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Autore: franweasley    07/02/2022    7 recensioni
[Storia Interattiva - Iscrizioni chiuse]
Horace Lumacorno è andato in pensione e Minerva McGranitt si trova senza un Vicepreside che possa aiutarla a gestire la scuola; i colleghi di cui più si fida sono prossimi alla pensione e Minerva decide di assumere una persona che possa ricoprire quel ruolo di cui fidarsi così, quando anche lei andrà in pensione, sarà sicura che Hogwarts avrà un ottimo Preside a sostituirla. Il Vicepreside che Minerva sceglie avanza delle proposte interessanti per migliorare la scuola, tra cui quella di alcuni corsi extra per gli studenti del sesto e settimo anno tenuti da dei professori delle altre scuole.
Sei un insegnante? Sei senza lavoro o vorresti fare esperienza in una delle scuole di magia più importanti del mondo magico? Se la risposta è sì ad entrambe le domande sei nel posto giusto: manda il tuo curriculum, cerchiamo professori per il corpo insegnanti di Hogwarts e per un nuovo progetto, se sei interessato aspettiamo la tua domanda!
Genere: Comico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Maghi fanfiction interattive, Minerva McGranitt, Neville Paciock, Vari personaggi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Invasione di maghi a King's Cross

 

Mercoledì 25 agosto
Londra, King’s Cross, ore 10:19

 

«Beh, grazie per avermi accompagnata Chrissie, da qui posso andare da sola.» mormorò Maisie dopo che le due, che si erano smaterializzate in una viuzza buia e deserta poco prima, sbucarono davanti alla stazione di King’s Cross.

Maisie-Mae, che stringeva tra le braccia una Opal un po’ scombussolata, fece una carezza al cane e poi la posò a terra tenendola per il guinzaglio; Chrissie fece lo stesso con Emerald, che a differenza di Opal sembrava aver sofferto il viaggio molto di più (ma d’altronde Chrissie non era bravissima a smaterializzarsi, quindi forse era per quello), e rivolse uno sguardo alla sorella maggiore.

«E come farai a portare il baule?» domandò Chrissie «Vengo con te, tu lo prendi davanti e io dietro.»

«Non è necessario.» disse la più grande mentre prendeva il guinzaglio di Emerald dalle mani della ex Grifondoro «L’ho incantato affinché pesasse quanto una piuma, ce la posso fare benissimo da sola.»

Chrissie rimase in silenzio per un istante pensando a cosa dire: «Beh ma ti accompagno comunque, è da secoli che non vengo qui, voglio vedere il treno, per sentirmi di nuovo una studentessa sai, mi mancano i vecchi tempi.»

Maisie inarcò un sopracciglio ed esibì un’espressione particolarmente divertita: «Ma non sei tu quella che è scesa dal treno alla fine del settimo anno urlando che non avrebbe mai più messo piede su quel binario e che era finalmente libera?» Chrissie aprì la bocca per protestare con qualche frase che poteva suonare come un “ma sono maturata, non dicevo sul serio”, ma Maisie continuò «Guarda che lo so benissimo che sei venuta fin qui soltanto per vedere il professor Sharp, sei imbarazzante.»

Chrissie mostrò la sua espressione più ferita e si lamentò del fatto che la sorella avesse fatto finta di niente fino a quel momento soltanto per prendersi gioco di lei.

«Oh ti prego.» la riprese Maisie «Sei andata avanti una settimana con questa storia… “Mi mancherai da morire Maisie, lascia almeno che ti accompagni a prendere il treno, così ti vedrò un’ultima volta”.» la schernì «Invece l’unica cosa che ti interessa è vedere il mio capo.»

«Maisie, Lachlan Manzo Sharp è il dono più grande che l’universo ci abbia fatto, tu lo potrai vedere tutti i giorni, io invece devo accontentarmi di una misera decina di minuti.» si difese la più giovane con tono serissimo «Dovevo venire per forza, per rifarmi gli occhi un’ultima volta.»

Maisie le diede una sberla sulla spalla: «Oh santo cielo.» alzò gli occhi al cielo «Forza entriamo o mi farai perdere il treno a forza di discutere qui fuori.» la maggiore prese il baule da un lato e Chrissie la imitò prendendo l’altra estremità «E ti avevo detto di non chiamarlo più manzo, Chrissie

 

 

* * *

 

 

Londra, Bagno della stazione di King’s Cross, ore 10:20

 

Lachlan osservò l’orologio che aveva al polso controllando l’ora e alzò lo sguardo verso la porta del bagno che lui e la professoressa Driscoll avevano occupato aspettando che la collega facesse capolino da essa.

«Mi sono occupata del babbano.» annunciò Maeve mentre chiudeva la porta alle sue spalle e con un colpo di bacchetta la sigillava con degli incantesimi per tenere alla larga i babbani curiosi. 

«Spero tu abbia nascosto bene il corpo.» osservò l’uomo poggiato con nonchalance al muro.

Maeve esibì una smorfia quasi impercettibile: «Non sono mica una principiante.» 

Lachlan sorrise appena e si scusò per aver dubitato delle sue capacità di nascondere un cadavere, non si preoccupò minimamente del fatto che se qualcuno avesse sentito la loro conversazione probabilmente avrebbe pensato fossero seri visto il tono per nulla scherzoso dei due. La strega estrasse una pergamena da una tasca e prese a srotolarla rileggendo per l’ennesima volta i nomi, i luoghi e gli orari d’arrivo dei professori stranieri che i due stavano aspettando - Maeve infatti, in quanto insegnante di Cultura Magica e massima esperta del castello di Hogwarts, era stata incaricata di seguire gli insegnanti stranieri per il primo periodo aiutandoli ad ambientarsi nella scuola inglese come faceva con gli studenti nati-babbani dei primi anni - e si domandò come avrebbero fatto a starci tutti in quel piccolo bagno (sulla cui porta avevano applicato un segnale enorme con scritto “GUASTO” sperando bastasse a tenere alla larga i babbani).

«Qualche giorno fa è uscito il tuo ultimo libro.» esordì l’ex Serpeverde «Hai venduto già mezzo milione di copie a quanto dice il mio editore, complimenti.»

Lachlan annuì distrattamente: «Non mi interessano i numeri.» disse scrollando appena le spalle «Quello che mi interessa davvero sono i commenti dei critici e le recensioni delle persone a cui interessa davvero, negli ultimi tempi sembra che comprino i miei libri solo per il nome e non è poi così soddisfacente.»

«Non posso dire di capirti appieno,» Maeve gli rivolse uno sguardo divertito «Io non ho vinto il premio per il Sorriso-Più-Affascinante del Settimanale delle Streghe per ben quattro anni di fila.»

«Premio più che meritato, oserei dire.» ribatté Lachlan esibendo il sorriso che gli aveva fatto vincere quel premio mentre Maeve alzava gli occhi al cielo «E non hai mai visto una rivista brasiliana, ogni settimana hanno un qualche articolo assurdo che mi riguarda.»

«Ti stai vantando o lamentando?»

«Entrambe.»

