Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
Segui la storia  |       
Autore: coldcatepf98    05/02/2022    1 recensioni
Dopo che Historia decide di rivelare la sua vera identità, Erwin, indagando sulla faccenda, teme delle ritorsioni dal corpo di gendarmeria. Chiede quindi appoggio al comandante Pyxis, ma questo, non potendosi basare su fatti certi, concede al corpo di ricerca uno dei suoi soldati-spia che ha tenuto per sé gelosamente fino a quel momento: Siri, anche detta "il geco".
L'aiuto di Siri sarà fin da subito fondamentale per il corpo di ricerca, già provato dalle perdite dell'ultima spedizione, che avrà bisogno di un aiuto per affrontare il nuovo nemico: gli esseri umani.
Tuttavia Siri è una mercenaria, e non viene vista bene dagli altri soldati del corpo di ricerca, soprattutto dal capitano Levi che si mostra subito diffidente verso la ragazza sfacciata. Presto, però, si renderà conto che Siri non è quella che sembra.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Hanji Zoe, Levi Ackerman, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 11 – Un pezzetto di me

 
- Eren, tu verrai con me e Siri. Non possiamo lasciarti solo.
- Capitano, so difendermi da solo perfettamente! Mi lasci andare con gli altri!
- Ma se ogni volta dobbiamo buttarci a capofitto a salvarti o coprirti le spalle per qualche tua bravata! – sbottò Jean.
Siri assisteva esasperata alla scenetta; in attesa di poter inserirsi ed illustrare meglio il piano, guardò Levi che invece sembrava perfettamente abituato a quanto stava accadendo, perché, con le braccia incrociate, si era seduto pesantemente sulla sedia e osservava in silenzio.
- Brutta faccia da cavallo… - sibilò Eren, coperto dalla voce di Mikasa che si era inserita nel discorso chiedendo al capitano di permetterle di andare con loro. In realtà nonostante questo tutti riuscirono a sentire Eren chiaramente.
- No Mikasa. Sei la più forte tra tutti loro e visto che né io né Siri saremo con voi, tu dovrai aiutarli.
- Non farmi fare brutte figure davanti al capitano brutto pazzo suicida…
Armin stava cercando di placarli a parole quando Siri batté forte il palmo della mano tre volte sul tavolo, facendo trasalire e, soprattutto, tacere tutti i presenti.
- Ecco cosa sento nella mia testa ogni volta che parlate e dite stupidaggini.
Levi in quel momento si sentì sollevato di avere almeno un altro adulto a capo di quei soldati irrequieti e pubescenti, finalmente la fatica era divisa equamente.
- Mikasa ed Eren: non si discute, credevo fossimo stati chiari. Eren è l’unico tra voi che se ferito può sopravvivere, sono un bravo medico ma non faccio miracoli. – Eren e Mikasa abbassarono lo sguardo – Quindi, voi altri arriverete prima alla città sotterranea, smontate i fucili nel carro e nascondete i pezzi nei vestiti, mi raccomando. – si alzò, facendosi peso sul tavolo e indicò una zona sulla piantina della città sotterranea – Rimarrete ad aspettarci sui tetti degli edifici in questa zona qui, appena ci vedrete arrivare, dovrete seguirci, senza farvi notare, chiaramente. – alzò lo sguardo e lo posò prima su Connie e poi su Sasha. Tornò a guardare la mappa.
- In una parola: discrezione.
- Ma l’abbiamo appena iniziata quella lezione! – disse Sasha con la guancia poggiata sul dorso della mano. Tutti si voltarono a guardarla, lo sguardo di Siri avrebbe potuto incenerirla all’istante: si limitò a sospirare e continuò: - Se tutto procede senza intoppi, e io lo dubito fortemente, arriveremo alla locanda di cui vi parlavo. Se invece qualcosa va storto e ci fermano… chi sono i più abili a sparare tra voi?
Levi e Siri erano d’accordo sul fatto che, probabilmente, far indicare a loro stessi i più abili avrebbe potuto facilitare la scelta su chi sarebbe andato a chiamare la gendarmeria, e su chi quindi avrebbe evitato lo scontro.
- A parte Mikasa. – aggiunse subito dopo.
- Sasha è molto brava. – disse Connie – Gli altri sono decisamente più bravi rispetto a me, non me la cavo bene a mirare.
- È vero. – confermò Jean – Una qualità di Connie è la velocità, non certo la mira.
- È deciso allora. – disse Levi – Connie tu andrai a chiamare la gendarmeria, voi altri mirate ai piedi, a fargli perdere i sensi ce ne occuperemo noi.
- Con i gendarmi nelle vicinanze, per un’oretta o due avremo il campo totalmente libero e potremo effettivamente passare inosservati. Non disponetevi tutti su un lato – si raccomandò Siri – è molto probabile che ci accerchino; quindi, se vi metterete solo da un lato potrete colpire solo una parte di loro.
- Non possiamo essere semplicemente scortati dal corpo di gendarmeria? O entrare in divisa? – disse Jean.
- Cosa non ti è chiaro della parola discrezione? – disse Siri sarcastica.
- Beh, mi è chiara, è solo che sarebbe più-
- Più semplice? – Siri ridacchiò – La vostra ingenuità è impagabile.
- I forestieri sono l’obiettivo numero uno dei criminali nella città sotterranea, lo sono ancora di più soldati giovani e inesperti, a cui sottrarre i dispositivi di manovra è molto più semplice del normale – completò Levi per la via vice.
- Un solo colpo alle gambe. – Siri guardò i compagni di squadra ed infine si concentrò su Mikasa – Poi potrete aiutarci.
