tutta arrugginita, impattò sullo scudo del pallido e si spezzò in due.

Il guerriero, incredulo, osservò ciò che restava della sua arma. Questo diede al figlio di Hel il tempo di fare la sua mossa: allungò la mano e gli afferrò l’anima, tirandola a sé come aveva fatto in passato.

Il possente guerriero cadde in ginocchio, completamente alla sua mercé.

«Questo è il mio potere!» sentenziò Havard nell’improvviso silenzio. «Il potere del figlio di Hel!»

Un grido si sollevò dalla folla intorno a lui: «Non tradiremo mai gli dei!»

I guerrieri risposero in coro e alcuni di loro impugnarono delle bacchette. Havard ebbe appena il tempo di accorgersene che una raffica di incantesimi lo investì da ogni direzione.


Note dell’autore

Ehilà!

Havard è riuscito a convincere Morzû ed Endo a collaborare, anche se forse è più corretto dire che entrambi hanno accettato di servire il pallido ^.^"

Ora che può contare sull’aiuto dei nomadi, il figlio di Hel si è diretto verso una piccola città per assicurarsi delle riserve di pietra e ferro. Ma ovviamente gli abitanti non hanno apprezzato le sue richieste, e Havard è dovuto passare alle maniere forti. Da notare che il pallido ha deciso di affrontarli da solo, tenendo con sé solo gli ordogue e il drago: di certo non intende mettere in pericolo i nomadi, proprio ora che li ha convinti a schierarsi dalla sua parte.

Riuscirà il figlio di Hel a fronteggiare tutti i nemici da solo? Lo scopriremo nel prossimo capitolo ;D

A presto ^.^


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