Maeve scosse la testa sconsolata e gli fece notare che lei tutte le copie dei suoi trentatré manoscritti le aveva vendute a persone a cui interessavano davvero perché non si era divertita a fare la celebrità, Lachlan non le rispose per nulla toccato dalla sua osservazione e consapevole di aver voluto lui stesso la fama che spesso lo precedeva. Maeve tornò a dedicarsi alla sua pergamena domandandosi se forse, il suo bell’aspetto, avesse aiutato lo scrittore a vendere più copie o se semplicemente gli sforzi nel curare la sua immagine pubblica avessero dato i suoi frutti, di una cosa era però certa, il lavoro e gli studi dell’uomo erano brillanti e stimava tutti i suoi lavori (infatti era a una delle sue conferenze che lo aveva conosciuto e da quel momento in poi si erano incontrati in occasioni simili e anche se non si poteva dire che fossero amici di certo si stimavano a vicenda).

«Le prime passaporte dovrebbero arrivare tra alcuni minuti.» disse il vicepreside senza staccare gli occhi dal suo orologio «Mi ricordi quale sarà la prima?»

«Quella da San Francisco.»

 

 

* * *

 

 

Stati Uniti d’America, San Francisco, ore 2:21

 

Cleopatra era arrivata con largo anticipo nel luogo in cui le era stato detto avrebbe trovato la passaporta per Londra nonostante a causa del fuso orario fosse piena notte e chiunque altro probabilmente avrebbe fatto fatica a prepararsi, lei era invece impeccabile come sempre. Aveva osservato il suo riflesso di sfuggita mentre camminava, sulla vetrina di un negozio di scarpe, su una finestra chiusa e perfino su un vetro rotto che giaceva sul bordo del marciapiede, e aveva notato con grande sollievo che l’acconciatura (che consisteva in delle trecce raccolte sopra alla testa come uno chignon), che le aveva portato via almeno un quarto d’ora di tempo, era ancora perfetta, non una ciocca fuori posto. Quando aveva raggiunto il lavasecco abbandonato aveva aperto facilmente il lucchetto con un veloce incanto e ci si era infilata dentro soltanto dopo essersi assicurata di essere completamente sola e che nessuno l’avesse seguita, poi aveva cercato con lo sguardo il flacone di detersivo vuoto che le era stato descritto come la passaporta e si era messa ad aspettare. La giovane stava aspettando in silenzio l’orario prestabilito cercando di ignorare il disturbo sonoro costituito dai miagolii infastiditi di Bast, che essendo completamente sveglio non era molto contento di essere stato rinchiuso nel suo trasportino, quando lo schermo del suo cellulare si illuminò e la donna sorrise: “Buon viaggio Cleo!” recitava il messaggio da parte di Robert, suo fratello, Cleopatra si affrettò a rispondere e poi notò che mancava veramente poco all’ora x, così mise via il cellulare e recuperò al meglio i suoi bagagli assicurandosi in qualche modo di riuscire a tenere anche il trasportino di Bast e afferrare anche il flacone di detersivo, che era il suo unico biglietto per Londra, e poi chiuse gli occhi.

Quando riaprì gli occhi si ritrovò in una stanza molto più luminosa, si rese conto solo dopo che gli occhi si furono abituati alla luce che si trovava in un posto diverso e che la luce era quella di Londra perché lì era giorno.

«Ah lei dev’essere da Salem.» mormorò Lachlan più a se stesso che alle due donne.

Cleopatra annuì leggermente, a certi commenti lei d’altronde c’era abituata ed era perfettamente consapevole del suo abbigliamento particolarmente antiquato (per l’occasione aveva indossato una semplicissima camicetta a maniche lunghe e una gonna che le arrivava fin quasi ai piedi, senza mostrare nemmeno un piccolissimo lembo di pelle), perciò non si scompose e salutò con un cenno educato della testa le due persone che si trovavano in quello che doveva essere un bagno non molto pulito.

«Cleopatra Keller Holt, giusto?» domandò Maeve controllando la pergamena.

Cleopatra avrebbe voluto esibire una smorfia schifata nello sentire il suo nome per intero, ma mantenne la sua faccia da poker e, senza far trasparire alcuna emozione mormorò: «Cleo Holt, preferisco.»

Maeve annuì e fece un segno affermativo di fianco al nome della professoressa proveniente da Salem mentre la invitava a spostarsi dal centro del bagno verso le pareti, d’altronde di lì a poco sarebbero comparsi gli altri professori nello stesso identico punto e trovarsi qualcuno addosso non era un’esperienza piacevole.

 

 

* * *

 

 

Londra, King’s Cross, ore 10:22

 

«Qui andrà benissimo.»

Egon, seduto nei sedili posteriori della limousine nera dai vetri oscurati di fianco a sua sorella Emerald, sapeva bene quanto la vettura e la sua presenza in generale attirassero l’attenzione dei passanti e, non volendo essere inseguito fino al binario domandò all’autista di fermarsi nel punto più libero dalle persone che vide.

«M-ma signore, manca ancora qualche isolato alla stazione, non posso lasciarla qui in mezzo alla strada!» protestò l’autista indeciso se fermarsi e accontentare il giovane o se continuare a guidare ed eseguire l’ordine che aveva ricevuto.

«D’accordo, allora parcheggi in quel vicolo, scenderò lì.» mormorò Egon allora indicando una stradina poco visibile.

«Ma ho ricevuto ordine di lasciarla in stazione, devo assicurarmi che arrivi sano e salvo.»

«La prego signor White, se mi lascerà in stazione verrò pedinato fino al binario e non mi lasceranno respirare, se mi lascia in quel vicolo invece potrò raggiungere la stazione senza essere visto, non mi succederà niente, glielo prometto.»

«Ma vostro nonno-»

«Signor White non si faccia pregare, il nonno non lo verrà a sapere.» intervenne Emerald sporgendosi verso l’autista.

«Mi state chiedendo di mentire?» il signor White era sicuro stesse per venirgli un infarto e iniziò a boccheggiare al pensiero di dover mentire al suo capo.

«Certo che no!» Emerald gli rivolse un sorriso nello specchietto «Non deve mentire, solo omettere qualche informazione, la preeego!»

L’autista, non potendo resistere alle preghiere della più piccola di casa, accostò con un sospiro rassegnato e s’infilò in fretta nel vicolo indicato poco prima da Egon, che lo ringraziò più volte mentre indossava un cappello e degli occhiali da sole per coprirsi il volto. Egon aprì la portiera dell’auto dopo essersi assicurato non ci fosse nessuno nel vicolo e poi, dopo essere sceso, infilò la testa nell’auto per ringraziare il signor White. Emerald fece per aprire anche la sua di portiera, ma Egon la fermò.

«Ma ero venuta per accompagnarti!» protestò Emerald «E poi voglio vedere i nuovi professori!»

«Ci vediamo tra una settimana Emerald, comportati bene.» la liquidò Egon chiudendosi la porta alle spalle e, dopo che il signor White gli ebbe scaricato i bagagli e Shakespeare e Oscar, i due setter del giovane, si avviò a passo svelto verso la stazione di King’s Cross.