 
Marcus fece per tirare un pugno in piena faccia a Siri, ma lei, abbassandosi, lo schivò e in un lampo, con un fendente lo tagliò proprio in corrispondenza dell’ascella. Poi, con un calcio sullo stinco, lo fece capitolare in avanti. Gli uomini ai lati che si erano lanciati su di loro furono raggiunti dagli spari della squadra appostata sui tetti, l’ala alla destra di Siri, tuttavia, era rimasta scoperta. La spia alzò lo sguardo sul tetto e vide un Jean impacciato, che evidentemente non aveva montato bene il suo fucile. Prima che un uomo le arrivasse addosso con tutta la forza, lanciò un pugnale che lo trafisse dritto nell’occhio, facendolo urlare di dolore.
Dietro di lei, Levi ed Eren invece trovarono una situazione decisamente più avvantaggiata: buona parte dei loro nemici erano stati raggiunti dai colpi di Sasha e Armin, che coprivano le fasce posteriori rispettivamente a destra e a sinistra, per cui si ritrovarono a lottare effettivamente contro solo quattro uomini che avevano avuto la fortuna di non essere stati raggiunti dagli spari. Levi non ebbe problemi con i due che gli si scaraventarono addosso, dopo aver assestato ad uno una gomitata sulla tempia e ad un altro, girandosi su sé stesso, un calcio alla nuca; mentre Eren che, dopo essere riuscito a schivare qualche colpo, si trovava in difficoltà, ricevette il provvidenziale aiuto di Sasha che nel frattempo era scesa dal tetto sulla destra e aveva messo fuori gioco col calcio del fucile uno di loro, a stendere l’altro che incombeva su Eren fu Levi, che spinse il ragazzo in avanti, nell’ala di Siri. Mikasa e Armin scesero dalla sinistra anche loro e la prima, cercando di raggiungere Eren, si trovò ad affrontare altri tre uomini contemporaneamente che le bloccarono la visuale sull’amico.
Eren, spinto in avanti, si voltò a guardare Siri che, sulla destra, era impegnata a combattere con due uomini, tra cui l’uomo che aveva accecato in precedenza. Jean, nel frattempo, era rimasto sul tetto, ancora intento a mettere insieme i pezzi del fucile: non poteva scendere disarmato com’era. Eren era a dir poco incantato dalla fluidità dei movimenti di Siri: non potendo contare sulla forza, aveva sviluppato una velocità incredibile, per cui la sua tecnica si basava tutta sullo sfinimento dell’avversario che, colpito da precisi tagli in punti strategici, s’inferociva verso di lei cercando di assestarle colpi che, nella maggior parte dei casi, finivano a vuoto. È una tecnica incredibile! Adesso capisco quello di cui Armin e Levi parlavano! Pensò, guardandola pieno di ammirazione, esattamente come anni prima aveva osservato Annie al campo cadetti.
Fu con la coda dell’occhio che Eren vide l’energumeno che si chiamava Marcus lanciarsi verso Siri, tenendo, nella mano del braccio che riusciva ad alzare, un pugnale: il ragazzo sgranò gli occhi rendendosi conto che la vice di Levi non si era assolutamente accorta dell’arrivo di quel colpo alle spalle.
- SIRI! – urlò, correndo verso di lei, ma il pugnale affondò nella carne.
 
Mikasa aveva appena messo KO i tre uomini che l’avevano assalita quando vide Eren che, per bloccare un fendente diretto alle spalle di Siri, era stato trafitto in pieno ventre. La ragazza sbiancò e urlò a pieni polmoni: - EREN!
All’urlo della ragazza, tutti si girarono a guardare Eren, ad eccezione di Siri che sentì solo le spalle del ragazzo urtare contro sue: l’urlo di Mikasa le fece capire la gravità della situazione, per cui diede una testata all’uomo che aveva reso cieco ad un occhio, stava per girarsi contro l’altro che però venne raggiunto ad una gamba da uno sparo di Sasha, capitolando a terra.
- Hai ancora il coraggio di alzarti?! – disse Siri furiosa, girandosi verso Marcus: questo estrasse il pugnale dal ventre di Eren, a cui uscì gorgogliando del sangue dalla bocca. Tenendosi il ventre che si stava tingendo velocemente di rosso, si accasciò a terra, sotto lo sguardo terrorizzato di Mikasa che si lanciò su di lui e lo sorresse. L’uomo alzò di nuovo il pugnale e lo abbassò verso Siri che, con uno scatto, gli afferrò il polso, fermando la lama poco sopra la sua spalla. Tuttavia, lui esercitava una forza maggiore, non sarebbe stata in grado di resistere o ribaltarlo, per cui con la mano libera lo colpì in faccia con un fendente, centrando con la lama la base di un sopracciglio. Marcus, per il dolore acuto, allentò di poco la presa e quello bastò a Siri per torcergli il braccio e, con un affondo dietro le ginocchia, farlo cadere a terra di pancia.
Siri gli teneva alto il braccio dietro la spalla quando, abbassandosi su di lui, gli sussurrò: - Non si colpisce alle spalle, non hai nemmeno un minimo di decenza… - e poi, facendo leva con un piede che gli aveva piantato in mezzo alle spalle, gli fece uscire l’arto dall’articolazione.
Mikasa si era gettata su Eren e ora lo teneva fra le braccia: - Rilassati Mikasa, tra qualche ora sarò come nuovo… - disse con un filo di voce il ferito, ma queste parole non riuscirono minimamente a rilassare la ragazza che, dopo avergli fasciato la ferita, se lo caricò sulle spalle. Gli altri invece stavano procedendo a legare tutti i loro assalitori, quando finalmente Connie arrivò seguito da tre soldati del corpo di gendarmeria.
- Porca miseria! – riuscì a dire uno di loro.
- Ma quello è Marcus Lane! È da anni che cerchiamo di catturarlo!
Ma va… - disse Siri quasi sprezzante, dando le spalle ai soldati.