 

 

* * *

 

 

Londra, Fermata della metropolitana di Covent Garden, ore 10:23

 

Sul display luminoso che segnava gli orari d’arrivo dei vagoni della metropolitana, o Tube come veniva chiamata a Londra, era comparsa poco prima la scritta “due” il che significava che il mezzo sarebbe arrivato di lì a poco e infatti, pochi secondi dopo, Hana e Murphy salirono in fretta e furia sul mezzo e, non trovando nemmeno un posto a sedere, si spostarono in un angolo e si appesero a uno dei pali gialli. I due si erano incontrati un’ora prima per fare colazione a Covent Garden, infatti Hana, quando aveva saputo che uno dei suoi ex compagni di scuola avrebbe iniziato a insegnare ad Hogwarts come lei, era stata più che felice di contattarlo e, nonostante non si sentissero da quando lei era tornata in Giappone, (ad Hogwarts si erano frequentati poco avendo un anno di differenza, ma, quando si erano ritrovati a frequentare gli stessi corsi di formazione per diventare insegnanti e avevano scoperto le passioni in comune i due avevano legato) era stata più che felice di scambiarsi dei messaggini con Murphy nei mesi precedenti e ovviamente le faceva più che piacere avere un volto conosciuto nel corpo insegnanti.

Il cellulare di Murphy emise un trillo e il ragazzo si affrettò a leggere il contenuto del messaggio finendo però addosso alla ex Tassorosso quando la metropolitana si fermò con una brusca frenata.

«S-scusami tanto.» mormorò il ragazzo arrossendo e abbassando lo sguardo anche se Hana gli sorrise assicurandogli che non doveva preoccuparsene «Mia sorella Mathilde mi ha scritto che è arrivata a King’s Cross con i nostri animali e bauli, ci aspetta dentro.»

«Ancora una fermata e ci siamo.» borbottò Hana osservando la mappa affissa dentro al vagone «Non ho ancora avuto occasione di chiedertelo, ma tu per caso sai chi sono gli altri professori? Ho sentito che alcuni dei nostri insegnanti sono andati in pensione negli ultimi anni.»

«A dire il vero non so molto…» disse Murphy stringendo ancor più forte di prima il palo a cui era appeso «So soltanto che Egon e Maisie-Mae adesso insegnano entrambi, non so se te li ricordi.»

Gli occhi di Hana si illuminarono all’improvviso e un leggero rossore le coprì le guance, si affrettò ad annuire lasciandosi scappare un: «Eccome se me li ricordo!»

 

 

* * *

 

 

Brasile, Rio De Janeiro, ore 7:26

 

Un enorme ventaglio verde con disegnate sopra delle foglie di palma fluttuava a mezz’aria e sventolava su e giù con un ritmo lento (d’altronde era fine agosto e non faceva poi così caldo), per un babbano una vista del genere sarebbe stata abbastanza sorprendente, ma le streghe e i maghi che camminavano con particolare fretta lungo la via di uno dei quartieri magici più grandi del Brasile non sembravano per niente impressionati da una vista del genere, anzi, alcuni di loro sembrarono più sconvolti nel vedere la proprietaria del ventaglio estrarre un cellulare e scattarsi una foto con nonchalance.

«Mmh, forse dovrei spostare quella ciocca…» mormorò Luz sovrappensiero mentre osservava la foto che si era appena scattata e poi, dopo aver sistemato i capelli, ne scattò un’altra «Ecco, perfetta! Questa la posto subito su Wizagram(1)

La brasiliana aprì l’app sul suo smartphone e prese a sistemare la foto con qualche filtro, poi, dopo aver scritto “Scozia arrivo!” con tanto di emoticon (cosa che le impiegò un minuto pieno per scegliere quelle più adatte) postò la foto sulla sua storia soddisfatta. Dopo nemmeno mezzo minuto il suo cellulare iniziò a trillare all’impazzata e sullo schermo iniziarono a comparire moltissime notifiche di persone che le auguravano un buon viaggio o le facevano dei complimenti per il bello scatto e Luz sorrise soddisfatta ammirando lo schermo riempirsi poco a poco. Luz rivolse un’occhiata alla gabbietta del suo animale, un panda rosso di nome Oscar, e notò che finalmente era andato a dormire sospirando sollevata al pensiero che almeno non le avrebbe tenuto il broncio visto il viaggio improvviso che avrebbe scombussolato la sua routine.

«Luz, tesoro!»

La brasiliana alzò lo sguardo dal cellulare per incontrare le figure slanciate dei suoi genitori che le venivano in contro e rispose al saluto di sua madre Viviana facendole un cenno con la mano e rivolgendo loro un sorriso.

«Buongiorno tesoro.» la salutò Manuél, suo padre, quando lui e sua madre la raggiunsero «Scusa il ritardo.»

«Allora, sei pronta per partire?» domandò invece Viviana.

Luz annuì raggiante: «Non vedo l’ora! Anche se la Scozia è un po’ grigia, non so se mi abituerò a stare senza il sole del Brasile.»

«Vedrai tesoro, ci farai l’abitudine.» disse sua madre e poi indicò il ventaglio che continuava a sventolare la figlia «Anche se forse quello non credo ti servirà.»

Luz s’incupì appena pensando al fatto che molto presto avrebbe sofferto il freddo e che non avrebbe più potuto andare a farsi un bagno quando voleva, anche perché con le temperature del Regno Unito probabilmente avrebbe preso una bella influenza se avesse provato a tuffarsi in un lago o un fiume.

Manuél scrutò l’orologio che portava al polso e disse: «Signorine non è per interrompervi, ma non credete sia il caso di raggiungere il luogo da cui Luz prenderà la passaporta? Non faresti un’ottima impressione se la perdessi, anche se Lachlan non te ne potrebbe fare una colpa visto quante ne ha perse lui.»

«Va bene andiamo.» acconsentì Luz senza dire altro visto che non voleva dare al padre l’occasione di parlare ancora del suo ex professore che poco apprezzava e il solo pensiero di doverlo rivedere di lì a poco non la rallegrò affatto.

 

 

* * *

 

 

Polonia, Danzica, ore 11:28

 

Magdalena girò la chiave nella serratura e con un rumore metallico la porta di casa si aprì, allora la donna si voltò verso Astrid e Anja, le due amiche di lunga data con cui aveva fatto colazione in una delle pasticcerie migliori di Danzica, e le invitò ad entrare.

«Meg.»

Magdalena varcò la porta di casa e si voltò a chiuderla mentre domandava: «Che c’è?»

«Perché Dandelion e Holly sono qui?» chiese Astrid iniziando a domandarsi se fosse tutto vero e le due puledrine stessero davvero dormendo nel salotto dell’amica o se forse avesse assunto qualche tipo di droga nella torta che aveva appena mangiato.

«Ah quindi le vedi anche tu.» mormorò Anja sollevata.

«Le ho rapite, non vi ricordate?» mormorò la polacca come se fosse la cosa più normale del mondo.

Le due puledrine venivano dall’allevamento della famiglia di Magdalena e sua madre aveva intenzione di venderle a un macello per guadagnare qualcosa, la giovane non potendo accettare che le due andassero in contro a questo destino le aveva rapite dalla sua stessa madre facendosi aiutare da suo nonno Aleksander nella realizzazione del piano e le aveva prese con sé.

«Questo lo sapevamo già, ma pensavo avessi trovato loro una sistemazione in campagna.» disse Astrid.

«L’avevo trovata, ma visto che devo andare ad Hogwarts non potrò controllare come stanno tutti i giorni.» mormorò Magdalena mentre salutava Chopin, il suo gatto Ragdoll, che aveva iniziato a strusciarsi sulle sue gambe «E poi mia madre sarebbe capace di ritrovarle e riprendersele solo per farmi un torto.»

«Scusa ma hai intenzione di lasciarle qui nel tuo appartamento per tutto l’anno?»