- Ci hanno assaliti! – disse Sasha ai gendarmi, raccogliendo un fucile da terra – Erano armati! È una fortuna che siamo della guarnigione e abbiamo saputo gestire la situazione!
Gli altri, ad eccezione di Siri e Levi che si erano calati i cappucci nuovamente, annuirono cercando di sembrare spaventati.
- Va bene! Ce la vediamo noi da adesso in poi… - disse uno distrattamente, mentre gli altri due ammanettavano gli assalitori.
- Aspettate ma… - disse sempre lui dopo aver alzato lo sguardo di nuovo su di loro, ma non trovò nessuno: si erano già dileguati. Guardò stralunato il compagno e continuò: – Che ci fanno dei soldati della guarnigione qui sotto?
L’altro lo guardò e alzò le spalle: - Che t’importa? Hanno fatto loro tutto il lavoro, possiamo dire ai superiori di averli catturati noi. Magari è la volta buona che ci riassegnano.
- Già, ben detto. – disse il terzo, altrettanto preso dall’ammanettare quei criminali doloranti.
 
Appena girarono l’angolo di un altro vicolo buio e isolato, Siri spinse Jean contro il muro, e poi, prendendolo dal colletto, lo scosse: - Che cosa cazzo ti è preso, si può sapere?! Non hai mai montato un fucile in vita tua?!
Jean dopo un attimo di smarrimento, tenendo le mani alzate spaventato cercò di balbettare una risposta, Siri lo lasciò andare: - Eren non morirà, ma potevamo risparmiarci un compagno ferito, e sai perché ci sarebbe convenuto non averne uno?
- P-perché non sarà capace di… difendersi da solo?
Siri sorrise a trentadue denti: - Allora non sei totalmente deficiente.
Levi si frappose tra i due: - È meglio and…
Ma venne interrotto da Jean che, a quanto pare, aveva preso coraggio e si avvicinò a Siri, guardandola dall’alto in basso: - Non abbiamo mai avuto bisogno di sapere come si montasse un fucile! – Siri indietreggiò ma il suo sguardo rimase minaccioso e fermo come prima – E sai tu perché invece?
Siri rimase in silenzio: voleva capire dove volesse andare a parare. Anche Levi era disorientato, guardava di sbieco da sotto il cappuccio Jean.
Armin si fece timidamente avanti, poggiando una mano sul braccio dell’amico: - Dai, Jean…
- NO! – si scrollò Armin di dosso – Perché, mentre tu eri nelle mura al sicuro ad uccidere e spiare la gente per soldi, noi eravamo là fuori a perdere i nostri compagni, vederli divorati davanti ai nostri occhi, per la maggior parte delle volte impotenti!
Siri ridusse gli occhi a due fessure, e sibilò: - Ragazzino, farai meglio a tenere a freno la lingua. Tu non mi conosci.
Jean ormai aveva perso la pazienza, non riusciva a fermarsi e se la risolutezza della spia lo spiazzava, comunque si sentiva ferito nell’orgoglio e quello sembrava essere il suo meccanismo di difesa, tutta insieme salì dal suo stomaco una forte emozione, tant’è che gli occhi gli divennero lucidi: - Appunto, non ti conosciamo! Tu non sai cosa significa…
Siri lo fissò in silenzio, l’aria era satura di tensione. Persino Eren, mezzo morto, aveva alzato lo sguardo dalle spalle di Mikasa e guardava la scena a bocca aperta. Poi ad un certo punto, Siri distolse lo sguardo dal ragazzo infuriato e annuì in silenzio, tutti la guardarono sorpresi: - Hai ragione Jean.
Tornò a guardarlo negli occhi risoluta, arricciò il naso e continuò: - Non so cosa significa. Ma ho familiarizzato bene con le conseguenze delle vostre spedizioni. Avevo un anno quando mio padre è morto prestando “valoroso” servizio nella legione esplorativa.
Levi, come il resto della squadra sgranarono gli occhi apprendendo quella notizia. Jean sussultò visibilmente.
- Si può dire che non l’ho mai conosciuto. Mia madre cadde in uno stato di malessere così profondo che morì di dolore quando ne avevo cinque di anni, lasciandomi totalmente sola al mondo. – fece un passo avanti, senza staccare lo sguardo da Jean che a questo punto sentì calare sul petto un peso enorme – Per cui, no, non so che significa. Ma quando parli con me, ricordati che stai parlando con le dirette conseguenze. Dimmi, - Siri indicò sé stessa e corrugò le sopracciglia – ti piace che aspetto hanno?
Jean non sapeva cosa dire, nessuno in realtà si aspettava innanzitutto che Siri condividesse con loro il suo passato, ma la spia era esasperata. Levi aveva finalmente iniziato a considerarla una sua pari senza guardarla con sospetto, ma i suoi compagni la rispettavano per paura, non perché fosse effettivamente un soldato come loro. Con Armin e Sasha era diverso, ci aveva passato più tempo e si sentivano più a loro agio con lei; tuttavia, non poteva non notare la reticenza che assumevano ogni qualvolta gli altri la guardavano diffidenti o esprimevano giudizi ostili.
- Adesso muoviamoci. La proprietaria ci sta aspettando. – disse Siri facendo strada al gruppo, ancora impietrito.
Levi guardò severo Jean e lo superò, poi, rendendosi conto che erano tutti rimasti fermi lì dov’erano, si voltò a guardare la squadra: - Allora? Datevi una mossa.
In silenzio, seguirono il capitano e Siri che li portarono ad una locanda pochi metri più giù da dove si trovavano poco prima. Era una bettola come tutte le altre dall’esterno, l’insegna sghemba era tutta sbiadita, nemmeno mettendoci tutto l’impegno del mondo sarebbero riusciti a leggere cosa una volta vi era scritto. 
Appena entrarono, rimasero stupiti da come l’interno differisse dall’esterno: aveva un aspetto pulito ed ordinato, era praticamente vuoto se non per un vecchio barbuto seduto da solo nell’angolino della locanda, a consumare cicchetti di un’indefinita bevanda superalcolica, le lampade ad olio illuminavano fioche il lungo bancone in legno scuro, dietro il quale c’era una parete ricolma di alcolici e grossi barili di birra. Siri si tolse il cappuccio e si sgranchì aprendo le braccia: sembrava estremamente a suo agio lì dentro, in effetti il resto della squadra notò come l’aria di quel posto fosse molto più calda ed accogliente rispetto a quella umida e maleodorante in strada.
Siri bussò rumorosamente sul bancone: - C’è nessuno?
Una massiccia signora coi capelli raccolti in un tuppo venne fuori da una porta dietro il bancone: quando vide Siri salutarla con un sorriso beffardo sulla faccia, sbiancò e con un urletto lasciò cadere il vassoio per terra, mandando in frantumi lo stufato, questo si sparse sul pavimento, che sembrava essere appena stato pulito. Il vecchietto nell’angolo del locale sobbalzò per lo spavento e strabuzzò gli occhi vedendo la proprietaria, Tina, correre con le lacrime agli occhi verso una ragazza in nero dalla lunga treccia castana e abbracciarla fino a quasi soffocarla.
- Tina mi sei mancata anche tu, ma non mi sembra il caso di fratturarmi le costole dopo che ho dato del filo da torcere a Marcus Lane!
Tina si staccò dall’abbraccio e la osservò tenendola per le braccia: - Sempre dietro ai delinqu-… - le prese il viso con una mano e lo girò, mettendole bene alla luce la guancia destra, spalancò quindi gli occhi per lo sgomento - Che cosa ti sei fatta?!
Siri la guardò sinceramente imbarazzata: - Una lunga storia, magari quando non sto lavorando te la racconto.
La lasciò andare schioccando la lingua seccata: - Tu stai sempre lavorando! Se non sei impegnata a spiare, correre da una parte all’altra, arrampicarti come un geco ovunque, sei in giro a spargere erbette e dare consigli per la scoliosi… quando ti sistemerai dico io, con un bel giovanotto…
Siri si strofinò la fronte, sempre più in imbarazzo: sembrava essere sotto processo da una nonna piena di premure, il resto della squadra stava assistendo a qualcosa che aveva del surreale, alcuni di loro, la spia non voleva sapere chi, stavano ridacchiando di gusto.
- Tina, - Siri si voltò e, con un gesto ampio del braccio, indicò gli altri alle sue spalle – loro sono i miei compagni di squadra, come ti avevo scritto, sono…
- Solo dei ragazzini! – disse Tina guardandoli apprensiva – Non dovevi portarli qui!
- Tina, sono soldati.
Levi, intanto, si era tolto il cappuccio e incuriosito stava osservando meglio la locanda. Non ci era mai stato lì, come mai non sapeva spiegarselo, però era il posto più accogliente che avesse mai visto nella città sotterranea.
Tina mise le mani sui fianchi: - E sono troppo giovani per esserlo! Portarli poi qui, in questo posto a fare chissà che con delle… - lo sguardo della donna, mentre pronunciava queste parole, fu catturato da Levi che adesso aveva il viso ben visibile – AAAH!
Sobbalzarono tutti, Siri per lo spavento si portò una mano sul petto. Tina indicò Levi con gli occhi spalancati, terrorizzata: - NO, LUI NO! Lui non lascerò che alloggi nella mia locanda! – Levi la guardò altrettanto sorpreso.
- Ma cosa… - tentò di articolare Siri, ma venne interrotta.
- Lui lo so chi è, Siri! Da Kenny a quello là, ma si può sapere che ti salta in testa, portarlo nel mio locale poi?! – a quelle parole di Tina, Siri si voltò a guardare Levi con lo sguardo del “te l’avevo detto” stampato sulla faccia, Levi alzò gli occhi al cielo.
- Tina calmati, è anche lui un soldato. A dire il vero è il mio capo. È lui il capitano della squadra.
La donna abbassò l’indice incredula: - COME?! È impossibile!
- È molto possibile invece. – disse Levi piatto, inimicandosi ancora di più la locandiera. Siri scosse la testa: - Ti ho spiegato tutto nella lettera, ora facciamo parte del corpo di ricerca.
- Mmh… - Tina contemplava Levi mentre si spostava dietro il bancone – Effettivamente non sentivo di voi da un po’… E dimmi, quegli altri due delinquentelli, sì, quei d… - non finì mai la frase perché Siri le fece cenno con la mano alla base del collo di tagliarla lì, Levi notò con la coda dell’occhio un movimento della ragazza, ma non poteva essere certo di aver visto bene.
- Tina mi dispiace interrompere queste chiacchiere da salotto ma, ti hanno recapitato le casse che ti ho fatto inviare? – disse Siri sia cercando di virare l’argomento su altro, che per tornare a concentrarsi sulla missione.
La donna si diede un colpetto sulla fronte: - Giusto! Sì, sono tutte qui. Venite!
Siri fece cenno agli altri di seguirla: la locandiera aprì una porta al fondo del locale, che si apriva sul retro e lì c’erano almeno quattro casse col logo dell’esercito. La donna prese da un cumulo di attrezzi accanto la porta due piedi di porco e ne diede uno alla spia e l’altro, con un’occhiataccia, a Levi. Aprirono la prima cassa e, assieme al resto della squadra, si sporsero a guardarne il contenuto: erano alcuni dispositivi di manovra tridimensionale.
- Adesso si ragiona! – disse Connie compiaciuto.