«Non mi sembra una buona idea.» intervenì Anja che senza dire niente aveva preso possesso del divano.

«Oh no, non potrei mai lasciarle da sole! Le porto in Scozia, sono sicura che la adoreranno.»

Astrid e Anja si rivolsero un’occhiata a vicenda convinte che l’amica avesse completamente perso il senno.

«Non mi serve leggervi i pensieri per capire cosa state pensando, non sono impazzita, il vicepreside di Hogwarts mi ha mandato una lettera in cui c’era scritto che avrei potuto portare qualunque tipo di animale o creatura, gli ho domandato se Dandelion e Holly potessero venire e mi ha assicurato che non ci sarebbero stati problemi.» mormorò Magdalena mentre accarezzava Chopin che le era saltato in braccio poco prima «A proposito di Hogwarts, è meglio se ci avviamo o rischio di perdere la passaporta.»

Magdalena appellò i suoi bagagli e un paio guinzagli lunghissimi con cui legò le due puledrine, che una volta sveglie la riempirono di feste, e, una volta sistemato tutto annunciò che era pronta per partire.

«Comunque ragazze volevo ringraziarvi per essere venute a salutarmi prima che io vada via, mi mancherete.» mormorò Magdalena rivolgendo alle amiche un enorme sorriso.

Le tre ragazze si abbracciarono e le due amiche aiutarono la polacca con bagagli e animali, ma, prima di uscire di casa Anja si posizionò davanti alla porta con aria infastidita.

«Farai meglio ad essere sempre disponibile quando ne avrò bisogno visto che stai andando in Scozia lasciandomi da sola ad organizzare il mio matrimonio.» disse Anja «Non capisco ancora con quale coraggio tu lasci la tua amica da sola in un momento così importante, è sei perfino una delle damigelle!»

Magdalena alzò gli occhi al cielo ormai abituata a queste scenette da parte dell’amica che, da quando si era fidanzata, chiamava lei ed Astrid almeno una volta al giorno perché in preda a una crisi isterica.

«Sarò sempre disponibilissima, non ti preoccupare.» la rassicurò «E poi c’è anche Astrid, vedrai, sarà come se non me ne fossi andata.»

«Beata te che puoi scappare.» sussurrò Astrid in modo che solo l’amica polacca potesse sentire.

«Sarà meglio sia così, Magdalena Anastazia Dabrowski, altrimenti vengo a prenderti per le orecchie.» mormorò minacciosa Anja «Astrid cosa hai detto? Non ti ho sentita.»

«Che sono felicissima di poterti aiutare per il matrimonio, ovviamente!»

 

 

* * *

 

 

Londra, Diagon Alley, ore 10:33

 

Hannah quella mattina era stata così gentile da preparare a Yuma una Full English Breakfast e l’ex Wampus era rimasto abbastanza sorpreso quando Neville si era limitato a bere un succo di zucca e mangiare qualcosa di leggero invece che le pietanze che sua moglie aveva preparato. Yuma, per far capire ad Hannah quanto avesse apprezzato ciò che aveva fatto per lui, aveva svuotato il piatto in qualche nanosecondo e si era sentito quasi obbligato a finire tutto quello che la donna aveva preparato per loro, compresa la parte di Neville visto che lui non l’aveva toccata, assicurandole ripetutamente quanto tutte le cose fossero veramente buone, anche quello strano coso nero - era sicuro che Hannah l’avesse bruciato visto il gusto terribile ma Yuma non aveva avuto cuore di dirglielo e perciò l’aveva mandato giù in un sol boccone - senza sapere però che Neville non aveva mangiato niente di quelle cose soltanto perché vedendolo mangiare così di gusto aveva pensato di lasciare tutto a lui.

«Yuma, scusa se te lo chiedo, ma cosa te ne fai di tutte quelle bustine di the?»

Yuma, che stava finendo di sistemare i suoi bagagli (tra cui uno zaino riempito esclusivamente di bustine di the), si voltò verso Hannah con le mani piedi di bustine sfuse e l’espressione di un bambino beccato a fare qualcosa che non doveva, rimase in piedi per qualche secondo fissando la donna e poi alzò le spalle senza sapere come spiegare la cosa; Hannah, ormai stupendosi poco delle stranezze di quell’uomo che lei e suo marito avevano accolto in casa parecchio tempo prima, gli rivolse un sorriso sinceramente divertita da quella reazione.

«Sai che c’è? Non importa, ero solo curiosa.» lo rassicurò quando si rese conto di averlo spaventato e avergli fatto credere di star facendo qualcosa di sbagliato «Comunque ero venuta a portarti il pranzo al sacco, il viaggio in treno sarà parecchio lungo.»

«Grazie mille Hannah, sei troppo gentile.» Yuma le rivolse un caldo sorriso e piegò anche la testa per esprimere la sua gratitudine.

Dopo aver finito di sistemare tutte le sue cose Yuma le portò in salotto e si sedette sul divano, poco dopo Neville arrivò in salotto con il suo baule e annunciò che era ora di andare.

«Ciao tesoro, ci vediamo fra una settimana.» disse Neville mentre lasciava un tenero bacio sulla guancia della moglie, infermiera ad Hogwarts, che, a differenza dei professori, non era stata convocata una settimana prima al castello e perciò poteva godersi ancora qualche giorno di ferie.

«Grazie infinite per l’ospitalità.» mormorò Yuma porgendo ad Hannah una borsetta «Ci vediamo fra una settimana!»

Dopo aver salutato la donna Yuma e Neville uscirono in fretta di casa e perciò il mezzo colombiano non poté vedere la faccia della ex Tassorosso quando estrasse dalla borsetta il regalo che le aveva preso: Hannah fissò abbastanza perplessa, ma allo stesso tempo molto intenerita per il pensiero, la confezione in metallo di the evidentemente pensata per i turisti infatti sulla scatola era disegnata la regina Elisabetta e la Union Jack, la bandiera del Regno Unito.

 

 

* * *

 

 

Finlandia, Savonlinna, ore 12:35

 

«Scusa tesoro ma non potevi prendere un aereo per andare in Scozia?»

Eskiel, al volante della piccola auto di famiglia, rivolse un’occhiata alla figlia seduta sul sedile del passeggero per poi tornare a guardare la strada.

«Quante volte devo spiegartelo che nel mondo dei maghi le cose funzionano diversamente?» borbottò Malin che invece era seduta dietro e stringeva così forte la cintura da avere le nocche bianche «Eskiel puoi andare più piano? Mi viene da vomitare.»

«Se rallento ancora mi fanno una multa, quindi direi proprio di no.»

Malin, sua madre, stava per ribattere a tono, ma Hannele pensò fosse meglio intervenire.

«Porta pazienza mamma, siamo quasi arrivati.» disse voltandosi per sorriderle «Comunque papà la passaporta mi porterà a Londra, da lì prenderò un treno per la Scozia.»

«Ma non ha alcun senso!» sbottò l’uomo «Che senso ha prendere un treno da Londra quando potresti arrivare a destinazione in un paio d’ore con un aereo?»

Hannele scosse leggermente la testa con un sorriso, non era mai stato semplice spiegare a suo padre come funzionassero le cose nel mondo magico e alcune volte capiva la sua confusione, avendo vissuto da babbana sin da quando era bambina si rendeva conto che alcune cose riguardanti il mondo magico andavano un po’ rinnovate, ma purtroppo non era semplice introdurre tecnologie babbane nella vita di un mago purosangue.