Aprirono le altre tre che rivelarono altri dispositivi e attrezzatura, tra cui la sacca medica di Siri e alcune torce con le pietre della cappella dei Reiss.
- Il resto della roba è nella vostra stanza. Cibo e bevande. Anche se ho notato che il “cibo” era per la maggior parte quegli orrendi crackers che Siri mangiava di continuo, prima che accettasse che le cucinassi. – disse Tina apprensiva – Se avete fame io posso…
- SÌ! – disse Sasha senza ritegno, gli occhi che le brillavano mentre si sporgeva da sopra una cassa appena aperta.
- Tina non preoccuparti, mangeremo quello che troviamo in camera… – disse Siri gentilmente, non volendosi approfittare della disponibilità della donna che, però, a quelle parole le diede uno scappellotto dietro la testa. Si può dire che Levi fu quasi sul punto di ridere vedendo quella scena, soprattutto la faccia da pesce lesso di Siri in contrasto con quella seria e risentita del donnone.
- Smettila di dire sciocchezze! Non hai sentito la ragazzina? Hanno fame! – poi aprì la porta che riportava all’interno – Adesso entrate e andate a riposare, io vi preparerò la cena!
Siri fece strada su per le scale buie accanto l’ingresso della locanda, il passaggio era così stretto che dovettero salire in fila indiana. Nonostante l’atmosfera si fosse alleggerita dal diverbio tra Jean e Siri, nessuno proferiva parola e fu Levi a rompere il silenzio: - Siamo sicuri che Tina non ci tradisca? Sai, ho avuto il presentimento di non stargli molto simpatico.
Siri si voltò a guardare non solo lui, ma anche il resto della squadra, visto che immaginava fossero attanagliati dallo stesso interrogativo: - Considerando che ho salvato suo figlio che era a un passo dalla morte e che ora, sempre grazie a me, si trova in superficie e lavora felicemente a Utopia, - tornò a guardare davanti a sé, svoltando a destra nel corto corridoio in cui sbucò la prima rampa di scale – direi che è altamente improbabile che faccia una cosa del genere.
Siri aprì l’ultima porta del corridoio: - Ci sono due stanze, abbastanza grandi, potete dividervi lì per dormire, Mikasa tu vieni con me.
L’alloggio, per essere di una locanda, era in realtà un piccolo appartamento: si apriva in un largo soggiorno con un divano, un tavolino basso davanti ad esso e un tavolo da pranzo, alla sinistra del tavolo c’era l’ingresso ad una piccola cucina, mentre a sinistra dell’ingresso c’era uno stretto corridoio con due porte che portavano alle camere da letto. Tina riservava quell’appartamento solo per gli ospiti importanti, e Siri per lei lo era. Entrarono tutti e, mentre la squadra andò a sistemarsi nelle camere e Levi faceva un giro di perlustrazione constatando l’effettiva pulizia, Siri distese un lenzuolo tra il tavolo e il divano, su cui Mikasa adagiò Eren. La spia s’inginocchiò accanto al ferito e non riusciva distogliere lo sguardo, lo stesso di chi vede un gioiello inestimabile, dalla fasciatura al ventre da cui si sollevavano rivoli di vapore.
- E tu adesso stai guarendo quindi? – guardò ricca di sconcerto Eren.
- Beh, sì… fa comunque un male cane…
- Mmmh… - Siri si tolse il mantello e lo lanciò alle sue spalle, facendolo finire per terra. A Levi non sfuggì, infastidito lo raccolse da terra e lo appese assieme al suo su dei ganci all’ingresso.
- Ecco, alza la lingua. – Eren fece come gli disse e fece scogliere l’analgesico che col dito il suo medico gli porse. Siri ripose il barattolo nella sacca e tolse concentrata la fasciatura ad Eren.
Incredibile… - disse, guardando la ferita di Eren da cui fuoriusciva vapore – Mikasa, prendi questo e tienilo fermo. – Siri le diede una piccola asta di metallo con cui Mikasa doveva tendere un lembo della ferita.
- Ma così si farà male! – protestò.
- No. Tra poco l’analgesico inizierà ad agire e sentirà solo qualche… - improvvisamente la ferita smise di produrre vapore. Siri si tirò leggermente indietro, mentre Mikasa, di fronte a lei, sgranò gli occhi.
- Che succede?!
- Datti una calmata. Mmh… - Siri si avvicinò alla ferita e la osservò più da vicino – Il vapore continua ad uscire, ma è molto più… esce molto più lentamente… - spostò lo sguardo su Eren – Ti era mai capitato?
Eren ci mise un po’ per elaborare la domanda: - No, mai… a dire il vero mi sento un po’ intontito…
Levi si era interessato dopo l’evidente agitazione di Mikasa, che con una mano teneva la nuca di Eren. Ora il capitano osservava i tre in piedi.
- Ah, ma quello è normale, è un effetto naturale dell’analg… - Siri alzò le sopracciglia sorpresa e venne colpita da un’illuminazione – È stato l’analgesico!
Frugò furiosamente nella sacca e tirò fuori dei guanti e quella che sembrava una penna: in realtà era un piccolo stecco in alluminio sulla cui punta era stato attaccato un pezzo di roccia luminosa grande quanto un’unghia. Levi s’inginocchiò accanto a lei e osservava ogni suo movimento. Siri infilò i guanti con cura e mentre con una mano tendeva l’altro lembo della ferita di Eren, con l’altra puntava la luce all’interno del corpo di Eren.
Senza distogliere lo sguardo disse piatta: - Sento il tuo sguardo addosso. – poi si girò a guardare Levi infastidita – M’infastidisce.
Lui sostenne lo sguardo e con altrettanta impassibilità le disse: - Avevi lo stesso sguardo della quattrocchi. È mio dovere fermarti qualora ti venga la brillante idea di smembrarlo per studiarlo.
Mikasa strinse la mano di Eren.