«Il castello di Hogwarts ha molti incantesimi di protezione intorno per tenere lontani i babbani e i pericoli, perciò non è così semplice arrivarci, per questo dobbiamo prendere il treno.» spiegò la strega con pazienza.

Suo padre annuì, anche se non era del tutto convinto, e poi cercò di scorgere lo sguardo di sua moglie nello specchietto retrovisore, quando si accorse che aveva un colorito verdastro la rassicurò dicendole che erano quasi arrivati a destinazione. Quando Eskiel parcheggiò l’auto Malin per poco non si lanciò da essa per baciare il terreno dicendo che i babbani erano veramente dei pazzi a usare quei trabiccoli infernali per muoversi ed Hannele e suo padre risero per poi invitarla ad essere meno drammatica. 

«Magdalena dov’è?» domando Malin una volta che si fu ripresa dallo shock del viaggio in auto.

Hannele, dopo aver verificato che nessuno fosse nei dintorni e aver preso le dovute precauzioni, cercò la passaporta con lo sguardo e dopo averla individuata si voltò verso sua madre.

«Parte da Danzica, ci vediamo direttamente a Londra.» spiegò «Mi ha scritto un messaggio poco fa per dirmi che stava per prendere la passaporta.»

Sua madre annuì e le rivolse un sorriso: «Sono contenta di sapere che avrai un’amica al tuo fianco in quest’avventura, sono sicura che sarà una bellissima esperienza.» Malin si voltò verso il marito «Un po’ come quando sono partita da giovane e ho finito per conoscere e sposare tuo padre.»

Hannele sorrise ai genitori un po’ invidiando la loro incredibile storia d’amore, ma si rallegrò al pensiero che forse anche lei avrebbe avuto la stessa fortuna d Hogwarts, o quantomeno sperò di non vivere la stessa esperienza che aveva avuto a Durmstrang. Hannele controllò l’ora sul cellulare e rispose al messaggio di Magdalena avvisandola che a breve anche lei avrebbe preso la sua passaporta e francamente non stava nella pelle.

«Mi raccomando fatti sentire ogni tanto.» si raccomandò Eskiel dopo averla stretta in un abbraccio.

«Non so se il cellulare prenderà, in ogni caso vi manderò sicuramente Lumi con delle mie lettere.» rispose Hannele facendo un cenno con la testa verso il suo gufo della Lapponia che dormiva beato nella sua gabbia.

Anche sua madre l’abbracciò e l’ultima cosa che Hannele sentì prima di sparire insieme alla passaporta fu sua madre che annunciava ad Eskiel che si sarebbe smaterializzata a casa perché su quel mezzo infernale non ci sarebbe salita nemmeno per sbaglio.

 

 

* * *

 

 

Cina, Pendici del monte Hua Shan, ore 18:37

 

«Jun!» il richiamo di Lan, la strega che ormai lavorava con lui da parecchio tempo, affacciata alla porta che dava sul retro del negozio non sembrò nemmeno arrivare alle orecchie di Julyan tant’era preso dal suo lavoro «Jun! Si può sapere cosa stai facendo?»

Julyan, accompagnato dalla melodia rilassante che usciva da un piccolo stereo poggiato su uno scaffale in mezzo a un elevato numero di piante, stava potando con estrema attenzione alcune delle piante che ne avevano bisogno spuntando così una voce della lista di cose che si era prefissato di fare prima di partire, non che ce ne fosse alcun bisogno (Lan era assolutamente in grado di gestire il negozio da sola), ma ci teneva a dare una sistemata visto che sarebbe stato via per un bel po’. Lan, ormai esasperata dal chiamarlo visto che non aveva ricevuto alcuna risposta, gli si parò di fianco e gli schioccò le dita proprio vicino al viso ricevendo un’occhiata stralunata in risposta al suo gesto.

«C’è una cliente di là.» mormorò la strega con un tono tutt’altro che gioioso «E sta aspettando.»

Julyan inclinò la testa come i cani quando non capiscono che cosa gli venga detto e Lan, che lavorando con lui da tanto ormai aveva imparato a capire il suo linguaggio non verbale, spiegò: «Ha chiesto espressamente di te, vuole che ti occupi tu della sua richiesta visto che partirai per il Regno Unito.»

Julyan posò la forbice che stava usando e si lisciò il grembiule in modo automatico, era un gesto che ormai faceva di routine come per rendersi più presentabile, anche se non aveva il grembiule sporco o stropicciato. Il giovane si mosse verso la porta che dava sul negozio e, con il suo solito sorriso gentile, varcò la soglia incontrando lo sguardo di una sua cliente affezionata: una signora che ormai aveva quasi novant’anni e che veniva ogni volta a richiedere un servizio per un parente diverso, al momento Julyan e Lan avevano contato almeno otto nipoti e quattro figli, ma Lan sosteneva che secondo lei la donna aveva almeno altri tre nipoti se non di più.

«Mi serve un bouquet per mio nipote Xiao.» esordì la signora e Lan, che aveva seguito Julyan dal retro al negozio, rivolse un sorriso divertito all’amico mostrandogli nove dita come a voler dire “Questo è il nono” «È stato licenziato recentemente e visto che i tuoi bouquet hanno sempre degli effetti benefici ho pensato di mandargliene uno.»

«Va bene signora Hua, vuole che usi qualche colore o fiore in particolare?» domandò Julyan.

La donna scosse la testa: «Mi fido del tuo gusto.»

Julyan la ringraziò e sparì nel retro del negozio per scegliere i fiori più adeguati al bouquet che la signora Hua gli aveva domandato accompagnato dal sottofondo musicale proveniente dallo stereo mescolato alle voci di Lan e la vecchia signora che le stava domandando per l’ennesima volta quando lei e Julyan si sarebbero sposati, nonostante tutte le volte in cui entrambi le avevano spiegato che non stavano insieme lei sembrava non volerlo capire. 

Una volta concluso lavoro per la cliente e chiuso il negozio, Julyan chiamò Lan nel retro facendole almeno un milione di raccomandazioni riguardo alle piante e al negozio.

«Non serve che mi dici queste cose, sono perfettamente in grado di occuparmi del negozio da sola.» si lamentò Lan «Per di più rischi di perdere la passaporta se rimani qui a discutere con me.»

«So bene che sai cavartela perfettamente da sola Lan.» mormorò Julyan «Prima di andare però ho una cosa per te.»

Lan gli rivolse un’occhiata confusa e, quando Julyan le porse una bellissima composizione floreale fatta con tutti i suoi fiori preferiti e quelli che Julyan spesso definiva “i fiori che dicono grazie”, spalancò gli occhi sorpresa ringraziando l’amico ripetutamente.

 

 

* * *

 

 

Londra, King’s Cross, ore 10:39

 

Quando Maisie-Mae e Chrissie erano arrivate al binario avevano trovato lì giusto un paio di persone, tra cui Egon e i suoi due setter, la scozzese aveva salutato con la mano l’amico per poi raggiungerlo trascinata da Opal ed Emerald che non vedevano l’ora di salutare Shakespeare e Oscar. 

«Hai già incontrato il nuovo vicepreside?» domandò Maisie ad Egon per poi girarsi verso la sorella  che stava entrando dal passaggio nella parete «Chrissie smettila di entrare e uscire dal binario o qualche babbano vedendoti s’insospettirà.»