Siri alzò gli occhi al cielo e sbuffò: - Sono un medico, non una psicopatica. – tornò a guardare attentamente all’interno della ferita – Vedere i tessuti che si rimarginano da soli… in una ferita del genere… l’emorragia era copiosa, il pugnale ha preso proprio un’arteria principale e ora invece… c’è solo un minuscolo zampillio… mi correggo, c’era.
- È disgustoso.
Siri lo rimbeccò: - È affascinante! – diede un ultimo sguardo e poi tolse via le mani guantate e il divaricatore dalla ferita di Eren.
- Basandomi sulle vostre osservazioni, devo dedurre che il mio analgesico ha rallentato il processo di guarigione di Eren… - Siri si alzò pensierosa e si tolse i guanti, poi si diresse in cucina e li gettò assieme all’asta nel lavandino. Si poggiò accanto al lavabo e si prese il mento in una mano.
- Forse come si può rallentare il processo, si può anche accelerarlo…
Levi, dopo averla seguita in cucina, guardava disgustato l’interno del lavandino: - Non dirlo davanti alla quattrocchi o sarà la tua fine…
- Eren! – Siri si avvicinò al ragazzo, gli si inginocchiò a fianco e gli prese una mano – Ti ringrazio per avermi salvato la vita.
Mikasa la incenerì con lo sguardo quando la spia, dopo avergli lasciato la mano, sorrise ad Eren amorevole.
A cena, Tina invitò la squadra nel suo appartamento e, a differenza delle aspettative generali, le pietanze furono abbastanza varie ed abbondanti: la locandiera, come spiegarono Siri e lei stessa, era forse l’unica nell’intera città sotterranea che ospitava i forestieri, in particolare i più abbienti, ossia i mercanti, quando portavano le merci sottoterra e preferivano ripartire il mattino dopo. Pyxis, inoltre, usava lei come tramite per mandare comunicazioni a Siri, dopo che lei stessa l’aveva scoperta. 
Nonostante Siri avesse ribadito più volte che Levi non era più un criminale da anni, Tina gli si sedette accanto e per tutta la sera il capitano si sentì osservato da gelide occhiate nella sua direzione, mentre la spia dovette sorbirsi altri commenti e critiche seguite da scappellotti a punire la sua sbruffonaggine: l’intera squadra si divertì moltissimo vedendo i due adulti che li bacchettavano continuamente ricevere lo stesso trattamento da quel donnone rumoroso, che, nonostante tutto, comunque non faceva altro che lodare Siri, quasi come se l’avesse cresciuta lei.
Rivelò che era stata lei, con l’intera paga di una sua missione, a pagare i due terzi della cittadinanza del figlio, e da lì prese a raccontare la storia di come si erano conosciute che iniziava su come avesse salvato suo figlio malato e finiva con l’ultima volta che la vide, non sapendo fosse l’ultima, il tutto accompagnato da una sua profonda commozione. 
Il fatto che la sua persona venisse messa così a nudo, fece sentire Siri un po’ a disagio, ma in realtà sortì un effetto molto forte sulla squadra, che cambiò definitivamente le idee che associavano alla spia ogni qualvolta pensassero a lei. Tant’è che, quando risalirono nel loro alloggio, Jean, prima di raggiungere gli altri in camera per riposare, rimase con Siri e Levi in soggiorno e trovò il coraggio di mettere da parte il suo orgoglio e ammettere di essersi comportato male con lei.
- Jean, devi avere un’idea tua delle persone che ti circondano. – Siri lo guardava severa – Sei una persona sincera, se non lo fossi non mi avresti detto quelle cose, né saresti venuto a scusarti con me adesso. Nessuno ti vieta di cambiare il tuo modo di vedere le cose, ma, ti prego, non farlo solo perché qualcosa ti fa pena o per compassione. Io non ne ho bisogno.
Jean abbassò lo sguardo ancora più intimidito, annuì in silenzio e fece per andarsene quando Siri continuò: - Ho bisogno che diventi un buon soldato. Da domani sarai la mia ombra, ti conviene non farmi arrabbiare Jean-Jean.
Il ragazzo annuì con più vigore, sempre in imbarazzo, e raggiunse definitivamente gli altri in camera, lasciando soli Siri e Levi. Per quel periodo nella città sotterranea i due decisero di fare solo loro la guardia notturna, dopotutto si dovevano semplicemente limitare a stare appostati davanti la finestra che dava sulla strada e stare attenti ai rumori notturni. 
- Inizi tu oggi? – chiese Siri, sganciando la cintura con sacca e pugnali. Poi si sedette sul tavolo a scribacchiare sul quadernetto.
- Sempre se la tua nonnina si fida.
Siri sorrise: - Non che non abbia ragioni per non farlo.
Levi si sedette sul divano: - Tsk. È stato tanto tempo fa.
- Se vuoi posso dirtele le ragioni, mi ha raccontato di due episodi in particolare… - disse Siri, senza alzare gli occhi dal quadernetto. Levi espresse il suo assenso col silenzio e, poggiando il mento sulle nocche, la stette a fissare, in attesa. La spia alzò lo sguardo su di lui per mezzo secondo, poi sospirò e posò la penna sul libricino che chiuse accuratamente.
- La prima volta ti scontrò per strada al mercato, un posto già di per sé non proprio sicuro, quando si girò a guardarti: eri un ragazzino – si schiarì la voce imitando la voce di Tina – “così piccolo e carino che non credevo mi potesse aver sfilato il borsellino che, arrivata dal panettiere, non avevo più con me!” – si alzò e iniziò a frugare nei cassetti dei mobili – Ho chiaramente edulcorato la versione, credo ti abbia chiamato in tutti i modi possibili.
- La seconda volta l’hai fatta proprio sporca capitano, lasciatelo dire. – si spostò a frugare in una credenza – L’hai spaventata a morte mentre “con un coso che faceva un rumore infernale” le sei passato volando a due centimetri dalla faccia, facendola cadere all’indietro nei sacchi di patate del mercato. Si è fatta male e da allora ha ordinato dai fornitori anche la spesa per lei.
Levi rimase in silenzio qualche secondo: non si ricordava neanche lontanamente di lei, derubava e creava disordini nella città praticamente ogni giorno, Tina era stata solo un puntino nello sfondo, come tanti altri. Solo che lei era diversa, era fuoriposto in quella città e avendo a disposizione Siri, perché non se n’era andata?
- Perché non hai permesso anche a lei di andare via di qui?
Siri con le mani in una vetrinetta, si voltò a guardarlo e corrugò le sopracciglia: - Beh, io ci ho provato. Lei non vuole andarsene. Avevo scomodato persino Pyxis, ma lei mi ha risposto all’ennesima mia lettera in cui le dicevo di avere una cittadinanza per lei, che era nata qui e ci sarebbe anche morta. Ma dove diamine li ha messi…
Levi non capiva. Chi potrebbe mai voler rimanere in un posto come quello pur avendo la possibilità di andare via?
- AH-AH! Trovato! – Siri era piegata in un mobiletto che a quanto pare faceva da cantina per gli alcolici. Tirò fuori una bottiglia dal liquido ambrato che ammirò alla luce prima di poggiare sul tavolo.
- Non dovresti bere. – disse Levi, ma Siri era già andata in cucina a recuperare dei bicchieri.
- Neanche tu boss, ma non lo diremo ad Erwin. – disse, tornando con due bicchieri.
- Non bevo il piscio di maiale di qui.
- Credi davvero che Pyxis lasci che beva whisky di qui? – disse Siri mentre versava il contenuto della bottiglia in un bicchiere, che poi porse al capitano – Questo è di Orvud, è impossibile che tu non ne abbia sentito parlare.
Certo che ne aveva sentito parlare. Il famoso whisky di Orvud, tra i più pregiati che c’erano in circolazione: non aveva mai avuto l’onore di poterlo assaggiare, visto che il corpo di ricerca non era certo noto per le riserve di alcol abbondanti, e che comunque di solito si limitavano a birra e vino scadente. Pyxis aveva accettato di far recapitare le casse alla locanda utilizzando i suoi agganci, evidentemente aveva aggiunto anche un regalino per Siri. Accettò il bicchiere, dopotutto, per quando potesse essere forte, non gli avrebbe fatto comunque molto effetto.
- Resta comunque il fatto che non dovresti bere in servizio.
- Questo lo so. – rispose la ragazza, versandosi un bicchiere fin troppo pieno e dirigendosi verso il lato opposto del divano, il bicchiere in una mano e la bottiglia nell’altra – Ma ho bisogno di dormire. – continuò, sedendosi e lasciando un posto vuoto tra lei e Levi.
- Due bicchieri di questo saranno sufficienti a mandarmi al tappeto.
Levi portò il bicchiere alla bocca e assaporò il primo sorso: era un sapore deciso, appena deglutito rivelava la sua gradazione mandando in fiamme la gola, ma nella bocca lasciava un sapore piacevole.
- Fai così anche all’accampamento quindi?
- No. – disse Siri, sincera – Solo quando non riesco a dormire e mi trovo qui. La città sotterranea mi fa questo effetto. – tirò un lungo sorso dal bicchiere e poggiò stancamente la testa sulla spalliera del divano.
Levi la guardò di sottecchi, la guancia sfregiata era rivolta verso di lui e, probabilmente era tutta l’atmosfera di quella sera, ma provò compassione per lei. Sembrava così stanca e triste. Gli ricordava qualcuno. Lui.
Io non ne ho bisogno.
- Inizio io oggi. – disse quindi, bevendo un altro sorso. In barba a quello che Siri aveva detto prima a Jean, dopotutto gliel’aveva chiesto lei prima e lui rimaneva comunque il capitano, decideva lui se lei quel giorno potesse ricevere o meno compassione.
Siri aveva già quasi finito il primo bicchiere, ghignò e disse: - Generoso… da parte di chi non si è portato con sé neanche il sacco a pelo in missione… di nuovo. – lei spostò lo sguardo provocatorio su di lui che, resosi conto, distolse da lei il suo.
- Non dormo molto. – ammise, e sorseggiò colpevole.
- No. Tu non dormi affatto. – la voce di Siri era diventata improvvisamente più severa. Il suo lato “medico” stava venendo fuori anche con lui in quel momento, non voleva sgridarlo o farlo sentire in colpa, quanto più farlo pensare alla situazione.
- Quindi?
- Credi sia salutare?
- So che non lo è… - Levi bevve di nuovo. Non sapeva come proseguire.
- Ma?... – Siri bevve l’ultimo sorso e si versò un altro bicchiere, dopodiché posò la bottiglia sul tavolino basso davanti al divano – Ecco perché non hai insistito quando ho tirato fuori questa.
- Non ho altro modo. – ammise, franco.
Probabilmente era l’alcool che stava già facendo effetto su Siri, o forse sempre quell’istinto che aveva coltivato per anni, o forse entrambi, ma si voltò verso Levi di scatto: - Non puoi continuare così! Devi fare qualcosa!
Levi la guardò sorpreso, attorno a loro regnava un silenzio surreale, poi lui indicò il bicchiere di lei e disse: - Tipo cosa? Bere?
La ragazza si morse la lingua per frenarla dal dire qualcosa di terribilmente irritante e che avrebbe solo indispettito Levi, che finalmente sembrava propenso ad aprirsi. Quindi alla fine, invece di dirgli “Tipo toglierti quella scopa dal culo, per esempio”, gli disse seria: - Tipo parlarne. Come stai facendo adesso.