«Ma dov’è Lucky il sexy vicepreside? Io non ce la faccio più ad aspettare!» sbottò invece infastidita la più giovane mentre incrociava le braccia.

«Lucky il sexy vicepreside?» ripeté Egon attonito.

Maisie arrossì imbarazzata: «Le ho proibito di chiamarlo Manzo e ha inventato questo soprannome orribile, ma è inutile farle cambiare idea.» Chrissie sbuffò e Maisie scosse la testa «Scusa per l’interruzione Egon.»

«Non fa nulla.» la rassicurò il giovane senza fare una piega «Comunque non ho ancora avuto il piacere di conoscere il signor Sharp, ma devo ammettere di essere molto curioso di incontrare l’autore dei più famosi libri d’Erbologia del mondo magico.»

«STANNO ENTRANDO DELLE PERSONE, LUCKY SEI TU?»

«Chrissie per l’amor del cielo.»

Maisie-Mae tappò la bocca alla sorella giusto quando due persone superarono la barriera del binario, l’ex Corvonero riconobbe Hana e Murphy e perciò lasciò andare Chrissie facendolo loro un saluto con la mano.

«Maisie!»

Hana si precipitò ad abbracciare la bionda che all’inizio rimase abbastanza sorpresa dal gesto, ma poi ricambiò mormorando che era un piacere rivederla, dicendo poi lo stesso a Murphy, che salutò i due vecchi compagni di Casa in modo meno vivace di quello che Hana aveva riservato a Maisie-Mae (Egon invece l’aveva salutato con un po’ d’imbarazzo), inoltre il ragazzo abbozzò un sorriso mentre pensava al fatto che tre Caposcuola di Corvonero erano diventati tutti e tre insegnanti.

«Ma dove sono tutti?» mormorò Hana abbastanza confusa.

«In effetti mancano meno di venti minuti alla partenza del treno.» osservò Egon dopo aver gettato un’occhiata al suo bellissimo (e costosissimo) orologio.

 

 

* * *

 

 

Corea del Sud, Seul, ore 19:41

 

«Spiegami di nuovo perché io e Bora siamo costretti a portare tutte le tue borse?»

Dea-Mok camminava in modo sinuoso lungo una delle vie di Seul sorseggiando di tanto in tanto il suo boba(2) al matcha guardandosi intorno con interesse, mentre suo cugino Bora e il suo migliore amico Kaito la seguivano portando i suoi bagagli con una mano e tenendo il loro boba nell’altra.

«Perché sono un signorina e voi siete dei gentiluomini forse, Kaito?» mormorò Dea voltando appena il viso per rivolgergli un’occhiata divertita e allegra.

Kaito in tutta risposta sbuffò sonoramente mormorando qualcosa che Dea-Mok non sentì, ma sentendo il cugino ridacchiare si voltò di scatto verso i due con sguardo indagatore.

«Si può sapere che hai detto?» la coreana incrociò le braccia al petto con aria minacciosa, ma i due ragazzi non si lasciarono impressionare.

«Dicevo che è questo il tuo modo di ringraziarmi? Hai un giocatore di Quidditch famoso come amico che ti regala i biglietti per le partite, ti compra da mangiare e ti offre del boba e tu lo ringrazi facendogli portare i bagagli?» 

Dea-Mok alzò gli occhi al cielo e gli rivolse un sorriso: «Allora vedila così: questo è il tuo modo per farti perdonare per avermi fatta mettere in punizione ingiustamente per tutti gli anni passati a scuola.» 

Fu il turno di Kaito di alzare gli occhi al cielo, mentre Bora, che non essendo una persona particolarmente loquace aveva seguito il dibattito in silenzio, si schiarì la gola.

«Io invece perché sono costretto a portare i tuoi bagagli?» domandò il cugino.

«Perché mi sono presa la colpa per te quando hai combinato quel disastro nella cucina del ristorante?» suggerì Dea-Mok «E perché sono la tua cugina preferita ovviamente.»

Bora e Kaito rinunciarono, d’altronde Dea si ricordava ogni singola cosa, in particolar modo i torti subiti, e sapevano entrambi che non l’avrebbero mai avuta vinta.

«Perché non ti sei fatta accompagnare dallo zio?» chiese Bora affiancandola «Pensavo ci tenesse a salutare sua figlia.»

Dea-Mok sospirò: «Ci teneva infinitamente, ma sai com’è fatto, avrebbe versato fiumi e fiumi di lacrime gridando “Come puoi farci questo? Come puoi partire per un posto così lontano e lasciarci da soli?”» la donna pronunciò la frase imitando il tono lacrimoso di suo padre e Bora riconobbe che in effetti non sarebbe stato il massimo come accompagnatore.

I tre camminarono ancora per un po’ cercando con lo sguardo l’entrata segreta del negozio magico da cui Mok sarebbe partita e, una volta trovata, i tre ci si infilarono dentro, ritrovandosi in un ambiente surreale agli occhi di un babbano, ma per Dea-Mok assolutamente nella norma, d’altronde discendeva da un’importante famiglia purosangue con origini antichissime, infatti la commessa del negozio raddrizzò la schiena e li servì alla velocità della luce dopo aver sentito il suo cognome.

 

 

* * *

 

 

Londra, Bagno della stazione di King’s Cross, ore 10:42

 

«La passaporta da Seul era l’ultima.» annunciò Maeve dopo aver fatto l’ultimo tic affermativo vicino al nome di Dea-Mok.

Lachlan, che fino a poco prima si era limitato a osservare i nuovi arrivati con apparente disinteresse (anche se in realtà li aveva studiati uno per uno in qualche secondo) facendo qualche commento non richiesto di tanto in tanto, annuì, controllò l’orologio e si tirò dritto rivolgendosi al gruppo di futuri insegnanti particolarmente variegato che si trovava davanti.

«Molto bene, se non vi dispiace vi inviterei a spostarci fuori insieme alla signorina ehm-» Lachlan rivolse un’occhiata a Maeve chiedendole aiuto. 

«Dabrowski.» suggerì l’ex Serpeverde senza nemmeno controllare sulla pergamena.

«Entro i prossimi giorni imparerò tutti i vostri nomi, non temete.» mormorò Lachlan con un sorriso «Prego, uscite pure seguendo la professoressa Driscoll.»

Maeve varcò la soglia del bagno e uno ad uno i vari insegnanti stipati nel bagno della stazione uscirono uno alla volta ognuno tenendo stretti bagagli e animali. Magdalena, che con il suo arrivo aveva lasciato tutti a bocca aperta - la giovane infatti era apparsa nel bagno con il suo gatto appollaiato su una spalla e due guinzagli stretti tra le mani che alle loro estremità non avevano dei cani ma bensì le due puledrine (che aveva provveduto a nascondere agli occhi dei babbani che le avrebbero viste come due cagnolini) -, era uscita dal bagno immediatamente con l’ausilio di un incantesimo per allargare la porta e permettere a tutto il suo zoo di uscire senza difficoltà e stava attendendo appena fuori dalla porta. Magdalena osservò curiosa il gruppo di persone che uscì dal bagno ricevendo un enorme sorriso da parte di una bellissima ragazza coreana, Dea-Mok, non appena aveva visto le due puledrine non aveva potuto che sorridere sollevata scoprendo che non era l’unica a possedere un animale ingombrante, però, a differenza di Dandelion e Holly, il suo ippogrifo era già stato fatto arrivare ad Hogwarts insieme ad un uomo alto e barbuto che aveva detto di essere il guardiacaccia della scuola inglese. 

«Vi prego di seguirmi fino al binario, non è il caso di fermarsi a parlare qui dove i babbani possono vederci.» disse Maeve quando tutto il gruppo fu uscito dal bagno, compreso il vicepreside che aveva provveduto ad annullare tutti gli incanti fatti.

Lachlan si ritrovò di fianco a Luz e i due si scambiarono uno sguardo di fuoco, tutti iniziarono a seguire Maeve e l’ex Grifondoro mormorò in direzione della brasiliana: «Prego, prima tu.»

Luz alzò il mento in segno di superiorità, ma non disse nulla e superò l’uomo trascinandosi dietro i bagagli e la gabbietta del suo panda.

 

 

* * *

 

 

Londra, Arnos Grove, ore 10:49

 

«Zeph, caro, sei sicuro di aver preso tutto?»

«Sì, perché?»

Sua madre Michelle alzò le spalle non dicendo nulla mentre sua sorella Zilia, stravaccata sul divano di fianco a sua madre Michelle, indicò con un sorriso divertito il trasportino di Thunder, l’ermellino bianco di Zeph, e l’uomo l’afferrò mormorando che sapeva benissimo di non averlo preso, non se ne stava dimenticando, Michelle gli rivolse un sorriso comprensivo mentre Zilia mormorò un “Come no” a voce alta e Zeph alzò gli occhi al cielo e si lamentò del fatto che nessuno lo trattava mai come un adulto.

«Ma no, che dici!» lo rassicurò Michelle «Sappiamo benissimo che ormai te la sai cavare da solo.»

«Ah certo, quindi è una scelta consapevole il fatto che abbia lasciato i suoi anfibi preferiti e le due uniche giacche che usa sparpagliati in giro per casa.» intervenne Sarah mentre faceva il suo ingresso nel salotto di casa di Zeph e Zilia portando le cose che il figlio aveva lasciato in giro per casa loro (ovvero il primo piano della villetta visto che Zeph aveva ricavato un appartamento nel piano terra che fungeva da taverna) «Un giorno o l’altro finirai per perdere anche le mutande che hai addosso vista la tua sbadataggine.»

«E non la testa?» domandò Zilia ridacchiando sotto ai baffi.

«Quella no, ma solo perché è attaccata al corpo.»

«Su Zeph tesoro non ti preoccupare, sono cose che succedono.» lo rassicurò Michelle «Piuttosto non è un po’ tardi? A che ora parte il treno?»

Zeph, dopo aver rivolto una linguaccia a sua madre Sarah e a Zilia, si voltò verso Michelle: «Parte alle undici.» 

Detto ciò l’uomo appellò il suo baule con l’intenzione di metterci dentro le cose che sua madre gli aveva portato ringraziando mentalmente il fatto che le avesse trovate, come avrebbe fatto a partire senza i suoi capi preferiti?

«Hai intenzione di arrivarci a calci in culo ad Hogwarts?» domandò Zilia con uno sguardo eloquente.

«Sei simpatica come sempre.» sbottò Zeph mentre infilava a fatica le cose nel baule.

«Zeph dico sul serio, sono le undici meno dieci.» 

«Oh cazzo.»

 

 

* * *

 

 

Londra, Camden Town, ore 10:50

 

Camden Town era uno dei posti in cui Dorian preferiva passare il tempo vista la quantità di oggetti strani che vi si potevano trovare e non a caso, visto che quel giorno sarebbe dovuto partire per Hogwarts, aveva deciso di fare un salto in uno dei quartieri più particolari di Londra alla ricerca di qualcosa d’interessante: Dorian, da bravo insegnante di Babbanologia, si divertiva infinitamente a portare ai suoi studenti sempre qualcosa di nuovo e strano da scoprire, ridendo a crepapelle ogni qualvolta sentiva le ipotesi strampalate dei suoi studenti. Dorian girava senza meta con una mano in tasca e con l’altra trascinava il suo baule e il trasportino di Süss (che gli soffiava contro infuriato d’essere stato rinchiuso in quell’orribile gabbietta, di certo Dorian non l’avrebbe fatto uscire molto presto visto che ci teneva a non perdere un occhio), che purtroppo non aveva potuto incantare affinché gli levitasse accanto com’era solito fare visto che si trovava in mezzo ai babbani. Mentre Dorian camminava scrutando con interesse i banchetti colmi di merce disposti più o meno ovunque qualcuno gli andò contro rovesciandogli addosso il caffè bollente che teneva in mano, Dorian gli rivolse un’occhiataccia e si preparò a sbraitargli contro soffrendo per la scottatura.

«Brutta c-» 

Dorian si schiaffò entrambe la mani sulla bocca per bloccare la parola poco carina che gli stava scappando dalle labbra, forse qualcuno avrebbe potuto pensare che si fosse autocensurato soltanto per non essere scortese o scurrile, ma la verità non poteva che essere più lontana di così, anzi, il suo gesto era più una mossa di autoconservazione più che un atto di generosità. Dorian rimase fermò immobile in quella posizione simile a “L’Urlo” di Munch, con unica differenza le mani a coprire la bocca invece che ai lati del viso, per alcuni secondi (che a lui parvero un’eternità) aspettando qualcosa che per fortuna non successe, nel frattempo l’uomo che gli aveva versato il caffè addosso dopo essersi scusato alcune volte se n’era andato talmente era confuso dal comportamento di Dorian.

«Mi sono salvato per un soffio.» 

Dorian sospirò sollevato dopo aver constatato che era tutto apposto e riprese a camminare ritrovandosi davanti a una bancarella che vendeva orologi con forme tra le più strane e assurde ammirando estasiato un bellissimo orologio da parete a forma di merluzzo. Proprio mentre osservava con molto interesse quel merluzzo trasformato in orologio si rese conto di essere in ritardo mostruoso, infatti mancavano poco meno di una decina di minuti alle undici il che significava che se non si fosse smaterializzato entro breve non sarebbe mai arrivato in tempo al binario e avrebbe perso il treno, così, dimenticandosi del meraviglioso orologio e del caffè che aveva addosso prese a correre come un pazzo per le stradine di Camden Town cercando disperatamente un luogo appartato dove potersi smaterializzare.