- Con te? – sia Siri che Levi stesso strabuzzarono gli occhi a quelle parole, si chiesero se la spia non l’avesse in qualche modo influenzato: con quella domanda così diretta, Levi sembrava posseduto dal suo spirito. Siri bevve un altro sorso e riappoggiò la testa sullo schienale: - Non necessariamente… Ma ti stupirebbe quanta familiarità ho con questo genere di cose.
La solita arrogante, pensò Levi torcendo il labbro. Poi, piombato il silenzio tra loro, posò gli occhi sulla mano di Siri: improvvisamente si ricordò della conversazione che lei aveva avuto con Marcus Lane qualche ora prima e la curiosità mista al momento lo spinse a chiedergli di che “ricordino” lui stesse parlando. Siri si girò a guardarlo: non sembrava felice della domanda, ma nemmeno infastidita. Più che altro si sentì con le spalle al muro, le avesse chiesto “Perché fasci le mani?” avrebbe potuto inventarsi una semplice scusa, come “ridurre i calli” o “avere una maggiore prensilità”, che sarebbe stata più che sufficiente. Ma quella domanda ne implicava un’altra molto più precisa che era ben sottintesa: “Cosa nascondi sotto quelle fasce?”.
Col tempo non nascondevano solo quel marchio, ma anche alla sua vista le sue mani nude, le stesse che si erano sporcate più e più volte. In quella semplice stoffa vi erano implicate più cose che Levi e chiunque altro potesse immaginare, ma a Siri piaceva far credere che il marchio fosse l’unica ragione.
Bevve un altro sorso e iniziò a sfilarsi la fasciatura della mano sinistra, sempre con quella fluidità e precisione nei movimenti che tenne gli occhi di Levi piantati sull’azione.
- Quando Kenny mi ha scoperta, mi ha attirata nel suo covo con una scusa. Sembrava tutto normale, credevo volesse darmi un altro compito da svolgere… - era arrivata con una lentezza esasperante a rimuovere la garza all’altezza del polso – Quando arrivai non capii subito che c’era qualcosa che non andava, ma ero ancora troppo inesperta. Mi prese il mio permesso d’uscita e lo bruciò, poi mi legò e, come l’avevo già visto fare ad altri da un anno e mezzo a quella parte, iniziò a torturarmi.
Fece calare morbida la fasciatura che scoprì il dorso della sua mano, Levi dovette trattenere la sorpresa: le nocche erano attraversate da innumerevoli cicatrici che sembravano comporre una ragnatela fittissima, ma la cosa che più attirò la sua attenzione era quella bruciatura a caldo, un cerchio al cui interno c’era una K non proprio ben composta.
- Si è proprio impegnato per fare quest’opera d’arte: il marchio era troppo grande e le mie mani troppo piccole. Quindi ha fatto prima un arco del cerchio, poi l’altro. Infine, col contorno ci ha fatto quella lettera pacchiana. Che gusto orrendo. – riprese in mano il bicchiere e bevve un lungo sorso, lasciando solo un dito di whisky – Mi disse “anche se non mi dirai niente, ci tengo a far sapere a chiunque sia quel cane per cui lavori che sei morta per mano mia”. Come ti ho già detto una volta, è per puro caso che sono riuscita a scappare.
Siri sospirò e finì il suo bicchiere, inclinando indietro la testa per berne anche la più piccola goccia. Si passò l’indice destro sul marchio, stava concedendo al capitano un pezzettino di sé: - Stavo spiando anche un altro clan, erano un pochino meno svegli, per cui mi ricollegarono a Kenny: fecero irruzione mentre stava finendo la sua opera, pensando che volesse rivaleggiare con loro. Nel putiferio riuscii a liberarmi e rubai il permesso d’uscita a quel tipo: la copertura era saltata e non avevo tempo di aspettare che Pyxis me ne procurasse un altro, sempre se l’avesse fatto. Ho rubato a quell’uomo l’occasione della vita, ma non mi pento di averlo fatto.
Siri abbassò lo sguardo e sorrise mesta: - Riuscivo solo a pensare “meglio morire alla luce del sole che qui”.
Rimasero in silenzio ognuno a contemplare i propri bicchieri vuoti, Levi osservò con la coda dell’occhio le sue guance rosse per l’alcool, le palpebre che le cadevano pesanti ma il suo viso che comunque non tradiva alcuna traccia di commozione. Fu Siri a rompere il silenzio con un sospiro, dopodiché sporse il braccio in avanti per prendere la bottiglia: Levi le afferrò il polso nudo, fermandola.
- Avevi detto solo due bicchieri. – disse incolore, poi però gli occhi di Siri attirarono la sua attenzione: erano spalancati, come se avessero visto un fantasma, guardavano inorriditi la mano di Levi che le teneva il polso. La ragazza ebbe un leggero fremito al labbro inferiore e passarono alcuni secondi prima che Siri tirasse indietro il braccio: solo in quel momento Levi si rese conto di averlo ancora nella mano e lo lasciò andare.
Sì… - gli rispose, prendendosi la mano sinistra con la destra e mettendosela in grembo. Si allungò comodamente sul suo posto, come aveva promesso era sul punto di cadere in un sonno profondo.
Levi tornò a pensare alle sue parole, meglio morire alla luce del sole che qui, e con naturalezza lasciò venir fuori quel pensiero: - A volte non so se sono più arrabbiato con lui per avermi abbandonato o per non avermi portato in superficie appena mi ha preso con sé.
Siri gelò sul posto, non lo guardò, troppo intorpidita per muoversi.
Lei gli aveva fatto vedere un pezzetto di sé, lui le aveva concesso un pezzetto a sua volta.
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti / Vai alla pagina dell'autore: coldcatepf98