 

 

* * *

 

 

Inghilterra, Cambridge, ore 10:52

 

L’errore più grande di Reece era stato quello di scrivere “Espresso per Hogwarts 25/08 ore 11:00” su un post-it rosa invece che su uno rosso, ma Reece avrebbe capito la gravità del suo errore soltanto alcuni minuti dopo. Purtroppo Reece era nato con un tremendo difetto, di quelli che non sembrano poi così gravi fino a che non ti ritrovi a dover inventare un incantesimo per poter vivere serenamente: Reece era tremendamente smemorato. Reece si dimenticava qualunque cosa, che fosse importante o meno non faceva differenza, lui dimenticava tutto, ogni singolo appuntamento o cosa che dovesse fare e per questo aveva inventato un sistema infallibile per risolvere questo problema, ovvero un’agenda. Detto così non sembra l’invenzione del secolo, ma c’era della genialità nella soluzione che aveva trovato. Reece aveva provato a tenere un’agenda per ricordare i suoi impegni, ma poi si dimenticava di leggerla e perciò il problema era sempre lo stesso; così aveva deciso di incantarla e aveva inventato un sistema di post-it colorati che in base all’importanza gli si piantavano in fronte prima dell’appuntamento o addirittura lo inseguivano se la cosa era estremamente importante. Quando Reece si era scritto della partenza anticipata per Hogwarts l’aveva reputata una cosa molto importante e infatti il biglietto sarebbe dovuto essere rosso, ma quando aveva dovuto trascrivere la data non riusciva più a trovare i post-it rossi e perciò voleva usare Accio per ritrovare i post-it, ma, ahimè, aveva perso anche la bacchetta, così aveva deciso di scriverlo sui post-it rosa (quelli per i memento) mormorando di doversi ricordare di trascriverlo su un post-it rosso, ma incredibilmente si era dimenticato di farlo. Reece, a meno di quindici minuti dalla partenza del treno (infatti alle dieci e quarantacinque il post-it rosa gli era volato in fronte e lui l’aveva buttato mormorando di avere ancora moltissimo tempo), stava amabilmente conversando con sua madre Tanishia, infatti, visto che il treno partiva da Londra, era partito qualche giorno prima dalla Norvegia ed era rimasto un paio di notti dai genitori a Cambridge.

«Reece che ore sono?» gli domandò sua madre mentre sciacquava delle stoviglie rimaste nel lavandino «Ho un appuntamento con Grace alle undici e mezza.»

Reece, con il suo solito sorriso serafico in volto e una tazza fumante di the in mano, alzò il polso sinistro per consultare l’orologio e quasi sputò il the che stava bevendo. Si affrettò ad afferrare la bacchetta e con un Accio raccattò tutte le sue cose, chiamò Pan, il suo cane, e poi lasciò un bacio sulla guancia alla madre e la salutò mentre si smaterializzava: «Ci vediamo a Natale!»

 

 

* * *

 

 

King’s Cross, Binario 9 e 3/4, ore 11:00

 

«Bene, il treno parte in due minuti, ci sono tutti vero?» 

Lachlan scrutò il gruppo di persone disposte lungo il binario notando quanta poca differenza ci fosse tra loro e gli studenti, gli insegnanti si erano infatti divisi in gruppi in base alle amicizie o alla provenienza: i quattro giovani insegnanti di Hogwarts - Chrissie se n’era andata poco prima con grandi pressioni di Maisie-Mae che era ancora imbarazzata dal suo comportamento, la più giovane infatti non solo si era proposta nuovamente come partner a Lachlan, ma aveva anche puntato diversi insegnanti definendoli dei “fregni pazzeschi” e aveva perciò domandato di poter partire con loro -, ovvero i primi arrivati al binario, erano disposti in cerchio e parlavano amabilmente, Luz si stava guardando intorno e stava cercando di attaccare bottone con qualcuno sentendosi un po’ sola, Hannele e Magdalena, le due insegnanti di Durmstrang e amiche di vecchia data, avevano iniziato a parlare non stop da quando si erano viste (anche perché Hannele dopo aver visto le due puledrine aveva rivolto all’amica uno sguardo che diceva “che cosa hai combinato?” e perciò si dovevano aggiornare), Neville stava raccontando a Yuma delle storie dei suoi anni da studente, Dea-Mok aveva approcciato Julyan, una sua vecchia conoscenza, Cleopatra se ne stava in piedi dritta come un chiodo osservando i vari individui con a fianco l’altra insegnante di Salem che cercava di coinvolgerla in una conversazione, mentre gli insegnanti di Koldovstorez e Uagadou erano intenti a discutere tra loro. 

Maeve, che aveva già controllato la lista degli insegnanti stranieri constatando che fossero arrivati tutti, cercò con lo sguardo gli insegnanti di Hogwarts contandoli a mente.

«Mancano tre professori.» mormorò «Ah, Knight, Fender-Hartwood e Grey, in effetti potevo immaginarlo.»

Lachlan sbuffò: addirittura tre insegnanti in ritardo? Ma in che razza di scuola si era infilato? 

«Non credo che il capotreno sia disposto ad aspettare, al settimo anno sono arrivato in ritardo e io e mia sorella abbiamo dovuto prendere il treno in corsa pur di non perderlo, Sabrina ce l’ha ancora con me per questo…» Lachlan abbozzò un mezzo sorriso divertito «Facciamo salire tutti, se quei tre arrivano in tempo bene, altrimenti dovranno sentire la McGranitt.»

Maeve annuì e invitò gli insegnanti a prendere posto sul treno, mentre Lachlan, con le mani infilate nelle tasche, si poggiò con naturalezza al treno osservando le persone salire, poi, quando tutti furono a bordo salì anche lui dopo aver lanciato un’occhiata al passaggio per il binario, non vedendo però nessuno.

«ASPETTATE!»

«FERMATE IL TRENO!»

«CI SONO ANCHE IO, NON ANDATEVENE!»

L’arrivo dei tre ritardatari fu accompagnato dalle grida mescolate degli uomini e ai versi di lamentela di Pan, Süss e Thunder che non ne potevano più di venire sbatacchiati da una parte all’altra come fossero delle bambole. Il treno fischiò, segno che in pochi secondi avrebbe iniziato a muoversi e i tre continuarono a correre come dei pazzi versi il mezzo sotto allo sguardo divertito di Lachlan.

«Vi consiglio di sbrigarvi se non volete vedervela con Minerva!»

Reece prese a correre più veloce: «NO FERMATEVI NON POSSO DELUDERE L’AMORE DELLA MIA VITA, FERMI!»

Dorian cominciò letteralmente a volare rabbrividendo al pensiero che la McGranitt potesse metterlo in punizione come quando era uno studente: «STO ARRIVANDO NON PARTITE!»

Zeph non rimase certo indietro e si lanciò disperato verso il treno: «NO! IO HO PAURA DELLA PRESIDE!»

 

 

* * *

 

 

(1) Wizagram = l’instagram dei maghi, l’idea non è mia, ho copiato idea e nome da ChemistryGirl, grazie Benny 💞

(2) Boba o anche conosciuto come bubble tea è una bevanda molto comune nei paesi orientali e si chiama così perché in genere si tratta di the con palline di tapioca o bubbles alla frutta che scoppiano quando bevute, ad oggi ne esistono molte varianti diverse però anche senza bubbles.
 

 

* * *

 

 

Eccomi finalmente!

Innanzitutto volevo scusarmi per il tempo che ho impiegato a scrivere questo capitolo, purtroppo, come molte di voi già sanno, sono letteralmente sommersa dalle cose da fare ultimamente questa sessione mi sta uccidendo e perciò ho fatto del mio meglio per ritagliarmi del tempo per poter ultimare questo capitolo; tra l’altro mi ero calcolata i tempi, ma avendo concesso la proroga di una settimana mi sono trovata un po’ incasinata e perciò spero possiate perdonarmi se il capitolo è un po’ breve e non è proprio meraviglioso.
Sono perfettamente consapevole che alcuni personaggi compaiono più di altri, ho cercato di essere il più equa possibile, ma non sono riuscita a far bilanciare i conti, in ogni caso non temete, nei prossimi capitoli avranno tutti il loro spazio per brillare!
Mi scuso se il capitolo non è il massimo e se trovate degli errori vi chiedo scusa, non ho avuto tempo di rileggerlo.

A presto,

 fran x 

   
 
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